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Funzione economico individuale e diritto europeo dei contratti.

COMMON LAW INGLESE.

Cenni sulla nascita della223 common law224, il sistema dei writs.

Per comprendere l’istituto del contract oggi è necessario comprendere nel suo svolgersi, quand’anche per sommi capi, lo sviluppo delle soluzioni pratiche ideate dalle Corti inglesi nel medioevo. Le radici – anche teoriche – di tali soluzioni, dipendono dall’attività della giurisprudenza inglese post conquista normanna225. E’ noto infatti che la struttura fondamentale del diritto privato226 inglese ha preso a delinearsi successivamente all’insediamento effettivo del dominio normanno nel 1066 ad opera di Guglielmo il Conquistatore.

Il primo aspetto fondamentale della conquista normanna fu senz’altro l’opera organizzatrice e unificatrice dell’amministrazione giudiziaria, con la creazione del sistema centralizzato delle Corti londinesi: questo fu lo stratagemma per contrapporre il diritto di quelle corti al citato diritto comune costituito dalle consuetudini locali227.

Ma non si trattò di un mero problema organizzativo, perché in un ordinamento nel quale vige il principio del precedente vincolante (lo stare decisis), unità della giurisdizione significa unità del diritto228.

223 Si permetta una prima nota di metodo: nel testo la locuzione common law vedrà aggettivi e avverbi concordati al femminile. Non c’è omogeneità di vedute in ordine al genere da attribuire in chiave comparatistica al termine law, in particolare nel senso – tutto continentale – di diritto soggettivo.

224 Ed, immediatamente, una seconda: nel proseguo del testo si utilizzerà la locuzione common law per intendere sia la produzione di equity, sia la produzione normativa di common law in senso stretto.

225 Sul tale necessità, che assume preciso valore programmatico, c’è accordo fra i comparatisti. Così ALPA DELFINO, Il contratto nel common law inglese, Padova, 2005, p. 13: “[…] l’ossatura del sistema si è formata nei secoli scorsi, attraverso l’evoluzione giurisprudenziale, e, per alcuni aspetti, dipende ancora dai principi di origine medievale”.

226 Nonché, infine, una terza: è noto che nell’ordinamento inglese non vi è una distinzione immanente e dogmatica fra diritto privato e pubblico. Qui il termine verrà utilizzato solo a fini classificatori, per rendere più intelligibile l’esposizione. Del resto la scelta di concepire una distinzione fra private law e, ad esempio,

criminal law, è adottata anche dalla manualistica inglese (ad es. ATIYAH, Introduction to the law of contract,

Oxford, 2005, p. 1).

227 KEETON, The Norman Conquest and The Common Law, Londra, 1966, p. 104 – 107 .

228 CAVANNA, Storia del diritto moderno in Europa, le fonti ed il pensiero giuridico, Milano, 1982, p. 483 e poi 485: “La dottrina del primato del diritto, combinata con quella dell’autorità dei precedenti, costituisce dunque il perno dell’intero ordine concettuale in cui si sostanzia il diritto inglese”. Poi, a p. 493: “[…] la

Per costruire concetti giuridici unitari, tra i quali vi sarà il contract, è stato necessario avere un elemento accentratore.

Per quel che qui rileva, il sistema di autorità giurisdizionali normanne si era delineato già nel XIII secolo, parallelamente alla cristallizzazione del sistema di tutele (di cui si dirà).

Era stato anzitutto creato a Westminister un complesso di Corti giudiziarie regie229. Le tre articolazioni delle Corti di Westminister erano: l’ Exchequer, originariamente competente per questioni demaniali e fiscali, poi, con uno stratagemma formale, per parte del contenzioso civile; la Court of Common Pleas, competente in via generale per le controversie fra privati; ed infine la Court of King’s Bench, competente in particolare in ordine al campo dei danni e degli atti illeciti presupponenti violenza. I sistemi di gestione delle controversie secondo le consuetudini barbariche venivano via via purgati di ogni competenza anche mediante lo stratagemma dei giudici viaggianti (in particolare dei justices in eyre), che giravano le varie contee fedualizzate230.

E’ a questo punto necessario ricostruire il sistema – artificioso ma efficace – che permise ai giudici itineranti ed in particolare al sistema delle Corti centrali, di destituire di ogni potere le corti locali barbariche.

Centrale a questo fine diviene l’istituto del writ: si trattava di un ordine del re, emesso dal Cancelliere, che il sovrano indirizzava formalmente all’autorità giudiziaria locale, contenente l’ingiunzione di rendere giustizia secondo uno schema prefissato descritto nella stessa comunicazione. L’alternativa, originantesi dallo stato di perdurante ingiustizia, stante l’inosservanza dell’ordine del re, era comparire al cospetto di quest’ultimo e cioè delle sue Corti centrali231.

Ovviamente il writ poi doveva essere integrato dalla sommaria esposizione dei fatti, ma rimaneva utilizzabile solo la particolare modalità di azione conferita e ivi

vicenda della nascita delle istituzioni giudiziarie accentrate nell’Inghilterra normanna si identifica, come vedremo, con quella della nascita dello stesso diritto inglese e cioè della common law: diritto anch’esso a produzione accentrata, e quindi diritto unitario […]”. L’A. prosegue poi descrivendo le riforme Guglielmine. 229 Si v. PLUKNETT, A concise history of the common law, Londra, 1956, p. 27ss. . In particolare, non vi erano Tribunali periferici dipendenti dal potere regio.

230 Ibidem, p. 114 ss. .

231 Il sistema dei writs è diffusamente descritto in CAVANNA, op. cit., p. 502 e ss.; CRISCUOLI, Il contratto

trasfusa: questo concetto è definito nell’ordinamento inglese con la locuzione form of

actions”232.

Nel periodo fra il XIII e il XV secolo la struttura dei writs si presentava delineato. E’ necessario precisare che il sistema dei writs era un sistema formalizzato e chiuso: seppure era riuscito a scalzare parte della struttura sacrale e primitiva del diritto barbarico, restava ancorato alla logica secondo cui ad ogni pretesa corrispondeva un’azione tipica233.

Attraverso i writs, la tutela dei diritti fra privati si costruì a modo di una denuncia di inadempimento del signore feudale (ci si riferisce qui, senza intender scendere nello specifico, al writ of precipe).

Vi era il writ of debt, che serviva per il recupero di una somma di danaro certa liquida ed esigibile234.

Detta azione veniva però considerata di carattere semi-petitorio, poiché la somma di danaro – seppur talvolta astrattamente – veniva ad essere oggetto della tutela nella sua materialità235.

Inoltre, era sottoposta a rigidi oneri formali: la procedura applicabile era fondata su prove con rigido valore legale. Peraltro, la concessione di detto writ era subordinata all’esborso di importanti somme di denaro. Infine, la giurisprudenza di equità aveva sviluppato tutta una serie di tutele a beneficio del debitore, che rendevano l’uso del

writ of debt spesso insoddisfacente236.

Questi inconvenienti rendevano l’uso di detta form ben poco soddisfacente.

232 MOCCIA, voce Contract, Enc. giur. Treccani, p. 2: “[…] le forms of action hanno inciso in maniera determinante sull’elaborazione ed evoluzione casistica-giurisprudenziale di nozioni e regole di diritto sostanziale all’interno di esse foggiate, quasi come in uno stampo, dai giudici e dagli avvocati (i forensi) di dette corti. E’ qui sufficiente ricordare che si trattava di azioni nominate […] mediante il ricorso ad apposite formule (in latino), sotto le quali s’includevano particolare ipotesi […] Donde lo stretto rapporto tra la tutela (remedy) perseguibile con un determinato tipo di writ, a sua volta congiunto ad una tipica procedura, e la situazione giuridica soggettiva (right) che poteva esser fatta così valere”.

233 PLUCKNETT, op. cit., p. 362 ss. .

234 SIMPSON, A history of common law of contract, the rise of the action of assumpsit, Oxford, 1975, p. 43, p. 61; Nonché ampiamente, anche per le caratteristiche che si esamineranno in seguito v. PLUCKNETT, op. cit., p. 633. Ancora, ampiamente, su origini e caratteristiche FIFOOT, Tort and Contract, Londra, 1949, p. 217 ss.. 235 CAVANNA, op. cit., p. 504. CRISCUOLI, op. cit., p. 21; MOCCIA, op. cit., p. 4: l’inadempiente la controprestazione non è altro che un soggetto che detiene illecitamente la somma di danaro versata dal promissario.

236 POLLOCK, The history of the English law before the time of Edward I, Clark, 2008, p. 203 ss. . SIMPSON, op. cit., p. 120: ci si riferisce in particolar modo al declino del bond quale strumento in base al quale veniva sovente richiesto il writ of debt.

Vi era poi il writ of covenant, utilizzabile per forzare l’adempimento dell’impegno trasfuso in un deed237, fuori dai casi in cui si potesse utilizzare il writ of debt.

E’ stato notato che il writ of covenant e il writ of debt, in sostanza, erano assimilabili alle tutele offerte ai contratti formali e ai contratti reali del periodo romano – giustinianeo238.

In particolare, il writ of covenant, in qualche modo confusamente, ma già tradiva l’attenzione dei giudici di common law per l’elaborazione di un’azione generale di adempimento239: nello specifico, ogni evoluzione in tal senso di detto writ è stata però bloccata dall’introduzione, nel XIV dell’obbligo di allegazione dell’act under

seal (il deed appunto) e, più in generale, alla distribuzione dell’onere della prova240. Rispetto a quelli descritti, vennero rilasciati con una certa frequenza, in questo periodo, nuovi writs, inizialmente in via di privilegio e dietro pagamento di somme importanti, poi su vasta scala e senza necessità di cospicui esborsi.

E’ stato notato, in questo contesto, come “lo sviluppo della common law non fu altro,

appunto, che il progressivo crescere del numero di azioni esperibili presso le tre Corti di Westminister”241.

Questa crescita esponenziale del sistema di tutele aveva contribuito a incrinare il rapporto tra autorità centrali e locali: fu allora che ad opera di Edoardo I venne adottato il Secondo Statuto di Westminister (1285)242.

Nel documento si imponeva al sovrano, e per lui al Cancelliere, di non rilasciare nuovi writs. Nondimeno, si ammetteva l’estensione analogica dei writs per i casi che avessero manifestato evidenti sovrapposizioni con quelli descritti nei writs esistenti, ciò con lo scopo di evitare l’inconveniente di denegare giustizia, in un mondo ancora

237 SIMPSON, op. cit., p. 10 ss., in particolare p. 23 e p. 47. Sul rapporto tra writ of debt e writ of covenant si v. p. 70. PLUCKNETT, op. cit., p. 365 e 634. In generale, ampiamente, FIFOOT, op. cit., p. 255; BLACKSTONE, Commentaries on the Laws of England, III, Londra, 1800, p. 156.

238 MOCCIA, op. cit., p. 3, poi p. 5: per il writ of debt nel senso che per ottenere tutela restitutoria l’attore doveva aver dimostrato di aver consegnato il bene promesso (questa condizione dell’azione, sulla cui portata sostanziale si discute – anche se nell’ottica delle forms of action le distinzioni potrebbero non rilevare – si chiama quid pro quo). L’A. segnala anche come vi fossero state delle notevoli fughe in avanti con riferimento a detta azione, la quale era stata riconosciuta, anche senza quid pro quo, per la vendita fra mercanti di cose mobili.

239 BLACKSTONE, op. cit., p. 158. 240 SIMPSON, op. cit., p. 117.

241 CAVANNA, op. cit., p. 513 e ss., dove si rende conto anche degli ulteriori sviluppi. 242 PLUKNETT, op. cit., p. 28.

organizzato in chiave feudale, dove pertanto il sovrano era l’organo giurisdizionale di ultima istanza.

Lo sviluppo dell’istituto dell’ action of assumpsit.

Non è possibile affermare che nel contesto appena descritto fosse già emerso un concetto unitario ed sostanzialmente emancipato di contract243.

L’assenza di un’articolazione unitaria e dogmatica del concetto di contract ha influito necessariamente anche sui tempi necessari per l’elaborazione dei suoi elementi fondanti, in una continua dialettica fra diritto e diritti attribuiti nel caso concreto244.

E’ stato notato che le azioni di debt e covenant non potevano offrire alla lunga un adeguata tutela alle ragioni delle parti: “thought intrinsically capable of rich

development, had been stunted by technical rules, the former by the insistence upon seal, the latter by the doctrine of Qui pro quo”245.

243 Così CAVANNA, op. cit., p. 481: “Il diritto inglese, da parte sua, come diritto sostanzialmente autoctono di ceppo anglo-normanno, non prese a prestito che taluni modelli formali e metodici dallo ius commune, di cui subì un’influenza ben circoscritta. E non stupisce allora che ad esso sia rimasta completamente estranea la prospettiva sistematica, dogmatica, normativa del corpus giustinianeo. Tuttavia la common law risulta, a sua volta, singolarmente vicina allo spirito del diritto romano classico: analogamente a quest’ultimo, infatti essa è fondamentalmente una case law non scritta, cioè una giurisprudenza che si fonda sulla decisione degli specifici casi concreti piuttosto che sul dettato formale ed astratto della legge. Anzi […] tale giurisprudenza giunge creativamente alla norma (non scritta) entro un’angolazione processuale e partendo dalla soluzione dei casi singoli”.

244 CRISCUOLI, op. cit., p. 13: “Orbene, queste azioni rimasero, così come formulate, sostanzialmente immutate fino al termine del XV secolo: sì che non si può dire che, fino a questa data, si ebbe un concetto generale di contract, come rapporto vincolante in ogni caso le parti e come tale giuridicamente garantito. Gli accordi che ricevevano tutela erano esclusivamente quelli previsti dalle superiori quattro azioni giudiziarie e, peraltro, la tutela poteva essere ottenuta solo in ordine alle inadempienze rigidamente ipotizzate.”. Rileva l’A. che, con l’esclusione del writ of covenant, le altre azioni proteggevano, in un’ottica comparatistica e di analisi storica, più da un illecito extracontrattuale che contrattuale. In effetti poi, anche per quel che concerne il writ

of covenant, per quanto, diremmo noi, si possa discutere della qualifica dell’azione, resta comunque la

preponderante valenza del documento sul contenuto. Un medesimo ordine di considerazioni può farsi per il

writ of debt, rispetto al quale si è già detto della controversa natura, se contrattuale o extracontrattuale e se

protettivo dei meri contratti reali o se basato sull’accordo.

Sul significato del termine contract quale “voluntary transaction recognized at law as giving rise to a debt” nel contest dell’uso del writ of debt nei rapporti informali v. SIMPSON, op. cit., p. 136 e ss., p. 186, nel quale peraltro l’A. rifiuta l’idea secondo cui ci fosse una teoria dell’agreement in senso moderno.

Esisteva un antichissima serie di azioni di danno, orbitante nell’ambito del tort246. Tali azioni erano di competenza delle Corti regie, trattandosi di ipotesi in cui – in un ottica ancora tipicamente medievale e proprietaria del regno – tali atti erano visti come turbative della pace regia247. Nondimeno, l’attore in definitiva agiva per ottenere il risarcimento del danno per un wrong che aveva patito248.

Tale gruppo di azioni prendeva il nome di trespass249, così definita, con una locuzione che è divenuta celebre: Trespass, in its largest and most extensive sense,

signifies any trasgression or offence against the law of nature, of society, or of the land in which we live; whether it relates to a man’s person, or his property250.

Se ne conoscevano diverse declinazioni, il trespass to person (per violenza diretta contro la persona dell’attore), il trespass to goods (per il caso di violenza volta all’illegittima appropriazione di cose mobili) e infine il trespass to land (per lo spoglio violento di immobili)251.

Rispetto al writ of debt, però, la procedura era molto più favorevole all’attore: senza scendere nello specifico, in questo caso vi era la presenza della giuria, che assicurava una maggiore fedeltà dell’interpretazione dei fatti alla realtà oggettiva252.

A partire alla fine del XIV secolo si iniziò a riconoscere l’accoglibilità dell’azione di

trespass anche in meri casi di inadempimento contrattuale, privi cioè anzitutto del

connotato della turbativa253.

La versione dell’azione di trespass, svincolata dalla denuncia della turbativa della pace regia, prese il nome di trespass on the case254: si dice ‘on the case’ appunto

246 CHITTY, On contracts, I, Londra, 2010, p. 30.

247 KIRALFY, The action on the case, Londra, 1951, p. 34 e 35. 248 SIMPSON, op. cit., p. 205 ss. .

249 PLUCKNETT, op. cit., p. 369 ss., ipotizza le possibili origini storiche del trespass; così FIFOOT, op. cit., p. 44 ss., da p. 56 ss. si possono leggere le formulae.

250 BLACKSTONE, op. cit., p. 208 ss. .

251 La descrizione della struttura originaria di detti writs è in CAVANNA, op. cit., p. 517. Si v. POLLOCK,

op. cit., p. 166 ss. .

252 MOCCIA, op. cit., p. 9; SIMPSON, op. cit., p. 220.

253 Così significativamente ed esaustivamente CAVANNA, op. cit., p. 518: “[…] l’utilizzazione estensiva di questo writ determinò lungo i secoli XIV e XV la graduale emersione di una catena di azioni nuove, particolarmente importanti in campo contrattuale. Ciò avvenne a mano a mano che le Corti regie si persuasero a prendere in esame la possibilità di concedere un risarcimento anche in ipotesi in cui il danno non fosse stato provocato mediante illecita turbativa e violenza. Il presupposto di questa estensione del trespass fu insomma l’idea che le circostanze del caso, allegate dall’attore, evidenziassero un danno cagionatogli dalla controparte, meritevole di essere preso in considerazione anche al di fuori di un’ipotesi di violenza e giustificassero quindi un trattamento analogo a quello del trespass.”. SIMPSON, op. cit., p. 202.

perché più che il riferimento alle armi o alla violenza fisica, come elementi qualificanti predeterminati, l’atto di trespass era descritto dall’attore nella narrativa255.

Sono stati messi in luce i principali elementi che facevano dell’azione di trespass on

the case la vera e propria precognitrice di un’azione generale di (risarcimento del

danno da) inadempimento: l’elemento maggiormente peculiare era quello per cui, pur mantenendo una struttura di tutela dall’illecito extracontrattuale, l’azione di

trespass on the case tutelava (anche se solo indirettamente) l’inadempimento ad un

patto256.

Ma perché l’inadempimento veniva visto come danno, era necessario ideare un sistema che ne garantisse l’imputabilità al debitore (diversamente, e così nel primo periodo accadeva, la Corte avrebbe rigettato in rito la pretesa dovendosi utilizzare il

writ of covenant o il writ of debt): ecco che il criterio di imputazione venne rinvenuto

nel fatto che il debitore si era assunto l’obbligazione di eseguire una determinata prestazione: si disse, assumpsit super se257.

Per via dell’addentellato terminologico, l’azione prese il nome di action of

assumpsit.

Un importante innovazione che venne introdotta lungo il XVI secolo (sebbene numerosi casi si contassero anche antecedentemente), ad opera dei giudici, fu quella di prevedere l’applicabilità dell’action on the case of assumpsit non solo nel caso di una condotta attiva che costituisse inadempimento (segnatamente, per negligenza) ma anche nel caso di una condotta meramente omissiva, chiamata nonfeasance258:

254 PLUCKNETT, op. cit., p. 373. FIFOOT, op. cit., p. 68 ss., da p. 78 e ss.. È possibile leggere una raccolta di casi: si v. poi p. 362 ss. .

255 KIRALFY, op. cit., p. 49 ss. .

256CRISCUOLI, op. cit., p. 19. SIMPSON, op. cit., p. 204 - 207 elenca una serie di esempi risalenti alla seconda metà del XIV sec. . L’evoluzione dell’azione di trespass, peraltro, è stata considerata alla base dell’intera evoluzione delle forms of action, così POLLOCK, op. cit., p. 564.

257 Ibidem, p. 210 riporta anzitutto il primo passo: allegare non l’accordo (che avrebbe rischiato di portare al rigetto in rito) ma l’assunzione di responsabilità in concreto da parte del convenuto di evitare quel danno, del cui risarcimento si tratta (allegation of undertaking). Al non diretto riferimento all’accordo nell’assumpsit on

the case l’A. riconduce l’iniziale scollamento fra contract e agreement nella common law: si allegava un atto

od un fatto che palesasse un’assunzione di responsabilità (si v. p. 229 sulla responsabilità professionale). Si v. anche PLUCKNETT, op. cit., p. 638 e KIRALFY, op. cit., p. 90, poi a p. 139 in cui l’A. tratta anche del problema dei limiti della punibilità della misfeasance e dei rapporti con l’assumpsit.

258 PLUCKNETT, op. cit., p. 639. KIRALFY, op. cit., p. 42 e p. 146 ss. in cui l’A. ricollega lo sviluppo della tutela dalla nonfeasance alla necessità di passare da “systems of barter throught ready money transaction to the modern credit system”.

fino a quel momento l’impostazione on the case basata sulla nonfeasance era stata rigettata perché priva del connotato del trespass e quindi ricondotta al writ of

covenant259 (impossibile da azionare in assenza di un deed).

Anche la necessità dell’assunzione di responsabilità esplicita per l’inadempimento, presto, risultò ridondante, potendo essere sufficiente la ricognizione implicita di detto intento260.

Si suole riferire il momento della svolta nella costruzione – anche in parte dogmatica – della figura del contratto, alla pronuncia da parte della Court of Exchequer

Chamber nel caso Slade (4 Coke’s Reports, 94a [E.R. vol. 76 1077]). La

fondamentale presa di posizione dei giudici fu che era possibile esercitare l’action of

assumpsit on the case anche nel caso in cui fosse proponibile il writ of debt e non

solo per ottenere il risarcimento del danno da inadempimento, ma per ottenere anche la somma capitale (ovviamente solo nei casi in cui sarebbe stata esperibile l’azione di debt) 261.

Uno degli stratagemmi che era stato utilizzato per far ammettere l’action of

assumpsit nei casi coperti dal writ of debt era stato quello di allegare on the case o la

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