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In-formare l’uomo: il Da-sein come compito nell’Ende der Metaphysik

Nel documento L’ESSERE DISUMANO DA-SEIN (pagine 196-200)

Quello che abbiamo ricavato dalle analisi svolte fino a questo momento è la diversa locazione che il Mensch occupa nei confronti del Da-sein nell’anfänglicher Anfang, prima, e nell’abendländische Metaphysik, poi. Se nel primo caso era emersa una positiva dinamica fondativa tra uomo, Da-sein e Seyn, nel segno dell’Ereignis colto alla luce della sua dimensione ontologica, nel secondo caso, ovvero nel corso della metafisica occidentale, questi rapporti di reciproca fondazione si trasformano in tensioni di vicendevole esclusione: l’uomo si espropria (“esce”) dal Da-sein e il Da-sein, a sua volta, viene es-propriato (“si chiude”) dal Seyn. Il senso di questa chiusura e di questa uscita viene racconto dal significato metafisico dell’Ereignis, nominato altrimenti come

Enteignis.

La storia dell’Occidente, tuttavia, non termina con Nietzsche. Al di là del limite ultimo della metafisica, sopravvive una condizione filosofico-storica-esistentiva nella quale il pensiero continua a produrre soluzioni che sappiano essere coerentemente all’altezza della problematica che il presente gli offre. Sotto questo punto di vista, i Beiträge non sono un’opera “fuori dal tempo”: essi si inseriscono con cognizione massima all’interno di un contesto storico fortemente critico, nel quale il sostengo offerto dalla millenaria tradizione filosofico-metafisica occidentale viene meno, in seguito al riconoscimento della fine e del compimento (nel senso del suo esaurimento) di questa tradizione stessa.80

Nell’orizzonte delle problematiche che stiamo affrontando in questa sede, ciò significa: i Beiträge sono un tentativo di ripensare la posizione e la funzione occupate dal

Da-sein nell’Ereignis e, d’un tempo, di ricollocare l’uomo nel Da-sein. Ovvero: assunto

il pervertimento metafisico che principia con Platone e Aristotele, in base al quale l’Ereignis decade alla forma dell’Enteignis, la preoccupazione di Heidegger – sfruttando le nuove consapevolezze ontologiche dedotte dalle analisi filosofiche elaborate dall’inizio degli anni Trenta – è quella di “riattivare” la perduta dinamica ontologico-aleteheologica dell’Anfang. Questo significa che per lo Heidegger del 1936-38 (“successore” di

80 Sul concetto di chiusura della metafisica e sul ruolo che questa chiusura occupa nella consapevolezza heideggeriana di agire nella direzione contraria, assumendo un pensiero che sappia non solo render ragione di questa chiusura-fine, ma sappia muovere anche nella direzione di un nuovo inizio si veda l’imprescindibile studio di R. Schürmann, Dai principi all’anarchia. Essere e agire in Heidegger, ed. it. e trad. it. a cura di G. Carchia, Il Mulino, Genova, 1995 (in particolare pp. 63-130).

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Nietzsche e dunque testimone e conoscitore di quell’operazione ermeneutica da lui vista come la massima espressione della modernità filosofica) il decadimento dell’uomo nella soggettività (e nel soggettivismo) non può essere semplicemente misurato come un “errore” arbitrario, ma come una vera e propria necessità interna alla Seynsgeschichte: «La caduta dell’“uomo” invalsa finora è possibile solo in base a un’originaria verità dell’Essere».81

Dunque, il rapporto di es-propriazione che sussiste tra Da-sein e uomo (e tra Da-sein e Seyn) non è casuale, ma inscritto all’interno di quell’accadimento ontologico evenemenziale che origina fin dall’Erste Anfang e che abbiamo, più sopra, in vari modi cercato di tratteggiare. Infatti, questa es-propriazione (che ha come suo momento interno «la caduta dell’“uomo”», ovvero l’«esser-via» dell’uomo dal Da-sein) segue uno sviluppo necessario – sviluppo e necessarietà che abbiamo rappresentato con lo schema 5. Ora, in accordo con quanto detto, se dovessimo collocare i Beiträge “in” questo schema, dovremmo giocoforza collocarli “alla fine”, ovvero a destra, lì dove avevamo scritto “Anklang”. Dunque, i Beiträge (e, si capirà, con questo testo anche l’operazione filosofica che esso testimonia) hanno il compito di portare allo scoperto, analizzare e dettagliare questo Anklang, che altro non è che l’ultima possibilità data dal Seyn di udire un’eco lontana della sua donazione. Attenzione, però: perché i Beiträge tentato sì di sondare «la grandezza della donazione [del Seyn], ma nella [sua] verità in quanto radura per il velarsi (Lichtung für das Sichverbergen)».82

Emerge, qui, quel secondo significato della Lichtung a cui prima abbiamo dato solo un rapido accenno. La Lichtung era stata infatti definita in un duplice modo: da un lato, come il corrispettivo della ἀλήθεια presocratica e, dunque, come quell’apertura – di fatto coincidente con lo Zwischen/Da-sein – nel quale l’uomo “era di casa” insieme all’ente, con cui intratteneva un rapporto polemico di trazione dalla latenza e di custodia nella presenza; dall’altro lato, però, la Lichtung conserva un significato più profondo, che può venire pienamente allo scoperto solo in seguito alla chiusura della metafisica operata da Nietzsche. Si tratta del suo significato “metafisico” (se vogliamo usare anche per la

Lichtung le due denominazioni usate per l’Ereignis), ovvero di quel suo significato che

non traduce semplicemente la positività del processo ontologico originario, ma implica

81 Ivi, p. 294. 82 Ivi, p. 270.

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ed esibisce anche la necessità del suo pervertimento. Insomma, la Lichtung intesa nel secondo senso non è solo una «radura», ma è una «radura per il velarsi»: essa esprime la donazione del Seyn in quanto (suo) rifiuto. Se insistiamo sulla necessarietà di questo processo lo facciamo solo perché è indispensabile ai fini di comprendere in che modo Heidegger pensa la “soluzione” dei Beiträge.

Cerchiamo di fissare alcuni punti. Abbiamo detto che l’uomo “era” nel Da-sein. Questo Da-sein, nell’originarietà dell’anfänglicher Anfang, era di fatto “coincidente” – o, meglio, “corrispondente” – all’ἀ-λήθεια, la quale, a sua volta, poteva essere letta come

Lichtung. Infatti, questi termini (Da-sein, ἀ-λήθεια, Lichtung, ma anche Zwischen,

apertura83) nominano tutti la medesima cosa: il luogo nel quale l’uomo è dis-posto dal

Seyn affinché polemizzi con l’ente attivandone (fondandola) la dinamica

ontologico-disvelante. Con la riduzione platonica della φύσις a ἰδέα e della ἀλήθεια a concordatio e con la fissazione dell’ὄν nell’οὐσία da parte di Aristotele, questo luogo viene “eliminato”: l’eliminazione di questo luogo fondativo (eliminazione invero non ultimata dai due greci, ma progressivamente attuata e confermata nel corso dello sviluppo della metafisica) provoca – lo abbiamo detto più volte – il conseguente venir meno della dinamica aletheologica. Ora, se Heidegger è intenzionato a “riattivare” questa dinamica, quello che dovrà fare, coerentemente con quanto detto, è “riaffermare” questo luogo stesso. Si tratta cioè – questo è esattamente l’obiettivo dei Beiträge – di “riattivare” nuovamente il

Da-sein, inteso come apertura/Lichtung, spazio di fondazione, nel quale poter

“successivamente” dis-porre l’uomo al suo interno:

L’esser-ci nel senso dell’altro inizio (andere Anfang) è […] ciò che noi raggiungiamo solo nel salto dentro (Einsprung) la fondazione (Gründung) dell’apertura (Offenheit) del velarsi, di quella radura dell’Essere in cui l’uomo futuro (künftige Mensch) deve porsi per tenerla aperta (um sie offen zu halten).84

83 Questa apertura è esattamente quell’Offene di cui abbiamo parlato nel paragrafo 2 del primo capitolo: quello “spazio aperto” che Heidegger all’inizio degli anni Trenta individuava come il luogo del “farsi avanti”, del “farsi incontro” dell’ente (all’uomo) e che poi, nel Trentasei, definirà dei termini di Da-sein, esser-ci: apertura nella quale l’ente “è dato” (dal Seyn) all’uomo affinché egli lo “tragga” dalla latenza e lo porti a manifestarsi.

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Dunque, il Da-sein – nell’andere Anfang – non indica e non può indicare unicamente un sito ontologico, dettagliato nelle sue funzionalità specifiche. Piuttosto, il Da-sein così come si dà nell’altro inizio è soprattutto e innanzitutto un compito. Esso infatti è

il fondamento della possibilità dell’uomo futuro e l’uomo futuro è in quanto si fa carico di essere il Ci, ammesso che egli si concepisca come guardiano della verità dell’Essere.85

Sostenere che il Da-sein è «il fondamento della possibilità dell’uomo futuro», ovvero sostenere che il Da-sein è un compito, una missione, un incarico, significa sostenere che esso non va semplicemente “spostato” dall’anfänglicher Anfang (momento nel quale era “attivo e funzionante”) all’Ende der Metaphysik. Non si tratta, cioè, di individuare questo fenomeno così come si manifesta e si dà nel primo inizio del pensiero per poi “traghettarlo” al termine della parabola metafisica. Detto altrimenti: non si tratta di confermare il primo significato della Lichtung, intesa quale apertura/ἀλήθεια/Da-sein originaria, ma di assumere, da un punto di vista filosofico, il suo secondo significato, ovvero quello di «radura per il velarsi».

Questo vuol dire che nel momento in cui si cerca di “riattivare” il Da-sein si dovrà riattivarlo alla luce del «velarsi» del Seyn inteso quale condizione necessaria al suo donarsi, come ossatura-architettura ontologico-metafisica dell’Occidente: si dovrà dunque riattivarlo alla luce dell’«esser-via» del Da-sein. Il Da-sein dell’altro inizio, perciò, non dovrà configurarsi semplicemente come quell’apertura/Lichtung nella quale l’uomo era dis-posto per dis-velare l’ente; non è solo l’Ereignis ontologico quello che deve essere riaffermato: c’è anche la verità metafisica dell’Ereignis che dev’essere testimoniata dal Da-sein dell’altro inizio. È per questa ragione che Heidegger afferma che l’esser-ci

è la crisi tra il primo e l’altro inizio. Ciò vuol dire: stando al nome e alla cosa, esser-ci significa nella storia del primo inizio (cioè nell’intera storia della metafisica) qualcosa di essenzialmente diverso che nell’alto inizio.86

85 Ivi, p. 297. 86 Ivi, p. 295.

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Ciò vuol dire: il Da-sein è l’assunzione critica della necessità del nichilismo, inteso come la Geschichte dell’Occidente, ovvero della metafisica. Infatti, il Da-sein “del” nuovo inizio – quell’inizio a cui i Beiträge attendono, contribuendo a delinearlo – è l’in-formazione (ovvero la messa in forma, la creazione) del luogo nel quale l’uomo può esperire la necessità dell’abbandono dell’Essere; in questo modo, infatti, egli esperisce l’essenziale imperare dell’ente nella forma dell’Anwesenheit e della Seiendheit e, dunque, la causa di tale imperare.

Questa particolare costituzione del Da-sein nell’altro inizio è ciò che Heidegger cerca di pensare quando tratta dei «venturi» (Zu-künftigen).87 Essi sono definiti come «il fondamento, permanente nella fondazione, del futuro essere umano».88 Ora, raccogliendo le analisi svolte nel quarto capitolo in merito alla funzione della poesia hölderliniana, possiamo affermare che questi venturi altro non sono che i “poeti”. Bisogna qui ovviamente fare una specificazione. I poeti non sono i Poeten, coloro i quali “scrivono poesie”, ma i Dichter: essi sono coloro i quali si pongono in ascolto degli dèi fuggiti, ascolano i loro cenni – i quali annunciano precisamente la loro fuga – e si mettono nella pre-disposizione dell’accoglimento del letzte Gott, dell’ultimo Dio.89 Questo “ultimo Dio” «non è l’evento stesso, ma ne ha bisogno come di ciò cui appartiene il fondatore del Ci».90

Quando Heidegger scrive che l’ultimo Dio «non è l’evento stesso» intende dire che esso, è «la svolta nell’evento».91 Questa svolta è quello che noi avevamo accennato essere il senso ermeneutico dell’Ereignis: l’Ereignis così come si dispiega nell’altro inizio del pensiero. Qui, infatti, vi è una ricomprensione e una ridefinizione dei termini con i quali il sein è compreso all’interno del processo evenemenziale del Seyn: in esso, il

Da-sein non è più solo collocato, ma è da essere collocato. Questo sforzo di collocazione

(quello che prima abbiamo definito “compito, missione”) è il passaggio, ovvero la Kehre, la svolta, tra il senso metafisico e ontologico dell’Ereignis e il suo senso ermeneutico: non si tratta più di evidenziare una situazione – originaria (senso ontologico) o pervertita

87 Cfr. ivi, pp. 387-393. 88 Ivi, p. 294.

89 In merito al significato dell’ultimo Dio all’interno dei Beiträge si veda l’importante studio di P. L. Coriando, Der letzte Gott als Anfang. Zur abgründigen Zeit-Räumlichkeit des Übergangs in Heidegger ‘Beiträge zur Philosophie (Vom Ereignis)’, Wilhelm Fink, München, 1998.

90 M. Heidegger, Contributi alla filosofia, cit., p. 401. 91 Ivi, p. 399.

Nel documento L’ESSERE DISUMANO DA-SEIN (pagine 196-200)