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1. Introduzione

1.3. Cenni di fotobiologia

1.3.4. Il senso della vista nelle piante

1.3.4.1. Fotorecettori principali

La fotobiologia è una branca della biologia che studia le interazioni tra luce e organismi viventi. Essa include la fotomedicina, la fotosintesi, la fotobiologia ambientale e la biologia dei fotosensori (Aphalo, 2010).

Le piante mostrano risposte fisiologiche a lunghezze d’onda comprese tra 280 e 800 nm, range che comprende dunque la luce visibile ma anche le adiacenti regioni degli UV-A e B e dell’infrarosso vicino. La luce influenza la fotosintesi ma più in generale lo sviluppo della pianta stessa. Per rispondere agli stimoli luminosi, le piante devono rilevare e analizzare l’intensità e la lunghezza d’onda della luce incidente per mezzo di fotorecettori con differenti spettri d’azione. Dal momento che il fotorecettore non interagisce direttamente col DNA cellulare, è necessaria inoltre una catena di trasduzione del segnale tra i due.

Dal punto di vista chimico, i fotorecettori delle piante appartengono alla categoria dei pigmenti.

I pigmenti sono molecole in grado di assorbire la luce (in un range generalmente compreso tra 320 nm e 760 nm). Attraverso l’assorbimento di fotoni tali molecole passano ad uno stato eccitato e nel ricadere allo stato energetico basale possono riemettere l’energia assorbita sottoforma di luce (luminescenza), calore o trasferirla ad altre molecole, eccitandole a loro volta. Ma la cosa più importante è che l’energia dei

47 fotoni può avviare trasformazioni chimiche come il trasferimento elettronico, la fosforilazione o cambiamenti conformazionali delle molecole.

I pigmenti possono essere classificati in due gruppi principali:

 Pigmenti che assorbono una frazione ingente della quantità di luce incidente. Essi assorbono fotoni che guidano processi metabolici (es. clorofilla), assorbono potenziali fotoni dannosi (es. carotenoidi, antocianine e flavonoidi) o dissipano energia per proteggere componenti cellulari. In alcuni casi, come nei fiori, i pigmenti possono essere alla base di un sistema di segnalazione coinvolto nelle interazioni tra piante e animali (es. per attirare gli impollinatori).

 Pigmenti che assorbono solo una piccola frazione di luce incidente e sono propriamente detti fotorecettori. Essi utilizzano la luce come fonte di informazione sull’ambiente circostante e adattano il programma di sviluppo e il comportamento della pianta alle condizioni ambientali. Le risposte indotte nell’organismo vegetale possono essere classificate come segue:

o fotomorfogenesi: i segnali luminosi regolano, in base alla loro qualità e quantità, cambiamenti di forma e struttura, come la germinazione del seme, l’espansione fogliare, l’elongazione dello stelo, l’inizio della fioritura e la sintesi dei pigmenti. Le risposte fotomorfogeniche forniscono un vantaggio in termini di sopravvivenza all’organismo.

o Cronobiologia: le piante e gli animali sono in grado di distinguere il momento del giorno in cui esse si trovano, indipendentemente dalla presenza/assenza di luce esterna. Tale capacità è definita orologio circadiano. La luce ha il compito di agire come zeitgeber (dal tedesco "che dà il tempo") ovvero di sincronizzatore dei cicli endogeni con il ritmo giorno/notte ambientale. Tale fenomeno è dunque dipendente dalla lunghezza del giorno e della notte, non dalla quantità o qualità della luce. Un ritmo circadiano è sincronizzato quando il suo periodo è uguale a quello del suo stimolo sincronizzatore. Un ritmo sincronizzato mantiene sempre una relazione fissa con il suo zeitgeber, la cui caratteristica fondamentale è la capacità, durante il processo di sincronizzazione, di alterare il periodo di free- running del ritmo circadiano in oggetto. Se tale periodo è più lungo rispetto a quello dello zeitgeber, quest'ultimo lo accorcerà, mentre se il periodo è più corto, lo allungherà (Enciclopedia Treccani, 1999). In alcuni casi, particolari condizioni

48 luminose possono arrestare dei cicli fisiologici (fenomeno definito

fotoperiodismo).

o Fototropismo: proprietà dei vegetali (detta anche eliotropismo) di reagire all'azione esercitata dalla luce orientando i propri organi secondo la direzione dei raggi luminosi. In una stessa pianta le diverse parti reagiscono, in modo differente al medesimo stimolo: alcune (fusti) si curvano in modo da disporsi parallelamente alla direzione dei raggi e da avvicinarsi con la parte apicale alla loro sorgente, per cui il fototropismo si dice positivo; altre, al contrario, (radici) si comportano in modo esattamente opposto e il relativo fototropismo si dice negativo. Le foglie, infine, di norma si dispongono perpendicolarmente all'incidenza dei raggi, in modo da godere del massimo di energia luminosa, e il loro fototropismo si dice trasversale. Il fototropismo positivo è presente anche nei Funghi (per esempio, nello zigomicete Pilobolus).

Nelle piante sono presenti molteplici fotorecettori (Fig. 30) classificabili come segue:

Fitocromi (famiglia di recettori in grado di captare il rosso e il rosso lontano (red/far red receptors);

Criptocromi e fototropine, recettori della luce blu nonché di UV-A;

Recettori degli UV-B.

49 I fitocromi esistono generalmente in due forme interconvertibili tra loro: una con il massimo di assorbimento nella regione del rosso (picco a 660 nm) e un’altra con un massimo assorbimento nella regione del rosso lontano (picco a 730 nm). Tali recettori non sono soltanto in grado di definire l’intensità del singolo segnale ma anche di “calcolare” il rapporto tra le irradianze del rosso e del rosso lontano (red/far red ratio). La forma PFR 730 nm è considerata la forma attiva del fitocromo, in quanto molti processi fotomorfogenici sono indotti dalla luce rossa. Il fitocromo agisce quindi come interruttore molecolare presente in due stati, in grado di indurre la pianta a intraprendere o meno una determinata via di sviluppo piuttosto che un’altra in base ai segnali luminosi percepiti. Le reazioni che dipendono dal fitocromo sono state classificate, in termini di flusso fotonico e di tempo di irraggiamento, in due categorie: reazioni di induzione (IR) e reazioni da alto irraggiamento (HIR). Le IR sono a loro volta divise in reazioni a flusso basso (LFR) e reazioni a flusso molto basso (VLFR). Una reazione LFR è la classica risposta dipendente dal fitocromo, caratterizzata da foto-reversibilità. I meccanismi di trasduzione dei segnali percepiti mediante il fitocromo sono rappresentati da proteine G, fosfatidilinositolo fosfato, Ca2+/calmodulina e proteine chimasi a diverse specificità. I fotorecettori del blu e dell’UV-A sono presenti in molti organismi (batteri, funghi, piante verdi e animali). L’isolamento di tali molecole nelle piante è stato un processo arduo, da cui è derivato il nome di criptocromi. In realtà piuttosto recentemente sono stati identificati tre gruppi di recettori in grado di assorbire la luce blu e gli UV-A: le flavoproteine propriamente dette criptocromi (CRY1, CRY2 e CRY3, in A. thaliana), le fototropine (PHOT1 e PHOT2 in A. thaliana) e un possibile terzo tipo di recettore con un cromoforo appartenente al gruppo delle xantofille, appartenenti chimicamente alla famiglia dei carotenoidi (Horwitz e Berrocal, 1997). Inoltre sono stati identificati alcuni ulteriori recettori, coinvolti nella fioritura e nella regolazione dei ritmi circadiani, denominati ZTL, FKF1, LKP2 (Banerjee e Batschauer, 2005).

Le risposte degli organismi vegetali agli UV-B risultano non essere solo indotte in maniera diretta dai danni fisici prodotti (ad esempio, sul DNA), ma anche da specifici fotorecettori. Studi recenti hanno evidenziato la presenza di diversi fotorecettori, probabilmente appartenenti alla famiglia delle flavoproteine, coinvolti in percorsi di segnalazione separate, uno attivo nella regione 280-300 nm e l’altro nella regione 300- 320 nm (Ulm e Nagy, 2005). Recentemente è stata identificata un’altra molecola,

50 potenziale recettore degli UV-B, denominata UVR8 (Jenkins, 2009). Le caratteristiche del cromoforo responsabile dell’assorbimento degli UV-B non sono ancora state chiarite. La ricerca sui fitocromi è piuttosto fervente e diverse molecole sono in corso di studio. Ad esempio, nella felce Adiantum è stato identificato un fotorecettore che sembra possedere caratteristiche comuni sia ai fitocromi sia alle fototropine (Nozue et al., 1998). Molto interessanti sono le ricerche volte ad identificare eventuali fotorecettori della luce verde, tradizionalmente considerata una banda cromatica non utilizzata da parte delle piante e dunque trasmessa dalle foglie. Recenti studi hanno dimostrato che la luce verde può avere discreti effetti sulla biologia delle piante e i meccanismi di azione sono in corso di analisi. Principalmente essi vengono suddivisi in: processi criptocromo-dipendenti e processi criptocromo-indipendenti. L’effetto della luce verde sembra contrapporsi ai processi indotti dalla luce blu e rossa, funzionando dunque in maniera simile al segnale indotto dal rosso lontano, che informa le piante della presenza di condizioni ambientali sfavorevoli alla fotosintesi (Folta e Maruhnich, 2007). L’identificazione di recettori specifici per la luce verde (500-600 nm) è resa complessa dal fatto che anche fitocromi e criptocromi siano molecole in grado di assorbirla. Alcuni candidati sono stati suggeriti nel corso dell’ultimo decennio di studi: una zeaxantina, ovvero un fotorecettore il cui cromoforo appartiene alla famiglia dei carotenoidi, apparentemente richiesto per la regolazione reversibile degli stomi (Frechilla et al., 2000); una flavoproteina omologa alle acquaporine di tipo 1 (Hertel, 2005, Lorenz et al., 2003), che appare legata alla regolazione dell’elongazione dello stelo, evento che necessita di un rapido cambiamento nel turgore (Folta, 2004); la flavoproteina CRY3 (o CRY-DASH), con alta somiglianza in termini di sequenza genica con criptocromi e fotoliasi a singolo filamento (Selby e Sancar, 2006) e una molecola definita eliocromo, recettore del rosso lontano e del verde, reversibile e complementare all’azione dei fitocromi (Tanada, 1997).

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2. Materiali e metodi

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