3.1. E MIGRAZIONE ITALIANA IN G ERMANIA
3.1.5. I FLUSSI CONTEMPORANEI : TRA VECCHIE MIGRAZIONI E NUOVE MOBILITÀ
La fase attualmente in corso si è innescata con la crisi economica del 2008 e ha reso la Germania la seconda meta estera prediletta per i nuovi migranti italiani, dal 2008 fino al 2014, e la principale nel 2015. E sicuramente, a seguito della cosiddetta
Brexit, pare molto plausibile sostenere che la Germania consoliderà questo primato
nei prossimi anni.
Questa nuova ondata è particolarmente difficile da cogliere numericamente per la mancanza di strumenti statistici adatti. Si stima che le statistiche italiane, attraverso l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), riescano a cogliere solo la metà dei flussi reali, poiché molti temporeggiano o non si iscrivono all’Aire. Viceversa, le statistiche tedesche tendono a sovrarappresentare la presenza di residenti stranieri contando qualsiasi tipo di iscrizione per domicilio (Anmeldung), anche quelle temporanee di brevissimo periodo.
Dalla seguente tabella emerge chiaramente quanto appena sostenuto.
Tabella 1: Confronto fonti: iscrizioni degli italiani residenti in Germania nel quadriennio 2012-2015.
Anno Dati Aire
Dati Statistisches Bundesamt 2012 6.880 30.152 2013 10.520 42.167 2014 11.731 57.523 2015 14.270 70.338 Totale 43.401 200.180
L’impennata dei flussi nell’ultimo quinquennio non sta nella dirompente crescita economica della Germania. È vero che questa nazione ha tenuto meglio botta alla crisi, ma i tassi di crescita non sono dei migliori. È più che altro la recessione italiana ad aver spinto fuori gli italiani.
D’altra parte, i nuovi migranti, non sappiamo bene però in che quota, non si muovono in base a ragioni esclusivamente economiche, ma cercano altre condizioni di vita che giudicano difficilmente realizzabili in Italia.
Il fenomeno migratorio contemporaneo viene definito da molti studiosi con l’espressione «nuove mobilità» per via del mutamento delle caratteristiche dei flussi contemporanei verso l’estero. Tali flussi si compongono di una gamma di figure eterogenea che vede aggiungersi a coloro che un tempo erano definiti “cervelli in fuga” – i neolaureati e i ricercatori universitari – impiegati di multinazionali, imprenditori, lavoratori altamente qualificati, professionisti specializzatissimi,
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studenti e pensionati. Figure che manifestano bisogni e stili di vita nuovi rispetto a quelli dei migranti tradizionali. In letteratura vengono definiti expat, e in parte è, come si vedrà più avanti, un’etichetta che viene utilizzata dai diretti interessati per autodefinirsi.
Oltre alle caratteristiche proprie di queste nuove figure di migranti, però, le vere novità sembrano essere le modalità attraverso cui l’esperienza migratoria prende forma e, ancor di più, le motivazioni: queste mobilità sarebbero caratterizzate da un frenetico andirivieni tra il Paese di origine e quello estero; ad incoraggiare i migranti ad andare in un Paese estero non sarebbe un vero e proprio bisogno economico, quanto le maggiori possibilità di autorealizzazione o, come nel caso particolare dei pensionati, le maggiori possibilità di consumo, e quindi una qualità della vita migliore.
Questa nuova definizione, però, non pare applicabile del tutto al caso tedesco odierno. È vero che una buona parte degli attuali flussi è composta da soggetti che realizzano migrazioni slegate dalle dinamiche tradizionali della ricerca di un lavoro qualunque, essendo in cerca di migliori o diverse condizioni di vita, tuttavia sembrano resistere e sopravvivere, soprattutto nell’ultimo periodo – segnato profondamente dagli effetti della crisi recessiva del 2008 –, le motivazioni legate ad una capacità attrattiva della Germania, specie nel caso dei Paesi dell’Europa meridionale.
Oltre alla quota di neolaureati o laureati sottoccupati o disoccupati che si spostano alla ricerca di impieghi corrispondenti al proprio livello e al proprio ambito di studi e alle proprie aspettative di reddito, si deve registrare un incremento dei flussi di lavoratori scarsamente qualificati, provenienti specialmente dal Sud Italia, che si recano in Germania come ultima possibilità di realizzare un reddito (Pugliese 2005).
Una quota di chi è partito dall’Italia (meridionale), specie nell’ultimo quinquennio, è stata condizionata dai tradizionali push e pull factor: si allontanava da una situazione italiana che ha registrato le più alte quote di disoccupazione mai conosciute e cercava una situazione stabile in un Paese che ha tenuto meglio botta alla crisi.
Dunque, più che di un mutamento del fenomeno migratorio, al limite, è più cauto parlare di un affiancamento delle nuove mobilità alle “vecchie” migrazioni, anche se i migranti contemporanei – indipendentemente dal livello di inserimento nel mercato del lavoro tedesco, dalle motivazioni della migrazione e dal grado di passività della scelta di emigrare – grazie alle nuove tecnologie e ai voli low cost riescono ad avere un rapporto frequente e costante con il Paese di origine e a tornare molto spesso in patria44.
Altra questione da sottolineare è quella relativa all’inserimento nel mercato del lavoro tedesco dei soggetti con alti titoli di studio: non è detto che riescano a
44 Bisogna inoltre ricordare che le migrazioni europee della seconda metà del Novecento erano contraddistinte dal contatto persistente con le zone di provenienza attraverso il rito del ritorno per le vacanze estive o per le feste religiose come Natale e Pasqua.
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collocarsi al meglio delle loro competenze. Molti finiscono per collocarsi in posizione basse nel settore terziario che sviliscono così le loro conoscenze e competenze, realizzando in tal modo uno “spreco di cervelli” (fenomeno noto in letteratura con l’espressione brain waste).
In generale, durante il 2014, secondo il Rapporto Italiani nel Mondo (2015), hanno trasferito la loro residenza all’estero 101.297 cittadini italiani, in prevalenza uomini, non sposati, tra i 18-34 anni, partiti dal Nord Italia. La Germania è stata la destinazione principale con 14.270 trasferimenti, con un incremento del 21,6 % rispetto all’anno precedente.
Tabella 2: Iscritti all’Aire con residenza in Germania. Fonte: Rapporto Italiani nel Mondo 2015 Iscrizioni
2014
Iscrizioni
2013 Variazione Crescita Variazione Crescita totale F M totale F M 2014-2013 2014-2013 2015-2014 2015-2014
14.270 6.202 8.068 11.731 5.074 6.657 1.211 11,5 2.539 21,6
Gli italiani che hanno deciso di spostarsi in Germania in questi anni non costituiscono un gruppo omogeneo.
Innanzitutto, ciò che emerge rispetto alla storia migratoria italiana verso la Germania è un riequilibrio della proporzione tra Centro-Nord e Centro-Sud Italia e Isole, se non addirittura il ribaltamento a favore del Centro-Nord. Non è facile stimare con certezza la composizione dei flussi in termini di provenienza regionale in quanto che, grazie alla possibilità di circolare liberamente entro i confini Schengen, molti movimenti sfuggono, come già detto, alle statistiche e l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero – essendo l’iscrizione un diritto-dovere, quindi su iniziativa personale, benché obbligatoria per periodi superiori ai 12 mesi di residenza nel Paese estero (articolo 6 della legge 470/1988) – non comprende tutti gli italiani effettivamente espatriati. I fattori che scoraggiano l’iscrizione sono diversi, ma in primis c’è la mancanza di chiarezza del progetto migratorio: a spostarsi sono, infatti, molti individui che hanno semplicemente voglia di fare un’esperienza all’estero e che molto spesso non hanno ben chiare le possibilità che la Germania offre.
Altra differenza è la modalità di approdo in Germania. Non si fa riferimento ovviamente ai mezzi di trasporto, che chiaramente vedono come vettore principale gli aerei delle numerose compagnie low cost – e più raramente gli autobus che giungono in Germania anche dalla lontana Sicilia o la propria autovettura –, ma al tipo di esperienza che si compie: la modalità principale è quella in “solitaria”, anche quando sposati o in relazioni stabili; più raramente si arriva direttamente in coppia o con i figli al seguito.
Ma anche coloro che si spostano in solitaria fanno esperienze molto diverse. La maggior parte arriva in Germania sospinto dalla convinzione, circolante nella sfera pubblica italiana, che in Germania troverà un lavoro in un batter d’occhi; i più
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previdenti, prima di partire, iniziano a cercare un lavoro transitorio – che spesso corrisponde a posti di lavoro nella gastronomia italiana, per questioni linguistiche – tramite siti web specializzati o tramite contatti con agenzie di lavoro o con parenti e amici; infine ci sono quelli che arrivano in Germania su proposta dell’azienda o dell’istituzione per la quale lavoravano in Italia o comunque con una posizione lavorativa che li attende.
La questione dell’alloggio fa il paio con quella del lavoro. La maggior parte comincia a cercare un alloggio già dall’Italia, in Internet. Anche in questo caso, dipende dalle risorse di cui si dispone e dalla situazione: coloro che sono già provvisti di un contratto di lavoro sono spesso sistemati dall’azienda per la quale lavoreranno, che provvede all’accoglienza del nuovo dipendente; ci sono, poi, coloro che possono contare sull’ospitalità di parenti o amici e coloro che hanno delle risorse
sufficienti per fittare un appartamento o una stanza in una WG
(Wohnungsgemeinschaft, letteralmente comunità di appartamento, vale a dire appartamenti con servizi condivisi e stanze singole) versando le, spesso, altissime caparre; e, infine, coloro che per i primi tempi si sistemano in uno dei numerosi ostelli che offrono agli ospiti la possibilità di fissare temporaneamente il domicilio, necessario per la stipula di un contratto di lavoro regolare.
Altro aspetto fondamentale è quello delle competenze linguistiche. Tra coloro che giungono in Germania vi sono individui che non parlano fluentemente altra lingua che l’italiano, chi mastica un po’ di inglese senza alcuna conoscenza del tedesco, chi padroneggia l’inglese senza però mai aver approcciato il tedesco, coloro che riescono ad arrabattarsi col tedesco avendo l’inglese come manforte e, infine, i meno numerosi, che padroneggiano il tedesco.
Per quel che riguarda la partecipazione alle attività messe in campo dalle realtà associative formate dai connazionali, i “nuovi migranti” restano, per la maggior parte, a distanza, prediligendo la frequentazione di circoli legati ai loro interessi o quella di community virtuali, da cui, come si vedrà, nascono anche iniziative offline.
Il rapporto vecchi migranti-nuovi migranti non è propriamente idilliaco. Anche nelle discussioni sui social network si notano attriti e nascono accese discussioni che denotano una distanza generazionale ma anche culturale.