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4 4,5

Cornesega Golf Le Rotte Valmenera Taffarel Pian di Landro

Valmenera (M)

Valmenera (M, Friuli)

Aree aperte Aree chiuse

N u m ero d i in d iv id u i/ora Frequenza Alba

piccoli/ora femmine/ora maschi/ora

3.5 Frequenza e Densità

Figura 41: Numero di individui registrati ,divisi rispettivamente nelle classi di sesso, per ora di monitoraggio all’interno

dell’area di campionamento. Le prime quattro postazioni rappresentano le aree aperte, le ultime quattro rappresentano le aree chiuse . In blu sono rappresentati i “piccoli/ora”, in arancione le “femmine/ora” e in grigio i “maschi/ora”

Figura 42: Numero di individui registrati , divisi rispettivamente nelle classi di sesso, per ora di monitoraggio crepuscolare

all’interno dell’area di campionamento. Le prime quattro postazioni rappresentano le aree aperte, le ultime quattro

47 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Cornesega Golf Le Rotte Valmenera Taffarel Pian di Landro

Valmenera (M)

Valmenera (M, Friuli)

Aree aperte Aree chiuse

N u m ero d i in d iv id u i/ora Frequenza Tramonto

piccoli/ora femmine/ora maschi/ora

Aree aperte piccoli/ha femmine/ha maschi/ha ha area osservazione

Cornesega 0,708575581 1,79869186 0,072674419 13,76

Golf 0,318181818 0,568181818 0,045454545 11

Le Rotte 0,333333333 2,261904762 0,095238095 14

Valmenera 0,0125 0,104166667 0 40

Si rileva che in linea con quanto visto fino ad ora, le aree aperte mostrano un indice di frequenza nettamente superiore rispetto alle aree chiuse. (Fig.41) Le aree con frequenza maggiore sono quelle del Cornesega e Le Rotte, dove al tramonto si ha una media di 6 femmine ogni ora nella prima e 8 nella seconda(Fig.43). Emergono inoltre dati interessanti se si confrontano le zone Golf e Le Rotte negli orari di alba e di tramonto.

La zona Golf risulta più frequentata all’alba (4 individui ogni ora all’alba e 2 al tramonto) (Fig. 42), mentre alle Rotte si sono visti più individui in orario serale rispetto a quello mattutino (8 individui al tramonto contro 4 all’alba) (Fig.42 e Fig.43). Per quanto riguarda i piccoli la frequenza oscilla tra 1 e 2 individui ogni ora in tutte le zone considerate senza differenze rilevanti nelle diverse fasce orarie. Gli stessi risultati si hanno analizzando la densità (Tab.2)(Fig.44)

Figura 43: Numero di individui registrati, divisi rispettivamente nelle classi di sesso, per ora di monitoraggio durante il

tramonto all’interno dell’area di campionamento. Le prime quattro postazioni rappresentano le aree aperte, le ultime quattro rappresentano le aree chiuse . In blu sono rappresentati i “Piccoli/ora”, in arancione le “femmine/ora” e in grigio i

“maschi/ora”

Tabella 2: Densità (numero di individui/ha di osservazione) all’interno delle aree aperte. La prima colonna rappresenta le

postazioni, la seconda la densità degli individui che ricadono nella classe “piccoli”, la terza le “femmine”, la quarta i “maschi” ed infine l’ultima colonna rappresenta gli ettari (ha) di osservazione stimati attraverso Google Maps Area Calculator Tools

48 Figura 44: Rappresentazione grafica della densità di cervo all’interno delle aree osservate(Elaborazione cartografica Zambon M.).

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3.6 Attività e Atti

Figura 45: Attività di pascolo/riposo dei gruppi, registrata durante l’intero periodo di monitoraggio all’interno dell’area di campionamento

per le diverse fasce orarie (A: alba e T: tramonto). Le prime quattro stazioni rappresentano le aree aperte, le seconde quattro rappresentano le aree chiuse.

50 Un altro dato importante è quello che fa riferimento alle attività e atti dei gruppi (Fig.45 e Fig.46) . Anche in questo caso la prima differenza sostanziale che emerge è quella tra aree aperte ed aree chiuse. Nelle prime vengono effettuate tutte le attività di pascolo, riposo e allattamento,(Fig.45) mentre le aree chiuse rappresentano quasi esclusivamente zona di transito e, in parte di cure parentali(Fig.46).

Figura 46: Frequenza intesa come numero di atti dei gruppi rispetto le ore di monitoraggio all’interno dell’area di campionamento per le

diverse fasce orarie (A: alba e T: tramonto). Le prime quattro stazioni rappresentano le aree aperte, le seconde quattro rappresentano le aree chiuse. Con il colore blu è rappresentato l’atto di “fuga”, con il colore rosso l’atto di “transito” e infine con il colore verde l’atto di “cure parentali”.

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4 Discussione

Un primo risultato da prendere in considerazione è quello riguardante le diverse specie osservate. Come emerge dall’analisi dei dati, il cervo rappresenta la specie animale maggiormente avvistata, in linea con gli obiettivi del piano di campionamento.

Tale fenomeno si può ricondurre a due aspetti già precedentemente visti, la maggior attività del cervo nel periodo estivo e la specificità del territorio adibito ad area protetta, con conseguente divieto di caccia e assenza di predatori. Come affermato nel Piano di controllo del cervo nel comprensorio del Cansiglio (Bottazzo&Nicoloso, 2011) “l’estate non rappresenta quasi mai un fattore limitante per la presenza degli Ungulati”, a differenza della stagione primaverile durante la quale si verificano diversi fattori che risultano particolarmente critici per la fitness del cervo (esaurimento scorte di grasso consumate durante l’inverno, maggiori esigenze alimentari determinate dal ciclo ormonale, necessità di risorse aggiuntive per la gravidanza e risorse aggiuntive per lo sviluppo del trofeo per i maschi).

Tuttavia emerge una netta differenza in termini di numerosità di gruppi tra gli avvistamenti effettuati nelle aree aperte rispetto quelli delle aree chiuse. Ciò è dovuto principalmente alle differenti attività svolte dai cervi nelle determinate aree. Le superfici delle aree aperte vengono infatti definite come “polo di attrazione per il pascolo crepuscolare e notturno dei cervi” (Vazzola et al.,2003), dove, se di giorno diventa difficile osservare esemplari al pascolo, nelle ore crepuscolari e notturne i cervi scendono dalle formazioni forestali delle pendici circostanti per praticare le attività di pascolo e riposo. (Thomas et al. 1979; Clark & Gilbert 1982; Bobek et al. 1993; Reimoser & Gossow 1996; Sheehy & Vavra 1996; Cook et al. 1998; Flueck 2000) A ciò si collega un altro aspetto che si è rilevato determinante nella percentuale di avvistamenti effettuati, quello del turismo, dal momento che il cervo risulta particolarmente sensibile alla presenza dell’uomo e al disturbo provocato dalla sua attività (Mustoni et al., 2012). L’impatto antropico ha portato a risvolti significativi quando si sono considerate le diverse aree e le differenti fasce orarie di osservazione. Le aree Golf e Valmenera sono quelle in cui la percentuale di turismo è maggiore nelle ore crepuscolari, a differenza del Cornesega, difficilmente accessibile grazie alle alture del Col Piova e delle Tramedere. Questo rende tale area una delle principali “arene di bramito” durante il periodo riproduttivo e importante zona nursery per le femmine e piccoli (Bottazzo M.,2017).

La completa assenza nelle aree aperte del capriolo (C.capreolus), che è invece presente, seppur con percentuali relativamente basse, all’interno delle aree chiuse, può far ragionare su un aspetto che ha portato alla formulazione di numerose teorie tra gli studiosi, ovvero la competizione

52 interspecifica tra cervo e capriolo. Trattasi di teorie che cercano di spiegare una possibile competizione tra le due specie, seppur non sia ancora stata sviluppata una linea di pensiero comune.(Prior, 1995) Rimane un punto fisso il fatto che la densità del capriolo si sia abbassata di

molto nei luoghi dove la presenza del cervo è stabile, come dimostrato dai dati di consistenza

redatti dal Parco Nazionale Svizzero (Engardina) (Mustoni et al., 2012). In relazione a ciò e a supporto di queste teorie, risulta necessario tener conto delle ripercussioni che la costruzione di recinti sulla Piana ha avuto sullo spostamento del cervo all’interno della foresta. Tale habitat era ottimale per il capriolo, in quanto caratterizzato da zone di fitto sottobosco e zone di margine bosco-prato. Per poter approfondire il fenomeno, considerandone anche i risvolti gestionali, sarebbe utile adattare le ricerche svolte in Scozia sul fenomeno (Latham et al,1998) al territorio del Cansiglio, analizzando i campioni fecali delle due specie per identificarne la composizione vegetazionale della loro dieta, in modo da poter avere un quadro più completo sull’utilizzo dell’habitat da parte degli Ungulati. Ricollegandosi al lavoro effettuato da La Morgia nel 2005 sui rapporti interspecifici tra cervi e caprioli in aree soggette a disturbo antropico, si potrebbe affermare che la sovrapposizione spaziale possa provocare di conseguenza una sovrapposizione trofica, data dall’utilizzo comune da parte di caprioli e cervi di molte famiglie vegetali, creando i presupposti per l’instaurarsi di fenomeni competitivi, favoriti anche dalle condizioni di simpatria delle due specie nell’area di studio (La Morgia et al,2005).

Entrando nello specifico della numerosità e composizione dei branchi studiati, si è visto come, a conferma di quanto riportato in letteratura (Mustoni et al., 2012), in ambienti forestali chiusi, le associazioni coinvolgono un numero minore di individui rispetto le aree aperte. Per quanto riguarda la composizione dei branchi, si è focalizzata l’attenzione su femmine e piccoli, potendo nel tempo verificare come venisse messo in atto il fenomeno che va sotto il nome di “aggregazione”, un’unione cioè tra i differenti gruppi (Bottazzo ,2017).

Questo fenomeno probabilmente si ricollega alla bontà dei pascoli che raggiunge il suo apice nel primo periodo estivo diminuendo progressivamente nei periodi successivi e portando di conseguenza le femmine con i piccoli a preferire la foresta, dove il sottobosco è fonte costante di nutrimento.

Il fatto che vi sia sbilanciamento della sex-ratio all’interno dei gruppi osservati a favore delle femmine, è dato dal fatto che la fitness della popolazione rappresenta una variabile dipendente dalla densità della popolazione stessa (Loeske et al.,1999). Ciò significa che durante l’attività di pascolo in branco, come osservato operativamente nei mesi di ricerca, gli individui gerarchicamente inferiori devono”accontentarsi” delle posizioni più periferiche del gruppo, alimentandosi in maniera qualitativamente e quantitativamente meno ottimale rispetto gli altri

53 componenti. (Clutton-Brock et al.,1982) Lo stare ai bordi del gruppo richiede inoltre un dispendio energetico legato all’assunzione di comportamenti di allerta e di controllo, dedicando un tempo minore all’attività di alimentazione. In relazione a ciò, dati scientifici hanno dimostrato come sia più elevata la nascita di cerbiatto femmina dal momento che risulta meno dispendiosa in termini energetici rispetto ad una gestazione di un cerbiatto maschio. (Loeske.et al.,1999) (Mustoni et al., 2012).

Per ciò che concerne la classe piccoli, non si evidenziano nel tempo particolari cambiamenti in termini di numerosità. Possiamo però vedere come nell’area delle Rotte si registri un numero piuttosto basso di piccoli a differenza dell’area del Cornesega dove il numero è elevato. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che la seconda area risulta, come precedentemente visto, più idonea alle cure parentali essendo più isolata.

Risulta interessante riportare di seguito alcuni dei dati ottenuti da un progetto di monitoraggio svoltosi presso Foresta del Cansiglio nell’anno 2016 promosso da Veneto Agricoltura a D.R.E.Am Italia. La ricerca, i cui risultati sono stati presentati al Seminario tecnico faunistico in data 10 Maggio 2017 tenutasi al Museo Regionale dell’Uomo in Cansiglio loc Pian Osteria (Tambre, BL), aveva l’obiettivo di ricavare l’home range di 10 cerve femmine munite di radio collare satellitare.

I risultati hanno dimostrato come il 31,88 % delle localizzazioni estive si sia registrato in boschi di conifere, confermando come il sottobosco sia un’ ottima fonte di sostentamento costante che assicura inoltre una certa protezione dai predatori e dall’uomo. A seguire, con il 18 %, risultano le localizzazioni di pascolo naturale e praterie, grande fonte di sostentamento estivo che non garantiscono però nessun tipo di protezione.(Olmi S.,2016)

Dalla ricerca emerge inoltre come l’area di svernamento invernale scelta dagli esemplari radiomonitorati non sia la foresta del Cansiglio, ma una zona di pascolo nei pressi del Friuli Venezia Giulia. Tuttavia, nonostante lo studio di alcuni parametri ambientali dimostri come la bontà dei pascoli del Friuli sia migliore rispetto quella del Cansiglio, si è registrato un ritorno ai confini della foresta dei cervi radiocollarati nel primo periodo primaverile, in quanto avvertita come luogo di rifugio.

Dal punto di vista di utilizzo dell’habitat, è emerso come le aree aperte risultino maggiormente impattate dal fenomeno di pascolo rispetto alle aree chiuse, caratterizzate da attività di transito. Le aree Le Rotte e il Cornesega sono quelle dove l’attività di pascolo risulta più elevata e contemporaneamente sono caratterizzate da un’elevata densità. Di conseguenza si presuppone che la qualità del pascolo sia migliore in queste due aree. Dal punto di vista gestionale sarebbe interessante prima effettuare uno studio mirato sui parametri ambientali legati alla composizione

54 vegetazionale e successivamente, attraverso una attività di monitoraggio, indagare, non solo durante il periodo di bramito (come fatto fino ad ora ) ma anche nei periodi precedenti, il diverso utilizzo delle aree da parte del cervo. Questo, se integrato con le informazioni ottenute con i monitoraggi effettuati tramite radiocollare, consentirebbe di avere una panoramica più precisa e completa rispetto le aree di maggior utilizzo e l’impatto che la specie ha sul territorio.

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5 Conclusioni

I cervi della Foresta del Cansiglio godono il privilegio di dimorare per gran parte delle stagioni in un’area protetta dalle normative vigenti, che permette di estrinsecare la loro potenzialità biotica che non sembra aver ancora raggiunto la capacità portante del territorio. I sistemi di esclusione e deterrenza, applicati nella Piana per ridurre gli impatti negativi della specie con l’ausilio di recinzioni fisse, hanno concentrato la popolazione in altre aree all’interno della Foresta. Di conseguenza, l’applicazione di questi sistemi di deterrenza in maniera programmata nel tempo, limitati al periodo di maggior sensibilità dei pascoli, potrebbe evitare l’assuefazione da parte dell’entità faunistica che si desidera gestire. (Raganella Pelliccioni et al.,2013)

Il Cansiglio sta ora vivendo l’arrivo dei grandi predatori, quale il lupo, che sicuramente porterà ad un cambio di comportamento da parte degli Ungulati. È importante ricordare come le relazioni che legano preda e predatore siano variabili in funzione di numerosissimi fattori in gioco, anche se è ormai provato come la predazione da parte del lupo tenda a concentrarsi principalmente sugli individui anziani o malati, garantendo di conseguenza la stabilità di una popolazione di cervo in buona condizione fisica e di salute. (Mech 1966; Schwartz et al 1992). La riconquista dei territori alpini da parte dei grandi Carnivori (come sta avvenendo nella zona occidentale dell’arco alpino, tra le provincie di Cuneo e di Torino) (Mustoni et al, 2012) è, da un lato sicuramente legato al progressivo incremento di Ungulati selvatici, dall’altro ad una minor persecuzione diretta dell’uomo. In tutto ciò l’area del Cansiglio rientra in un’area ottimale che può favorire la presenza stabile di questa specie. Questo lavoro di ricerca dunque, può servire come paragone per un successivo lavoro di monitoraggio quando la popolazione di lupo si stabilizzerà , in modo da confrontare il diverso utilizzo degli habitat come nursery e la stessa capacità di osservazione del cervo. La presenza del lupo all’interno del Cansiglio è già stata documentata e ci si aspetta un cambiamento nel futuro. Di conseguenza la sfida che caratterizzerà la gestione faunistica nei prossimi anni sarà particolarmente difficile, ma allo stesso tempo affascinante, in quanto riuscire a conservare ecosistemi completi dal punto di vista della catena alimentare e una convivenza con l’attività umana (particolarmente diffusa nell’area) richiederà sicuramente una attenta e corretta pianificazione.

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