• Non ci sono risultati.

Firenze: i macchiaioli e il giapponismo fiorentino

I contatti commerciali con il Giappone favorirono sicuramente l’ingresso dell’arte giapponese in Italia. A livello artistico il Giappone era già entrato in territorio toscano grazie ad un gruppo di pittori formatosi a Firenze, i macchiaioli.

Nel 1864 Telemaco Signorini (1835-1901), uno dei più importanti esponenti del gruppo insieme a Giuseppe De Nittis (1846-1884), dipinse L’alzaia (Fig. 18), un’opera il cui “punto di vista ribassato, quasi raso terra, e una composizione ideata per contrasti cromatici dove le silhouette delle figure con le loro nitide ombre si stagliano nettissime su un fondo terso […] conferiscono all’opera un carattere sintetico, bidimensionale, perfettamente in sintonia con le nuove istanze figurative japonistes”.20 Quindi Signorini aveva già assimilato le tecniche delle stampe giapponesi che avevano iniziato a diffondersi in Europa prima che il giapponismo diventasse una moda in Italia.

Le caratteristiche dell’arte giapponese erano apprezzate dal gruppo fiorentino per una serie di tecniche artistiche che condividevano e che erano interessati ad assimilare e riprodurre: “la struttura piatta dei colori, la sintesi grafica e la disgregazione del tradizionale gioco di luci ed ombre, il superamento dell’ordine volumetrico e della profondità, la creazione di inediti tagli prospettici”.21

Anche nelle critiche del pittore e critico d’arte Francesco Netti (1832-1894) possiamo individuare questa corrispondenza tra l’arte dei macchiaioli e l’arte giapponese. Secondo Netti i macchiaioli sono artisti che nelle loro innovazioni in senso moderno hanno aggiunto alcune

19 Ibidem, pp. 42-43.

20 Elena LAZZARINI, Tra Japonisme e japonaiserie: spunti di ricezione critica dell’arte giapponese nella cultura italiana tra Ottocento e Novecento, in Suggestioni dell'Estremo Oriente, cit., p. 47.

21 Ibidem.

63 particolarità della pittura giapponese.22 Netti individua

questa influenza giapponese in particolare nelle opere di De Nittis, Signorini e Michetti, i più importanti tra i macchiaioli. Soprattutto questi ultimi due artisti per lui sono stati tra i maggiori esponenti di questa novità pittorica di ispirazione giapponese.23 Di Michetti per esempio prese in analisi l’opera La Processione del

Corpus Domini a Chieti (Fig. 19), in cui intravide le

caratteristiche di uno stile nuovo in Italia, in cui mancava la prospettiva, la resa in rilievo delle persone e degli oggetti rappresentati nel quadro, e presentava un nuovo uso dei colori. Vide in questa scelta un progresso per l’arte italiana della seconda metà dell’Ottocento.24 Netti evidenziò influenze giapponiste anche in Signorini, come nel quadro Borgo di Porta Adriana a Ravenna (Fig.

20): nel quadro è presente uno sfondo chiaro che si contrappone ai colori più scuri delle figure (e solo alcune di queste sono rappresentate con l’ombra); inoltre la prospettiva che caratterizza la tela non segue le norme rinascimentali su cui gli artisti del periodo facevano riferimento.25 Il quadro fu presentato all’Esposizione Artistica Italiana di Napoli nel 1877, dove Netti lo giudicò come “uno tra gli esempi più convincenti di quel nuovo genere di linguaggio figurativo battezzato L’impero del

bianco, influenzato dalla ‘pittura

giapponese, che procede per toni locali ed interi’”.26 L’opera presenta un ampio orizzonte, spazi aperti e figure che ricordano molto i viaggiatori rappresentati nelle

22 Ibidem, p. 48.

23 Ibidem

24 Ibidem, pp. 48-49.

25 Nancy Gray TROYER, “Telemaco Signorini and Macchiaioli Giapponismo: A Report of Research in Progress”,

The Art Bulletin, 66, 1, March 1984, p. 138.

26 Cit. in Giapponismo. Suggestioni dell'Estremo Oriente, cit., p. 128.

Figura 19 - Francesco Paolo Michetti, La

processione del Corpus Domini a Chieti (particolare), 1876-77

Figura 20 - Telemaco Signorini, Borgo di Porta Adriana a Ravenna, 1875

64 stampe giapponesi raffiguranti il Tōkaidō 東海道.27 Ma non è l’unico elemento che ricorda l’arte giapponese. I critici che si sono occupati di studiare l’opera pongono sempre molto l’attenzione sulla sua struttura spaziale. La scena è rappresentata tramite una prospettiva con due punti di fuga. Questo tipo di prospettiva è particolare: artisti giapponesi, nel tentativo di rielaborare una prospettiva di tipo occidentale, giunsero a crearne una di questo tipo. L’opera viene spesso paragonata a Kasumigaseki 霞が関, parte della collezione Luoghi famosi a Edo

di Utagawa Kuniyoshi,28 per l’uso di questo tipo di prospettiva.29Il quadro non presenta quindi elementi che si possano riscontrare direttamente nell’arte francese della seconda metà dell’Ottocento influenzata dall’arte giapponese, ma sembra rappresentare qualcosa di nuovo. A questo proposito è importante ricordare che

Signorini, tra il 1855 e il 1859, instaurò un legame di amicizia con il pittore francese Edgar Degas (1834- 1917), e che durante i suoi molteplici viaggi a Parigi per incontrare l’amico venne in contatto anche con De Nittis, che risiedeva a Parigi. Per delle mostre dipinse

La discesa del Vesuvio e I crateri del Vesuvio avanti l’eruzione del 1872, entrambi dipinti che Vittorio Pica

(1864-1930) paragonò a due stampe di Hokusai.30 Sempre a Parigi incontrò un altro artista macchiaiolo, Vito D’Ancona (1825-1884). Anche D’Ancona, come De Nittis, mostrò molti aspetti del giapponismo nelle sue opere, a cominciare dai modelli dipinti. Donna

alle corse (Fig. 21) mostra una donna di spalle con un

grosso ombrello da sole e un vestito che ricorda un kimono.31 Fu probabilmente la vicinanza a questi

artisti (Degas, De Nittis e D’Ancona) a indirizzarlo verso uno stile più giapponese, pur mantenendone comunque a volte le distanze, non rinunciando totalmente ai concetti rinascimentali di spazio, probabilmente per non andare incontro a critiche eccessivamente

27 TROYER, “Telemaco Signorini and Macchiaioli Giapponismo”, cit., p. 138. 28 Ibidem, pp. 139-40.

29 Giapponismo. Suggestioni dell'Estremo Oriente, cit., p. 128.

30 TROYER, “Telemaco Signorini and Macchiaioli Giapponismo”, cit., p. 141.

31 La nuova moda giapponese che si diffuse a Parigi in quegli anni attirò moltissimo l’attenzione di Vito D’Ancona. La fonte d’ispirazione può essere ricondotta a Hokusai e alla sua serie Manga. Tuttavia D’Ancona potrebbe aver preso spunto da molte altre stampe ukiyoe che presentano questa posa particolare. Giapponismo. Suggestioni dell'Estremo Oriente, cit., p. 124 e TROYER, “Telemaco Signorini and Macchiaioli Giapponismo”, cit., p. 142.

65 negative una volta tornato in Italia. Uno stile di questo genere sarebbe stato classificato troppo “parigino”.32 Infatti, proprio in quel periodo, durante un’esposizione a Torino, uno dei suoi dipinti venne rimosso dal padiglione toscano per essere posizionato nel padiglione francese.33

Documenti correlati