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2. IL PARADIGMA DELLA RESTORATIVE JUSTICE

2.3 Teorie e strumenti di giustizia riparativa

2.3.2 Il Family Group Conferencing

Il Family group conferencing (da qui in avanti riportato con la sigla FGC) è considerato dalla dottrina uno dei pilastri delle restorative practices ed esso presenta tre caratteristiche fondamentali (Donati, Et all,2011):

▪ l’inclusione di familiari, e/o persone particolarmente importanti per le parti, personale dei servizi sociali ed anche eventualmente membri delle forze dell’ordine nel percorso riparatorio;

▪ l’assunzione di responsabilità da parte del reo rispetto al prendersi cura della vittima è il fino ultimo;

▪ l’accordo che emerge dalla serie di incontri può assumere valenza risarcitoria o sanzionatoria nei confronti dell’autore del reato.

Sempre per citare due degli autori di riferimento della letteratura riparativa, H. Zehr e A. Gohar affermano nel loro scritto The Little book of Restorative Justice (2015) come nel FGC il ruolo della famiglia ricopra la funzione essenziale. Il FGC si pone infatti come obiettivi quello di riconnettere il minore alla famiglia e conseguentemente di responsabilizzare la comunità nel percorso di riaccoglienza (Mastropasqua,2016)

Anche il FGC come i restorative circles, in quanto strumenti della giustizia riparativa che, come detto, nasce dal basso, trae le sue origini dai metodi di risoluzione delle controversie propri della società aborigena

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Neozelandese ed è infatti proprio in Nuova Zelanda e Australia che esso trova le sue prime sperimentazioni, dapprima nel sistema di giustizia minorile e poi in quello degli adulti.

Sebbene il FGC ricalchi alcune componenti operative del problem solving delle comunità autoctone sopra citate, va specificato come esso non corrisponda ad oggi, totalmente al modello originario da cui ha tratto ispirazione. Esso, come ben si può immaginare, è stato via via formalizzato all’interno di un sistema di giustizia di derivazione post-coloniale e quindi di matrice britannica per riuscire a produrre esiti processuali. Tale modello è stato inoltre esportato in molti ordinamenti di common law e successivamente di civil law divenendo, ad oggi, una delle pratiche di giustizia riparativa più diffuse e studiate, seconda solo alla mediazione reo-vittima. Alcune ricerche hanno messo in evidenza come il FGC sia utilizzato nel 76% dei paesi non europei e nel 42% dei paesi europei. (Zinsstag & Vanfraechem, 2012)

Gli elementi distintivi del FGC (Harris, Nathan,2012) sono, nello specifico:

▪ empowerment; ▪ restoration; ▪ reintegration;

▪ emotional resolution.

Empowerment è per definizione: “la conquista della consapevolezza di sé e del controllo sulle proprie scelte, decisioni e azioni […] (Treccani,2014)

In generale esso rappresenta uno tra gli obiettivi del paradigma riparativo. Il FGC, per com’è predisposto, consente alle parti coinvolte nel reato di assumere un ruolo attivo durante la gestione di questo e permette inoltre alla vittima di far valere il proprio vissuto. In questo contesto è possibile sviluppare l’empowerment della

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comunità stessa poiché essa sarà chiamata a lavorare direttamente sulla rottura formatasi a seguito del reato. Restoration è invece il secondo punto focale del FGC in quanto l’intervento che viene messo in campo è di tipo riparativo, basato quindi sul binomio offesa-riparazione e non sul classico reo-punizione.

Reintegration e quindi reintegrazione sociale è un’altra caratteristica che consente di racchiudere il FGC tra gli strumenti di giustizia riparativa grazie alla dinamica inclusiva che esso manifesta, ispirata alla teoria della “vergogna riparativa” riportata dal criminologo australiano J. Braithwaite (1989) nella sua celebre opera Crime, Shame and Reintegration. Egli affermava infatti che la vergogna provata dal colpevole fosse il motore per un profondo processo di riconoscimento tra le parti e che quindi questa non dovesse venir in alcun modo soffocata o dimenticata o ancora, imposta in qualità di sanzione come succede nel sistema penale tradizionale.

Infine, l’elaborazione che viene messa in atto nei confronti delle emozioni di tutti i partecipanti al FGC fa sì che confluisca a pie pari tra le metodologie riparative. Concretamente, l’incontro vero e proprio chiamato in inglese conferencing avviene sotto la conduzione non direttiva od impositiva di un coordinator. Questa figura è solitamente affiancata da tre individui che nella maggior parte dei casi sono assistenti sociali. Questi hanno il ruolo di fornire al coordinatore una panoramica quanto più esaustiva circa il vissuto del reo e della sua famiglia. Sebbene nel FGC sia prevista alle Autorità la possibilità di presenziare, l’effettiva partecipazione di queste appare limitata alla fase iniziale degli incontri, quando, generalmente la Polizia, è chiamata a descrivere il caso secondo la sua ricostruzione ufficiale. Talvolta l’Autorità partecipa anche nella fase conclusiva per esprimere un’opinione sull’accordo di riparazione posto in essere dalle parti. Inoltre, per l’autore del reato o per i membri

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della comunità è possibile esprimersi circa il resoconto presentato dall’Autorità.

Come nel caso della mediazione e del restorative circles, l’incontro è preceduto da una lunga serie di colloqui preparativi volti a verificare che tutti i partecipanti siano effettivamente pronti e soprattutto per limitare a zero possibili rischi di seconda vittimizzazione. Il FGC che ha avuto un esito positivo si conclude con una celebrazione simbolica di ri-accoglienza del reo nella comunità. Il ruolo della vittima è invece diverso rispetto ad altri modelli di restorative justice; essa può infatti scegliere di non partecipare al conferencig o di scegliere un sostituto da cui venir rappresentata. Nei casi in cui la vittima non è interessata a partecipare oppure ad un’offerta di riparazione, per l’autore del reato sarà comunque possibile svolgere un’attività ristorativa che presenterà però un contenuto differente. Questo modello di mediazione estesa ai gruppi parentali in Italia è utilizzato soprattutto in ambito minorile e specialmente per i reati di bullismo e cyberbullismo o in quei casi in cui vi sia un numero considerevole di soggetti coinvolti. (Mastropasqua,2016) In linea di massimo però questi due modalità operative risultano utilizzati prevalentemente in Nuova Zelanda, Australia e Stati Uniti. In Europa non sembrano aver ancora ottenuto la giusta e necessaria considerazione.

Le brevi descrizioni appena terminate possono servire in primo luogo per una quanto più ricca conoscenza del ricco paradigma della restorative justice, ed in secondo luogo, possono fungere da monito per non scordare quanto naturale sarebbe adottare un approccio emotivamente intelligente alla giustizia penale.

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3. IL RUOLO DELLA VITTIMA

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