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La forza della parola

La pericolosa concessione di difenders

2. La forza della parola

Il processo di San Cristobal non costituisce per Steiner l'avvio di

un'indagine sulla forza della parola e sulla potenza del linguaggio. Al contrario, il lavoro sembra piuttosto mettere in prosa ciò che l'autore aveva già teorizzato con i suoi precedenti lavori quali Linguaggio e silenzio 130 (1967) e Dopo Babele131 (1975). In quei lavori a carattere saggistico, Steiner poneva l'accento sul ruolo che la manipolazione del linguaggio avesse giocato nei grandi drammi del ventesimo secolo. In particolare, in

Linguaggio e silenzio, l'analisi era estesa alle diverse sfumature della

cultura occidentale, come l'autore spiegava già nella prefazione:

Noi veniamo dopo. Adesso sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, può suonare Bach e Schubert, e quindi, il mattino dopo, recarsi al proprio lavoro ad Auschwitz. Dire che egli ha letto questi autori senza comprenderli o che il suo orecchio è rozzo, è un discorso banale e ipocrita. In che modo questa conoscenza pesa sulla letteratura e la società, sulla speranza, divenuta quasi assiomatica dai tempi di Platone a quelli di Matthew Arnold, che la cultura sia una forza umanizzatrice, che le energie dello spirito siano trasferibili a quelle del comportamento? Per giunta, non si tratta soltanto del fatto che gli strumenti tradizionali della civiltà – le università, le arti, il mondo librario – non sono riusciti a opporre una resistenza adeguata alla bestialità politica: spesso anzi essi si levarono ad accoglierla, a celebrarla, a difenderla. Perché? Quali sono i legami, per ora assai poco compresi, tra gli schemi mentali e psicologici della cultura

129Negli ultimi anni della sua attività Bullock giunse a modificare la sua posizione, avvicinandosi

alla teoria di Trevor-Roper. Bullock continuava a credere nell'elemento recitativo di Hitler, ma riconobbe che Hitler si era talmente calato nella sua maschera da credere veramente a ciò che sosteneva.

130G. STEINER, Linguaggio e silenzio, (trad. it.), Milano, Rizzoli, 1972. 131G. STEINER, Dopo Babele, (trad. it.), Firenze, Sansoni, 1984.

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superiore e le tentazioni del disumano? Matura forse nella civiltà letterata un gran senso di noia e di sazietà che la predispone allo sfogo della barbarie?132

In Dopo Babele veniva invece preso maggiormente in considerazione l'elemento della traduzione e la trasmissione del messaggio da una lingua all'altra. Tornando alla manipolazione del linguaggio, Steiner pone il focus della sua riflessione anche sulla capacità di far proprio il linguaggio incanalando nell'uso ricercato della parola la propria forza comunicativa. Ed è proprio la voce di Hitler, del vero Hitler, che cattura l'attenzione di Steiner fin dalla sua infanzia. Nel colloquio con Rosenbaum l'autore ripensa alla sua infanzia, e ricorda come quella voce giunse prestissimo nella sua vita:

«Io sono nato nel 1929, e quindi dal '33 i miei primissimi ricordi sono di me seduto in cucina, che ascolto alla radio La Voce […] È una cosa difficile da spiegare, ma la voce stessa era ipnotica […] Il fisico è...la cosa stupefacente è che per radio ti arrivava proprio il corpo. Non saprei dirlo in nessun'altra maniera. Hai la sensazione di seguire i gesti...»133

A facilitare l'impatto di quella voce, secondo Steiner, avrebbero giocato un ruolo di un certo rilievo gli elementi propri della lingua tedesca, i suoi suoni e i suoi idiomi:

«La lingua tedesca ha...tutte le lingue possono averla...ma nella lingua tedesca Hitler ha potuto attingere a un tipo di potenza retorica che forse è davvero un po' una particolarità del tedesco, in cui concetti fortemente astratti si coniugano con la violenza politica, fisica, in un modo del tutto inconsueto...»134

Nel romanzo, la pericolosità dell'ascolto della voce di Hitler, viene illustrato da Steiner ben prima del finale. È infatti Lieber, una volta ricevuto il segnale di cattura del ricercato, a pronunciarsi in un lungo discorso rivolto a Simeon, il leader della spedizione della giungla. Lieber si raccomanda di frenare qualsiasi tentativo di discoro del vegliardo, non

132G. STEINER, Linguaggio e silenzio..., p.17. 133R. ROSENBAUM, Il mistero Hitler..., pp.411-412. 134R. ROSENBAUM, Il mistero Hitler..., p.412.

59 deve in alcun modo prendere parola, i cinque non sarebbero infatti più in grado di fronteggiarlo:

Ascoltatemi. Non lasciatelo parlare, o solo poche parole per dire dei suoi bisogni, per chiedere quanto lo manterrà in vita. Ma non di più. Imbavagliatelo se necessario, o turatevi le orecchie come fece il navigante. Se lo lasciate parlare vi imbroglierà e scapperà. O si cercherà una facile morte. La sua lingua è diversa dalle altre. È la lingua del basilisco, cento volte forcuta e guizzante come fiamma. Com'è scritto nel saggio Nataniele di Magonza: in tempi oscuri verrà sulla terra un uomo straordinariamente eloquente. Tutto quello che è di Dio, benedetto il Suo nome, deve avere la sua controparte, il suo rovescio di male e di negativo. Ed è così anche per il Verbo, per il dono della parola che è la gloria dell'uomo e lo distingue per sempre dal silenzio e dai suoni degli animali del creato. Quando creò il Verbo, Dio rese possibile anche il contrario. Il silenzio non è il contrario del Verbo, ma il suo guardiano. No, sul lato oscuro della parola Egli creò un linguaggio per l'inferno, le cui parole significano l'odio e il vomito della vita. Pochi uomini riescono a imparare questa lingua o a parlarla a lungo. Essa brucia la loro bocca e li attira alla morte. Ma verrà un uomo la cui bocca sarà una fornace e la lingua come una spada sterminatrice. Conoscerà la grammatica infernale e la insegnerà ad altri. Conoscerà i suoni della pazzia e della ripugnanza e li farà sembrare una musica. […] Non permettetegli di parlare liberamente, sentireste la sua voce incrinata dagli anni. […] Lasciate che vi parli e finirete per considerarlo un uomo […] Imbavagliatelo se è necessario. Le parole sono più calde del pane fresco; dividetele con lui e il vostro odio diventerà un fardello.135

Anche Steiner, come in precedenza si è potuto considerare per Mailer, pone nell'esperienza di Hitler l'elemento dell'altro da Dio. In questo caso, attraverso le parole di Lieber, Hitler non viene tratteggiato come uno strumento di Satana, ma tuttavia ne possiede la facoltà di parola, conosce il linguaggio dell'inferno. Ancora prima che il male venga messo in atto, lo sterminio della potenza nazista comincia attraverso il linguaggio: attraverso la lingua come spada sterminatrice, la grammatica infernale, i

suoni della pazzia e della ripugnanza. Inoltre, dopo aver ammonito Simon

e gli altri, Lieber parte con un lungo elenco delle violenze subite dagli ebrei. Non si fa immediatamente riferimento ad Auschwitz,136

135G. Steiner, Il processo di San Cristobal..., pp. 42-43.

136Ad Auschwitz morirono circa 1.200.000 persone. Il complesso, suddiviso nei sottocampi di

Auschwitz, Birkenau e Monowicz era situato nel sud della Polonia. La maggior parte degli internati perse la vita a Birkenau, che funzionava come vero e proprio mattatoio del complesso, e veniva utilizzato quasi esclusivamente per l'eliminazione fisica dei deportati.

60 Treblinka,137 Sobibòr138 e agli altri principali impianti di sterminio; Steiner evidenzia dapprima, con le parole di Lieber, le violenze “private”, le barbarie delle SS o anche dei semplici cittadini tedeschi. Brutalità e bestialità del tutto gratuite innescate proprio dalla violenza di quel linguaggio, dalla forza della parola. Si parte dai singoli episodi per poi giungere con un crescendo vertiginoso alle eliminazioni rapide e meccanicizzate dei Lager, tutto generato da quella lingua cento volte

forcuta e guizzante come una fiamma.

Nella prima parte del romanzo è dunque questo il passaggio più significativo, quello in cui Steiner riesce a costruire una narrazione intorno a quelle riflessioni che avevano caratterizzato le produzioni a carattere saggistico. La forza della parola di Hitler, e la pericolosità della sua voce, vengono messe in prosa attraverso le sensazioni che generano in chi le ha subite.