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MATERIALI E METOD

FATTORI DI RISCHIO NEI PAZIENTI CON EMBOLIA POLMONARE E NEOPLASIA

Analizzando i fattori di rischio per il decesso nei pazienti con embolia polmonare e neoplasia, dopo aver escluso la presenza di tumore dall’analisi, è risultato che l’età (OR,1.0; 95% CI, 0.9-1.1; p=0.604), il sesso maschile (OR, 1.6; 95% CI, 0.3-9.2; p=0.575), la chemioterapia (OR, 1.1; 95% CI, 0.2-5.4; p=0.904), la presenza di trombosi venosa profonda (OR, 2.4; 95% 0.4- 13.5; p=0.318), e la presenza di comorbidità quali malattie cardiovascolari (OR, 1.7; 95% CI 0.3- 8.5; p=0.496), diabete mellito (OR, 1.9; 95% CI, 0.3-11.7; p=0.463) e insufficienza renale (OR, 8.7; 95% CI, 0.48-157.1; p=0.144), non sono fattori di rischio.

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Per quanto riguarda il rischio di recidiva, è stato osservato che l’età (OR, 0.98; 95% CI, 0.9-1.0; p=0.574), la chemioterapia (OR, 1.8; 95% CI, 0.4-7.9; p=0.499), la presenza di trombosi venosa profonda (OR, 1.1; 95% CI, 0.3-4.6; p=0.885), e la presenza di comorbidità, quali malattie cardiovascolari (OR, 1.0; 95% CI, 0.2-4.0; p=0.971), diabete mellito (OR, 1.3; 95% CI, 0.2-7.5; p=0.744) non sono risultati fattori di rischio.

Analizzando i fattori di rischio per sanguinamento, è risultato che il sesso maschile (OR, 0.6; 95% CI, 0.1-10.3; p=0.732), l’età (OR, 1.0; 95% CI, 0.9-1.1; p=0.714), la chemioterapia (OR, 0.8; 95% CI, 0.1-13.6; p=0.885) e la presenza di comorbidità quali malattie cardiovascolari (OR, 1.2; 95% CI, 0.7-20.6; p=0.885) non si sono dimostrati fattori di rischio.

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DISCUSSIONE

Embolia polmonare e trombosi venosa profonda costituiscono due manifestazioni cliniche della stessa malattia: il tromboembolismo venoso. Nonostante condividano gli stessi fattori predisponenti, l’embolia presenta delle caratteristiche che la differenziano dalla trombosi venosa profonda, sia per quanto riguarda la presentazione clinica, sia per quanto riguarda l’approccio diagnostico e il trattamento. Inoltre il rischio di morte correlato all’episodio acuto iniziale o alla recidiva di malattia è più elevato nei pazienti affetti da embolia polmonare rispetto a quelli affetti da TVP144.

Nel nostro studio abbiamo riscontrato che il 60% circa dei pazienti aveva una trombosi venosa profonda concomitante con l’embolia polmonare e di questi, il 95% presentava malattia trombotica agli arti inferiori. Ciò appare parzialmente in accordo con la letteratura, dove circa il 70% dei pazienti con embolia polmonare presenta trombosi venosa profonda agli arti inferiori145.

Andando poi ad analizzare il gruppo dei pazienti con embolia polmonare e neoplasia, solo il 53% mostrava una trombosi concomitante con l’embolia polmonare. Questo dato in realtà contrasta con la maggior parte degli studi che sottolineano come nei pazienti oncologici vi sia una maggiore predisposizione alla trombosi146.

Il nostro studio ha avuto l’obiettivo principale di andare a vedere in un periodo di osservazione di 12 mesi la diversa frequenza con cui eventi avversi, quali la recidiva di malattia tromboembolica, i sanguinamenti e la mortalità, si verifichino in pazienti con embolia polmonare e concomitante presenza di tumore rispetto a pazienti non neoplastici.

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Nel nostro campione di studio la recidiva di embolia polmonare è risultata essere sintomatica nel 35% di tutte le recidive, come in accordo con gli studi presenti in letteratura, dove, soltanto in una minoranza di pazienti questa si viene a manifestare con chiari sintomi e segni clinici147.

La frequenza di recidiva di embolia polmonare nei pazienti neoplastici è stata del 15.0%, contro il 7.9% dei pazienti non neoplastici. Questo risultato risulta essere in accordo con la maggior parte degli studi che vi sono in letteratura, i quali dimostrano come la presenza di neoplasia in pazienti con embolia polmonare conferisca un elevato rischio di andare incontro ad una recidiva di malattia trombo embolica. Tra questi, Levitan e coll. hanno dimostrato un rischio 3 volte superiore di andare incontro ad una recidiva di malattia nei pazienti con embolia polmonare neoplastici rispetto ai non neoplastici148. Anche Prandoni e coll. hanno riportato un

rischio relativo di 3.2 (95% CI, 1.9, 5.4) nei pazienti con embolia polmonare e tumore di sviluppare una recidiva131.

Infatti, come evidenziato da Timp e coll.12, la neoplasia è una condizione predisponente la

trombosi venosa. Questa predisposizione è dovuta, in primis da una attivazione della cascata coagulativa associata alla presenza del tumore, ma anche da altri fattori, quali il trattamento anti-tumorale, inteso come la chirurgia, la chemioterapia, la radioterapia e l’ormonoterapia, che tendono ad esacerbare questo stato pro trombotico stesso 149-151. Oltre a ciò bisogna

sottolineare come il rischio di trombosi aumenti nella malattia metastatica152 e che l’incidenza

di tale rischio sia particolarmente alta in alcuni tipi di tumore piuttosto che altri: pancreas, stomaco, polmone e mammella sono infatti le neoplasie più frequentemente complicate da tromboembolia venosa. Quest’ultima considerazione risulta essere compatibile con i dati raccolti nel nostro studio, dove i tumori che più frequentemente sono risultati associati

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all’embolia, sono quelli che interessano il tratto gastro-enterico (30.0%), il polmone (26.7%), il tratto genito-urinario (20%) e la mammella (13.3%).

Nella nostra casistica la maggiore incidenza di recidiva si è verificata nei primi 6 mesi di trattamento (55.0%), in accordo con quanto riportato da numerosi altri studi124,126,127, che

hanno dimostrato come l’incidenza di tale evento sia massima nei primi mesi dalla diagnosi di malattia e diminuisca, senza mai azzerarsi, nel corso degli anni successivi. Questo rafforza l’importanza di prolungare la terapia anticoagulante oltre gli usuali 6 mesi dopo l’evento iniziale al fine di ridurre il rischio di recidiva trombo embolica; anche in virtù del fatto che, come dimostrato da Poli e coll.153, l’incidenza di recidiva aumenta considerevolmente dopo la

sospensione della terapia anticoagulante, indipendentemente dalla sua durata.

Non è emersa una differenza statisticamente significativa nell’incidenza di recidiva nei 2 gruppi di pazienti esaminati (p=0.121), a differenza di quanto osservato da Prandoni e coll. 131 (p=0.03)

nel quale è emerso come tale evento risulti essere più frequente nei pazienti neoplastici, probabilmente a causa della presenza di uno stato pro trombotico indotto dal tumore.

Tra le variabili valutate all’analisi uni- e multivariata, il sesso maschile si è dimostrato essere fattore di rischio indipendente per la comparsa di recidiva (OR, 4.9; 95% CI, 1.5-15.7; p=0.008), in accordo con quanto riportato da altri studi, come quello di Kyrle e coll.154, e quello di

Tagalakis e coll.155 (p<0.001), che dimostrano come nel sesso maschile vi sia un maggiore rischio

di recidiva di embolia polmonare rispetto a quello femminile.

Episodi di sanguinamento sono stati osservati nel 4.0% dei pazienti, di cui nell’1.0% dei casi si è trattato di sanguinamenti maggiori. Questo dato risulta essere parzialmente in accordo con quanto stimato da lavori simili, come quello di Palla e coll.156, in cui l’incidenza al primo

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cui l’incidenza globale annua di sanguinamento è risultata essere dell’8.0%, di cui l’1.4% sanguinamenti maggiori.

Come già dimostrato da diversi studi, la maggiore frequenza di recidiva di embolia polmonare rispetto a quella dei sanguinamenti, prova quanto vi sia un vantaggio in termini di rischio e beneficio, nel protrarre la terapia oltre 6 mesi 158.

Andando poi a osservare la frequenza nei due sottogruppi, abbiamo riscontrato un’incidenza pressoché simile: la frequenza di sanguinamento è stata del 3.3% nei pazienti neoplastici, contro il 4.3% in quelli non neoplastici. Questo risultato contrasta con i dati presenti in letteratura, poiché i pazienti affetti da tumore che sono in trattamento anticoagulante presentano un rischio maggiore di complicanze emorragiche rispetto ai pazienti non affetti da neoplasia. Questo maggiore rischio è dovuto a diversi fattori, quali ad esempio la trombocitopenia indotta dal trattamento chemioterapico159. Le linee guida infatti

raccomandano di utilizzare nei pazienti neoplastici l’eparina a basso peso molecolare nel trattamento a lungo termine dell’embolia polmonare, in quanto gravata da una minore incidenza di complicanze emorragiche, rispetto agli antagonisti della vitamina K160.

A differenza di altri lavori, come quello di Palla e coll.156, in cui la maggior parte delle

complicanze emorragiche (70%) si è verificata tra il 30° e il 180° giorno di trattamento, nel nostro studio la maggiore incidenza di sanguinamento (62.5%) si è verificata negli ultimi sei mesi di follow up.

Tra le variabili considerate all’analisi uni- e multivariata (età, sesso, presenza di neoplasia al momento della diagnosi, trattamenti chemioterapici, presenza di trombosi venosa profonda, sospensione della terapia anticoagulante e presenza di comorbidità), nessuna di esse si è dimostrata fattore di rischio per questo tipo di evento.

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Nel nostro studio abbiamo registrato una mortalità globale ad 1 anno piuttosto bassa (4.5%) rispetto ai risultati di altri studi simili, come quello di Palla e coll.156 che riporta una

mortalità del 27% in pazienti che hanno effettuato terapia anticoagulante per 1 anno, e quello di Carson e coll. 161che ha valutato una mortalità del 24% in pazienti che, al contrario, avevano

effettuato terapia anticoagulante per 3 o 6 mesi. Queste differenze possono essere spiegate con la diversa durata della terapia anticoagulante, il che permette di ipotizzare che una durata maggiore del suddetto trattamento risulti essere protettiva nei confronti della mortalità globale nei pazienti con embolia polmonare, nonché con diverse caratteristiche delle popolazioni studiate.

La mortalità globale è risultata essere statisticamente più elevata nei pazienti con embolia polmonare neoplastici (11.7%), rispetto a quelli non neoplastici (1.4%) (p=0.001). Questo risultato rispecchia numerosi lavori in cui si evince come i pazienti con embolia polmonare e tumore abbiano una ridotta spettanza di vita; nello specifico è stato dimostrato come nei pazienti neoplastici vi sia un rischio da 4 a 8 volte superiore di morire dopo un evento trombo embolico acuto, rispetto ai non neoplastici 161,162. Anche in uno studio condotto da Sørensen e

coll.163 su un ampio campione di pazienti, è stato visto come il tasso di sopravvivenza ad un

anno dalla diagnosi di embolia polmonare sia più basso nella popolazione dei pazienti neoplastici (12%) rispetto ai non neoplastici (36%), (OR, 2.2; p<0.001).

Nella nostra casistica all’analisi uni variata si sono dimostrati fattori di rischio per mortalità la presenza di neoplasia al momento della diagnosi (OR, 9.1; 95% CI, 1.8-45.3; p=0.007) e la chemioterapia (OR, 4.5; 95% CI, 1.1-17.6; p=0.033). Anche all’analisi multivariata la presenza di neoplasia insieme al sesso maschile e all’età (OR, 9.3; 95% CI, 1.8-48.1; p= 0.008), insieme alla presenza di trombosi venosa profonda (OR, 10.4; 95% CI, 2.0-52.43; p=0.035), insieme alla

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chemioterapia (OR, 8.6; 95% CI, 1.4-54.3; p=0.022), e insieme alla concomitante presenza di comorbidità quali, malattie cardiovascolari (OR, 9.5; 95% CI, 1.9-47.7; p=0.004), diabete mellito (OR, 8.9; 95% CI, 1.8-44.4; p=0.008), insufficienza renale (OR, 9.9; 95% CI, 1.9-50.7; p=0.006), risulta rimanere fattore di rischio indipendenti per il decesso.

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CONCLUSIONI

Dal nostro studio è emerso che, a distanza di 1 anno dall’evento acuto, la mortalità durante trattamento anticoagulante è risultata pari a circa il 5%, così come l’incidenza di sanguinamento, mentre l’incidenza di recidiva di tromboembolismo venoso è risultata doppia, 10%. La mortalità è significativamente superiore nei pazienti neoplastici con embolia polmonare mentre la frequenza delle recidive e dei sanguinamenti è risultata uguale nei pazienti con embolia polmonare neoplastici e non. Si sono dimostrati fattori di rischio per la mortalità la presenza di neoplasia al momento della diagnosi e la chemioterapia in atto; mentre per quanto riguarda la recidiva di embolia polmonare, il sesso maschile, si è dimostrato essere fattore di rischio.

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RINGRAZIAMENTI

Finalmente il momento è arrivato. Sono stati sei lunghi anni di sacrifici ma anche di soddisfazioni, dettati da una grande passione e forza di volontà. Ecco che al termine di questo percorso, vorrei dedicare due parole a tutte le persone che mi state accanto.

Ringrazio anzitutto il Prof. Antonio Palla per avermi dato l’opportunità di eseguire questo lavoro.

Ringrazio la Dott. Letizia Marconi per i consigli, il supporto e la pazienza dimostratami durante la stesura della tesi.

Ringrazio anche il Dott. Celi, per la sua disponibilità e per avermi trasmesso il suo interesse per l’embolia polmonare.

Ringrazio il Dott. Ferruccio Aquilini, per avermi gentilmente aiutato nella parte statistica di questo lavoro.

Ringrazio i miei genitori, se sono riuscita a raggiungere questo traguardo, lo devo in parte anche a loro.

Ringrazio Pietro, che con grande pazienza mi sopporta da quando è nato e a cui voglio un immenso bene.

Ringrazio Maria Giulia e Martina, con le quali ho condiviso sei anni di intenso studio e sacrifici, ma oltre i libri è nata anche un’amicizia sincera. Ho grande stima di loro e sono sicura che diventeranno due grandi dottoresse.

Ringrazio Lavinia e Francesca, i miei due angeli custodi, che ci sono sempre state, quando avevo bisogno di perdermi e quando stavo perdendo.

Ringrazio le mie amiche Sara, Alessandra, Chiara, Viola e Lara, per aver contribuito, ognuna a suo modo, a rendere più leggeri e spensierati questi anni.

Infine ringrazio Laurenz, per il suo sostegno e per essermi stato accanto in quest’ultimo anno. Abbiamo raggiunto questo traguardo insieme, ma spero che sia il primo di una lunga serie.

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