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Un’eticità a tutto campo

Nel documento ECONOMIA, SOCIETA' E ISTITUZIONI (pagine 143-147)

COMMENTI E RECENSIONI

LA BANCA ETICA: RIFLESSIONI Silvia Di Giacomantonio e Chiara Oldani 1

4. Un’eticità a tutto campo

Dall’analisi dei valori, degli obiettivi e dell’effettivo modo di operare di Banca Etica, si possono trarre due importanti conclusioni. Innanzitutto che le valutazioni etiche importano tutti gli aspetti dell’attività della Banca: la raccolta, gli impieghi, sé stessa in quanto struttura. Ciò differenzia Banca Etica non solo da tutto il sistema finanziario tradizionale, in cui tali valutazioni non trovano alcuno spazio, ma anche da buona parte delle altre

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proposte di finanza etica, in cui esistono criteri di eticità ma solo relativamente ad aspetti ben circoscritti. Mantenere rigorosamente tale caratteristica distintiva è tanto determinante quanto difficile; non sono certo rari i casi di progressiva perdita, particolarmente in attività economiche, dei principi e degli obiettivi originari. Con questa consapevolezza Banca Etica non ha affidato il presidio della sua eticità ad un solo strumento (per esempio il Comitato Etico), che per quanto valido potrebbe essere, da solo risulterebbe inefficace, ma ad un vasto insieme di fattori. Lo statuto e i regolamenti interni, la forma giuridica, l’azionariato diffuso, la trasparenza, il Bilancio Sociale, la promozione della partecipazione, l’organizzazione territoriale dei soci, l’elaborazione culturale: è all’azione congiunta di tutti questi elementi che è affidato il compito di non far perdere la rotta a Banca Etica nelle acque, talvolta agitate, della finanza.

5. Conclusioni

“A cinque anni dalla sua nascita possiamo affermare che la Banca Etica non è stata accolta negativamente dal sistema bancario italiano: anzi, il fatto che si cominciasse a parlare di etica ha dato una spinta: sono iniziati ad apparire sul mercato i conti etici, i fondi comuni etici, i convegni sull'etica, i bilanci sociali, ecc. Insomma, si è scoperto un segmento nuovo in grado di avvicinare le persone alle aziende bancarie.

Banca Etica e dimensione sociale dovrebbero essere una cosa sola, in quanto si cerca di svolgere la missione bancaria in modo da dare risposte sia soggettive sia collettive alle persone, che in ogni caso portano un giusto sviluppo nelle varie località nazionali e internazionali. “La Banca Etica può dare linfa vitale alla crescita di forme nuove di partecipazione, attivando anche nel nostro Paese una modalità di coinvolgimento delle persone nei processi di valorizzazione delle opportunità di crescita civile e sociale: la convinzione di fondo è che anche in quanto risparmiatori si può contribuire in modo determinante a rendere possibili iniziative efficaci sia nel campo delle azioni di lotta all’esclusione sociale, sia nei vasti settori della salvaguardia dell’ambiente, e della valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale”8. Credo sia necessario ascoltare l’esigenza di valutare positivamente la predisposizione nei soggetti intermediari di idonee strutture organizzative tali da evitare, a fronte di un’opportuna massimizzazione degli utili, ogni forma di pericolosa esposizione a rischio. “L’impresa bancaria, e Banca Etica in prima linea, deve essere quindi considerata essa stessa come valore. Ciò induce ad apprezzare sul piano etico l’azione di vigilanza creditizia: questa assolve una funzione

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primaria ai fini della salvaguardia della realtà aziendale e, dunque, in vista della realizzazione di obiettivi di interesse sociale”.9

Per giocare tale ruolo significativo bisogna che Banca Etica vinca numerose sfide. La prima riguarda la raccolta dei capitali necessari a svolgere le attività. Si tratta di un’impresa non facile sia perché non potrà limitarsi alla raccolta dei capitali minimi stabiliti a termine di legge, ma dovrà essere più ampia per garantire una efficace operatività, sia perché questi nuovi intermediari incontreranno probabilmente le difficoltà di capitalizzazione comuni a tutto il mondo non profit. L’esperienza della Banca Etica dimostra che questa sfida può essere affrontata. “Raccogliere capitali non sarà sufficiente se gli intermediari specializzati non si dimostreranno in grado di operare rispettando i vincoli di economicità, quindi la vera sfida si giocherà sulla capacità di attirare flussi di risparmio congrui che i cittadini decidono di indirizzare ad organizzazioni del terzo settore. La seconda sfida consiste nello sviluppare le metodologie e le tecniche di affidamento che consentano di contenere il grado di rischio nella concessione dei prestiti a soggetti dotati di modesto patrimonio. Se gli intermediari specializzati saranno in grado di svolgere questo compito si può pensare che anche il settore bancario tradizionale possa trovare conveniente concedere credito al terzo settore.

Ma le sfide non si limiteranno alla raccolta del patrimonio, del risparmio e allo sviluppo di tecniche e metodiche di selezione di creditori; i nuovi intermediari creditizi dovranno infatti qualificarsi anche come consulenti di sviluppo per le organizzazioni verso cui si indirizzeranno i loro prestiti perché il credito da solo non basta”10. Solo la capacità di agire come merchant banker di quella parte del terzo settore più orientata alle esperienze imprenditoriali consentirà lo sviluppo effettivo di un ampio mercato del credito per le organizzazioni non profit.

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F. Capriglione, op. cit., p. 202 ss. 10

BIBLIOGRAFIA

AA.VV. (1994), Teorie e forme della razionalità pratica, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, p. 33 ss.

BARBETTA G.P. (2002), “Finanza Etica”, Non Profit, anno VIII, ottobre/dicembre, p. 469 ss.

CAPRIGLIONE F. (1997), Etica della finanza e finanza etica, Editori Laterza, Bari, p. 23 ss.

FAZIO A. (1994), I cristiani e l’economia, Siena, p. 44 ss.

MUSELLA M. (1998), “Banca Etica e sviluppo dell’economia sociale nel Mezzogiorno”, Non Profit, anno IV, luglio/settembre, p. 376 ss.

PROPERSI A. (1999), Le aziende non profit: i caratteri, la gestione, il controllo, Etas, Milano, p. 34 ss.

Nel documento ECONOMIA, SOCIETA' E ISTITUZIONI (pagine 143-147)

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