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2 Scuola e cittadinanza

2.4 Evoluzione del dibattito

Per focalizzare il dibattito ai nostri giorni è importante fare grande attenzione nel circoscriverlo. Nelle lotte di oggi, portate avanti sulla riforma della cittadinanza, non si discute sul fornire questo privilegio ai migranti bensì agli stranieri, con questo termine si fa riferimento a coloro che risiedono stabilmente nel territorio e quelli che sono nati in Italia. Abbiamo già chiarito che il migrante è colui che compie uno spostamento fisico che lo porta, dal suo paese d’origine, a risiedere in un altro territorio; invece gli stranieri che oggi “invisibilmente” affollano le nostre strade sono quelli che lavorano da anni nelle fabbriche, che sono medici o stimati professionisti, sono i ragazzi della G2 che siedono tra i banchi di scuola o che stanno per entrare nel mondo del lavoro dopo aver concluso il loro percorso scolastico. Questa grande categoria di persone pur essendo calata nella quotidianità della nostra penisola viene considerata come la parte straniera; nel loro caso, a differenza da quanto emerge dal dibattito pubblico e politico, non vi è un tentativo di appropriazione delle fette del welfare in assenza di un impegno- dispendio economico da parte loro, perché sono persone che contribuiscono già al mantenimento del sistema. La tassazione imposta consiste nel prelevare delle piccole quantità di denaro da ogni comparto della nostra vita per metterlo sul mucchio dei servizi erogati: spesa sanitaria, spesa pubblica, implementazione del welfare, sistema pensionistico etc., queste persone in qualità di lavoratori o imprenditori pertanto contribuiscono al benessere della società e anche al proprio. Per un discorso oggettivo sul tema, bisogna pertanto lasciare da parte le ansie di deprivazione per far spazio ad un discorso maturo sul tema dei diritti e dell’appartenenza. Nel caso dei G2 ci si trova impelagati in varie problematiche tecniche, fino ai 14 anni infatti il minore viene iscritto nel permesso di soggiorno dei genitori ma dai 14 in poi ha un permesso di soggiorno autonomo che, come sappiamo, ha una scadenza ravvicinata e richiede altri espedienti per mantenerlo in

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corso di validità. Per l’acquisizione della cittadinanza però la residenza continuativa nel territorio costituiva l’elemento essenziale e incappare in vari ritardi amministrativi poteva dar luogo al decadimento di tali diritti. Fortunatamente nell’articolo introdotto dal decreto-legge n.69/2013 il legislatore ha avuto la lungimiranza di esimere ai neo-diciottenni da inadempimenti riconducibili a mancanze dell’amministrazione pubblica e dei genitori. Il problema più grande resta ancora quello di espletamento delle pratiche, che ovviamente non sono contestuali all’invio telematico e portano i giovani stranieri nati in Italia in un limbo, senza permesso di soggiorno e senza riconoscimento della cittadinanza; il Tar e la Corte di Cassazione sono intervenuti pronunciandosi affinché il minore abbia almeno un permesso per motivi familiari ma sappiamo che anche questa tipologia è vincolata ai requisiti di reddito e alloggio; quest’ultima fattispecie induce a considerare il suo caso alla stregua di quello di un minore ricongiunto.

Da anni in Italia si sussegue il dibattito sulla riforma della legge sulla cittadinanza, che si trascina però come pacco smarrito da una legislazione all’altra, senza arrivare mai al compimento. Nell’estate dell’anno 2017 il dibattito sembrava davvero imploso, grazie al contributo della campagna “L’Italia sono anch’io” ma per l’ennesima volta il governo ha deciso di lasciare da parte questa difficile questione per risolvere problemi più urgenti. La campagna popolare chiedeva, con il disegno di legge presentato, la modifica della legge del 1992 per far spazio ad uno ius soli temperato che non soppiantasse del tutto, il tanto amato ius sanguinis ma che almeno rivolgesse le sue attenzioni anche alla parte di quei cittadini che si sentono italiani pur non essendolo ancora su carta. Il disegno di legge ha 4 punti di richieste che potremmo riassumere con:

• Introduzione dello ius soli;

• Riconoscimento per i minori giunti entro il decimo anno di età; • Modifica presentazione domanda

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• Naturalizzazione più veloce per gli adulti

Con lo Ius soli il disegno di legge prevedeva l’acquisizione di cittadinanza sia per i minori nati da genitori stranieri, con almeno un anno di residenza legale; sia l’acquisizione per i minori dello status a prescindere dalla situazione di regolarità o irregolarità della famiglia. Per i minori arrivati entro il decimo anno si chiedeva l’ampliamento da uno a due anni del tempo utile per l’inoltro della domanda di cittadinanza e la possibilità di richiederla anche per coloro che hanno frequentato un corso di studio. Gli ultimi due punti richiedono che l’istanza di cittadinanza venga presentata al Sindaco della città di residenza piuttosto che al Presidente della Repubblica; l’ultimo punto chiede invece l’accorciamento dei tempi di naturalizzazione da dieci a cinque.

Il valore di questo disegno di legge non è solo nei punti ma piuttosto nell’attivazione di una parte delle nuove generazioni che, grazie all’utilizzo delle più svariate piattaforme, tentano di sensibilizzare una parte della popolazione italiana, non ancora sveglia dal sogno d’informazione che viene servito dai principali mass-media; allo stesso tempo però è anche la riappropriazione di una voce a coloro a cui era stata negata. Purtroppo, nonostante i focolai di fervore, da vent’anni a questa parte ancora non si è trovata una soluzione per questo “pacco bollente” che al di là dei disagi giuridici e sociali comporta problematiche identitarie colossali nei soggetti di riferimento.

2.5 Il futuro della cittadinanza ha gli occhi