3. M USICA E I MMAGINE : ANALISI DELLA COLONNA SONORA DI Z ABRISKIE P OINT
3.5. Fuga nel deserto
Il viaggio compiuto da Mark e Daria è un percorso a ritroso che dalla modernità offerta dalla metropoli si dirige verso l’essenzialità materiale e visiva del deserto del Far West132.
Allontanandosi dalla rumorosa e inospitale città (dove i cuori dei giovani contestatori, soffocati dalla Electronic Music emanata dagli stabilimenti industriali, battono al ritmo agitato di Heart Beat,
Pig Meat) i due protagonisti riscoprono un ambiente originario, primitivo, dove la vastità
dell’orizzonte è amplificata dal silenzio e dall’assenza dell’uomo. Patria dei cowboy, nascondiglio degli assalitori di diligenze, luogo di efferate battaglie tra coloni e nativi nonché identificazione moderna dell’Eldorado, il deserto è stato ed è, nel cinema, luogo di attraversamento, di morte e di rinascita. Nella lettura di Antonioni, la superficie arida e piatta racchiusa tra il Pacifico e le Montagne Rocciose è una tabula rasa, un vuoto da colmare, la speranza di una nuova vita: gli accenni musicali che caratterizzano questa sezione del film culmineranno simbolicamente nella scena d’amore nel deserto, che colma di energie vitali il luogo di morte per antonomasia, la Death Valley.
La prima inquadratura aerea del deserto californiano è aperta dalle cadenze country-folk di
Brother Mary dei Kaleidoscope: la spensieratezza della composizione introduce il personaggio e il
carattere di Daria e stabilisce il legame tra la protagonista e l’apparecchio radiofonico, sorgente diegetica di quasi tutta la musica del film. Il dinamismo espresso dalle veloci note del violino di David Lindley si lega perfettamente alla corsa veloce dell’auto di Daria e racconta musicalmente l’energia racchiusa in queste brevi scene di viaggio, anticipando la sequenza dell’incontro dei protagonisti (che incrociano i propri tragitti nel deserto).
Un lungo stacco di circa dodici minuti riporta la narrazione nell’ambiente cittadino: la protesta studentesca, l’incarcerazione di Mark e dell’amico, l’occupazione dell’università e il violento scontro con la polizia si susseguono velocemente; Antonioni, che aveva inizialmente immaginato di inserire un pezzo strumentale dei Pink Floyd in quest’ultima sequenza, preferì commentarla con la registrazione di rumori reali (il grido della sirena della macchina della polizia,
132 L’allontanamento dalla città da parte dei personaggi e lo spostamento del luogo della narrazione nel deserto
sembra rispondere all’invito pronunciato dall’attore del videoclip pubblicitario della Sunnydunes: «Che cosa aspettate a lasciare quel manicomio affollato della città? Traslocate oggi stesso per una nuova vita nel clima sano del deserto!».
l’infrangersi dei vetri dell’atrio della facoltà, il crepitio dei fumi lacrimogeni e le urla degli studenti commentano la violenza della scena)133.
Il viaggio nel deserto introdotto da Daria si riallaccia al decollo di Mark che, sospettato di omicidio, ruba un aeroplano per fuggire dalla polizia:
SCENA 31.
Mark chiude il finestrino. Rulla sulla pista. Ma per poterla fare franca più rapidamente, accelera senza nemmeno rendersi conto che sta decollando nella direzione sbagliata. [...] Mark non risponde e l’aereo decolla. È sopra la città. Lunghissime arterie autostradali. Los Angeles nel suo spazio immenso, nella sua foschia. Mark sorride divertito guardando giù l’agglomerato urbano che si allontana lasciandolo solo, a godersi la sua improvvisa, smisurata libertà.
L’inconfondibile sound dei Grateful Dead che emerge lentamente fuori campo segue il volo del protagonista sopra Los Angeles; come un canto profetico di morte, l’assolo incalzante della chitarra di Jerry Garcia in Dark Star (qui privata delle strofe cantate) descrive l’urgenza di quella fuga, anticipa il personaggio tragico di Mark e lo lega indissolubilmente all’elemento atmosferico.134 Non a caso la scelta di Hall e Antonioni cadde su due minuti di improvvisazione
strumentale irrequieta e sincopata dalla quale sembra alzarsi il grido spaventato e al tempo stesso eccitato della chitarra, personificazione del protagonista135. L’importanza di questa scena è
sottolineata proprio dall’intervento del commento sonoro extradiegetico: il regista si serve della musica esterna per enfatizzare da una parte le emozioni del protagonista (e dello spettatore, secondo il processo empatico di cui si è parlato nel secondo capitolo, § 2.2), e per accentuare dall’altra la carica simbolica del volo. Mark può sentirsi completamente libero soltanto nel volo,
133 Come si può notare, queste scene sono state realizzate montando insieme le riprese effettuate sul set con quelle
realizzate dallo stesso Antonioni a Chicago, nell’agosto del 1968, durante la violenta repressione della polizia sulla folla di studenti che manifestavano contro la Convention democratica, che aveva respinto la mozione della sinistra per la fine della guerra in Vietnam e aveva candidato alle nomination Hubert Humphrey, il Vice Presidente e sostenitore della politica interventista di Lyndon B. Johnson.
134 I versi che aprono Dark Star descrivono una psichedelica esplosione di stelle che, senza ragione, si sono staccate
irrevocabilmente dall’asse che le trattiene; l’autore invita l’ascoltatore a partecipare della meravigliosa visione sprigionatasi dalla deflagrazione: la polvere di stelle si è trasformata in un tramonto di diamanti («Dark star crashes
pouring its light into ashes / Reason tatters the forces tear loose from the axis / Searchlight casting for faults in the clouds of delusion /
Shall we go, you and I While we can? / Through the transitive nightfall of diamonds»). Non è certo che Antonioni conoscesse il testo della canzone dei Grateful Dead mentre è nota la frequentazione del regista al loro repertorio; sicuramente Don Hall non era all’oscuro del significato del testo, nato dai viaggi allucinogeni di Robert Hunter, amico e autore di molti testi della band. Ciò nondimeno è plausibile leggere nell’esplosione della stella oscura e nella sua trasformazione in pioggia di diamanti la parabola aerea di Mark, la cui morte (procurata dall’esplosione di proiettili) si tramuta nella apocalittica deflagrazione che chiude il film.
135 Negli oltre ventitré minuti dell’incisione originale contenuta nell’album Live/Dead si alternano sezioni musicali più
e meno marcate sia dal punto di vista ritmico che da quello melodico-strumentale (trattandosi a tutti gli effetti di jam
session, gli strumenti si alternano nella partecipazione d’insieme e solistica, emergendo di tanto in tanto e creando
condizione che è tuttavia permessa ai volatili ma non agli esseri umani: il paradosso si risolverà tragicamente nel momento in cui il protagonista toccherà nuovamente il suolo metropolitano.
Uno stacco improvviso sulla soggettiva aerea di Los Angeles anticipa una bellissima inquadratura sul deserto del Mohave136, mentre fuori campo si possono ascoltare i primi flebili arpeggi di Crumbling Land. Seguendo la cresta di una duna di sabbia, la falsa soggettiva si sposta lentamente a sinistra intercettando il movimento di una macchina che percorre una strada rettilinea; il carrello aereo laterale inquadra Daria, al volante della Ford Buick, diretta verso un luogo di cui non conosce il nome per cercare un amico. La scena svela la fonte sonora del brano (un frammento di soli 37”):
SCENA 32. Deserto. Esterno. Mattina.
Una vecchia Ford corre tra le dune. Al volante c’è Daria. La ragazza guida masticando chewing gum e guardando ogni tanto il paesaggio intorno, mentre la radio trasmette una canzone pop.
La Ford Buick corre sulla piatta superficie desertica: il paesaggio sullo sfondo indica che Daria non si trova molto lontano dal Lilly 7, l’aereoplano di Mark: il raccordo visivo introdotto dalla falsa soggettiva aerea (sembra di guardare con gli occhi del protagonista) crea un continuum tra le immagini del volo e del tragitto dell’auto e unisce metaforicamente i personaggi, entrambi diretti verso luoghi ignoti senza uno scopo preciso ma indotti da un’urgenza senza nome137. L’ansia che
caratterizzava la scena del decollo si dissolve musicalmente sulle note acustiche del lungo pedale dei Pink Floyd (costituito dai due accordi che sostengono l’intero frammento musicale) e, visivamente, sulle morbide e candide dune del paesaggio. L’accompagnamento sonoro, con la sua semplicità armonica e leggerezza ritmica, sembra emanare direttamente dall’ambiente che
136 La vasta zona desertica fa parte del National Joshua Tree National Park (luogo noto per la copertina e il titolo del
primo album del gruppo irlandese U2) e copre gran parte della California sud-orientale toccando inoltre i territori degli Stati limitrofi (Utah, Nevada, Arizona). Il suo nome deriva da quello del popolo nativo che lo abitava prima della conquista dei territori occidentali da parte dei migranti arrivati qui durante la cosiddetta “corsa all’oro”, verso la metà del XIX secolo.
137 L’incontro dei due protagonisti è suggerito dall’uso del montaggio alternato che, quale «espressione di un
narratore onnisciente in grado di informare lo spettatore di eventi che accadono contemporaneamente in più luoghi» (Gianni Rondolino, Dario Tomasi, Manuale del film. Linguaggio, racconto, analisi, cit., p. 155), fa convergere le traiettorie dei due giovani (uno proveniente da sinistra, uno da destra) al centro del quadro, nel mezzo del deserto.
circonda i personaggi, continuando quella «unica impressione sensoria»138 di cui parlano Boschi e Billard già iniziata con il decollo di Mark139.