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FAN WENLAN E L’INTERPRETAZIONE DELLA STORIA CINESE

Nel documento I BOXERS: TRA STORIA E MITO (pagine 77-80)

CAPITOLO VII IL TIMORE STRANIERO

FAN WENLAN E L’INTERPRETAZIONE DELLA STORIA CINESE

Come è stato appena visto la valutazione positiva del movimento degli Yihetuan ebbe il Partito Comunista Cinese come suo principale sostenitore. Questo atteggiamento nei confronti dei boxers da parte dei comunisti cinesi era perfettamente in linea con una particolare interpretazione della storia cinese che aveva iniziato a svilupparsi negli anni ’30-’40 per poi imporsi definitivamente nel 1949 con la nascita della Repubblica Popolare Cinese e subire ulteriori sviluppi nella cosiddetta Rivoluzione Culturale. Uno dei suoi massimi esponenti di questa particolare visione della storia del proprio paese fu Fan Wenlan nominato ufficialmente storico comunista dallo stesso Mao nel 1940. In una delle sue opere più famose, Zhongguo jindaishi “Storia moderna della Cina”, pubblicata per la prima volta nel 1946, si possono notare le caratteristiche dell’interpretazione storica di Fan che venne molto apprezzata da Mao in quanto perfettamente corrispondente alla sua ideologia politica. In Zhongguo jindaishi, Fan pone l’accento sull’oppressione dell’imperialismo straniero e del regime corrotto della dinastia dei Qing e della resistenza ai soprusi di quest’ultimi da parte del popolo cinese. Lo storico comunista espresse giudizi particolarmente positivi verso la ribellione dei Taiping e la rivolta dei boxers. Il regno di Hong Xiuquan era lodato per il suo spirito egualitario, per l’abbattimento delle barriere di genere e l’equa distribuzione della ricchezza, sostenendo addirittura che la dottrina del capo dei Taiping era l’espressione di una visione utopistica del comunismo189. Per quanto

riguarda il movimento degli Yihetuan egli criticò il giudizio negativo espresso dallo storico nazionalista Jiang Tingfu, nella versione di quest’ultimo pubblicata nel 1939 della storia della Cina moderna. Jiang Tingfu infatti, in linea con il pensiero nazionalista, definì i boxers come dei criminali ignoranti e superstiziosi i cui tumulti erano destinati a fallire in partenza e che con i loro atti scellerati avevano peggiorato le sofferenze delle Cina. Fan al contrario, pur ammettendo come avevano fatto altri comunisti negli anni ’20 i difetti dell’ignoranza e superstizione, ne valorizzò il coraggio e lo spirito di resistenza. Inoltre condannò l’immagine negativa del boxer selvaggio come nient’altro che una subdola tecnica delle potenze imperialiste per gettare fango sull’eroismo degli Yihetuan che con il loro valore, nonostante la sconfitta subita, avevano impedito la spartizione della Cina da parte straniera. L’opposizione dell’interpretazione del movimento dei boxers, e della storia cinese in generale rispecchiava lo scontro ideologico tra il nazionalismo di Chiang Kai-shek, personaggio ammirato da Jiang, e il comunismo di Mao, che per la legittimazione storica del potere del suo partito poté sempre contare sulla profonda amicizia che lo legava a Fan. Nemmeno la vittoria definitiva del PCC durante la battaglia della Manciuria del 1948 che costrinse i

189 Li Huayin, “Between Tradition and Revolution: Fan Wenlan and the Origins of Marxist

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nazionalisti e rifugiarsi nell’isola di Taiwan del 1949190, riuscì a far prevalere un’interpretazione politica della storia cinese, e dei boxers, sull’altra. In questo modo mentre nella Repubblica cinese di Taiwan si continuò a seguire quella che Li Huayin ha definito la “narrativa storiografica della modernità”, come quella di Jiang nella quale si ha un’interpretazione negativa degli Yihetuan, nella vicina Repubblica Popolare si impose la “narrativa rivoluzionaria191” che ponendo

l’attenzione sulla rivolta delle masse allo sfruttamento imperialista e feudale e definendo la presenza occidentale in Cina unicamente come fonte di sofferenza del popolo cinese, considerava i boxers dei patrioti. Nella Repubblica Popolare, proclamata nel 1949 gli Yihetuan venivano definitivamente liberati da quell’immagine di negatività data dall’Occidente e iniziò un graduale processo di costruzione di un nuovo mito, iniziato già negli anni ’20, questa volta assolutamente positivo192.

Il primo luglio del 1961, venne inaugurato, in occasione del quarantesimo anniversario della fondazione del Partito Comunista Cinese, il Museo della Rivoluzione Cinese. Esso rappresentava una vera e propria opera di propaganda del partito. Il museo infatti era diviso in varie sezioni nel quale venivano celebrate tutti quegli episodi in cui il popolo cinese aveva lottato contro l’oppressione dalla prima guerra dell’oppio fino all’ultima grande vittoriosa rivoluzione che aveva portato alla sconfitta i nazionalisti e la fondazione della Repubblica Popolare. La logica con la quale il museo era stato progettato rispecchiava quella narrativa storiografica rivoluzionaria nel quale si esaltava la resistenza nella storia del popolo cinese e il ruolo di guida avuto storicamente dal PCC. Una parte del museo era dedicata proprio al movimento degli Yihetuan dei quali erano esposte le spade e le lance da loro usate nell’eroica lotta contro gli oppressori stranieri. Lo stesso anno in cui fu inaugurato il Museo della Rivoluzione vennero pubblicate una serie di racconti per ragazzi che avevano per protagonisti i boxers e le loro avventure. Come i romanzi vittoriani di cui si è parlato e quelli giapponesi sulla guerra sino-giapponese, questi racconti erano stati scritti con un fine ben preciso. Se i fanciulli inglesi dell’epoca vittoriana imparavano nei romanzi ambientati nella Cina dei boxers come pensare ed agire da bravi imperialisti, i giovani lettori cinesi nei racconti del 1961 apprendevano lo spirito patriotico degli Yihetuan. Gli eroici boxers comparvero, oltre che nella letteratura per ragazzi, anche sul palcoscenico. Sempre nel 1961 apparve tra febbraio e marzo l’opera teatrale Shenquan. Il nome è lo stesso di una setta che praticava arti marziali attiva alla fine del XIX secolo nello Shandong e che aveva fondato insieme ad altri gruppi di boxers gli Yihetuan193. L’autore dell’opera aveva un legame particolare con gli eventi dell’epoca dei boxers. Lao She infatti era uno scrittore di origine mancese il cui padre, che faceva parte della Guardia Imperiale della dinastia Qing, morì in battaglia a Pechino nell’estate del 1900. Rimasto orfano, il giovane Lao fu colpito

190 Mario Sabattini e Paolo Santangelo, Storia della Cina, pp. 608-610.

191 “narrativa della modernità”, “narrativa rivoluzionaria”, Li Huayin, “Between Tradition and

Revolution: Fan Wenlan and the Origins of Marxist Historiography of Modern China”, p. 269-270.

192 Ivi, pp. 269-301

193 L’opera di Lao She, apparve talvolta anche con il titolo Yihetuan, A. Cohen, History in Three

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dalle storie raccontate dalla madre che parlavano delle atrocità compiute dalle truppe straniere durante il sacco di Pechino del 1900. L’opera teatrale Shenquan racconta la storia di Gao Yongyi, un povero contadino dell’area limitrofa di Pechino che subisce i soprusi della missione cattolica locale. Stanco dell’oppressione dei sacerdoti stranieri Gao fonda un gruppo di boxers e vendica i torti subiti dando fuoco alla chiesa della missione cattolica. I boxers in Shenquan rispecchiano perfettamente quell’immagine di eroi patrioti in lotta contro l’imperialismo straniero che la propaganda comunista aveva creato194.

194 A. Cohen, History in Three Keys, p. 217; Chang-tai Hung, “The Red Line: Creating a Museum

of the Chinese Revolution”, The China Quarterly, No. 184 (December 2005), published by Cambridge University Press on behalf of the School of Oriental and African Studies, pp. 914-933; Shiao-ling Yu, “Politics and Theatre in the PRC: Fifty Years of ʻTeahouseʼ on the Chinese Stage”,

Asian Theatre Journal, Vol. 30, No. 1 (SPRING 2013), published by University of Hawai’i Press,

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CAPITOLO X

Nel documento I BOXERS: TRA STORIA E MITO (pagine 77-80)