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Forme di finanziamento e destinazione del Tfr »

Per raggiungere l’obiettivo che i fondi pensione si propongono di realizzare, cioè permettere ai soggetti aderenti di disporre di un trattamento pensionistico integrativo di quello pubblico nel momento in cui raggiungeranno l’età di quiescenza, occorre che tali soggetti effettuino al fondo dei versamenti; la somma di questi, incrementati del rendimento ottenuto dalla gestione finanziaria degli stessi, formerà poi il montante contributivo che verrà convertito nella rendita pensionistica. L’art. 8, comma 2, d. lgs. 252/05 dispone che per i lavoratori dipendenti che aderiscono collettivamente a fondi aperti o a fondi chiusi «le modalità e la misura minima della contribuzione a carico del datore di lavoro e del lavoratore stesso possono essere fissati dai contratti e dagli accordi collettivi, anche aziendali»84. Quindi «mentre nell’adesione individuale la contribuzione è

decisa discrezionalmente dall’aderente, per i fondi negoziali le quote di contribuzione minima che vanno ad alimentare la posizione pensionistica del

82 Art. 2629-bis, c.c.: «l’amministratore o il componente del consiglio di gestione di una società con

titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altro Stato dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, o del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che viola gli obblighi previsti dall’articolo 2391, primo comma, è punito con la reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione siano derivati danni alla società o a terzi».

83 Legge recante “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”. 84 Art. 8, comma 2, d. lgs. 252/05.

lavoratore sono state stabilite dalle parti istitutive in sede di contrattazione collettiva e derivano da tre fonti: dal datore di lavoro, dal lavoratore e dal Tfr85»86. Ovviamente rimane ferma la possibilità per il lavoratore di decidere di

versare un contributo maggiore rispetto a quello fissato dalle parti istitutive e normalmente gli statuti prevedono o una percentuale fissa o un minimo e un massimo, entro i quali stabilire l’entità della contribuzione87. «La previsione

degli statuti di un limite minimo appare del tutto conforme alla natura previdenziale del fenomeno, garantendo continuità di contribuzione; parimenti anche la fissazione di un limite massimo non appare illogica, poiché essa può valere ad evitare squilibri»88. La contribuzione per i lavoratori autonomi, per i

liberi professionisti e per i soggetti diversi dai titolari di redditi di lavoro o d’impresa è totalmente a loro carico; per i soggetti fiscalmente a carico di altri, la

85 L’art. 8, comma 1, d. lgs. 252/05 contiene un riferimento anche al “committente” che è da

intendersi come «un inequivoco segno linguistico che vale a chiarire che le disposizioni del decreto possono trovare applicazione anche a forme di lavoro non intellettuale (art. 2229 c.c.), di modo che nell’elenco dei destinatari contenuto nell’art. 2, comma 1, il riferimento ai lavoratori autonomi deve intendersi nel senso più ampio, e cioè comprensivo delle forme di lavoro c.d. parasubordinato»: FERRANTE, Finanziamento della previdenza complementare e devoluzione tacita del Tfr, in AA.VV, La

nuova disciplina della previdenza complementare, cit., p. 701.

86 C

ESARI, op. cit., p. 72. «I lavoratori autonomi, i liberi professionisti e i soci lavoratori alimentano i fondi pensione ai quali sono iscritti attraverso la contribuzione (…) definita in percentuale, rispettivamente, del reddito dichiarato a fini IRPEF e degli imponibili considerati ai fini dei contributi previdenziali obbligatori. Invece, per i lavoratori subordinati il finanziamento può realizzarsi o attraverso la contribuzione o attraverso il conferimento del trattamento di fine rapporto, o tramite il concorso di entrambi»: CINELLI, op. cit., p. 154-155.

87 Dato che «la “convenienza” dei versamenti ai fondi pensione è strettamente correlata alla fiscalità

sia per le aziende che per i lavoratori, le contribuzioni resteranno probabilmente all’interno dei limti massimi previsti»: BRAMBILLA, Capire i fondi pensione, Milano, 1997, p. 30.

88F

contribuzione grava sui soggetti stessi o sui soggetti rispetto ai quali sono a carico89. Per i dipendenti pubblici si prevede che «i contributi alle forme pensionistiche debbono essere definiti in sede di determinazione del trattamento economico secondo procedure coerenti alla natura del rapporto»90. Per i

destinatari del d. lgs. 16 settembre 1996, n. 565, cioè coloro che svolgono “lavori di cura derivanti da responsabilità familiari”, l’art. 8, comma 12, d. lgs. 252/05, così come modificato dall’art. 1, comma 82, l. 24 dicembre 2007, n. 247, prevede la possibilità di eseguire contribuzioni saltuarie e non fisse, anche se il soggetto in questione non risulta iscritto al rispettivo Fondo di previdenza, istituto presso l’Inps. Va detto poi che l’art. 8, comma 11, d. lgs. 252/05 prevede la possibilità di continuare a versare contributi anche oltre il raggiungimento dell’età di quiescenza, con la libertà da parte del soggetto di definire il momento da cui iniziare a percepire la prestazione.

Tra le fonti di finanziamento delle forme pensionistiche complementari viene inserito anche il Trattamento di Fine Rapporto (d’ora in poi Tfr), in quanto il legislatore ha visto in questo strumento un mezzo per favorire la diffusione della previdenza complementare. «Per far fronte al limitato numero di adesioni al sistema della previdenza complementare privata rispetto al numero complessivo dei lavoratori e alle potenzialità del sistema stesso, la l. 243/04 ha incentivato la partecipazione ai fondi e l’attribuzione ad essi del Tfr maturando, istituendo una

89 Art. 8, comma 1, d. lgs. 252/05. 90 Art. 8, comma 3, d. lgs. 252/05.

forma di adesione basata sul “silenzio-assenso”»91. L’art. 8, comma 7, d. lgs.

252/05 prevede quindi modalità tacite ed esplicite per conferire il Tfr a una forma pensionistica complementare92. Quelle esplicite prevedono che, entro sei mesi

dalla data di assunzione, il lavoratore può intenzionalmente scegliere di destinare il suo Tfr maturando ad una forma pensionistica complementare; nel caso in cui invece decida di lasciarlo in azienda, tale scelta può essere rivista in seguito. In proposito va precisato che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 è intervenuta sul tema, disponendo che, nel caso in cui il Tfr maturando non sia versato ad una forma pensionistica complementare, deve essere depositato nel cosiddetto “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile”93, istituito

presso l’Inps94. Nel caso in cui il lavoratore, nei sei mesi di tempo, non si

pronunci sulla sorte del suo Tfr maturando, vi sono tre possibilità: «1) il datore di lavoro trasferisce il Tfr maturando dei dipendenti alla forma pensionistica

91 R

IGHINI, op. cit., p. 511.

92 A ciò è stata data attuazione con il d. m. 30 gennaio 2007, emanato ai sensi dell'articolo 1, comma

765, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) e intitolato “Procedure di espressione della volontà del lavoratore circa la destinazione del TFR maturando e disciplina della forma pensionistica complementare residuale presso l'INPS (FONDINPS)”.

93 Si tratta del “Fondo di Tesoreria I

NPS”; tale previsione riguarda le aziende di medio-grandi dimensioni, quindi con più di 50 addetti.

94 «Con il testo originale del d. lgs. 252/05 il lavoratore poteva esplicitamente dichiarare la propria

volontà a lasciare in azienda il Tfr maturando, esponendolo, quindi, a possibili pressioni per decidere in tal senso e non far venire meno quella risorsa all’impresa. Con la modifica apportata dalla legge, invece, anche nel caso in cui il lavoratore avesse deciso di lasciare il proprio Tfr in azienda, a far tempo dal 1° luglio 2007 sarebbe stato comunque sottratto alla disponibilità dell’azienda stessa e utilizzato per finanziare il Fondo costituito presso l’Inps»: SARTI, Fondi pensione: passato, presente, futuro, Milano,

collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale (…); 2) (…) il Tfr maturando è trasferito, salvo diverso accordo aziendale, a quella alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell'azienda; 3) qualora non siano applicabili le disposizioni di cui ai numeri 1) e 2), il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando alla forma pensionistica complementare istituita presso l’Inps95»96. In

caso di conferimento tacito si dovranno fornire al lavoratore una serie di informazioni, richiamate all’art. 1, comma 2, lett. e), n. 1), l. 243/0497. Siccome la

devoluzione del Tfr a forme pensionistiche comporta, per le imprese, la sottrazione di un’importante fonte di autofinanziamento, la l. n. 243/04 prevede «la subordinazione del conferimento del trattamento di fine rapporto (…) all'assenza di oneri per le imprese, attraverso l'individuazione delle necessarie compensazioni in termini di facilità di accesso al credito, in particolare per le piccole e medie imprese, di equivalente riduzione del costo del lavoro»98. Tali

95 Si rinvia all’art. 9, d. lgs. 252/05.

96 Art. 8, comma 7, d. lgs. 252/05. Va precisato che l’art. 8, comma 11, d. lgs. 252/05 dispone che

«l'adesione a una forma pensionistica realizzata tramite il solo conferimento esplicito o tacito del TFR non comporta l'obbligo della contribuzione a carico del lavoratore e del datore di lavoro. Il lavoratore può decidere, tuttavia, di destinare una parte della retribuzione alla forma pensionistica prescelta in modo autonomo ed anche in assenza di accordi collettivi; in tale caso comunica al datore di lavoro l'entità del contributo e il fondo di destinazione. Il datore può a sua volta decidere, pur in assenza di accordi collettivi, anche aziendali, di contribuire alla forma pensionistica alla quale il lavoratore ha già aderito, ovvero a quella prescelta in base al citato accordo».

97 Il lavoratore dovrà essere informato «sulla tipologia, le condizioni per il recesso anticipato, i

rendimenti stimati dei fondi di previdenza complementare per i quali è ammessa l'adesione, nonché sulla facoltà di scegliere le forme pensionistiche a cui conferire il trattamento di fine rapporto, previa omogeneizzazione delle stesse in materia di trasparenza e tutela»: art. 1, comma 2, lett. e), n. 1), l. 243/04.

misure compensative sono disciplinate all’art. 10 d. lgs. 252/05 e consistono nella «deducibilità dal reddito imponibile di un importo pari al 4 o al 6 per cento degli accantonamenti conferiti, a seconda che l’impresa abbia, o non abbia, meno di 50 dipendenti, oltre all’esonero, per il corrispondente importo, del pagamento del contributo per il Fondo di garanzia99»100. Per i lavoratori, invece, un incentivo

al conferimento del Tfr alle forme pensionistiche complementari può essere che ne possono trarre, «attraverso l’impiego, da parte dei gestori, in iniziative redditizie delle risorse finanziarie così raccolte, un rendimento della corrispondente quota di retribuzione differita maggiore di quello garantito, di per sé, dal trattamento di fine rapporto stesso»101.

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