1 Spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso e sue applicazioni nelle neuroscienze
1.3 Vantaggi e svantaggi della fNIRS rispetto ad altre metodologie di neuroimaging
1.3.3 fMRI
La risonanza magnetica funzionale (fMRI) offre per ora il miglior approccio validato a livello clinico per la visualizzazione delle funzioni cerebrali basandosi sul metabolismo locale. L’fMRI si basa sul fatto che l’emoglobina nel sangue possiede la capacità di distorcere leggermente le proprietà di risonanza magnetica possedute dai nuclei di idrogeno situati nelle sue vicinanze; il grado di distorsione dipende e cambia in base al fatto che l’emoglobina sia ossigenata o no [2]. Il principio di funzionamento è identico a quello della risonanza magnetica tradizionale (in fig. 1.3.3.a un esempio della strumentazione utilizzata). Quando il corpo umano viene posto all’interno di un forte campo magnetico, tutti i protoni che si trovano all’interno del corpo (il 60% del corpo umano è composto da acqua) orientano il loro asse di rotazione in modo che risulti il più
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possibile parallelo al campo magnetico. La rotazione da essi descritta produce un’orbita a forma di cono. Quando un breve impulso a radio frequenza, con la stessa frequenza posseduta dai protoni in rotazione, viene applicato esternamente, i protoni ne assorbono l’energia. Subito dopo, essi rilasciano l’energia ad una certa velocità, che dipende da quanto strettamente erano legati ai componenti chimici del tessuto. La misura che si effettua è quella dei tempi di rilassamento T1 e T2 e ciò viene fatto per ogni voxel (un volume parziale del corpo) cosicché un’immagine può essere ricostruita unendo i vari pixel che rappresentano i vari voxel [22].
Fig. 1.3.3.a – Uno scanner MRI tratto da [56]
Quando un’area cerebrale viene attivata da uno specifico compito (di natura sensoriale, motoria, visiva, cognitiva ecc.), essa necessita di un maggiore apporto di ossigeno; la microcircolazione sanguigna cerebrale risponde con un aumento del flusso sanguigno ricco di ossigeno nella zona attiva. Questi cambiamenti nella concentrazione di ossigeno e flusso sanguigno comportano dei cambiamenti chiamati BOLD (Blood Oxygenation Level-Dependent) nel segnale di risonanza magnetica. La fMRI sfrutta quindi il segnale BOLD che dipende dal bilancio fra consumo e apporto di ossigeno nella zona cerebrale attiva [2]. L’emoglobina ossigenata, infatti, essendo diamagnetica, provoca un aumento del segnale fMRI rilevato, che quindi simboleggia un aumento dell’attività cerebrale. L’emoglobina deossigenata invece, essendo paramagnetica, provoca dei campi magnetici locali che interrompono l’omogeneità del campo magnetico esterno, con una conseguente diminuzione del segnale registrato (in fig.
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1.3.3.b un esempio di immagine ottenuta con la fMRI: le aree colorate sono quelle di attivazione).
Fig. 1.3.3.b – Un esempio di immagine acquisita con la fMRI tratto da [57]
L’fMRI è emersa come la tecnologia di scelta per sondare sia la struttura che le funzioni del cervello umano, soprattutto per comprenderne i suoi meccanismi neurofunzionali. Essa viene anche utilizzata nel planning pre-chirurgico. L’fMRI è per ora la tecnica più affidabile, per cui viene considerata uno standard di riferimento con cui tutti gli altri metodi di neuroimaging devono confrontarsi. Infatti, essa condivide il vantaggio della fNIRS di non utilizzare radiazioni ionizzanti, ma segnali intrinseci al cervello. Grazie a ciò, molte e ripetute scansioni possono essere effettuate sullo stesso individuo, cosa invece non praticabile con la PET. Tuttavia, in questo modo aumenta il tempo richiesto per il singolo esame. Grazie all’uso di particolari sequenze di magnetizzazione, l’intero cervello può essere scandito in 1-2 secondi, garantendo alla fMRI una risoluzione temporale superiore a quella degli altri metodi di imaging funzionale ma inferiore a quella della fNIRS. La risoluzione spaziale della fMRI (2-3 mm), risulta essere al contrario superiore di quella della fNIRS (1-2 cm) [2]. Uno svantaggio dell’uso del segnale BOLD come parametro principale è che esso è un segnale con andamento molto lento, che quindi non riesce a seguire le rapide dinamiche temporali che caratterizzano i processi cognitivi. Fra tutte le tecniche di imaging, la fMRI è quella maggiormente sensibile agli artefatti da movimento (spostamenti di soli 3 mm annullano l’esame in quanto il segnale utile è sovrastato completamente dal rumore). Per cui il paziente, al contrario della fNIRS, deve rimanere costantemente fermo, per di più in un ambiente claustrofobico come può essere lo scanner della fMRI,
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per un periodo di tempo piuttosto lungo, potendo durare l’esame dai 15 minuti alle 2 ore. Si può capire da ciò come tale tecnica sia difficilmente utilizzabile sui bambini e su soggetti con patologie come la schizofrenia o il morbo di Parkinson che hanno difficoltà nel controllare il proprio corpo e nel comprendere l’utilità dell’esame. Altri svantaggi della fMRI sono il basso rapporto segnale-rumore e la necessità di eseguire più scansioni per poter ottenere le informazioni desiderate. Come la PET ed al contrario della fNIRS, anche la strumentazione fMRI è molto costosa ed ingombrante e richiede che il paziente sia steso in posizione supina sul lettino. Un ulteriore svantaggio è l’impossibilità di utilizzare questa strumentazione su certe categorie di pazienti, come i portatori di pacemaker o protesi metalliche, o coloro che necessitano di respirazione assistita con bombole di ossigeno metalliche. Infatti, ogni oggetto ferromagnetico verrebbe attirato dal campo magnetico con gravi rischi per il paziente [22]. Da un punto di vista dei parametri funzionali, la grande differenza fra fMRI e fNIRS, che spiega il motivo del crescente interesse verso quest’ultima, è che mentre la prima fornisce valori relativi delle variazioni emodinamiche tramite il segnale BOLD, la seconda è potenzialmente in grado di fornire i loro valori assoluti e soprattutto separare il contributo di emoglobina ossigenata e deossigenata, cosa che il segnale BOLD non riesce a fare [7].