• Non ci sono risultati.

FRAMMENTAZIONE DEL DNA NEGLI SPERMATOZOI ED ESITI DELLA

4.8 ASSOCIAZIONE DI SDF CON 8-OHDG E ATTIVITÀ CASPASICA IN

5.1.2 FRAMMENTAZIONE DEL DNA NEGLI SPERMATOZOI ED ESITI DELLA

SPERMATOZOI ED ESITI DELLA FECONDAZIONE

ASSISTITA

Per quanto riguarda lo studio dell’impatto della frammentazione sugli indici riproduttivi precoci e sull’ottenimento della gravidanza, la SDF è stata da noi misurata sia nella popolazione totale di spermatozoi che nella sola brighter e sia nel seme intero che in quello selezionato. Le analisi di correlazione fra la frammentazione e gli indici riproduttivi precoci, non hanno evidenziato nessuna associazione. E nessuna differenza nei valori di frammentazione è stata ritrovata tra le coppie che hanno ottenuto una gravidanza e quelle che invece hanno fallito. Inoltre, ci aspettavamo che utilizzando solo le coppie con partner appartenente ai “cattivi”, si smascherasse un maggior impatto della SDF misurata nella popolazione selezionata sugli indici riproduttivi. Tuttavia non abbiamo osservato nessun effetto della SDF, considerando i soli “cattivi”. Questo risultato potrebbe essere spiegato dal fatto che sembra esserci una sorta di esclusione naturale degli spermatozoi con danno al DNA da parte dell’oocita (Hourchade et al., 2010; Liu et al., 2007) in caso di FIVET e che nel nostro studio la stragrande maggioranza delle coppie è stata trattata proprio con tale tecnica. Il problema della presenza di spermatozoi mobili frammentati nel DNA potrebbe tuttavia rimanere per le coppie trattate con la ICSI nelle quali un partner appartenente alla categoria dei “cattivi” potrebbe aumentare il rischio di utilizzo di uno spermatozoo con DNA frammentato. Poichè le coppie trattate con ICSI rappresentano una minima parte nella nostra casistica saranno necessari altri studi per poter rispondere a questo quesito.

Poiché gli esiti riproduttivi dipendono naturalmente anche dal fattore femminile, le analisi tra SDF e esiti di riproduzione assistita sono state ripetute dopo aver selezionato la casistica eliminando le coppie in cui l’infertilità fosse dovuta, totalmente o in parte, alla partner femminile. Ciò ha permesso di

104 smascherare un impatto significativo della SDF sia sul FR che sull’IR. Infatti, (Tabella 5) abbiamo evidenziato una correlazione negativa tra la SDF, sia brighter che totale, del selezionato e gli indici riproduttivi precoci IR e FR. Inoltre, in considerazione che anche l’età è un fattore femminile di infertilità, abbiamo ulteriormente selezionato includendo solo le coppie in cui le donne avessero un’età ≤ 36 anni. Con tale casistica (n=41), (Tabella 6), per il FR la correlazione con la SDF del selezionato diventa ancora più stretta, suggerendo che anche l’età femminile rappresenta un fattore confondente negli studi che valutano l’impatto della SDF sugli esiti riproduttivi. È nota infatti l’importanza della qualità ovocitaria nel riparare i danni al DNA portati dallo spermatozoo (Ménézo et al., 2010), che, a sua volta, si pensa dipendere negativamente dall’età femminile. Questo significa che a parità del danno portato dallo spermatozoo l’esito può essere legato fortemente al riparo ovocitario, mascherando quindi l’impatto del fattore maschile. Infine dividendo le coppie in due gruppi a diverso IR e FR e confrontando i livelli di frammentazione brighter e totale sia dell’intero che del selezionato, si trova che le coppie con un basso IR (=0) presentano livelli significativamente più alti di SDF brighter del selezionato rispetto alle coppie con un IR favorevole. Similmente le coppie con basso FR (≤ 0,5) presentano livelli di SDF brighter del selezionato significativamente più alti delle coppie a FR >0,5. Nel loro insieme, questi risultati indicano che la SDF impatta negativamente sul FR e IR, quando misurata nel seme selezionato. Questo dato, se da una parte appare ovvio in quanto è proprio la popolazione selezionata quella usata per la fertilizzazione in vitro, è tuttavia in contrasto con i lavori di Marchetti (2002) e Bungum (2007), i quali mostrano che la SDF del seme intero è più predittiva dell’esito delle PMA rispetto al selezionato, i cui livelli di frammentazione non correlano con nessun parametro embrionario. Pertanto, il nostro è il primo studio che, grazie all’utilizzo di una metodica più precisa per la valutazione dell’SDF e, soprattutto, alla valutazione nella sola popolazione brighter, ha permesso di smascherare un’effetto dell’SDF nel seme selezionato sugli esiti di PMA.

Molto interessante è il fatto che l’influenza della SDF sulla riproduzione viene scoperta quando si azzera il fattore femminile. Come brevemente accennato all’inizio, la composizione della casistica dello studio, con particolare riferimento all’esclusione del fattore femminile, appare un aspetto

105 determinante ed un elemento di disomogeneità fra gli studi che spesso trascurano questo criterio. Ad esempio in letteratura sono presenti vari lavori in cui gli autori non trovano nessun effetto sugli indici precoci né sul rate di gravidanza, utilizzando tuttavia casistiche che includono ampiamente fattori di infertilità femminili come endometriosi e fattori uterini (Benchaib, 2007; Esbert, 2011) oppure in alcuni casi i fattori di infertilità femminile non sono nemmeno specificati (Henkel 2003 e 2004; Avendano e Oehninger, 2011;Wang Min, 2014).

Per quanto riguarda l’impatto della SDF sull’ottenimento della gravidanza, al momento non abbiamo evidenziato alcuna differenza nei livelli di SDF sia dell’intero che del selezionato tra le coppie che hanno ottenuto o meno una gravidanza e tra le coppie con “bimbo in braccio” e quelle che invece hanno terminato con un aborto. Tuttavia la nostra casistica annovera un numero ancora ristretto di pazienti (15 su 101) che hanno ottenuto la gravidanza. Sarà necessario quindi ampliare la casistica per poter eventualmente scoprire differenze nei livelli di SDF tra chi ha portato a termine una gravidanza e chi no.

Documenti correlati