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F ILIERA LATTE

Nel documento Crisi economica e agricoltura (pagine 145-149)

S CHEDE DI FILIERA

F ILIERA LATTE

L’impatto della crisi sul fatturato

La crisi sembra aver avuto un impatto limitato sulla filiera latte i cui pro- blemi sono collegati a dinamiche strutturali di lungo periodo. Una quota rile- vante di aziende evidenzia una sostanziale stabilità anche nel 2007-2008, inol- tre mentre il numero di operatori che denuncia una contrazione dell’attività nello stesso periodo non è aumentato sensibilmente (figura A24). L’entità della contrazione media in questo periodo è però più elevata: si va da un minimo del 3% ad un massimo del 30%, a fronte di un intervallo dal 2% al 10% del- l’anno precedente.

Rilevante anche la quota di aziende che evidenzia un incremento del fattu- rato (25%), più o meno analoga a quella del periodo precedente (21%), anche se la dimensione media dell’aumento risulta essere inferiore (tra il 5% ed il 40%, a fronte del 5%-50% nel 2006-2007).

Figura A23 - Andamento del fatturato nel primo semestre 2009 in relazione alla vendita diretta (carne suina)

Le risposte delle aziende alla crisi

Gli operatori zootecnici hanno reagito alla crisi soprattutto riducendo i mar- gini (più dell’80% dei rispondenti), mentre la riduzione dei prezzi è stata pra-

ticata da un numero molto inferiore di imprese (circa il 30%), dati i risicati spazi di manovra derivanti da prezzi ai minimi storici già prima della crisi. Priorità elevata anche per gli interventi di razionalizzazione dei costi di gestio-

Figura A25 - Le risposte delle aziende alla crisi (latte)

ne (60%), soprattutto attraverso la produzione aziendale dei prodotti dell’ali- mentazione del bestiame, e abbastanza rilevante il miglioramento della qualità dei prodotti e servizi offerti, un’opzione scelta da più del 40% delle aziende. Una priorità media hanno invece la richiesta di maggiori dilazioni di paga- mento ai fornitori, nonché la riduzione del complessivo tenore di vita. Nella stessa fascia di incidenza ritroviamo tuttavia anche soluzioni di riposizionamen- to dell’attività, attraverso la ricerca di nuovi canali distributivi, l’adesione ad aggregazioni di produttori, la realizzazione di nuovi investimenti (figura A25). Impatto della crisi e aggregazione

Le aziende che fanno riferimento a strutture di aggregazione (prevalente- mente per attività di conferimento) sono poco più della metà del campione (28

su 51). L’appartenenza e/o il ricorso a strutture aggregate determina risultati economici differenti rispetto alle aziende non in rete, anche se non in maniera univoca (figura A26). In particolare essa fa diminuire la quota di intervistati con fatturato “scarso” (il 37,5% a fronte del 46,4% nel caso di aziende non ap- partenenti a reti).

Le aziende appartenenti a reti sono maggiormente rappresentate anche nella modalità di fatturato “né buono né scarso”, con il 29% circa delle aziende a fronte dell’8% del secondo gruppo. Viceversa, solo il 4% di quelle in rete di- chiara di avere un fatturato “buono”, contro il 21% delle aziende non aggregate. Più o meno analoga (di poco superiore al 20%) la quota di aziende con situa- zioni di fatturato molto negative.

Figura A26 - Andamento del fatturato nel primo semestre 2009 in relazione all’appartenenza a reti (latte)

Impatto della crisi e vendita diretta

Solo il 17% delle aziende intervistate realizza vendita diretta. Il dato richia- ma, se pur nei limiti di rappresentatività della ricerca empirica, l’effetto di “sco- raggiamento” verso il ricorso alla vendita diretta generato dall’introduzione di nuove norme di commercializzazione, come l’imposizione ai distributori au- tomatici del latte non pastorizzato una dicitura sulla necessità di bollitura prima

del consumo7.

L’accorciamento della filiera risulta però avere un impatto molto positivo sull’andamento del fatturato, assicurando una performance migliore rispetto alle strategie di commercializzazione tradizionali (conferimento a cooperative o industrie di trasformazione) o comunque una maggiore stabilità. Il 22% delle

molto buono buono né buono né scarso

scarso molto scarso non so

con vendita diretta 50% 0,0% 0,0% 22,2% 44,4% 11,6% 14,0% 22,2% 46,5% 25,6% 22,2% 2,3% 45% 40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0% senza

aziende con vendita diretta dichiara un fatturato “buono” ed il 45% un fatturato “né buono né scarso”. Per le aziende che non realizzano vendita diretta le stesse percentuali scendono rispettivamente al 12% e al 14% (figura A27).

Ancora più indicativi i dati sulle aziende con vendita diretta che dichiarano un fatturato “scarso” (pari al 22% degli intervistati a fronte del 47% del gruppo senza vendita diretta). Ma soprattutto nessun azienda con filiera corta dichiara un fatturato “molto scarso”, situazione in cui si trova invece il 26% delle azien- de senza vendita diretta. L’impatto della vendita diretta non sembra essere le- gato alla tipologia di prodotti veicolati attraverso filiera corta (latte fresco o prodotti trasformati).

7 Ordinanza del Ministero della Salute del dicembre 2008 - “Misure urgenti in materia di

produzione, commercializzazione e vendita diretta di latte crudo per l’alimentazione umana’’.

Figura A27 - Andamento del fatturato nel primo semestre 2009 in relazione alla vendita diretta (latte)

Considerazioni qualitative

Le istanze delle imprese zootecniche si concentrano sul problema delle di- storsioni presenti all’interno della filiera agroalimentare, che si ripercuotono sui processi di formazione dei prezzi e, più in generale, sulla gestione dell’attività produttiva, sotto i profili, ad esempio, della stabilità delle relazioni di fornitura e della pianificazione dell’offerta. Le distorsioni coinvolgono non solo i rapporti con gli operatori commerciali (e in particolare la Gdo), ma spesso anche le aziende di trasformazione. Un’altra conseguenza delle inefficienze lungo la fi-

liera risulta essere l’eccessiva “flessibilità” dei pagamenti alle imprese agricole8.

Significativa la quota di operatori zootecnici che, nel quadro della crisi e delle inefficienze del comparto, dichiara di aver reagito avviando o comunque orientandosi verso la realizzazione di investimenti di sviluppo “a valle” nelle fasi di trasformazione e/o commercializzazione del prodotto, anche attraverso forme di aggregazione orizzontale.

Nel documento Crisi economica e agricoltura (pagine 145-149)