• Non ci sono risultati.

(2000)

«In un primo tempo (e con rilevante frequenza negli anni Cinquanta) ho viaggiato il continente americano dal Sud al Nord come ricercatore d’un mito per così dire, letterario e politico/sociale chiamato emigrazione, per poi viverlo di persona dal 1960 ad oggi: un mito che nei miei libri ho appassionatamente indagato e ineluttabilmente tradotto come lacerazione, sacrificio invece che

riscatto, e ciò in quanto lacerazione e sacrificio sono termini che

appropriatamente appartengono alle prime generazioni di emigranti, i pionieri, coloro che muoiono sulla vanga in ogni tempo e stagione della loro emigrazione, e il secondo termine, riscatto, ai figli e ai nipoti: i figli (seconda generazione) che molto spesso hanno cercato di dimenticare e persino negare le origini dei padri per vergogna forse, e non di rado cambiando i loro nomi in Libert per esempio, da Libertucci, negando ( o mascherando) in tal modo la cultura della loro provenienza biologica, mentre i nipoti d’altro canto (terza generazione), sicuri della loro «americanità», han cercato al contrario di ritrovare le radici da dove vengono se non altro nel ricordo del buon sugo di maccheroni che faceva la nonna, andando quindi a scuola, prendendo lezioni per imparare la lingua dei padri, finalmente rendendosi conto che quella cultura li arricchisce invece che diminuirli»238.

(Giose Rimanelli, Familia)

È con queste parole che Giose Rimanelli esprime il suo lacerante bisogno di parlare, descrivere, denunciare ciò che la parola emigrazione ha significato per centinaia di migliaia di italiani costretti ad abbandonare le proprie case e il proprio paese, l’Italia. Anch’egli ha sperimentato di persona, agli inizi degli anni Sessanta, l’espatrio, prima in Canada, e poi definitivamente negli Stati Uniti d’America.

Nell’introduzione scritta al romanzo Per il mondo in cerca di fortuna di Giuseppe Molino, Rimanelli ricorderà l’amico d’infanzia Peppe Molino e le parole di quest’ultimo:

(…) il mio amico d’infanzia Peppe Molino così descrive il suo «attimo» di addio al nostro paese, Casacalenda, Molise, per lo sconosciuto paese lontano, il Venezuela: -In ogni momento ed in ogni luogo è triste partire, ma a Casacalenda lo è ancor di più, forse per via di quella ripida scalinata che porta alla stazione e che non sembra finire mai239.

Per Rimanelli il viaggio letterario nell’emigrazione dell’amico Peppe

si presenta come una specie di miniera di Re Salomone per i fatti che racconta, le schegge di esperienza che vengon fuori dal buio delle storie, e soprattutto per la perseveranza del narratore nel suo viaggio-vita destino, che è quella appunto di non desistere di scavare, cercare, per infine appagare le ansie del viaggio e rivedere la luce, acquistare una vera stabilità, la famiglia, dopo il percorso nel tunnel240.

E Familia, vera e propria memoria dell’emigrazione, precede di un anno l’introduzione scritta da Rimanelli al romanzo di Peppe Molino. Familia è stata pubblicata da Rimanelli nel 2000. La scelta del viaggio letterario nell’Oceano Emigrazione ce lo spiega lui stesso quando ci confida nell’introduzione: “Ma ricordo che in nessun luogo al mondo sono veramente riuscito a dormire più di qualche ora, dopodiché richiudevo il libro nello zaino e riprendevo il cammino”.241

Questo perché emigrazione significa viaggio. Familia è, quindi, il viaggio nella storia dell’emigrazione della sua famiglia e nella sua storia di outsider, come uomo e scrittore. Una storia che acquista l’elemento della coralità perché rappresenta la storia e il dolore di ogni emigrante. Il libro si presenta strutturato in tre libri: Libro primo dal titolo «Nonno jazz Emigrazione come ricordo», Libro secondo che porta il titolo di «Core càro Emigrazione come destino» e infine, il Libro Terzo, «Giose e Io Emigrazione come Arte». Luigi Fontanella nell’introduzione a Familia sottolinea l’importanza per Rimanelli di aver posto la “Famiglia come centro nucleare nel suo percorso nella memoria dell’emigrazione, e che la memoria personale andrà a fluire, fondendosi, con la memoria storica”242.

239 G. MOLINO, Per il mondo in cerca di fortuna, Isernia, Iannone, 2001, p. 9. 240 ID., p. 21.

241 G. RIMANELLI, Familia, cit., p. 7. 242Ivi, pp. 7-8.

Protagonista del primo libro è il nonno materno di Giose, Antonio Minicucci, detto Tony “Slim” Dominick, personaggio che si incontra anche in Una posizione sociale (pubblicato nel ’59 e poi riedito a cura di Sebastiano Martelli nel ’96, col titolo La stanza

grande).

In Familia Rimanelli presenta ancora una volta la figura del Nonno Jazz, jazz perché nonno Dominick ha vissuto in Louisiana, a New Orleans e ha imparato a suonare la tromba. Ed ecco uno scorrere di personaggi, tutti appartenenti alla famiglia dello scrittore, dal nonno paterno Seppe Rimanelli e la moglie Maria Giuseppa Melfi, ai propri genitori Vincenzo Rimanelli e Concetta Minicucci che, nata a Montreal nel 1905, fu portata dal Canada in Italia nel 1913.

Il padre e la madre di Rimanelli, insieme agli altri fratelli, partiranno per il Canada dopo la guerra e lì inizieranno quella vita degna di essere vissuta a cui ogni essere umano ha diritto. Rimanelli ci racconta la storia del jazz, da dove è nato fino a dove si è pian piano diffuso: Detroit, New York, Chicago. Ed è proprio a Chicago che fu inciso nel 1917 il primo disco dalla Original Dixieland Jazz Band, band che era composta di suonatori bianchi diretti da Nick La Rocca. Rimanelli ricorda anche l’eccidio di undici emigrati italiani a New Orleans nel 1891, una vera e propria strage razzista, storia che nonno Dominick era solito raccontare essendo stato testimone oculare dei fatti. E nonno jazz diventa nell’immaginario rimanelliano l’eroe per eccellenza, un eroe sempre presente nei suoi ricordi e a cui, sicuramente, deve molto, anche la sua passione per la musica e per il jazz:

Ma ancora ed ancora, chi era nonno Dominick E suo padre, Rudi: chi era effettivamente?

Nonno Minicucci, lui, me lo guardo spesso in quel ritratto che gli disegnò un pittore antifascista a nome Perluzzi, suo ospite, che mamma conservò sotto le lenzuola del comò, al di là dei terremoti; e a rivederlo oggi fra le mie carte, con quella sua lobbia, con quei suoi folti baffi così distinti mi pare quasi impossibile che sia proprio lui, mio nonno, l’allucinato e ispirato “personaggio” delle notti della mia infanzia, più dalla parte surreale di un Frank Capra che propriamente mia.243

Rimanelli dedicherà a nonno Jazz anche il primo capitolo del libro scritto a due mani dal figlio Marco Rimanelli e la moglie Sheryl Lynn Postman dal titolo The 1891 New Orleans 243Ivi, p. 55.

Lynching and U.S.-Italian Relations, pubblicato nel 1992 a New York dalla casa editrice Peter

Lang. Ancora una volta Giose Rimanelli ricorda la figura del nonno suonatore di jazz, dal forte spirito americano ma con salde radici molisane:

In his youth, Tony Slim Dominick learned how to play local proto-Jazz on the trumpet, performing either on the show-boats sailing the mighty Mississippi river for the New-Orleans-St. Louis run, or in the Crescent City’smany swinging prostitution houses, where sex, sin, spirits, music and high society mixed ceaselessly. Yet he also learned the hard way how the bohemian New Orleans could also become frightening and cruel at a moment’s notice, as when he witnessed the 1891 slaughter of 11 Italian immigrants, known in the historical annals of Italy’s emigration as the New Orleans Lynchings.244

E parlando del nonno, Rimanelli ricorda con affetto Gian Carlo Testoni, profondo conoscitore e divulgatore italiano di jazz che recensendo il romanzo/disco Una posizione

sociale parla del nonno suonatore di jazz dello scrittore.

Il nonno fa parte di quel destino fisso, quel destino che lo accomuna

al dolore, la confusione, la miseria della gente in quei nostri paesi devastati dalla guerra prima e poi dall’incontrastata secolare indigenza, l’endemica repressione agraria e sociale che infine la spinse a tentare un ultimo passo verso la speranza, per l’alba nuova forse, ai confini dell’arcobaleno245.

Rimanelli è consapevole che la scelta di trattare in modo esplicito il tema dell’emigrazione nasce dalla seguente intima riflessione:

L’emigrazione mi si fece quindi legittimo soggetto d’indagine; una realtà della mia stessa famiglia, da vedere ora faccia a faccia. Ci sono nato in mezzo, del resto, di essa parte essenziale. (…) Come mai l’emigrazione? La memoria balza indietro e ricerca il senso del quid pro quo, il qualcosa per qualcosa, il tozzo di pane per le mie braccia, la vita per me e i miei figli, la quidditas insomma, l’essenza del vivere che è lavoro, bene, comunità, famiglia. È da qui

244 M. RIMANELLI, S.L. POSTMAN, The 1891 New Orleans Lynching and U.S.-Italian Relations, New York,

Peter Lang Publishing, 1992, p. 10.

che –in ogni età – inizia il viaggio, probabilmente l’esilio per un luogo nuovo, una reinvenzione della propria esistenza: la traversata del biblico Mar Rosso insomma, al di là del quale i dollari, per certo, non si trovano per strada246.

II CAPITOLO

La Macchina Paranoica

(Inedito)

Documenti correlati