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L’evoluzione dell’anatocismo: verso una maggiore tutela del cliente

Nel documento L'anatocismo (pagine 84-87)

L’aspetto che maggiormente ha influenzato la disciplina dell’anatocismo è imperniato sulla tutela del debitore. La disposizione civilistica (art. 1283 cod. civ.) nasce con quella funzione, ma ancor di più questa evoluzione è presente nella disciplina bancaria. In parallelo il

revirement della Cassazione ha origine dall’esigenza di ristabilire un equilibrio nel rapporto

tra i due soggetti fino ad allora abbastanza sbilanciato nei confronti della banca160.

Negli ultimi tempi anche la dottrina è impegnata nella elaborazione di un sistema che offra una protezione maggiore al cliente, nello specifico si è posta sul piano della prova nel processo.

Come si è visto la tesi che maggiormente innova il sistema è rappresentato dall’applicazione del principio di vicinanza della prova. Questo si applica ricorrendo a presunzioni che invertono l’onere della prova quando il soggetto che la dovrebbe dare è ostacolato da un comportamento della controparte. Si pensi ai casi di malpractice in ambito medico in cui la documentazione clinica è il principale mezzo di prova. Il paziente danneggiato deve fornire una prova su un atto formato dal medico, spesso su aspetti lacunosi imputabili allo stesso operatore sanitario. In tal caso l’inversione opera in questo modo: il danneggiato offre un indizio di prova, mentre è il convenuto a dover sostenere l’onere probatorio.

La dottrina ha tentato di trasporre in ambito bancario l’applicazione del principio di vicinanza (o prossimità) alla prova per obbligare le banche a produrre le prove, soprattutto i documenti e gli atti relativi ai contratti.

Un primo punto in comune che è basale nei due ambiti è lo sbilanciamento del rapporto tra le parti: le conoscenze tecniche e la padronanza degli strumenti pongono una parte al di sopra

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dell’altra. In particolare la banca stipula dei contratti predefiniti in cui la negoziazione è ridotta al minimo per l’utilizzo di formulari.

Un secondo elemento è il monopolio nella predisposizione della documentazione (sia essa clinica o bancaria): la banca, nello specifico, non può privarsi degli estratti conto o dei documenti relativi al rapporto. In tal caso gli si offrirebbe una possibilità di scelta se produrre o meno un documento che gli possa procurare nocumento. Tuttavia la banca non dovrebbe avere questa scelta: come si è visto l’art. 119 co. 4° obbliga la banca a fornire la documentazione al cliente. E ciò deve avvenire anche quando la produzione della documentazione possa avere un effetto negativo. Anche l’obbligo di tenere i documenti contabili (art. 2220 cod. civ.) solo per un decennio non può essere interpretato nel senso di spogliare di qualunque onere la banca e che questa si possa liberare dei documenti161;

Ora tale principio funziona al meglio quando ci si trova di fronte all’eccezione della banca che oppone l’intervenuta prescrizione della restituzione degli interessi anatocistici. In tal caso non si può onerare il cliente del fatto negativo della non intervenuta prescrizione, ma è la banca a dover fornire la relativa prova.

Vi sono dubbi nel caso in cui c’è una produzione parziale di estratti conto da parte del cliente e si addossa l’onere alla banca che in pratica sopperisce alle carenze dell’attore. La giurisprudenza in tal caso oscilla tra considerare il principio un elemento complementare a quello previsto dall’art. 2697 cod. civ. o alternativo e con effetti di ribaltamento dell’onere. In merito alla base argomentativa della tesi sostenuta dalla dottrina è convincente la considerazione di fondo: lo squilibrio tra le parti e la possibilità di costruire una posizione di preminenza d’impresa nell’ambito dell’onere della prova. E’ tuttavia necessario che le

161 anzi oggi più di allora la possibilità di conservare le scritture contabili è divenuta più semplice data la possibilità di

differenze soggettive non siano oggetto di una visione generalizzante e che siano valutate attentamente anche situazioni che riducono o eliminano i rapporti di forza162.

I dati normativi che vengono considerati sono invece riferiti alla particolare diligenza che deve guidare gli operatori finanziari e determinano una maggior vicinanza ai prodotti e ai contratti che vengono stipulati (e fondano l’idea di una “vicinanza d’impresa” alla prova)163

. D’altronde la tesi deve completarsi con una interpretazione delle regole relative alla banca alla luce del principio di buona fede; in particolare la Cassazione, in riferimento all’obbligo di conservare le scritture contabili, afferma che l’inadempimento di tale obbligo può comportare una violazione dell’art. 1375 cod. civ.164

.

Un aspetto di rilievo è che il principio di prossimità ha, se accolto in tali termini una potenzialità espansiva che può influenzare anche altri ambiti del settore finanziario (si pensi ad un tema assai prossimo come quello dell’usura).

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DOLMETTA A.A., MALVAGNA U., Vicinanza della prova in materia di contenzioso bancario. Spunti (I. Il saldo

zero), in Riv. Diritto bancario, 6, 2014, in www.dirittobancario.it;

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sono, come detto, gli artt. 5 TUB, 3 cod. assicurazioni e 21 TUF che fondano la particolare diligenza che deve ispirare l’azione degli operatori finanziari e assicurativi.

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Cass. civ., 26 gennaio 2011, n. 1842, inedita, «la ratio posta a fondamento dell'obbligo di conservazione delle scritture contabili per un decennio va individuata [anche] nell'esigenza di assicurare una più penetrante tutela dei terzi estranei all'attività imprenditoriale, rispetto a un'eventuale posizione creditoria da essi fatta valere ovvero a una contestazione sollevata, circostanza da cui discende che un eventuale inadempimento al riguardo da parte dell'istituto potrebbe eventualmente rilevare, a favore della controparte, sotto il profilo della violazione dell'art. 1375 c.c.»

Nel documento L'anatocismo (pagine 84-87)