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CAPITOLO 3 – Il regime e il fumetto

3.2 Il fascismo e i giovani

Il fascismo è un clima duro / che vuol bimbi arditi e sani la sua meta è nel futuro / perché il bello vien domani34 I tentativi da parte del regime di proteggere la popolazione da qualsiasi elemento di corruzione proveniente tanto dall’interno quanto dall’esterno erano una parte importante del suo tentativo di mantenere il controllo del potere sulle masse. Per quanto fosse importante far nascere nella popolazione adulta sentimenti di ammirazione e devozione nei confronti del regime attraverso politiche assistenziali e il miglioramento della qualità della vita, ancora più importante era la formazione dei giovani, le «falangi animose» del domani, che dovevano crescere nel culto della patria e costituire le basi per uno stato nuovo. Per i regimi totalitari i bambini sono considerati un «prototipo del popolo», il quale viene considerato e trattato come un minore da educare e conquistare. Con la mobilitazione politica dell’infanzia e il suo indottrinamento, il fascismo mirava alla trasformazione del carattere degli italiani per creare un «italiano nuovo» (Sinibaldi, 2016, p. 10). Ciò che

33 Il commento è di Andrea Lavezzolo, sceneggiatore nel dopoguerra di Dick Fulmine, il quale criticava

l’eccessivo spazio dato al fumetto americano che considerava inferiore per contenuti e modalità espressive rispetto alle creazioni italiane.

traspare è il paternalismo del fascismo e il ruolo di guida che Mussolini aveva fatto coincidere con la sua persona diventando un padre e un maestro che trattava gli italiani, indipendentemente dall’età, come un popolo di bambini da educare (Gibelli, 2005, p. 230). Il controllo del regime si concentrava sulle masse, le quali avrebbero potuto costituire una minaccia al suo potere, mentre l’élite sociale e culturale godeva di una maggiore libertà. Al suo «popolo bambino» Mussolini proponeva le gesta del regime come un racconto avventuroso e affascinante in cui ogni italiano ricopriva un ruolo importante, indipendentemente dall’età. La partecipazione, seppur conformista, e l’inclusione di tutti alla narrazione di questa nuova storia era essenziale: il non coinvolgimento, la non adesione all’ideologia e agli ideali del fascismo non potevano essere tollerati.

La principale forma di controllo esercitata dal fascismo sulle nuove generazioni tramite la scuola, di ogni ordine e grado. In una dichiarazione del 1925 ad una delegazione di insegnanti, Mussolini affermò: «Il Governo esige che la scuola si ispiri alle idealità del fascismo, esige che la scuola non sia, non dico ostile, ma nemmeno estranea o agnostica di fronte al fascismo»35. Un messaggio ribadito anche nel 1931 in un messaggio di Achille

Starace, neosegretario del PNF agli educatori in cui sottolineava il loro ruolo fondamentale nella formazione dei giovani secondo gli ideali fascisti: «Il partito a voi guarda con cura particolarissima, e richiede che l’opera vostra proceda […] verso le mete segnate dal Duce»36. Sulle spalle degli educatori veniva riposta la pesante responsabilità del futuro del

paese. I programmi di studio furono modificati e una particolare attenzione venne rivolta alle scuole elementari, prima tappa per la costruzione di una coscienza politica per le nuove generazioni. «Il Re Imperatore, il Duce, i valorosi soldati […] e le loro eroiche imprese […] saranno fra i motivi più cari delle nostre prime conversazioni coi bimbi»37:

l’educazione politica entrava nelle classi attraverso la letteratura di propaganda con lo scopo di far nascere nei bambini il desiderio di essere protagonisti del periodo storico che stava vivendo il paese in un progetto di mobilitazione politica dell’infanzia (Gibelli, 2005, p. 265).

35 https://aulalettere.scuola.zanichelli.it/come-te-lo-spiego/gioventu-bruciata-la-deformazione-delle-nuove-

generazioni-nei-sistemi-totalitari/ [19/01/21]

36 Bollettino della Scuola, fasc. 4, 21 dicembre 1931, Istituto storico Parri

37 I bambini dai sei agli otto anni erano inquadrati come «figli della lupa», dagli otto anni ai quattordici come

«balilla», dai quindici ai diciotto diventano «avanguardisti». In seguito, i ragazzi entravano nei Fasci giovanili di combattimento. Analogamente, le ragazze venivano inquadrate come «figlie della lupa», «piccole italiane», «giovani italiane», e infine tra le «giovani fasciste».

La creazione dell’uomo nuovo fascista non fu affidata soltanto alla scuola, anche le organizzazioni giovanili del partito svolsero infatti un ruolo determinante nel plasmare la gioventù italiana. Nel 1928 le associazioni giovanili non controllate dal partito furono messe al bando e l’iscrizione all’Opera nazionale balilla (ONB) divenne obbligatoria. I giovani dai 6 ai 18 anni furono da subito inquadrati come reclute all’interno della macchina politica del regime attraverso l’Opera nazionale balilla, sotto l’egida del Ministero dell’educazione nazionale. I giovani dai 18 ai 21 anni venivano inquadrati all’interno dei Gruppi Universitari Fascisti (GUF). Nel 1937 l'ONB confluì nella Gioventù italiana del littorio (GIL) che venne posta alle dirette dipendenze del Partito nazionale fascista. Le organizzazioni giovanili avevano il compito di educare, e controllare, gli iscritti nel loro tempo libero e di far nascere in loro il sentimento di cameratismo che li avrebbe dovuti guidare per tutta la vita. I giovani inquadrati nelle organizzazioni paramilitari fasciste diventavano a tutti gli effetti dei piccoli soldati con tanto di divisa, armi e rituali. Le organizzazioni dell’ONB erano considerate «palestre delle virtù costitutive del giovane italiano» a cui il fascismo guardava con attenzione nella sua esigenza di formare «generazioni sane e forti, cresciute nel culto della Patria e dei valori nazionali, temprate alla riflessione e al lavoro tenace, ma insieme ricche di animo, di freschezza spirituale, della più schietta italianità in ogni sentimento e in ogni manifestazione, pronte a tutte le opere in cui la patria si fortifica e si fa più bella»38. L’infanzia aveva un ruolo di fondamentale

importanza per il fascismo. L’indottrinamento degli italiani fin dalla più tenera età attraverso il controllo della scuola e del loro tempo libero avrebbe determinato, nei piani del regime, una trasformazione profonda del popolo che per creare un «italiano nuovo» sulla base del dogma «credere, obbedire, combattere»39. In quest’ottica, la rottura con i

canoni educativi e morali che si stava verificando nella stampa periodica per ragazzi non era tollerabile.

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