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Capitolo 4 La gestione dei rischi nelle imprese italiane

4.1. Caratteristiche del tessuto imprenditoriale italiano

4.1.1. Focus: PMI e impresa familiare

bilancio - 4.2.2. Gestione caratteristica - 4.2.3. Gestire valutaria - 4.2.4. Gestire finanziaria e patrimoniale - 4.3. Fattori determinanti per la scelta dei derivati come forma di copertura: studi svolti - 4.4. Analisi dei dati

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4.1. Caratteristiche del tessuto imprenditoriale italiano

Alla fine del 2011 in Italia si contano 4.425.950 imprese, suddivise in attività industriali per il 10%, costruzioni per il 13%, commercio all’ingrosso e al dettaglio per il 26% ed infine servizi per il 50%; solo una piccola parte, ossia l’1%, è rappresentato da imprese di stampo agricolo.

Fra le imprese di servizi il 31% è costituito da attività professionali, scientifiche e tecniche, le industriali sono composte per il 96% da imprese manifatturiere, mentre il restante 5% sono imprese del settore energetico estrattivo. La divisione territoriale risulta abbastanza omogenea con il 29% nel Nord-ovest, 21% nel Nord-est, 22% Centro, 19% nel Sud, e 9% nelle Isole.

I dati Istat confermano la prevalenza di micro-imprese: il 56% del totale delle aziende risulta avere un solo addetto e nel 63% dei casi a capo dell’impresa vi è un imprenditore inviduale, un libero professionista o un lavoratore autonomo, le imprese con 3 e più addetti rappresentano solamente il

24% del totale145.

Il 92% delle imprese con 3 e più addetti è posseduta da una persona fisica; la percenutale cala all’aumento del numero di addetti: nelle imprese con 250 e più addetti solo il 25% ha come proprietario una persona fisica, mentre il 69% una holding, una banca o un’altra impresa. La concentrazione della proprietà e del controllo aziendale cresce, dunque, al decrescere della dimensione aziendale. Le ridotte dimensione della maggior parte delle imprese spiega, inoltre, il motivo per cui solamente l’1% delle imprese è istituita in forma di società per azioni o in accomandita per azioni, mentre il 17% in società a responsabilità limitata, (il 56% delle quali ha da 0 a 2 addetti) e un altro

17% in società di persone146.

Dai dati appena forniti si può quindi già trarre qualche conclusione: un numero predominante di micro-imprese possedute da una persona fisica che riveste il ruolo di imprenditore ed una scarsa apertura verso il mercato dei capitali. Il sistema di governance predominante è quindi caratterizzato da

una proprietà concentrata e gruppi piramidali147.

In termini di struttura finanziaria le imprese italiane presentano una preoccupante sottocapitalizzazione ed un’assenza di equilibrio patrimoniale fra attivo e passivo: i dati aggregati indicano un leverage di

2,7 e un rapporto attivo immobilizzato/totale attivo pari al 59%148, un attivo corrente/totale attivo per il

rimanente 41%; mentre nel passivo, al contrario, i debiti a breve termine pesano di più con una percentuale del 58% sul totale dei debiti, mentre i finanziamenti a m/l termine costituiscono il 42%; la situazione è esattamente ribaltata, indice di una bassa solidità patrimoniale. Questa tendenza non cambia se l’analisi viene approfondita a livello settoriale; nel settore metallurgico a fronte di un

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85% del totale delle imprese ha meno di 5 dipendenti

146

Società in nome collettivo, società in accomandita per azioni e altre sociatà di persone di verse dalle precedenti.

147 CONSOB, Rapporto 2014 sulla corporate governance delle società quotate italiane, no. 3, dicembre 2014 148

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rapporto attivo corrente/totate attivo del 61%, nel passivo i finanziamenti a breve termine coprono benl’80% del totale del capitale di terzi il che implica che in questo settore l’attivo immobilizzato è finanziato da passività correnti. Nonostrante ciò va evidenziato che dal 2009 al 2013 si è registrata una progressiva diminuzione del ricorso all’indebitamento bancario a m/l termine a favore dell’emissione

di prestito obbligazionari (rispettivamente 37% e 28% nel 2009, 27% e 43% nel 2013149). Il fattore

dimensionale incide sul ricorso all’indebitamento bancario, infatti nelle imprese manifatturiere di medie dimensioni rappresenta l’40% del capitale terzo, mentre nelle medio-grandi il 31%.

Dai dati risulta inoltre che a livello aggregato il 32% del fatturato è ottenuto tramite l’export, in alcuni settori questo fenomeno è più accentuato che in altri (manifatturiero 48%, abbigliamento 54%); inoltre il 44% delle importazioni provengono da Paesi appartenenti all’Unione Monetaria Europea, mentre il restante il 56% da Paesi Extra Europei, simili le percentuali riguardanti le esportazioni: rispettivamente del 40% e del 60%. L’export interessa soprattutto i prodotti tessili, abbigliamento, pelle e accessori (11%), i metalli di base ed i prodotti i metallo (13%), macchine e apparecchi (19%) ed i mezzi di trasporto (10%); l’import petrolio greggio (11%), metalli di base (11%) e mezzi di trasporto (10%). Alla luce di ciò si può concludere che più della metà del fatturato nell’insieme delle imprese italiane è soggetto al rischio di tasso di cambio; più precisamente il 60% dei ricavi ed il 56% dei costi.

Il problema del costo dell’energia, inoltre, in Italia è particolarmente rilevante e risulta difficilmente comprimibile, la spesa energetica incide negativamente sulla capacità dell’impresa di accrescere il fatturato e sulla sua propensione all’export. La prima fonte di approvvigionamento energetico delle imprese industriali è il gas che da solo copre circa il 40 per cento del totale fabbisogno energetico, cui segue l’energia elettrica (circa il 30 per cento del totale). Il rimanente 30 per cento è rappresentato dai derivati del petrolio, in particolare olio combustibile, dai solidi, il cui consumo è principalmente concentrato nei comparti della metallurgia, e dalle fonti rinnovabili, perlopiù costituite dalla combustione di biomasse.

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4.1.1. Focus: PMI e impresa familiare150

Il modello imprenditoriale caratteristico in Italia è costituito dall’impresa familiale (83% del totale delle imprese ha matrice familiare, il 61% delle quotate hanno come azionista di controllo una

famiglia, fenomeno diffuso soprattutto nel settore industriale151) la quale può manifestarsi in diverse

forme a seconda del legame che si crea fra famiglia proprietaria e impresa. L’intensità di tale legame

influenza la gestione aziendale sia sul piano finaziario che operativo152: vi sono imprese familiari in

senso stretto in cui la proprietà è totalmente o per la maggior parte (51%) nelle mani di soci componenti della famiglia, in tale tipo di impresa gli organi di governo sono inoltre composti dai soli componenti del nucleo familiare; diverse sono le imprese familiari cosiddete allargate in cui la proprietà del capitale di rischio è ancora nelle mani dei pochi soci familiari, ma date le dimensioni solitamente medio-grandi qui gli organi direzionali sono affidati a soggetti esterni. Il coinvolgimento dei familiari nel board, ossia la loro presenza nel Consiglio di amministrazione, da un lato crea valore per la loro dedizione al business e le quasi totale assenza di costi di agenzia, ma dall’altro il nepotismo

porta ad un’eccessiva tolleranza degli errori degli amministratori153

.

L’impresa familiare presenta, però, numerosi vantaggi, fra i quali si può accennare:

- all’autonomia decisionale scengliendo di non aprirsi al mercato dei capitali e mantenendo una

struttura chiusa o comunque la struttura proprietaria delle mani della famiglia;

- una visione a lungo termine che l’imprenditore/proprietario dell’impresa ha, esso tende infatti

ad investire i suoi capitali nell’impresa al fine di passare la gestione ai posteri, non sicuramente di rivenderla a terzi;

- la possibilità di formare il personale (i familiari) a costo zero, in quanto essi hanno libero

accesso all’impresa, questo implica inoltre che il personale che lavora all’interno dell’azienda è estremamente motivato e leale nei confronti dell’imprenditore, questo limita i rischi operativi di cui si è parlato nel capitolo 1.

Le PMI imprese italiane si caratterizzano, come si è visto, per un elevato ricorso all’indebitamento verso banche per lo più a breve termine ed a tasso variabile. Il leverage e la quota di debiti bancari (soprattuto a breve termine) in confronto al totale dei debiti finanziari risulta aumentare al diminuire

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Approfondimenti sul tema delle imprese familiari in Italia: Zocchi W., Il Family Business – Famiglia, azienda di famiglia

e patrimonio dell’imprenditore, Il Sole 24 Ore, Milano, 2004; Bracci E., Vagnoni E., Le piccole imprese familiari : il capitale intellettuale nella gestione del ricambio generazionale, Milano, F. Angeli, 2007; Montemerlo D., Preti P., Piccole e medie imprese; imprese familiari, Milano, Il Sole 24 Ore, Universita Bocconi Editore, 2004. Per un’analisi a livello globale

vedere: La Porta R., Lopez-de-Silanes F., Shleifer A., Corporate Ownership Around the World, Journal of Finance, vol, 54, no. 2, 1999.

151

CONSOB, Rapporto 2014 sulla corporate governance delle società quotate italiane, no. 3, dicembre 2014.

152

Vedi cap. 1 $ 1.2 propensione al rischio dell’imprenditore. Inoltre: Villalonga B., Amit R, How do family ownership,

control and management affect firm value?, Journal of Financial Economics, vol. 80, pp. 385–417, 2006.

153 alcuni studi hanno dimostrato che nelle imprese familiari vi è una relazione nulla fra la performance aziendale e turnover

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della dimensione. Lo scarso ricorso al public equity da parte delle imprese italiane per evitare che

soggetti terzi entrino nel capitale dell’impresa al fine di proteggere l’assetto proprietario154

le rende fortemente dipendenti al credito bancario. Le imprese prediligono, infatti, questo tipo di finanziamento quando l’autofinanziamento non è sufficiente, ma nel caso di un calo di redditività esse si trovano a dover subire un rialzo dei tassi di interesse. Una diminuzione delle risorse generate all’interno dell’impresa conduce anche ad un aumento del rapporto fra fido utilizzato e fido concesso, che contribuisce a peggiorare la posizione finanziaria delle imprese agli occhi delle banche. La dipendenza dalle banche le rende poco flessibili ed esposte ai costi del dissesto finanziario, inoltre reperire risorse per le imprese non è sempre facile in quanto la maggior parte degli intermediari finanziari misura il grado di affidabilita di un'azienda in funzione delle sue disponibilita patrimoniali, tralasciando le reali

opportunita imprenditoriali155.

Le piccole imprese a livello strategico tendono inoltre a focalizzarsi su un solo prodotto o settore o comunque un numero ristretto di mercati di sbocco, ecco il motivo delle nascita delle filiere, che permettono un’integrazione verticale inserendo le piccole realtà locali in un sistema più strutturato e competitivo. Far parte di una filiera ha implicazioni anche nella gestione dei rischi in quanto nella maggior parte dei casi il processo di Risk Management è centralizzato così da permettere anche alle imprese più piccole di avere un adeguato controllo di gestione anche se le loro risorse interne non lo permettono.

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Non tutte le imprese a conduzione familiare danno priorità al mantenimento della proprietà familiare a discapito della buona riuscita dell’impresa, vi è il caso recente di Indesit del gruppo Merloni, in cui Aristide Merloni dichiara: “La priorità era un partner che valorizzasse le competenze”. Così Whirpool ha acquistato Indesit ed ora possiede il 60% dell’impresa italiana.

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Mantovani M.G., Mestroni M., Basilico E., Il paradosso di Basilea: potenziale di sofferenza del sistema creditizio e gap

di crescita del sistema produttivo. Lo sviluppo di sistema di rating integrato per una migliore allocazione del merito di credito. Il caso delle imprese manifatturiere nel Tri-Veneto, in Veneto e Nord Est – Credito e Finanza, no. 39, I° quadr. 2014.

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