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Un’eterogeneità di forme, tra mimesi della tradizione e spe- spe-rimentazione: alcuni casi studio

Nel documento Enciclopedia Sociologica dei Luoghi (pagine 21-26)

La crescente proliferazione di cellule agrituristiche che punteggiano l’anatomia rurale della penisola si amplifica, anche nella varietà delle formule d’offerta, lad-dove la prospettiva osservativa provi ad affrancarsi dal censimento atomistico o dall’aneddotica delle singole prassi aziendali, oppure venga estesa su scala globale.

Sotto il primo profilo, di particolare interesse appaiono alcune recenti speri-mentazioni di connessione reticolare tra aziende agrituristiche situate in contesti territoriali non confinanti, sia a livello inter-regionale che attraverso i margini internazionali. Tra esse, particolarmente promettente appare il caso del progetto Interreg Marittimo-IT FR-Maritime denominato PROMETEA (Promozione della Multifunzionalità del settore agrituristico), conclusosi agli inizi del 2019, che ha avuto come obiettivo quello di individuare e tracciare operativamente, con il coinvolgimento partecipato degli attori imprenditoriali locali del settore, inediti percorsi territoriali integrati tra aziende contadine multifunzionali spe-cializzate nell’offerta agrituristica, al fine di innescare una traslazione dal proces-so di diversificazione della singola impresa all’attivazione di una multifunziona-lità estesa a tutto il territorio rurale di riferimento, in chiave di un suo sviluppo rigenerativo nel medio periodo (Pulina e Meloni 2019). La progettazione di tali itinerari è stata realizzata di concerto tra i quattro territori partner del proget-to (Sardegna, Toscana, Francia del Sud, Corsica) secondo canoni e aspettative condivise, prima tra tutte la necessità strategica di contrastare lo spopolamen-to emorragico e il depauperamenspopolamen-to socio-produttivo di tutte le aree coinvolte, mettendo a sistema le buone prassi mono-imprenditoriali mappate in ciascuno dei territori osservati, per rafforzarne la sostenibilità complessiva e superarne la frammentazione di lungo corso, proprio in quanto casi eccezionali.

Una panoramica di raggio ancora più ampio, attraverso le innumerevoli de-clinazioni operative possibili dell’attività agrituristica in giro per il globo, offre alcuni indizi circa il processo di significazione che essa può avviare nei luoghi in cui si inscrive. Per esempio, fungendo da luoghi transizionali tra tradizione e innovazione, tra memoria identitaria dei territori e progetti per una loro rivitaliz-zazione non museale, come nel caso di alcune aree fragili dell’Ungheria orientale che, per inedita iniziativa partenariale tra agenzie governative, ONG e università sono state ridisegnate come una trama di nodi agrituristici attrattivi, inseriti en-tro percorsi tematici di valorizzazione del patrimonio eno-gasen-tronomico,

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Agriturismi

co-culturale e architettonico locale, dalla “via delle prugne” al “cammino tra le chiese medievali” (Csobán 2018). Oppure adottando le potenzialità generative di flussi di popolazioni transeunti proprie dei siti agrituristici per conservare non solo la memoria dei luoghi, ma le comunità stesse sull’orlo dell’estinzione demo-grafica, come nel caso del piccolo villaggio rurale giapponese di Wazuka, nella provincia di Kyoto, noto come luogo d’origine di una delle varietà più pregiate di thè, lo Uji. L’immissione per iniziativa pubblica di servizi agrituristici negli splendidi paesaggi definiti dai campi di coltivazione dell’Uji si è di fatto rivelata vincente come meta di attrazione, sebbene in chiave estemporanea e non suffi-ciente a bloccare l’inesorabile invecchiamento della comunità più stabile (Goso 2018). O ancora, esaltando la portata formativa e pedagogica degli agriturismi come presidi di ambiti territoriali, ma anche di processi produttivi, modalità di lavoro e mestieri a rischio di scomparsa, promuovendo l’apprendimento in loco, secondo dinamiche di pratica intensiva e stanziale, per brevi periodi, di specifiche competenze professionali connesse al mondo contadino da parte di giovani studenti, come nel caso degli “educational agritourisms” già operanti nel-la Colombia degli anni ‘80 (Méndez 2018, Mozzi Muretto e Zunder 2018).

Ma anche supportando l’avvio e la sostenibilità di scintille di imprenditorialità femminile nella gestione di agriturismi familiari presso sette comunità indigene a Cusco e Puno, nelle Ande peruviane (Arroyo et al. 2018), un’opportunità per ridurre l’asimmetria di genere sul mercato del lavoro in comunità di sussistenza, che tuttavia ricorda nelle modalità organizzative su base familiare altre esperien-ze, lontane nel tempo e nello spazio: prima tra tutte quella della Sardegna rurale, che presenta una peculiare e forte connotazione femminile in termini di pro-prietà e conduzione agrituristica, connessa alle pratiche successorie storicamente radicate nell’isola in termini egualitari secondo il genere, lungo le linee genealo-giche, in virtù delle quali alle donne venivano trasmesse le terre costiere, meno adatte all’economia agro-pastorale delle pertinenze indivise, e rivelatesi però poi le più attraenti per attività più recenti di tipo micro-turistico (Cois 2015, Paddeu 2005). E infine i percorsi eccentrici, in apparente direzione contraria, come quello avviatosi presso il Wadi el Gemal National Park in Egitto, dove un classico resort per il turismo occidentale predatorio di massa è stato riconvertito in meta ecoturistica e agrituristica improntata a criteri di massima sostenibilità ambientale, oltre che di sostegno alle popolazioni locali, rappresentate al tavolo di negoziazione con l’attore pubblico dalla tribù Ababda (Sharan et al. 2018).

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