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a sostegno del cambiamento

3.2. Fase formativa

La fase formativa vera e propria coincide con ciò che comunemente si definisce “corso”, ovvero un tempo dedicato all’utilizzo di diverse metodologie didattiche (lezione, case study, role playing, ecc.) e finalizzato allo sviluppo di un apprendimento. In questa fase si identificano luoghi e tempi per creare i collegamenti tra il “qui e ora” formativo e il “là e allora”

professionale. Carli e Paniccia (1999) riconoscono ai contesti formativi e alla relazione formativa la capacità di riflettere sulle percezioni ed emozioni vissute in aula per costruire nuovi sensi al proprio operato e nuove categorie di lettura dei contesti professionali e delle relazioni.

È il senso della formazione emozionale, necessaria per gli apprendimenti complessi.11 L’idea di fondo di una formazione emozionale è utilizzare le emozioni come contesto di pensiero, riflessione e confronto (Giornetti et al., 2011), per rielaborare l’esperienza formativa collegandola a quella professionale.

È opportuna una considerazione a livello metodologico: per una formazione efficace occorre puntare sulla coerenza tra i contenuti formativi e i modi in cui essi vengono presentati. Ad esempio, se la formazione punta al tema dell’interprofessionalità, dovrà ovviamente coinvolgere più professioni, evitando segnali di incoerenza tra il contesto e l’oggetto di apprendimento. Una formazione sulle tecniche didattiche attive non può avvenire esclusivamente attraverso lezioni frontali: anche in questo caso, il contesto di apprendimento disconfermerebbe il contenuto dell’apprendimento, e il contrasto tra comunicazione esplicita e meta-comunicazione creerebbe ambiguità, confusione, diventando d’ostacolo all’attività formativa.

La coerenza tra ciò che si propone in aula e gli obiettivi formativi è un elemento metodologico ricorrente nelle osservazioni dell’Osservatorio regionale della formazione continua in quanto rappresenta uno dei perni intorno a cui ruota l’efficacia della formazione (e la sua credibilità).

Nel Paragrafo successivo si provano a descrivere gli elementi relativi alla qualità del processo formativo in aula - osservati attraverso gli strumenti dell’Osservatorio - che si ritengono coerenti con le premesse epistemologiche e teoriche sulla formazione proposte finora.

3.2.1. Metodi di conduzione

Non esiste un assetto ideale di aula formativa: ad esempio, la disposizione in cerchio dei partecipanti non sempre facilita l’apprendimento, ma dipende dal progetto formativo che si è definito. Esiste invece un’indicazione sempre valida, ovvero il puntare alla coerenza tra gli assetti strutturali e gli obiettivi formativi che si vogliono raggiungere.

Per realizzare un intervento formativo, i metodi principali sono due: induttivo e deduttivo.

Semplificando, nel metodo deduttivo si affronta il contenuto teorico e poi si passa ad

“esercitarlo”; nel metodo induttivo, al contrario, l’esperienza precede la parte teorica.

Nel primo caso, la strategia espositiva è più veloce, dà una maggiore sensazione di chiarezza, di conclusività e direttività ai partecipanti, è più adatta a comportamenti prescrivibili e ad approcci meno critici, talvolta può determinare reazioni di rifiuto per la sua carica di

11 Vedi nota 7.

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autoritarismo implicito. La conduzione d’aula di tipo deduttivo è in genere più rassicurante, anche se ha una minore possibilità di ingaggiare i livelli emozionali delle persone perché parte da un livello informativo e non esperienziale. Alcuni modelli di sequenze di tipo deduttivo sono:

• lezione - discussione;

• lezione - lavoro di gruppo - discussione;

• lezione - lavoro di gruppo (o esercitazione) - discussione - role playing.

La conduzione d’aula di tipo induttivo tende a valorizzare di più l’esperienza pregressa delle persone, le coinvolge maggiormente, aumenta il livello di emozionalità associato all’apprendimento, generalmente viene ricordata meglio ma richiede molto tempo e la presenza di formatori esperti nella gestione d’aula e dei processi di gruppo. Alcuni modelli di sequenze di tipo induttivo sono:

• esercitazione - discussione - lezione - role playing;

• filmato - discussione - lezione - role playing;

• role playing - discussione - lezione - filmato - role playing.

Nulla vieta che in un percorso formativo le sequenze possano essere mixate: spesso risulta utile proporre moduli basati su metodi induttivi quando il gruppo si è un po’ “riscaldato”.

L’aspetto fondamentale è puntare sulla coerenza tra obiettivi didattici e tecniche che si vogliono utilizzare. In Tabella 1 sono presentati alcuni esempi, sicuramente non esaustivi, di modalità didattiche da utilizzare e come utilizzarle per affrontare i contenuti in aula. Per “acquisire conoscenze su procedure e protocolli” probabilmente risulterà più efficace la lezione frontale (meglio se interattiva), associata comunque a esercitazioni/addestramento; al contrario, per

“cambiare modalità di comportamento” sarà importante fare sperimentare direttamente i professionisti attraverso role playing e simulazioni.

Tabella 1. Esempi di modalità didattiche (Castagna, 1993)

Obiettivi/contenuti Lezione Esercitazioni/casi/

addestramento Simulazioni Conoscenze di procedure, concetti, fatti XX XX

Conoscenze di principi generali XX XX

Capacità operative e manuali X XX

Comportamenti interpersonali X XXX

3.2.2. Tecniche di didattica attiva

Uno dei temi affrontati dalla più recente letteratura sulla formazione continua riguarda l’utilizzo della didattica attiva: sembra infatti che l’efficacia della formazione aumenti anche in relazione all’uso di tecniche interattive, in particolare se sono diversificate (Cervero, Gaines, 2014).

Quando si propongono esercitazioni di tipo attivo, in cui si richiede un forte coinvolgimento emozionale dei partecipanti, è essenziale che il formatore sia in grado di lavorare sulle emozioni che emergono e di “restituirle” al gruppo “digerite”. Alle persone in formazione si chiede di

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cambiare, di investire energie personali, di impegnarsi, di faticare; di conseguenza, il dovere del formatore è quello di facilitare questo processo e di elaborare ciò che avviene in aula.

Per fare questo lavoro è necessario progettare un lungo tempo di restituzione di ciò che è accaduto nell’esercitazione proposta. Come già sottolineato, tanto più salgono i livelli emozionali, tanto più si verificano opportunità di consolidare gli apprendimenti. Il processo però va gestito: l’emozione non deve sconfinare, ma va costantemente decodificata, dotata di senso, restituita.

Le principali tecniche di didattica attiva sono brevemente descritte di seguito; nella Parte III si proverà a dare qualche indicazione utile per capire come riconoscerne una buona gestione.

Lavori di gruppo

In formazione hanno grandi vantaggi. In genere, la piccola dimensione dei gruppi facilita lo scambio di idee ed esperienze e sollecita le interazioni, riducendo la dipendenza dal docente. La situazione più protetta induce maggiore creatività e migliora la tolleranza delle dinamiche di gruppo. In un gruppo, le idee e le proposte raggiunte non appartengono ai singoli ma al gruppo stesso: ciò conduce a una maggiore assunzione di impegno. Nello scambio fra gruppi, idee e proposte di ogni gruppo vengono sottoposte alla critica degli altri gruppi: ciò aumenta l’efficacia dei feedback, in quanto provenienti dalla classe e non dal docente.

Giochi formativi

In generale, offrono la possibilità alle persone di evadere dalla vita reale e dai ruoli che si vivono nel quotidiano, permettendo di sperimentare, in una situazione protetta, modalità di relazione meno soggette a inibizioni e frustrazioni.

Le attività proposte devono essere adeguate alla tipologia dei destinatari, al clima d’aula e ai tempi disponibili.

A prescindere dall’esercitazione scelta, il momento più importante è quello che la segue, che consente di costruire senso condiviso su ciò che è avvenuto: attraverso il debriefing, l’esperienza del gioco viene trasferita nel contesto di lavoro. È composto da tre fasi:

• riflessione e analisi sistematica, in cui si invitano i partecipanti a parlare, si stabiliscono le norme di gruppo, si individua ciò che è successo e la natura della simulazione;

• intensificazione e personalizzazione, in cui i partecipanti descrivono l’esperienza e le loro sensazioni;

• generalizzazione e applicazione, in cui le riflessioni sul gioco vengono situate nei contesti professionali: si discutono implicazioni e applicazioni, si generalizza, si individuano modelli, si ricapitolano i risultati.

Role playing

è una tecnica che prevede la drammatizzazione di comportamenti di ruoli sociali o organizzativi durante la quale vengono simulate situazioni reali o ipotetiche. Consente alle persone coinvolte in un percorso di apprendimento di sperimentare condizioni emotive-relazionali caratterizzanti una determinata situazione di lavoro.

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Letture consigliate

• Carli, Paniccia, 1999.

• Castagna, 2012.

• Friedrich, Preiss, 2003.

• Cervero, Gaines, 2014.