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Che fine hanno fatto gli intellettuali?

2011: i nuovi scenar

III.3. Che fine hanno fatto gli intellettuali?

Tra i fattori che hanno contribuito al protrarsi nel tempo della rivoluzione siriana e hanno permesso al regime di resistere, il giornalista siriano residente in Francia Sadeq Abu Hamed individua anche l’elemento del mancato contributo degli intellettuali alla protesta delle piazze siriane413.

Infatti l’assenza di presa di posizione da parte della classe intellettuale ha rallentato l’evoluzione del movimento non violento ed ostacolato la partecipazione delle grandi città alla contestazione414. Per Abu Hamed tale «tradimento» coinvolge non solo personalità famose come Adūnīs415

, che di fatto è rimasto indifferente alla violenta repressione del regime, se non contribuito alla sua irragionevole propaganda416, ma l’«insieme di quelle persone coinvolte in ogni tipo di attività culturale»417

, formalmente sostenitori di uno stile di vita non conservatore e in linea con i valori della modernità. Tale élite intellettuale, che è scesa a protestare in piazza Taḥrīr, e ha manifestato a

411

Burgat F., op. cit., p. 22.

412

Ghalioun B. citato in Abou-Dib F., op. cit.

413

Abu Hamed S., Siria. Il ruolo degli intellettuali nella rivoluzione, cit., p. 140.

414

Ibidem.

415

Il celebre poeta siriano, di famiglia alawita, è stato al centro di forti polemiche e duramente osteggiato dall’opposizione, a causa della sua ambigua presa di posizione contro il regime (in particolare oggetto delle critiche era il fatto di rivolgersi a Bašār al Asad come al “presidente eletto”) e delle sue critiche nei confronti delle modalità violente con cui alcuni gruppi rivoluzionari sono scesi a compromessi per opporsi al regime. Molti intellettuali hanno condannato apertamente il collega per il suo mancato supporto alla causa rivoluzionaria, in contrasto con quanto egli aveva sempre sostenuto, cfr. Atassi N., Dallal Z.,

Interview with Dr. Sadiq Jalal Al-Azm: The Syrian Revolution and the Role of the Intellectual, in «The

Republic», 10 gennaio 2013, http://aljumhuriya.net/en/4485. Si veda anche Saleh K., Interview with the

Syrian Poet Adonis, in «Qantara», 13 settembre 2011, https://en.qantara.de/content/interview-with-the- syrian-poet-adonis-im-one-hundred-percent-on-the-side-of-the-syrian, e Naggar M., The Silence of the

Thinkers, in «Qantara», 27 maggio 2011, http://en.qantara.de/content/arab-intellectuals-and-the-arab- spring-the-silence-of-the-thinkers.

416

Nel giugno 2011, dalla Francia, l’intellettuale scrive infatti una lettera aperta al presidente Baššār al Asad, deludendo moltissimi siriani, poiché in essa non solo criticava il presidente ma denigrava anche il movimento di protesta, non riuscendo neanche a condannare il regime per la sua brutalità nel reprimere e uccidere migliaia di siriani Worth R. F., The Arab Intellectuals who Didn’t Roar, in «The New York Times», 29 ottobre 2011, http://www.nytimes.com/2011/10/30/sunday-review/the-arab-intellectuals-who- didnt-roar.html?_r=1.

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Tunisi e in Yemen, sembra essere stata invisibile invece nel momento del bisogno in Siria418.

Lo scoppio improvviso della rivolta ha lasciato in disparte gli intellettuali, che non avevano saputo prevederla, pochi tra loro hanno preso parte alle manifestazioni in strada, nei primi mesi di rivolta molti hanno scelto di fuggire all’estero, altri temevano invece che assecondando da subito le ragioni del popolo avrebbero perso il loro sguardo distaccato di analisi critica419. Nel mese di marzo ci sono stati alcuni tentativi di organizzare manifestazioni da parte degli intellettuali a Damasco, ma sono falliti a causa della repressione del regime, rendendo debole e limitato il ruolo loro e della classe media cittadina su cui avrebbero potuto fare presa420. La più grande protesta organizzata da parte loro è stata a luglio del 2011, e ha portato all’arresto di tutti i partecipanti, che sono stati rilasciati solo dopo 4 giorni; molte sono invece le dichiarazioni e gli appelli firmati dagli intellettuali siriani nel corso dei primi anni della rivolta421, sia per esprimere la loro adesione ai principi della rivoluzione che per risvegliare la coscienza dell’opinione pubblica mondiale, ma si tratta sempre di un centinaio di nomi circa422

. Secondo la scrittrice Rūzā Yāsīn Ḥassan423

, la divisione tra sfera politica e sfera intellettuale imposta da decenni alla società siriana è all’origine dello scollamento attuale tra intellettuali e popolo, tra il mondo della cultura e la piazza in rivolta424, un enorme baratro che separa gli intellettuali del mondo arabo in generale dalle masse dei rispettivi concittadini che hanno condotto le proteste. Ciò è evidente anche nella mancanza di un progetto politico ed economico chiaro, poiché l’élite culturale, che dovrebbe creare la base ideologica del movimento e guidare la rivoluzione secondo un

418

Ibidem.

419

Ḥassan R. Y., op. cit.

420

Abu Hamed S., Siria. Il ruolo degli intellettuali nella rivoluzione, cit., p. 142.

421

La prima dichiarazione risale all’aprile del 2011, quando all’inizio delle proteste un gruppo di 102 scrittori e giornalisti siriani si schierava dalla parte delle riforme e contro la repressione delle proteste, tra i firmatari comparivano membri delle diverse confessioni, che condannavano «il silenzio dei tanti intellettuali siriani che non hanno rotto la barriera della paura» e chiedevano «loro di prendere una posizione chiara sulle pratiche repressive del regime siriano, in quanto parte dell'eroico popolo siriano e in quanto élite che dovrebbe per prima dire la verità e non restare in ultima fila, rimanendo fuori dalla storia e dal suo corso», Siria: sanzioni USA contro fratello Assad, in «Nena News», 27 aprile 2011,

http://nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=21152.

422

Un appello internazionale per la rivoluzione siriana viene diffuso a maggio 2011, e una lettera aperta viene pubblicata su Le Monde a gennaio 2012, infine nel 2013 una nuova Dichiarazione rinnova l’aderenza da parte dello stesso centinaio di intellettuali ai principi della rivolta e il loro sostegno al processo di riforma.

423

Giovane scrittrice e giornalista siriana, di origine alawita, scrive per diversi periodici arabi e siriani e ha sostenuto esplicitamente la rivoluzione siriana pubblicando articoli sia quando si trovava all’interno del paese sia durante l’esilio in Germania.

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progetto e idee precise, ha fallito nel creare una visione d’insieme e nel farsi in questo modo portavoce delle aspirazioni del popolo425.

Oltre alla generale mancanza di educazione al dissenso politico, sicuramente l’assenza degli intellettuali è dovuta in Siria alle pressioni che questi hanno vissuto negli ultimi decenni a causa della repressione violenta del regime e anche da parte di una pesante ortodossia islamica426: soprattutto dopo il periodo della Primavera di Damasco, il regime ha infatti stretto il controllo sul diritto di opinione e costretto con la forza gli intellettuali al disimpegno. Ma il tradimento dell’intellettuale siriano è grave soprattutto perché, nel momento decisivo, egli non ha saputo schierarsi apertamente per quei valori che sono sempre stati al centro dei suoi dibattiti427, per ragioni di interessi personali (alcuni si sono lasciati “comprare” dal regime o dal denaro dei paesi del Golfo), di atteggiamento narcisista che non permetteva loro di condividere la piazza e la protesta con il resto del popolo, per la perdita del contatto con la realtà siriana dopo essere stati obbligati all’esilio428

, o ancora per motivi di appartenenza settaria che hanno prevalso sui principi tanto dibattuti e reclamati di democrazia, libertà e giustizia sociale.

Le centinaia di intellettuali “rivoluzionari” che si sono impegnati nella lotta per le rivendicazioni del popolo sono stati una «minoranza geograficamente dispersa»429, e poiché non sono riusciti a formare una corrente attiva e unica che potesse dare il proprio contributo a livello ideologico alla rivolta, essi si sono dedicati ad attività associative di supporto alla rivoluzione, come l’organizzazione di aiuti umanitari o la gestione dell’informazione, mentre altri ancora sono entrati a far parte di gruppi politici dell’opposizione430

. I loro sforzi sono comunque importanti, e insieme al movimento studentesco delle università siriane che ha iniziato a svilupparsi circa sei mesi dopo l’inizio della rivolta, avranno un peso importante nello scenario del futuro della Siria.

Tale considerevole assenza senza dubbio ha lasciato maggiore spazio di azione all’influenza degli estremismi religiosi, nonché alla regionalizzazione della rivolta e al suo ripiegarsi sul settarismo religioso. Per Sadeq Abu Hamed «la defezione degli intellettuali provenienti da gruppi di minoranza è la più grave»431, infatti una parte

425

Worth R. F., The Arab Intellectuals who Didn’t Roar, cit.

426

Ibidem.

427

Abu Hamed S., Siria. Il ruolo degli intellettuali nella rivoluzione, cit., p. 143.

428

Worth R. F., The Arab Intellectuals who Didn’t Roar, cit.

429

Abu Hamed S., Siria. Il ruolo degli intellettuali nella rivoluzione, cit., p. 145.

430

Ivi, p. 146.

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importante degli intellettuali appartiene alle minoranze religiose ed etniche del paese (risultato del trasferimento di queste ultime dalle campagne al contesto urbano, dove avevano privilegiato l’educazione come mezzo per avanzare socialmente ed economicamente), e la maggioranza di questi sono rimasti vittima delle paure create e fomentate dal regime non riuscendo a distinguersi dal resto della propria comunità, anzi rifiutando di schierarsi con la rivolta in nome della propria appartenenza religiosa432. La voce degli intellettuali alawiti, cristiani e drusi, che avrebbe potuto, se numerosa e in unione con quella degli intellettuali sunniti, favorire l’ampliamento della protesta non violenta e riunire le diverse anime della Siria in rivolta contro Asad, è rimasta in silenzio e ha così fatto il gioco del regime, contribuendo a rafforzare il carattere sunnita della protesta e a intensificare la tensione intercomunitaria. Le poche decine di intellettuali che hanno provato a distinguersi dalla propria regione o comunità di appartenenza hanno subito la violenta repressione degli apparati di sicurezza, più intransigente ancora nei confronti degli oppositori di origine alawita.