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età di lavoro" non sono tutte ugualmente fungibili per

qualsiasi composizione della

domanda

La previsione della consistenza e della c o m p o s i z i o n e qualitativa delle f o r z e di lavoro future - dunque - è tutt'altro che un esercizio meccanico e banale. Non è desu-mibile da una qualche formula di pondera-zione s t a n d a r d i z z a t a dei risultati delle proiezioni demografiche. Essa implica e richiede l'assunzione di ipotesi impegnative riguardo alla natura e all'intensità di feno-meni sociali di per sé già molto complessi, dei quali si d e v o n o mettere a c o n f r o n t o diverse possibili declinazioni. Di ciascuna si devono evidenziare le condizioni necessarie e le possibili conseguenze, nella convinzio-ne che non si tratti di alternative ugualmen-te plausibili tra cui indovinare la più proba-bile. Si tratta piuttosto di possibili scenari futuri tra cui occorre assumersi la responsa-bilità di scegliere: per individuare quelli da favorire o alimentare con politiche e

portamenti coerenti, una volta deciso quale sia il p e r c o r s o evolutivo più c o n v e n i e n t e per una determinata area, alla luce dei van-taggi che p r o m e t t e e dei costi che impone.

La possibilità di scenari alternativi per le forze di lavoro p i e m o n t e s i nei prossimi anni e le condizioni per determinarli

Se i fattori fondamentali che influiranno sulla consistenza e composizione delle forze di l a v o r o n e i p r o s s i m i a n n i s a r a n n o la demografia, la partecipazione al lavoro e le migrazioni, si possono condurre esercizi di proiezione assumendo ipotesi diverse sugli andamenti di tre grandezze fondamentali: la popolazione, i tassi di attività e i saldi migra-tori. Si possono così mostrare gli effetti sulla consistenza delle forze di lavoro - per ogni

singola classe d ' e t à e d i s t i n t a m e n t e p e r i maschi e per le femmine - delle diverse ipo-tesi, facendole operare d a p p r i m a separata-m e n t e e poi congiuntaseparata-mente. Insieseparata-me all'ef-fetto complessivo delle dinamiche attribuite ai t r e f a t t o r i f o n d a m e n t a l i , si p o t r à così m e t t e r e in luce e c o n f r o n t a r e il possibile contributo specifico di ciascuno di essi.

Per m a n t e n e r e l'esercizio e i suoi risul-tati entro ambiti accettabili di maneggevo-lezza e comprensibilità, si è scelto di sotto-p o r r e a v e r i f i c a n o n sotto-p i ù di d u e i sotto-p o t e s i diverse per ciascuno dei tre fattori fonda-mentali. E tali ipotesi sono state scelte per la loro capacità di mettere in luce con mag-gior chiarezza - a c o n f r o n t o le une con le altre - il tipo e l'entità dei possibili effetti delle tre variabili f o n d a m e n t a l i , e n t r o un contesto di r a g i o n a m e n t o m o l t o aderente alla plausibilità.

LE IPOTESI IN BASE A C U I SI S O N O SIMULATI SCENARI ALTERNATIVI PER LE FORZE DI LAVORO PIEMONTESI TRA 2000 E 2010

Per la popolazione si sono utilizzate le proiezioni per classe d'età dell'Osservatorio Demografico Territoriale dell'Ires, delle quali si sono considerate due possibili varianti:

• una, che assegna ai saldi migratori degli anni futuri un valore crescente in misura tale da rag-giungere un livello medio annuo leggermente superiore rispetto a quello registrato nel perio-do 1996-'99 (+16.000 unità annue);

• un'altra, meno realistica, ma utile per chiarezza di confronto, che assume valori nulli dei saldi migratori per ciascuna classe d'età (il che non significa nessuna migrazione, ma immi-grazioni uguali alle emiimmi-grazioni).

Coi dati relativi alla prima variante si sono stimate le persone di ognuno dei due generi che ad ogni data considerata faranno parte di ognuna delle classi d'età quinquennali in cui la popolazio-ne è stata suddivisa, a condiziopopolazio-ne che i flussi migratori del prossimo decennio si mantengano consistenti e assumano la stessa distribuzione per età che hanno fatto registrare negli anni scorsi. Coi dati della seconda variante si sono eliminati da quelli precedenti gli effetti specifici del movi-mento migratorio, mettendo in luce, nella loro "purezza", i riflessi sulla popolazione in età di lavoro delle tendenze "naturali" della popolazione locale.

Per ciò che attiene invece alla propensione della popolazione - comunque definita - a entrare a far parte dell'offerta di lavoro (convenzionalmente misurata dai tassi d'attività: forze di lavoro/popolazione in età di lavoro), le due ipotesi adottate e messe a confronto sono state for-mulate in maniera altrettanto semplice:

• in un primo caso si è assunto che i tassi d'attività raggiunti da ciascuna classe d'età in Piemonte alla fine degli anni novanta si mantengano costanti nel decennio successivo; • in un secondo caso si è assunta un'ipotesi di convergenza verso l'alto dei tassi piemontesi

fino a risultare almeno uguali a quelli medi europei registrati nella seconda metà degli anni novanta.

Secondo la prima ipotesi, dunque, dopo i notevoli mutamenti registrati negli anni novanta - che per le classi d'età giovani e per i maschi anziani hanno significato sensibili riduzioni, mentre per

le classi adulte e per le donne hanno registrato cospicui incrementi della partecipazione al lavoro - i tassi d'attività si stabilizzano sui livelli conseguiti. Ciò consente di vedere come possano cam-biare le forze di lavoro per effetto di mutamenti prevedibili negli altri fattori rilevanti, al netto di quelli che potrebbero ulteriormente prodursi nei tassi d'attività.

Nella seconda ipotesi, invece, si fa l'esercizio contrario: ossia vedere quanti e quali cambiamenti nella consistenza e composizione delle forze di lavoro potrebbero essere indotti negli anni futuri - a parità di altre condizioni sul versante della demografia e delle migrazioni - da ulteriori modi-ficazioni nei tassi di partecipazione. Nell'esercizio si è infatti assunto che, per tutte le classi d'età in cui il Piemonte avesse già raggiunto o superato nel 1999 i tassi d'attività medi europei (come è, ad esempio, il caso di alcune classi adulte per le donne), tali valori restino costanti fino al 2010. Per le classi d'età in cui gli stessi tassi risultassero inferiori a quelli medi europei (come è il caso dei più giovani e degli uomini e donne d'età più matura), si è invece assunto che al 2010 il divario venga colmato, con una situazione esattamente intermedia nei 2005.

Quest'ultima è una ipotesi che molti potrebbero giudicare troppo prudente: in fondo, si presume che ci vorranno ancora 10 anni perché i tassi d'attività piemontesi che non l'hanno ancora fatto si adeguino ai valori medi dei 15 paesi europei registrati nella seconda metà degli anni novanta. La scelta è però deliberata. Far crescere i tassi d'attività in determinate classi d'età, dove ciò non si verifica spontaneamente, è difficile: richiede modificazioni in importanti condizioni di conte-sto - socio-istituzionali e organizzative, oltre che economiche e culturali - che non possono esse-re pesse-resupposte con leggeesse-rezza. Portaesse-re o manteneesse-re ad una pesse-resenza attiva sul mercato del lavo-ro una porzione molto più elevata di donne adulte e di uomini d'età matura - oltre a riportarvi una quota di giovani senza penalizzarne le chance di qualificazione - prima richiede e poi induce cambiamenti pesanti in molte organizzazioni: dalle famiglie alle imprese, dai servizi formativi ai sistemi di welfare.

Al contempo, però, gli effetti sull'entità e sulla composizione delle forze di lavoro che possono essere prodotti da variazioni nei tassi di partecipazione di determinate classi d'età - ad esempio quelle in cui sono più bassi o quelle destinate a diventare sempre più numerose - sono estrema-mente consistenti, più di quanto spesso si immagini.

Se i tassi d'attività sono una leva difficile da manovrare a piacimento, ma molto potente quando si muove, è bene metterne in luce le potenzialità con ipotesi molto realistiche, che non possano essere inficiate dall'accusa di non essere praticabili. D'altra parte, una volta evidenziata la dire-zione e l'entità relativa delle connessioni tra i fattori, ognuno potrà valutare da sé quali ulteriori variazioni negli effetti potranno essere indotte da differenti andamenti delle cause.

•<e c o O

Le diverse ipotesi sugli a n d a m e n t i dei t r e f a t t o r i f o n d a m e n t a l i c h e i n f l u i s c o n o sulle forze di lavoro (esposte dettagliata-m e n t e nel b o x ) s o n o state c o dettagliata-m b i n a t e in m o d o da dar luogo a quattro possibili sce-nari, di cui richiameremo di seguito tratti salienti e implicazioni.

1) Uno scenario "inerziale": che cosa acca-drebbe se i saldi migratori risultassero nulli e i tassi d'attività non crescessero

E la rappresentazione per così dire "basila-re" di tutto l'esercizio: non p e r c h é sia più realistica - lo è anzi m e n o delle altre - ma p e r c h é è u n termine di c o n f r o n t o essenzia-le p e r c o m p r e n d e r e essenzia-le i m p l i c a z i o n i di f o n d o della situazione demografica di par-tenza, gli effetti delle t e n d e n z e "naturali"

della p o p o l a z i o n e locale sulla f o r m a z i o n e d e l l ' o f f e r t a di lavoro. Allo stesso t e m p o , essa r e n d e possibile disporre di un termine di riferimento per misurare, in termini asso-luti e relativi, i c a m b i a m e n t i c h e su tale situazione "inerziale" p o s s o n o essere p r o -d o t t i -d a c i a s c u n a o -dalla c o m b i n a z i o n e delle altre variabili prese in considerazione.

Se le migrazioni in e n t r a t a e in uscita dalla regione facessero registrare un saldo nullo in ogni classe d'età e se i tassi d'atti-v i t à d e l l a p o p o l a z i o n e in e t à di l a d'atti-v o r o restassero fissi ai livelli raggiunti alla fine del 1999, le forze di lavoro piemontesi, che si e r a n o sostanzialmente m a n t e n u t e costan-ti n e g l i a n n i n o v a n t a , s u b i r e b b e r o u n a diminuzione del 1 0 % nel decennio succes-sivo. Tale riduzione sarebbe più lineare per

Forze di lavoro in Piemonte, per sesso, tra 1993 e 2010. Scenario "inerziale" • m

«

• • 0 Maschi • Femmine - A - TOTALE • • 1993 1995 2000 2005 2010

i maschi, che vedrebbero accentuarsi netta-mente dopo il 2000 una tendenza alla dimi-nuzione già in atto negli anni novanta. Per le donne invece si assisterebbe ad un'auten-tica inversione: dopo essere aumentate del 5 % negli anni novanta, le donne presenti sul mercato del lavoro piemontese diminui-r e b b e diminui-r o con intensità cdiminui-rescente nei d u e quinquenni successivi, fino a far registrare nel 2010 un valore del 13% inferiore a quello del 2000.

Scenario "inerziale": se vi fosse

un saldo nullo delle migrazioni

in ogni classe d'età e livelli

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