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Nel febbraio del 2012 sono stati diffusi dal Ministero della salute i risultati definitivi della verifica, relativa al 2010, dell’erogazione dei Livelli essenziali di

assistenza in condizioni di appropriatezza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse. La verifica avviene attraverso la raccolta e l’elaborazione di un set di indicatori (21 relativi al 2010) per la copertura di tutte le aree di assistenza: la prevenzione, la distrettuale e l’ospedaliera. Per ciascun indicatore sono precisati la modalità di calcolo, i pesi e le soglie di valutazione dei risultati. In base ai punteggi ottenuti in ciascun indicatore è elaborato un punteggio finale, in base al quale la regione è definita adempiente, adempiente con impegno o critica. Le regioni definite critiche vengono considerate inadempienti.

Prima di passare ad una analisi dei risultati del monitoraggio non si può non osservare che la rilevazione riguarda le sole regioni a statuto ordinario, cui si aggiunge la regione Sicilia soggetta al monitoraggio solo perché interessata dal piano di rientro.

Le altre regioni a statuto speciale non sono tenute all’invio delle informazioni necessarie per la elaborazione degli indicatori. Una situazione poco comprensibile considerando le finalità dell’analisi. Una informazione completa e confrontabile sulla qualità dei servizi rappresenta, infatti, una delle condizioni fondamentali per l’esercizio del controllo sulla efficienza e efficacia della gestione.

I risultati del monitoraggio relativo al 2010 confermano il peggioramento già evidenziato nel 2009. Le regioni i cui risultati sono critici (e pertanto risultano inadempienti) sono sei (erano tre nel 2008). Si tratta del Molise, del Lazio, della Sicilia, della Calabria, della Campania e della Puglia mentre l’Abruzzo, classificata critica lo scorso esercizio, è ora tra gli adempienti con impegno su alcuni indicatori insieme alla Liguria.

La condizione di maggior sofferenza continua ad essere legata, soprattutto, alla assistenza distrettuale, che presenta forti variabilità. Il numero di posti in strutture residenziali per anziani presenta differenze ancora rilevanti: a fronte di valori superiori a 10 posti ogni 1000 anziani nelle regioni del centro nord (con punte superiori a 25 in Lombardia e Veneto), nelle regioni in squilibrio si va dai 4 del Lazio allo 0,6 della Campania e della Sicilia senza che nel triennio di osservazione vi sia stato un significativo miglioramento.

Si accentuano le differenze nella percentuale di anziani trattati in ADI (assistenza domiciliare integrata): nelle regioni critiche la quota di anziani che ha potuto utilizzare l’assistenza domiciliare è compresa tra 1,1 per cento della Sicilia e il 2,8 per cento della Calabria contro l’11,6 per cento dell’Emilia e il 7,7 per cento dell’Umbria. In questo caso fanno eccezione i valori relativi al Lazio e all’Abruzzo, che si trovano su livelli non dissimili a quelli di Lombardia e Veneto (circa il 5 per cento).

Si mantiene elevato il gap anche nell’assistenza ai disabili e per gli affetti da patologie nella fase terminale: il numero di posti letto in strutture residenziali e semiresidenziali o negli hospice si conferma nelle regioni critiche inferiore del 50 per cento a quello delle altre regioni.

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Anche guardando agli indicatori relativi all’attività ospedaliera si rilevano forti differenze, sia in quelli che misurano l’appropriatezza delle prestazioni, che in quelli mirati a valutare la capacità di fornire un adeguato livello del servizio. Questo segnala il tasso di ospedalizzazione, il tasso di ricovero diurno di tipo diagnostico, la quota di ricoveri ordinari di due o più giornate in DRG ad elevato rischio di inappropriatezza.

Nonostante la riduzione ulteriore dei valori nell’ultimo biennio, nel 2010 il tasso di ospedalizzazione varia a livello regionale, dal valore massimo (213 per 1000) della Puglia al valore minimo del Veneto (146). Rispetto allo standard normativo di 180 per mille tutte le regioni del Sud presentano un tasso complessivo maggiore della media nazionale. Ad esse vanno ad aggiungersi la Liguria e il Lazio.

Una conferma del permanere di problemi di appropriatezza delle prestazioni rese, anche in presenza di un forte impegno per il contenimento dei costi delle prestazioni considerate inappropriate, si ha guardando ad esempio alla quota di parti cesarei sul totale. Rispetto a valori nelle aree settentrionali del 28-32 per cento, nelle regioni in squilibrio la percentuale è superiore al 40 per cento, con punte del 62 per cento in Campania e del 53 per cento in Sicilia. Come sottolineato già in passato, tali interventi rappresentano il terzo DRG per importanza tra le ragioni di dismissione ospedaliera e anche nelle regioni virtuose, la quota è ben superiore a quella media negli altri paesi europei (15 per cento).

Al contempo, le strutture esistenti non garantiscono la qualità del servizio per patologie che richiederebbero invece una assistenza più tempestiva e appropriata. E’ il caso, ad esempio, della frattura del femore, per il quale un pieno recupero richiede un intervento tempestivo; o, nel caso della prevenzione, dei test di screening di primo livello per prevenire l’insorgere di patologie oncologiche. Nel primo caso mentre risultano trattate con tempestività quote tra il 50 e il 75 dei pazienti nelle regioni adempienti, tale percentuale si riduce spesso molto al di sotto del 50 per cento nelle regioni critiche. Per quello che riguarda i test volti a prevenire l’insorgere di patologie gravi: a fronte di quote tra il 7 e il 13 per cento della popolazione interessata nel caso delle regioni settentrionali (e in Basilicata), nelle regioni in squilibrio i valori risultano molto più contenuti: l’1 per cento in Abruzzo e Campania, il 2 per cento nel Lazio, in Sicilia e in Calabria. Valori cui si allinea la Liguria, con il 2 per cento.

Anche i dati riferiti ai LEA 2010, pur tra segnali di lievi miglioramenti, confermano, quindi, che la elevata variabilità dei risultati economici è solo in minima parte spiegata da oggettive difficoltà o da differenti condizioni epidemiologiche e demografiche. La gran parte di tale variabilità appare, piuttosto, da attribuire alle diverse capacità gestionali: ai differenti risultati economici e ai crescenti squilibri finanziari è spesso associata una evidente inappropriatezza delle prestazioni ed una minor qualità dei servizi resi. Nelle situazioni regionali in cui si ha un cattivo controllo del budget e, quindi, scarsa capacità` di rispettare i limiti di spesa previsti, si hanno, in linea generale, peggiori performance di carattere anche qualitativo. In altre parole, a maggiori risorse spese non corrisponde una migliore qualità del servizio.

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LA VERIFICA DEI LEA 2010 : GLI INDICATORI UTILIZZATITavola 9 1.21.32345.15.25.366.1789101112131415.115.2161718192021

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1.1

CORTE DEI CONTI Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica

Sezioni riunite in sede di controllo 2012 265

I PROGRESSI NELLA SPENDING REVIEW NEL SETTORE SANITARIO

21. Nonostante i progressi evidenti nei risultati economici, il settore sanitario