L’ipotesi dell’esistenza di un’associazione empirica tra l’aumento della disuguaglianza, l’indebitamento e le crisi finanziarie è stata recentemente formalizzata analiticamente da Ranciere e Kumhof (2011). Tale modello individua nella crescente disuguaglianza dei redditi tra una ristretta quota di popolazione e la maggioranza degli individui la princi- pale determinante dell’instabilità finanziaria. In questo contesto, le politiche monetarie accomodanti, gli squilibri delle bilance dei pagamenti dei pagamenti e la liberalizzazione del settore finanziario, tradizionalmente indicati come determinanti, devono essere con- siderati, piuttosto, come concause degli episodi di crisi. Utilizzando un “heterogeneous agents model”, gli autori assumono una società polarizzata in due classi di individui: − I capitalisti, che rappresentano il 5% della popolazione, il cui reddito deriva dall’uti-
lizzo del capitale;
− I lavoratori, che rappresentano il restante 95% della popolazione, e traggono il proprio sostentamento unicamente dal reddito da lavoro.
Le ipotesi circa il comportamento degli agenti fanno si che, in seguito ad un peggiora- mento distributivo, la classe dei lavoratori cerchi di tenere costante la quota di consumi reali facendo ricorso al mercato del credito. Ciò determina l’accumulazione di assets da parte della classe dei capitalisti che finanzia le richieste di prestito attraverso l’in- termediazione delle istituzioni finanziarie. In questo contesto, la probabilità didefault sul credito (e quindi la probabilità di crisi) è una funzione crescente dell’indebitamento
della classe dei lavoratori. Analiticamente, gli autori hanno modellizzato questi compor- tamenti utilizzando un “dynamic stochastic general equilibrium model” (DGSE) fondato sull’esistenza di una tecnologia di produzione che mette insieme gli input forniti da cia- scuna delle due classi. Tale tecnologia, dunque, utilizza capitale e lavoro secondo una funzione di produzione del tipo:
Yt= A(χ∆ktKt−1)α(1 − χ)1−α (1)
dove A è un fattore di scala che normalizza lo steady state, χ è la percentuale di investitori assunta essere pari al 5% della popolazione e K è lo stock di capitale fisico. I rendimenti dei fattori sono determinati dal risultato di una contrattazione allaNash sul salario reale. All’interno del modello, dunque, assume particolare rilevanza il poter contrattuale dei lavoratori da cui dipende la distribuzione fattoriale del reddito. Per semplicità gli autori assumono che i capitalisti posseggono l’intero stock di capitale fisico, non percepiscono salari e derivano, dunque, tutto il loro reddito dal rendimento del capitale e dagli inte- ressi sui prestiti concessi ai lavoratori. Inoltre, nella funzione di utilità di questo gruppo è inclusa la ricchezza posseduta che produce un’utilità diretta in termini di prestigio, potere estatus sociale. Specularmente, la funzione di utilità dei lavoratori dipende uni- camente dal reddito disponibile composto dalla somma di salari e prestiti ottenuti dai capitalisti. La probabilità di non poter ripagare il debito contratto da parte dei lavora- tori (default) è crescente secondo una funzione logistica del rapporto tra debiti e reddito (leverage). Per assunzione, in caso di default sul debito contratto dai lavoratori, il sistema economico entra in crisi. La probabilità di crisi è, dunque, convessa rispetto alla leva finanziaria e compresa tra 0 ed 1. I risultati derivanti dalla simulazione dello scenario di base (baseline scenario) suggeriscono che un aumento della disuguaglianza in favore dei capitalisti è sostenibile, e cioè non aumenta la probabilità didefault, solo se la quota aggiuntiva di reddito derivante dal peggioramento distributivo viene investita in atti- vità reali piuttosto che in servizi finanziari. In questo caso, infatti, l’indebitamento dei lavoratori viene controbilanciato dall’aumento del reddito da lavoro e il rapporto d’in- debitamento resta, dunque, costante. Al contrario, qualora i capitalisti non investano il reddito aggiuntivo in attività reali accumulando attività finanziarie, il rischio di crisi au- menta in maniera permanente. La simulazione di scenari alternativi, inoltre, evidenzia che:
− Assumendo un livello di investimento minore rispetto al modello di base si riduce la crescita dell’output. Ciò determina un aumento del rapporto di indebitamento dei lavoratori e, nel lungo periodo, una maggiore probabilità di crisi;
di base, la probabilità di crisi nel breve periodo diminuisce ma aumenta in maniera consistente quella di lungo periodo;
− Assumendo un livello di consumo di sussistenza più alto ma più flessibile rispetto al modello di base, il rapporto d’indebitamento dei lavoratori e la probabilità di cri- si aumentano nel breve periodo. Tuttavia, la maggiore elasticità dei livelli di con- sumo fanno in modo che, nel lungo periodo, i lavoratori riducano i propri consumi stabilizzando il rapporto d’indebitamento e riducendo la probabilità di crisi;
− Assumendo un rapporto d’indebitamento più alto rispetto allo scenario di base, la ri- duzione della leva finanziaria (deleveraging) può avvenire soltanto in seguito ad un’or- dinata riduzione del debito (controlled default) o ad un aumento dei salari. La prima ipotesi comporta una riduzione del rischio di crisi soltanto nel breve periodo poiché i benefici iniziali per la classe dei lavoratori vengono parzialmente compensati da un successivo innalzamento delle tasse al quale consegue l’aumento del rapporto di in- debitamento e del rischio di crisi. Al contrario, l’ipotesi di un aumento salariale de- termina una diminuzione della leva finanziaria nel breve e nel lungo periodo e quindi una diminuzione permanente della probabilità di crisi.
In conclusione, i risultati delle simulazioni effettuate indicano l’esistenza di un legame teorico tra disuguaglianza e crisi. Un peggioramento distributivo determina un aumen- to del rischio di crisi in seguito all’aumento del rapporto di indebitamento della classe dei lavoratori. Specularmente, un miglioramento distributivo determina una diminuzio- ne del rapporto d’indebitamento e quindi la riduzione della probabilità di crisi30. Nei paragrafi che seguiranno, il modello analitico di Ranciere e Kumhof costituirà il riferi- mento teorico per l’analisi empirica alla base di questo studio. Tuttavia, vale la pena evidenziare che durante l’analisi quantitativa emergeranno alcune differenze rispetto al modello teorico in conseguenza della limitata disponibilità di informazioni, della stra- tegia di identificazione seguita e della necessità di “controllare” l’impatto di ulteriori variabili.