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LE EPIFANIE DELL’ACQUA

4.7 Fontana dei Lumini ( 7 )

137 Era ancora pratica comune nel Rinascimento pranzare all‟aperto. Si ricordi in proposito che la

lettera del Tolomei sull‟ingegnoso artifizio nuovamente ritrovato di far le fonti fu scritta proprio in occasione di un pranzo all‟aperto presso la residenza dell‟amico Agapito Bellhuomo.

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Nella terrazza intermedia tra primo e secondo livello trova posto la Fontana dei Lumini, chiamata così per gli oltre settanta zampilli d‟acqua che fuoriescono ciascuno da una piccola riproposizione di una lucerna ad olio, che paion tante candele d‟argento

sopra loro candelieri138.

Si presenta in forma circolare con sei file di gradini concentrici; quelli inferiori convessi e sporgenti, quelli superiori concavi ed incassati nel muro di contenimento come gli antichi teatri su pendio, da qui l‟altro nome di Fontana della Cavea, raccordati al centro da una piccola vasca tonda anch‟essa con al centro un alto getto d‟acqua, forma che si richiama esplicitamente al modello della cavea concavo-convessa nel Cortile Belvedere in Vaticano, nonché al Teatro d‟Amore di Bomarzo (databile 1552). Da questo prototipo probabilmente si svilupperanno tutti i successivi imponenti teatri d‟acqua, tra cui i più spettacolari quelli seicenteschi di Villa Aldobrandini e Villa Torlonia, entrambi a Frascati.

Su ciascun lato della fontana due scalinate, ornate da balaustre e vasi, si adagiano lungo il muro di contenimento retrostante, nel quale si aprono una grotticina per parte con le statue di Nettuno col suo tridente nella nicchia di sinistra e di Venere che regge i suoi seni sgorganti in quella di destra. Nell‟immaginario comune questi déi simboleggiano l‟acqua e la terra e le ninfe dormienti e i satiri striscianti nella grotta di Venere indicano che in quell‟interno scuro ed umido la generazione delle acque prende posto attraverso la congiunzione dei due elementi.

Oggi risulta alquanto soffocata sia dai platani che dagli arbusti fioriti, piantumati successivamente, quali azalee, rododendri, ortensie, camelie, che insieme alle siepi cresciute del pendio antistante non rendono visibile la fontana dalla prima terrazza.

138 Fabio Arditio, Descrizione del viaggio di Gregorio XIII alla Madonna della Quercia , 1578,

86 4.8 Quadrato dei Mori ( 12 )

La grande terrazza al primo livello si presenta scompartita in 16 quadrati, dei quali i quattro centrali adibiti a peschiere, suddivisi tra loro da balaustre percorribili, contrassegnate all‟inizio da piccole piramidi allungate verso l‟alto, che portano ad un‟isola centrale con una sorta di monumento che poi darà il nome all‟intero complesso: Fontana dei Mori. Lo sguardo viene inevitabilmente rapito dalle piccole siepi di bosso simmetricamente disposte a dar vita all‟intricato disegno del labirinto tenuto basso, il quale dall‟alto puo‟ riproporre il tema della graticola di San Lorenzo, come già detto presente sui fregi delle Logge delle Muse. Questo parterre perfettamente ortogonale fu eseguito una generazione prima rispetto a tutti quei grandi parterres che prenderanno poi piede in Francia, quali ad esempio quello del castello di Saint-Germain-en-Laye e Fontainebleau.

Sull‟isola originariamente doveva esservi un tempietto circolare nel quale poter salire all‟interno per poi godere dell‟intero parterre dall‟alto della terrazza belvedere, come attesta l‟affresco nella palazzina Gambara, ma poi venne probabilmente sostituito da una peschiera circolare con un podio sul quale giace un secondo bacino e sul quale a

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sua volta si innalzano le statue dei Mori, volute dal cardinale Alessandro Peretti Montalto nel 1597 in occasione della visita di Clemente VIII139, che recano gli emblemi della casata (i monti sorretti dai Mori con in cima una stella sprizzante d‟acqua), il tutto ornato con balaustre, mascheroni, vasi e pigne, probabilmente opera di Taddeo Landini. Probabilmente ci si richiama alla Fontana di Ercole e Anteo della villa medicea di Castello, dove al centro del giardino troviamo questa fontana con più bacini concentrici sovrastanti culminati da una statua bronzea, ma al di sotto nessun grande bacino d‟acqua come qui a Bagnaia, dove non è più semplice peschiera, come ad esempio nella Villa d‟Este a Tivoli, ma diventa puro specchio d‟acqua nel quale la costruzione centrale puo‟ riflettersi. Questa grande composizione al centro del parterre d‟ingresso conquista il posto tradizionalmente occupato dalla villa, e pertanto trovare l‟acqua nel posto in cui invece dovrebbe essere l‟architettura, ingrandisce ancora di più il ruolo che essa ha all‟interno del giardino.

Le quattro peschiere inizialmente erano dotate ognuna di una barchetta con tre uomini sopra dotati di archibugi e trombe che sputavano acqua verso il centro, il tutto a voler simulare un assedio all‟isolotto-fortezza, memore delle antiche naumachie140

. Sebbene battaglie navali non ebbero mai luogo in queste peschiere, tuttavia l‟intero giardino, e specialmente questo primo parterres, più di una volta divenne luogo di rappresentazioni teatrali e divertimenti, come avvenne per la visita di Clemente VIII alla fine del Cinquecento. Per conoscere il primitivo aspetto della fontana possiamo far riferimento alle annotazioni del taccuino di viaggio di Michel de Montaigne: Tra mille altre membra di questo eccellente corpo si vede una piramide alta, la quale butta acqua in assaissimi modi diversi; questa monta, questa cala. A torno a questa piramide sono quattro laghetti belli, chiari, netti, gonfi d‟acqua. Nel mezzo di ciascuno una navicella

139 Papa Clemente VIII, al secolo Ippolito Aldobrandini (Fano, 24 febbraio 1536 – Roma, 3 marzo

1605); anni di regno 1592-1605.

140 Letteralmente dal greco “combattimento navale”. Era pratica diffusa inondare i grandi spazi nella

“Roma ludica”; ve ne sono numerose testimonianze, prime tra tutte il Cortile Belvedere, Piazza Navona e il Colosseo.

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di pietra con due archibugieri, i quali tirano acqua, e la balestrano contra la piramide:

ed un trombetto in ciascuna, che tira ancora lui acqua.141

Il richiamo agli antichi modelli è sempre presente; l‟originaria fontana al centro della prima terrazza altro non era che una meta sudans142 (denominata così anche nell‟inventario del 1588143

) ed inoltre ricordava il Teatro Marittimo di Villa Adriana a Tivoli, scavato e documentato da Pirro Ligorio.