• Non ci sono risultati.

Supplier dominated

2.5. Evoluzione storica delle tecniche di vinificazione

2.5.4. Fermentazione malo lattica

Negli ultimi anni in campo enologico, nelle tecnologie di vinificazione, una seconda fermentazione (successiva a quella alcolica) ha suscitato sempre maggior interesse. La fermentazione in questione è la malolattica. Essa avviene ad opera di batteri lattici che trasformano l‟acido malico presente nel vino in acido lattico e CO2 (Vignevini n. 9,

2000). Le conseguenze di questa reazione sul prodotto finale sono:

1. Una riduzione dell‟acidità totale, e un conseguente ammorbidimento del vino

2. Un miglioramento della stabilità biologica, anche se si tratta di un intervento batterico che aumenta il PH

3. Un‟omogeneità qualitativa tra le annate

Dopo Pasteur, la comprensione della malolattica e la sua importanza come tappa fondamentale nella vinificazione in rosso per i vini di qualità, è stata senza dubbio la più grande innovazione in enologia. In passato, gli studi e le ricerche ad essa relativi, hanno dato origine a differenti scuole di pensiero, sono stati necessari diversi decenni per arrivare ad una teoria comune, oggi entrata nella pratica di tutte le regioni viticole.

Detto ciò, la fermentazione malolattica fa parte della tradizione vinicola, in altre parole la si trova anche in vini del passato, ma la sua realizzazione era praticamente casuale, bisogna attendere il decennio 1963-1972 perché essa diventi sistematica. L‟enologia bordolese ha avuto il ruolo di precursore nella comprensione e controllo di tale fermentazione. L‟applicazione delle conoscenze sulla malolattica, inizialmente è stata di difficilissima diffusione, e anzi, è stata spesso ostacolata pur trattandosi di un fenomeno

52 di enorme importanza, tanto da non poter esistere tecniche di vinificazioni razionali che non tengano conto della sua esistenza o dei fattori che la regolano. Cerchiamo di analizzare brevemente il perché di tante difficoltà per la sua accettazione:

Innanzi tutto la complicazione dei sistemi di vinificazione derivanti dall‟aggiunta di nuove nozioni, contestualmente alla resistenza di alcuni, contrari a modificare le proprie convinzioni oramai consolidate nelle routine.

Fondamentale è anche la considerazione che la fermentazione malolattica è parallela alla crescita di batteri lattici, in passato considerati soltanto agenti di malattie. Pasteur diceva: “i lieviti fanno il buon vino ed i batteri lo distruggono” (Edizioni agricole de Il Sole24 ORE, 2003, pag. 374).

E‟ doveroso poi considerare che fino a non molti anni fa, un acidità un po‟ elevata era un elemento di qualità.

Se è vero che oggi tutte le regioni vinicole riconosco l‟importanza della fermentazione malolattica per ottenere un vino di qualità, e che molti studi su di essa sono stata compiuti, è altresì vero che la strada da compiere in questo campo di ricerca non è affatto concluso. Tale fermentazione in alcuni casi tarda a verificarsi ed in annate particolare non si innesca su buona parte dei vini per cause non del tutto chiare (Vignevini n. 9, 2000). Da qui è opportuno pianificare questo processo, già dalle prime fasi della vendemmia, dovendo evitare un‟interferenza tra le due fermentazioni (alcolica e malolattica) perché potrebbe compromettere il compimento della prima, è opportuno talvolta forzare il processo in questione. Ecco che la ricerca scientifica si muove proprio in questa direzione selezionando ceppi batterici 29 selezionati in grado di sopravvivere e moltiplicarsi anche in condizioni difficili e dotati di particolare vigoria fermentativa.

29 Come noto la fermentazione malolattica avviene ad opera di batteri lattici che trasformano l‟acido

53 2.6. Invecchiamento

Nei secoli, i contenitori usati per il vino hanno avuto un evoluzione legata soprattutto alla localizzazione dei popoli. Nell‟antica Roma i contenitori erano prevalentemente d‟argilla, ciò era dovuto in particolare alla scarsità del legno nelle regioni mediterranee. Mentre le popolazioni continentali, disponendo di foreste in abbondanza, utilizzarono il legno per costruire contenitori per generi alimentari. Con gli anni la terracotta evidenziò tutte i suoi difetti rispetto all‟“antagonista” legno. innanzi tutto in fase di trasporto tale materiale era molto spesso soggetto a rotture, poi il vino conservato in terracotta presentava sovente dei difetti che i romani mascheravano con spezie o miele. Nonostante tutto, i Romani si ostinarono ad utilizzare le anfore invece delle botti, e fu con il crollo dell‟impero che la terracotta fu definitivamente abbandonata a favore delle botti di legno che dal medioevo in poi ebbero, ed hanno tuttora la supremazia assoluta come contenitori per il trasporto e la conservazione del vino.

Con la navigazione e il trasporto nelle medie-lunghe distanze si scoprì per caso, che il vino conservato nelle botti risultava avere delle caratteristiche che lo rendevano in certi casi migliore al gusto. Nel 1900 iniziano i primi studi sull‟affinamento del vino in legno. Arrivando ai giorni nostri, fino a 50 fa, le botti erano fabbricate usando i tipi di legno più disparati, esclusivamente in funzione della reperibilità per ogni zona geografica. Questo perché ancora non era chiaro il ruolo dei composti rilasciati dal legno nella evoluzione e caratterizzazione del vino. Quando si sono approfonditi gli studi sull'influenza dei tannini ellagici nell'affinamento dei vini, ci si è resi conto delle caratteristiche organolettiche importanti di quelli di rovere e della loro bassa caratterizzazione sulle note di amaro. Si giunge così alla situazione attuale in cui, seguendo la comprovata esperienza francese, l‟utilizzo del barrique nell‟invecchiamento è sempre più diffuso e soprattutto il suo utilizzo pratico è sempre supportato da studi scientifici.

54 2.7. Evoluzione dell’offerta di vino e determinanti del cambiamento

Dopo una breve rassegna sulla domanda internazionale di vino e una descrizione delle principali innovazioni tecnologiche nella catena del valore, cercheremo di analizzare il cambiamento che ha interessato le aziende vitivinicole italiane e comunitarie dal punto di vista della loro struttura. Nel dopoguerra, più precisamente dagli anni ‟50 alla fine degli anni ‟70, la domanda di vino è in costante crescita e l‟offerta registra una fase di forte espansione. Durante questa fase il tessuto produttivo subisce una notevole trasformazione passando da un contesto di microimprese a carattere familiare ad uno in cui assumono maggiore rilevanza imprese cooperative e di grandi dimensioni. Tutto ciò ha consentito una innovazione tecnologica soprattutto di processo, portando ad una sempre più importante meccanizzazione della produzione. In questo periodo l‟obiettivo strategico di fondo è l‟aumento della quantità.

Nel corso dei primi anni ‟80 la produzione si contrae fino a precipitare nella seconda metà del decennio. Ciò è dovuto principalmente al calo della domanda causato da un mutamento nelle preferenze dei consumatori, orientati verso bevande a gradazione alcolica più bassa. Il motivo di ciò è da ricercarsi nella diffusione di modelli culturali che tendono a dare un‟immagine negativa dell‟alcol in quanto dannoso per la salute. Contestualmente si ha un incremento del reddito al quale consegue un aumento dei beni consumati sul mercato e una diminuzione della concentrazione del consumo su poche categorie di beni. Tutto ciò porta alla conseguente diffusione di un modello di consumo di vino orientato verso elementi di tipicità. L‟andamento della domanda, risulta fortemente differenziato: da un lato il crollo dei vini da tavola e dall‟altro una crescita costante dei vini di qualità. Il grafico sottostante è un esempio di quanto espresso, è interessante notare il trend positivo dei vini DOC (che noi abbiamo preso come indicatore di qualità nella nostra analisi) sia in controtendenza rispetto ai vini da tavola.

55 Figura 2.5: Produzione di vino nell’Unione Europea. 1980-2000. Dati espressi in migliaia di hl

0 50.000 100.000 150.000 200.000 250.000 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 da tavola DOC totale Fonte: Eurostat

La crisi esposta, sarà l‟inizio di una profonda riconversione del settore vitivinicolo, che condurrà col tempo ad un balzo qualitativo dell‟enologia. Situazioni di mercato critiche, se ben gestite, possono essere opportunità di successo per aziende che sanno capire e gestire il cambiamento. La riconversione verso obiettivi di qualità è favorita anche da politiche europee che per ovviare ai problemi di sovrapproduzione del comparto, introduce incentivi per l‟espianto dei vigneti. Gli effetti si riveleranno importanti in quanto per molte imprese l‟uscita dal mercato risulterà meno traumatica.

Rimanere sul mercato, invece, significherà porre in essere un mutamento filosofico e gestionale nella direzione di un innalzamento qualitativo, e ciò sarà possibile soltanto imboccando la strada dell‟innovazione. E‟ interessante notare ai fini della nostra trattazione come l‟innovazione nella viticoltura sia stata indotta da una crisi settoriale e da un calo della domanda, invece che da un espansione di mercato come spesso avviene per altri settori. Altresì è importante considerare come in questo particolare settore “innovazione” e tipicità, naturalità, in una sola parola “tradizione” non si escludono vicendevolmente.

Naturalmente non tutte le aziende del settore riescono a cogliere le opportunità indotte dal cambiamento. La qualità che abbiamo visto essere necessaria (ma non sufficiente) per ottenere una redditività superiore, è strettamente dipendente dalle risorse naturali ed

56 umane presenti in un dato territorio. Tutte le attività produttive sono legate al territorio in cui sono poste in essere, ma nell‟agricoltura la relazione è ancora più intima considerando il rapporto biologico tra territorio e output.

57

Capitolo 3