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CAPITOLO 3: Traduzione dei test

4.5 Le scelte strategiche in funzione di specificità linguistiche

4.5.2 Fattori lessical

Il titolo

La proposta del titolo La memoria sepolta deriva, in primo luogo, da una riflessione sulla trama e sulla funzione di denuncia della storia e non si è trattata di una traduzione letterale del titolo cinese. Ruanmai 软埋 letteralmente significa “sepoltura morbida”, espressione composta dal carattere ruan 软 “morbido” e mai 埋 “sepoltura” e che non trova nessun rimando corrispondente nella lingua italiana. Nella cultura cinese, invece, ruanmai indica la pratica di sepoltura senza riporre il corpo in una qualsiasi forma di bara ed è considerata un oltraggio al morto, che in questo modo non potrà raggiungere l’aldilà o reincarnarsi. Data la totale inadeguatezza della traduzione letterale, sono ricorsa al significato intrinseco della trama: la necessità di ricordare il passato e di trarne insegnamenti per il futuro. Questo è un concetto umano universale, riscontrabile nella cultura cinese così come in quella occidentale. Il seppellire i morti senza una degna cerimonia funebre, come avviene per i personaggi del libro, ha un secondo livello di significato: rappresenta il tentativo di “seppellire” fatti storici per nasconderne i più gravi crimini contro l’umanità.

Per questo motivo ho deciso di sostituire la “sepoltura” del titolo cinese con un termine di significato astratto come “memoria”. La “memoria” ha sua volta esprime un doppio riferimento: rappresenta sia la memoria persa da Ding Zitao, in seguito alla strage che ha colpito la sua famiglia, sia la memoria collettiva di un’intera popolazione, quella cinese, che tutt’ora sembra aver scelto di dimenticare o giustificare gli eventi più oscuri del periodo maoista.

Vorrei aggiungere che questa scelta non mi ha risparmiato di dover trovare una traduzione adeguata per il termine ruanmai all’interno del testo: nel primo capitolo del romanzo, difatti, compare ripetutamente all’interno di un dialogo in cui fa riferimento alla specifica pratica di sepoltura. Piuttosto che utilizzare la cacofonica seppur letterale

espressione “sepoltura morbida”, ho optato per “sepoltura incompiuta”, per indicare l’inadeguatezza della tecnica nell’ambito della cultura cinese.

Nomi propri

All’interno dei capitoli selezionati ho affrontato la traduzione di nomi propri relativi a persone e luoghi.

Per quanto riguarda i nomi propri di persona cinesi ho scelto di riportarne sempre la trascrizione fonetica dei caratteri componenti in pinyin, senza indicare i toni delle sillabe. Per esempio, il nome della protagonista Ding Zitao 丁⼦桃 diventa semplicemente “Ding Zitao”. Vorrei aggiungere che il nome Ding Zitao ha un valore simbolico che si evince immediatamente dalla lettura del primo capitolo: è il nome scelto per lei dal dottor Wu, scelta giustificata dal fatto che la protagonista, nel bel mezzo del coma, ripetesse senza tregua le sillabe Ding Zi. È quindi un nome chiave per la comprensione della trama e, forse per questo, l’autrice ha scelto di riportare sempre per intero cognome e nome.

Diversamente succede per il nome del figlio di Ding Zitao, Wu Qinglin 吴青林, che, in base allo stesso criterio, viene tradotto con la trascrizione fonetica “Wu Qinglin”. In questo caso va aggiunto che, nella maggior parte dei casi in cui compare, viene nominato per nome e senza il cognome Wu 吴. Allo stesso modo mi sono comportata nel TA, riportando solo il nome “Qinglin”.

Come è solito nella cultura cinese, ho incontrato casi di nomi propri di persona preceduti da apposizione, che determina la professione e il grado professionale di un personaggio oppure il grado di familiarità e confidenza che intercorre fra più personaggi. Nel primo caso, l’esempio che si ritrova nel primo capitolo è il nome Liu Zhengwei 刘政委, da me tradotto come “capo Liu”. Il carattere del cognome Liu 刘 è seguito dai due caratteri

Zhengwei 政委, che letteralmente indicano il grado di commissario politico o commissario

dell’esercito. Questa dicitura appare ridondante in italiano e, piuttosto che eliminarla, ho preferito sostituirla al più breve e familiare termine “capo”. In questo modo è anche stata

chiarita la relazione di subordinazione intercorsa fra il dottor Wu e il capo Liu quando entrambi militavano nell’Esercito Popolare di Liberazione.

Nel caso della consorte del capo Liu, l’autrice si riferisce al personaggio con il nome seguito da apposizione di Peng jie 彭姐, che letteralmente significa “sorella Peng”, in conformità all’abitudine cinese di chiamare una persona “fratello” o “zio” semplicemente per instaurare un rapporto confidenziale e non perché sussista con essa un reale rapporto di parentela. Proprio per lasciar trasparire questa sfumatura della cultura cinese, nel TA ho deciso di utilizzare la traduzione letterale “sorella Peng”.

Per quanto riguarda la presenza di nomi provenienti dalla cultura occidentale, nei capitoli selezionati compare unicamente l’adattamento fonetico cinese per “Madonna di Lourdes”; la soluzione adottata è stata la ri-traduzione di Lude shengmu 露德圣母 con il corretto corrispettivo italiano.

Toponimi

I personaggi si muovono prevalentemente all’interno delle province dell’Hubei e del Sichuan, rispettivamente nel centro e nel sud-ovest della Cina. I toponimi presenti nel testo per lo più si riferiscono a luoghi geografici realmente esistenti. Nel caso di nomi di province e città, quindi potenzialmente conosciuti dal lettore modello del metatesto, ho scelto di riportare la trascrizione fonetica in pinyin, come è stato per Hubei, Sichuan, Wuhan e Shanghai. La stessa operazione è valsa per i toponimi che si riferiscono alle realtà urbane più limitate, come per esempio distretti o quartieri di Wuhan: Hankou, Wuchang, Tanhualin, Huayuan Shan.

Un caso particolare è stato la traduzione delle espressioni Qierenlu 且忍庐 e Sanzhitang 三知堂. Entrambi sono nomi propri attribuiti alle abitazioni rispettivamente della famiglia di Ding Zitao e alla famiglia del marito. Leggendo il testo in cinese, mi hanno dato la sensazione di essere nomi di origine popolare, ovvero attribuiti ai luoghi in questione dagli abitanti del luogo e legati alla storia e alle peculiarità delle famiglie nobili che vi risiedevano. Qie ren lu 且忍庐 letteralmente significa “rifugio del lungo perseverare”, da me

successivamente risolto in “Villa perseveranza”. La parola “rifugio” in un primo momento potrebbe suggerire l’idea di un ambiente povero e o di un’abitazione temporanea. In realtà, proseguendo la lettura oltre ai capitoli selezionati, s’incontra una precisa descrizione della dimora, che si rivela come una vera e propria tenuta di ricchi proprietari terrieri. Perciò, oltre a condensare l’espressione in due sole espressionia vantaggio di una traduzione più eufonica e scorrevole, ho preferito scegliere la parola “villa” anziché “rifugio”.

Ho utilizzato lo stesso espediente per san zhi tang 三知堂, in cui il carattere tang 堂 può riferirsi sia a un edificio di grandi dimensioni che all’ambiente principale di un’abitazione. Ho scelto di tradurlo con l’espressione “Casa delle tre saggezze”’ perché anche in questo caso si tratta di un’antica dimora signorile ben descritta nei capitoli successivi.

Realia

La memoria sepolta è un romanzo ricco di immagini e scenari appartenenti alla cultura

emittente, tuttavia, sono stati rari i casi in di termini la cui esistenza sia limitata alla realtà cinese. Di seguito descriverò alcuni esempi di realia presenti nei primi due capitoli del romanzo e le strategie traduttive adottate per la realizzazione del metatesto in italiano.

Il primo esempio è l’espressione cinese dazibao ⼤字报, che indica la pratica cinese di appendere grandi manifesti scritti a mano in speciali bacheche pubbliche per permetterne la lettura a tutti. In italiano non esiste un corrispettivo linguistico che si riferisce allo stesso oggetto, per cui, inizialmente, avevo valutato la possibilità di riportarne la trascrizione in

pinyin accompagnata da una nota del traduttore che chiarisse il concetto di dazibao.

Successivamente, data l’ampia diffusione del termine in anche in Occidente con l’inizio dei movimenti di protesta del sessantotto, specialmente nella forma tazebao, ho preferito ometterla.

Il secondo caso incontrato riguarda Yanwang laoye 阎王⽼爷, termine che dal sanscrito è stato importato nella cultura cinese, una sorta di divinità buddista che governa l’aldilà. Trattandosi di una figura per lo più conosciuta solo a chi abbia una conoscenza

approfondita del buddismo e della religiosità orientale, ho preferito fare ricorso a un’espressione indicante un referente simile nella cultura ricevente, optando per un più addomesticato “Signore degli inferi”.

忽有⼀个⼈的⾯孔,浮在漆⿊的底⾊上,她捂着脸,张着嘴,⼤声地说话。她说: “你会下地狱的!阎王⽼爷会收拾你!” (p. 19)

Un volto nuovo si slanciò sopra il nero cupo, un profilo femminile che si copriva il viso con le mani e gridava: «Va’ all’inferno! Il signore degli inferi ti darà ciò che meriti!»

I chengyu

In questa sezione si prenderanno in considerazione le figure lessicali, cioè le forme espressive fisse della lingua di partenza che non possono essere tradotte letteralmente nella lingua d’arrivo, se non rischiando di proporre soluzioni di ambigua comprensione. Delle figure lessicali fanno parte le espressioni idiomatiche caratteristiche della lingua cinese, i

chengyu 成语, espressioni di quattro caratteri che nascono dalla cultura classica o locale,

molto comuni tra i parlanti in cinese, e che vengono utilizzate in ogni contesto, sia nella lingua scritta che nella lingua parlata. La traduzione dei chengyu mette il traduttore di fronte a una sfida traduttiva di non facile risoluzione, dato che necessitano di un’accurata interpretazione.

Il primo chengyu incontrato è yi si bu gua ⼀丝不挂, che letteralmente significa “un- filo-non-preoccupato”. Si tratta di un’espressione di frequente ricorrenza, inizialmente utilizzata nel linguaggio religioso buddista per indicare l’essere umano privo di qualsiasi fastidio o tormento. Successivamente ha acquisito il significato di “corpo nudo”. È interessante che sia stata utilizzata per riferirsi alla condizione di Ding Zitao nel momento del suo salvataggio dalla corrente del fiume: oltre a indicarci che la ragazza è stata ritrovata

nuda, le attribuisce una sorta di purezza religiosa, interiore ed esteriore. Nonostante in italiano si perda l’ambivalenza semantica, trovo che rimanga comunque una frase sufficientemente d’impatto e che conserva quell'ambiguità utile a stimolare nel lettore diverse interpretazioni, oltre all’immagine immediata del corpo nudo.

⼈们把她从湍急的河流⾥捞出时,她⼀丝不挂。(p. 3)

Quando la ripescarono dalle rapide del fiume Ding Zitao era completamente nuda.

Il secondo chengyu riscontrato è yun dan feng qing 云淡风轻, “nuvole-rade-vento-leggero”. Originariamente, denotava una situazione atmosferica serena e senza intemperie, ma con il tempo ha assunto anche il significato di “situazione pacifica” o “senza difficoltà”. Quest’ultimo è il caso che ritroviamo anche nell’estratto del romanzo che segue:

好些年,这个⼥⼈就是这样云淡风轻地过着⽇⼦。(p. 11)

Con il passare degli anni, Ding Zitao portò avanti questo stile di vita nella più pacifica

serenità. Non conosceva quasi nessuno e nessuno quasi si interessava a lei.

Il chengyu in questione è il determinante verbale del predicato “trascorrere la vita”, per cui non ci possono essere dubbi riguardo alla scelta traduttiva.

L’ultimo chengyu che prenderò in considerazione è gu se gu xiang 古⾊古⾹. Nel caso in cui non si riferisca a odori ma a utensili, come avviene nel testo, indica un certo gusto o stile antico di un oggetto. Nel testo denota la decorazione su un vaso in porcellana:

西墙⾓放有⼀只⾼及⼈肩的瓷瓶,上⾯绘有图案。青林说:“⼀个台湾朋友送的,他 们喜欢中国⽼古董的东西。” 瓷瓶上图案古⾊古⾹。(p. 15)

L’angolo ovest invece era occupato da un grande vaso in porcellana dalla superficie finemente decorata.

«Questo è stato un regalo di un amico taiwanese, gli piace collezionare oggetti d’epoca», continuò Qinglin. Effettivamente le decorazioni erano nel perfetto stile delle porcellane

bianche e blu.

Dato che nelle righe immediatamente successive ci vengono date informazioni più dettagliate riguardo al tipo di decorazione, ovvero una rappresentazione pittorica di alcuni episodi dell’opera cinese Guiguzi ⿁⾕⼦, piuttosto sfruttata come elemento decorativo, volendo trasmettere al lettore italiano l’immagine di un tipico vaso in porcellana cinese “dallo stile antico”, ho arbitrariamente aggiunto gli attributi “bianche e blu”.

Figure lessicali di contenuto: similitudini e metafore

Ne La memoria sepolta vi è un discreto uso del linguaggio figurato, per lo più limitato alle parentesi descrittive. Si tratta tendenzialmente di figure caratterizzate dall’immediatezza formale e semantica, in totale accordo con lo stile pulito e diretto dell’autrice.

In cinese, la figura più utilizzata è la similitudine tramite l’uso di xiang 像. Nella maggior parte delle volte che ricorre nel romanzo, queste espressioni sono stata da me tradotta in italiano in forma di similitudini, introdotte da “come” o sinonimi. Ne è un esempio il caso successivo:

远处笔直的树,像是横拉着的⼀排帘⼦。(p. 13)

Gli alberi in lontananza si stagliavano ritti, simili a tende tirate per fare filtrare a

malapena la luce dalle finestre del bosco.

La traduzione letterale della similitudine sarebbe “come tende chiuse”. Ho apportato una aggiunta che chiarisse l’immagine suggerita dall’autrice dal punto di vista semantico e che completasse a livello ritmico la frase.

辽阔的云层叠叠向上,她⼀步⼀步朝前⾛,像是踏着⼀级⼀级的台阶。(p. 19)

Ora il gregge di nuvole fra cui fluttuava si era radunato ai suoi piedi. Strato dopo strato, si era formata una scala aeriforme nel bel mezzo del nulla.

丁⼦桃吓了⼀跳,怔了怔,发现是⼉⼦青林,⽴时有四下晴朗之感。对于丁⼦桃,青林

就是太阳,可在任何时候任何地⽅把她的⼼照亮。(p. 12)

Ding Zitao trasalì un secondo prima di riconoscere con estrema gioia il volto del figlio. Qinglin

era l'unico sole in grado di riscaldare il cuore dell’anziana.

Il caso successivo è particolarmente interessante: il prototesto presenta un periodo con due similitudini introdotte da xiang 像, o meglio, dalla struttura “non è come…, ma è come…”. Oggigiorno, nel linguaggio letterario italiano, si tende maggiormente a incontrare la metafora e altre figure retoriche di contenuto piuttosto che la similitudine. Perciò ho scelto di “familiarizzare” la traduzione a vantaggio di uno stile più scorrevole, eliminando il “come”.

因肤⾊⽩皙,这些痕迹不像是时光之⼑随意划下,⽽更像是⼀⽀细笔,⼀下⼀下描绘 ⽽出。(p. 1)

Sulla pelle bianca i solchi scavati dalla lama del tempo prendevano le sembianze di finissimi tratti di pennello dipinti a uno ad uno.

Inoltre, considerando la natura descrittiva e piuttosto aperta a interpretazioni del passaggio, è come se avessi reso l’intero periodo una metafora, in cui, se lo schema classico per rappresentare la metafora è “A è B”, la prima similitudine prende il posto del primo termine di paragone A e la seconda prende il posto di B.

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