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Capitolo 4 - I fallimenti dal passato ad oggi e le prospettive per il futuro

4.2 I fallimenti delle prime due fasi ETS

Nel Capitolo 3 si è parlato delle fasi dell’ETS dal 2005 ad oggi; nei paragrafi 3.2 e 3.3, parlando delle prime due fasi si è anche detto quali sono stati i fallimenti e le battute d’arresto che ha subito il sistema nel corso degli anni. Una serie di problemi che hanno impedito all’Emission Trading di raggiungere l’obiettivo di promuovere una riduzione delle emissioni di gas serra in modo economicamente efficace ed economicamente efficiente (Art. 1 della Direttiva 19): i problemi principali riscontrati nel sistema sono stati sovrallocazione, volatilità dei prezzi e windfall profit, che sommati all’imprevedibilità della crisi economica del 2008 hanno congiuntamente contribuito ai suoi fallimenti.

Le prime due fasi (2005-2007, 2008- 2012) sono state caratterizzate dal sistema di allocazione grandfathering, tramite cui era prevista la distribuzione di permessi ad inquinare a titolo gratuito sulla base della media delle emissioni storiche degli impianti considerati.

Di fatto, questo metodo ha funzionato come una sorta di sussidio all’inquinamento in quanto il permesso che veniva gratuitamente fornito all’impresa era per essa un costo-opportunità che se non consumato poteva rappresentare un guadagno; questo era allora percepito anche come un costo qualora consumato, e si è dimostrata la tendenza delle imprese a traslare questo costo sui prezzi finali dei beni prodotti ai consumatori, generando un extra-profitto (perché non veniva effettivamente pagato) chiamato windfall profit.

Secondo il rapporto “Point Carbon Advisory Series” (EU ETS Phase II – The potential

and scale of windfall profits in the power sector, WWF) la somma stimata di questi

extra-profitti ottenuti da imprese in Regno Unito, Germania, Spagna, Italia e Polonia durante la seconda fase dell’Emission Trading è compresa tra i 23 ei 63 miliardi di euro. La presenza di questi windfall profit nel sistema ETS ha creato dei problemi di inefficienza, in quanto disincentiva le imprese del sistema a investire in riqualificazioni energetiche al fine di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra che emette.

La sovrallocazione dei permessi che, seppur per motivi diversi, ha colpito sia la fase I che la fase II, ha favorito il continuo utilizzo delle stesse tecnologie vanificando qualsiasi incentivo ad una transizione verso sistemi di produzione a basse emissioni; obiettivo primario che si era proposto il sistema ETS. Con la sovrallocazione dei permessi, le imprese continueranno ad emettere livelli elevati di emissioni perché non sopporteranno alcun costo monetario che li induca a ridurre le emissioni.

Nella fase I, i permessi sono stati assegnati in eccedenza in vece del fatto che le ipotesi fatte sulle medie storiche di emissione degli impianti erano errate. Nella fase II, i livelli di

avrebbero continuare a crescere" (Gilbertson e Reyes, Carbon Trading: how it works and how

it fails.) ma la crisi economica del 2008 ha ridotto la produzione delle imprese lasciando

sovrabbondanza di permessi di emissione.

Questa sovrallocazione ha contribuito anche alla volatilità dei prezzi dei permessi di emissione; i prezzi del carbonio volatili sono stati una caratteristica dell’Emission Trading sin dalla sua nascita.

Questi sono infatti instabili dalla nascita del sistema nel 2005 e in caduta dal 2008, quando a causa della crisi economica, i prezzi che a metà 2008 avevano raggiunto i 30 € per tonnellata di CO2 sono calati a 8 € t/CO2. Nel gennaio 2013, i prezzi sono scesi al minimo record di 2,81 € t/CO2 (dato Financial Times, febbbraio 2013); chiaramente, con dei prezzi cosi bassi, per un’impresa si rende più conveniente acquistare quote EUA che non ridurre le emissioni mediante l'utilizzo di metodi di produzione alternativi o con riqualificazioni energetiche.

Il surplus di permessi ha avuto quindi un impatto negativo sul mercato e a lungo termine sulla possibilità di raggiungere i target fissati. L’eccesso di permessi distribuiti a titolo gratuito ed il prezzo molto basso dei titoli di riduzione delle emissioni (offsetts) derivati da progetti nei Paesi in via di sviluppo hanno creato una situazione per cui le imprese non hanno avuto difficoltà a rispettare i cap poco stringenti imposti dall’UE.

Inoltre, è importante notare che la maggior parte della riduzione di emissioni registrate dopo il 2008 è dovuta più al calo di produzione dovuto alla recessione che ha investito i Paesi UE che non a riqualificazioni energetiche e non risulta avere collegamenti in genere col sistema ETS (in accordo a ricerche European Environmental Agency, EEA).

Un altro punto che la Commissione Europea dovrà rivedere e per cui spesso è stata criticata, è il fatto che l’ETS non include settori come l’edilizia, gran parte del settore dei trasporti (di cui dal 2012 fa esclusione in settore dell’aviazione), i piccoli impianti industriali, l’agricoltura e le emissioni prodotte dalle famiglie, che come si può notare dal GRAFICO 4.1 (Ripartizione emissioni per trasporti e per settore nel 2012) rappresentano circa il 40% del totale delle emissioni di CO2.

Questi settori al momento non sono sottoposti al regime ETS per le evidenti difficoltà nella misurazione delle emissioni di piccola entità ed estremamente comuni. Dal 1990 al 2013, in tutti i settori si è notato un calo di emissioni di gas serra, ad eccezione del settore dei trasporti le cui emissioni sono aumentate del 13%. Nel 2013, il settore dei trasporti pesava per il 20% sul totale delle emissioni e per il 33% sulle emissioni di gas serra inclusi nell’ESD,

sforzo” di ridurre le emissioni nei settori non coperti dallo schema ETS tra gli Stati membri e li impegna ad adottare politiche appropriate alle proprie circostanze nazionali che significheranno innovazione in particolare nei settori residenziale, agricoltura, trasporti, rifiuti (dati EEA).

GRAFICO 4.1 Ripartizione emissioni per trasporti e per settore nel 2012

Fonte: Commissione europea <http://ec.europa.eu/clima/policies/transport/index_en.htm> Come se tutti questi problemi non fossero sufficienti, l’EU ETS ha dovuto fare i conti anche con il furto e l’evasione. Nel 2010 è stata sventata una maxi-evasione nel sistema che è costata ai governi più di cinque miliardi di euro in IVA non pagata. Nel marzo 2011 un tribunale tedesco ha decretato che questa frode all’IVA ha privato lo Stato di 850.000.000 €. Il 19 gennaio 2011 il mercato spot ETS è stato chiuso a causa di un hackering che ha sottratto 28-30 milioni di euro in pochi giorni dalle quote dei registri nazionali (dati EUROPOL e BBC).

I politici europei si stanno apprestando a rivedere lo schema ETS e ad aggiustarlo entro la fase successiva che partirà col 2020. A più di dieci anni dalla nascita del sistema, l’Unione Europea si sta impegnando per riformare il sistema EU ETS e rispristinare la fiducia degli investitori.

Nonostante scettici e pessimisti continuino ad affermare che il sistema ETS non funziona, per un motivo o per un altro, e per la compartecipazione di tutti i meccanismi che sono stati messi in atto, come mostra il GRAFICO 4.2 (Emissioni totali di gas serra in Unione Europea dal 1990 e proiezioni al 2020) si sta ad ogni modo registrando un calo delle emissioni totali di gas serra, anzi è previsto un calo per il 2020 del 21% delle emissioni rispetto a quelle verificate nel 1990.

L'UE è pertanto sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo per il 2020; se si considerano solo le emissioni incluse nel protocollo di Kyoto (cioè escludendo il settore

(With Existing Measures) e del 26 % con eventuali misure supplementari WAM (With

Additional Measures).

GRAFICO 4.2 Emissioni totali di gas serra in Unione Europea dal 1990 e proiezioni al 2020

Fonte: EEA, 2014a, 2014c, 2014d e 2014g su elaborazione di EEA (Report No 6/2014)

4.3 Prospettive per il futuro: la riserva di stabilità, il programma NER300, il pacchetto

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