DONNE RIFUGIATE IN ITALIA E GIORDANIA
4.4 L’APPROCCIO AL FUTURO: ESSERE STRANIERI IN UN MONDO DI PORTI CHIUS
4.4.2 IL FUTURO, IN ITALIA
Parlando con le donne rifugiate in Italia che ho incontrato, a mio parere spesso traspare un atteggiamento di passività rispetto alle proposte riguardanti il loro futuro.
Bisogna affermare ancora una volta, che l’eterogeneità delle rifugiate in Italia, rispetto alle siriane in Giordania, non ci permette di parlarne come un gruppo uniforme, che riporta le stesse storie di vita.
A mio parere, ci sono alcuni fattori che condizionano, per lo più negativamente, gli approcci al futuro delle donne rifugiate in Italia:
La domanda di asilo in Italia: la Convenzione di Dublino impone all’individuo di depositare la propria richiesta di protezione nel primo paese d’arrivo; se si cerca di attraversare le frontiere, a causa del sistema Eurodac, le forze dell’ordine hanno l’obbligo di rimandare in Italia coloro che trovano registrati come richiedenti nel paese. Questo comporta una sorta d’impossibilità nel creare progetti, fissare obiettivi a breve o lungo termine, a causa del continuo senso di regressione della propria
posizione e l’insicurezza dovuta all’eccessivo uso di potere da parte delle forze dell’ordine.
La durata dei procedimenti: il processo di deposito, valutazione e risposta della
domanda d’asilo può protrarsi a lungo nel tempo. Questo incide molto sulle condizioni delle richiedenti, che vivono in attesa della risposta della commissione, sperando sia positiva. Alle richiedenti viene rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo, valido nel territorio nazionale per sei mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda o per il tempo in cui si è autorizzati a rimanere nel territorio nazionale. Consente di svolgere attività lavorative, anche se non può essere convertito in
permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ostacolando di gran lunga la possibilità di ottenere un impiego stabile e ben retribuito.
Lo spostamento in altri paesi: la maggior parte delle richiedenti in Italia, dichiara, dopo aver ottenuto la protezione, di volersi spostare verso altri paesi, quali , per es, Francia, Germania, Gran Bretagna, soprattutto per la presenza, già consolidata nei territori, di amici, conoscenti e familiari, arrivati anni prima. Ai titolari di permesso di soggiorno
per asilo, le Questure rilasciano un documento di viaggio, con validità quinquennale, per consentire i viaggi fuori dal territorio nazionale.
Il mercato del lavoro: per l’Italia, le competenze e le qualità personali delle rifugiate, costituiscono un potenziale economico significativo, anche se non si sono ancora realizzati degli interventi coordinati per il loro ingresso a pieno nel mercato del lavoro e per la valorizzazione delle loro potenzialità. Inoltre, il mercato del lavoro attuale è caratterizzato da contratti a chiamata, part-time, stagionali che non danno la continuità di entrata necessaria per far fronte ai costi della vita, soprattutto per le donne sole che non hanno una rete familiare di riferimento presente nel territorio.
Lunghi periodi senza occupazione: quando sono trascorsi lunghi periodi senza occupazioni, la persona perde la fiducia in se stessa e la motivazione. Le donne
richiedenti e rifugiate devono essere supportate da parte dei servizi prima di accettare un’occupazione, per potere conoscere le consuetudini dei luoghi di lavoro, per
CONCLUSIONI
I gruppi di donne rifugiate o richiedenti asilo che ho incontrato differiscono per vari aspetti come, per esempio, la provenienza, la motivazione dello sradicamento dal paese d’origine, la cultura, il rapporto con la maternità, di cui ho argomentato nei vari capitoli di questo lavoro di tesi. Esse possono diventare vittime di molteplici pericoli, vivono il disagio, la sofferenza, la deprivazione; affrontano il loro destino come mogli e madri, talora in solitudine o con i figli, vivono nel limbo dell’attesa o fanno lavori umili e pesanti per sostenere la famiglia,
soprattutto quando gli uomini non ci sono; subiscono violenze ed umiliazioni, traumi insanabili che determinano anche la speranza di un futuro .
Credo fermamente che esse siano principalmente persone che hanno diritto ad avere sogni e ambizioni di riscatto, tranquillità e certezze . Non sono un numero dentro gli studi statistici, una percentuale, una domanda di protezione internazionale,
In Giordania e nel territorio veneziano ho incontrato donne, madri e non, rifugiate e
richiedenti asilo, ho incontrato donne che hanno subito uragani fisici e psicologici, sia nei loro paesi d’origine che nei mondi raggiunti; ho conosciuto donne con culture e religioni che ho imparato a rispettare; ho avvicinato donne dagli sguardi sicuri ,ma col cuore pieno di lividi; ho ascoltato donne che mentre sorridevano, ingoiavano lacrime; ho incontrato donne che
avevano il diritto di avere risposte ai bisogni loro e dei propri figli, in tempi brevi, ma non era spesso possibile per la complessità delle procedure d’asilo.
Ho incontrato donne forti, indomabili, coraggiose eppure vulnerabili. Ho imparato ad avvicinarmi loro con attenzione, rispetto ed umiltà.
Ho imparato a pormi in ascolto, empaticamente, per provare a capirle, senza avere l’arroganza di capire davvero, perché le esperienze e le culture di queste donne sono troppo distanti dalla mia realtà.
Ho fatto queste esperienze negli ultimi tre anni della mia vita e dal febbraio 2020 ad oggi, momento in cui sto completando il mio corso di studi, abbiamo vissuto, in Italia e nel mondo, insieme a donne e uomini migranti, la pandemia del coronavirus, che per loro è un’emergenza che si è sommata alle altre pesanti situazioni critiche già vissute.87
Sono convinta che l’ospitalità universale sia un diritto e che lo straniero debba essere trattato secondo giustizia ed umanità quando arriva sul suolo di un altro paese.
I flussi migratori hanno da sempre creato ansia perché lo straniero, è, appunto, “strano”, non conosciuto, ma credo sia solo nell’incontro e nel dialogo che si riescano ad individuare vie di pace. Possiamo imparare a non demonizzare l’altro perché diverso, ad accogliere ,arrivando ad una convivenza serena e vantaggiosa per tutti, collaborativa e solidale. Secondo me non ci sono alternative praticabili. La crisi migratoria ci rivela che tutti noi uomini abbiamo un destino comune, viviamo sulla stessa terra.
Servono professionisti esperti e preparati che accolgano queste donne, che supportino la loro complessa vulnerabilità, che lavorino in sinergia con i servizi specialistici, che ne considerino la provenienza etnica. Essi devono sostenere in modo empatico e non giudicante anche le donne che, per scelte personali e culturali, vivono situazioni che nella mentalità occidentale possono sembrare inconcepibili. Gli operatori non sono tenuti a conoscere tutte le sottili distinzioni che caratterizzano le culture delle persone che incontrano nei servizi, ma devono riconoscere i propri pregiudizi per controllarli e operare col massimo rispetto .
Serve un’alta professionalità per rispondere ai diritti delle donne e degli uomini migranti. Far ottenere la protezione di cui hanno diritto queste persone e rafforzarne l’autostima e le risorse, puntando all’autodeterminazione e all’affrancamento dai servizi , sono gli obbiettivi principali di coloro che lavorano all’interno della protezione internazionale.
Per le donne sembra più difficile, sia a causa dei pregiudizi e dei modelli sessisti e misogini sia del paese di arrivo che all’interno delle comunità d’appartenenza, oltre alla percezione di sé e alla fiducia nelle proprie capacità.
Riappropriarsi della propria vita e riporre speranze nel futuro, non è semplice per chi ha perso tutto e non è favorito da atteggiamenti includenti, dal rispetto e dalla consapevolezza che gli stereotipi di genere sono diffusi ma enormemente esagerati se non del tutto falsi. Mi auguro di poter lavorare nell’ambito dell’immigrazione e della protezione internazionale come assistente sociale, continuando a credere nella necessità dell’ inclusione per poter costruire una società sempre più multiculturale.
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio, innanzitutto, le mie due relatrici, la Prof. Campomori e la Prof. Marchetti, che hanno accettato di accompagnarmi con la loro competenza e che mi hanno guidato durante il
periodo di stesura della tesi, consigliandomi ed indirizzandomi.
Ringrazio la Prof.ssa Brunello, mia tutor universitaria durante il tirocinio magistrale, per aver accolto le mie richieste, per essere sempre stata pronta ad aiutare le sue studentesse, per aver ascoltato i nostri dubbi e le paure durante questi mesi di lockdown, per averci insegnato ad amare la professione dell’assistente sociale.
Ringrazio infinitamente la Dott.ssa Tonetto e i tutti i colleghi degli uffici del Comune di Venezia, dove ho svolto la mie esperienza di tirocinio, in particolare Valentina, Claudia e Francesco, Elisa, per avermi accolta, seguita, ascoltata, guidata. Ho imparato molto e sono loro grata.
Ringrazio gli amici dell’Associazione Catarsi di Dolo (VE), per essere sempre pronti a difendere i più deboli, impegnandosi per un mondo che, non solo accetta le diversità, ma le esalta in tutta la loro ricchezza. Grazie per essere “matti”, insieme a me.
Ringrazio gli amici dell’Associazione Non dalla Guerra (VI), per avermi dato l’opportunità di scoprire mondi lontani, dei quali mi sono innamorata, e di avermi aiutato a crescere.
Ringrazio i miei genitori per avermi insegnato i valori della compassione, della gentilezza, dell’attenzione all’altro, della solidarietà e della fratellanza; per avermi supportata in tutte le pazze imprese ed esperienze che ho portato avanti; per aver creduto in me, soprattutto quando io non ci riuscivo.
Grazie a mio fratello Tommaso con Jessica, e ai miei nonni, per esserci, sempre.
Ringrazio la mia famiglia allargata, tutti i miei zii e cugini, che mi vogliono bene, da sempre e di cui sento la stima e il supporto.
Ringrazio i miei amici più cari, per avermi supportato e sopportato in questi anni di studio. In particolare, grazie a Lisa e Benedetta per essermi amiche e sorelle, da sempre.
BIBLIOGRAFIA
1. Basso P. e F. Perocco, “Gli immigrati in Europa. Disuguaglianze, razzismo, lotte”, FrancoAngeli, Milano, 2018.
2. Basso P. “Razzismo di stato”, FrancoAngeli, Milano, 2018.
3. Perocco F., “Trasformazioni globali e nuove disuguaglianze. Il caso italiano”, Franco Angeli, Milano, 2018.
4. Gallino L. “Globalizzazione e disuguaglianze” Editori Laterza, Roma, 2007.
5. Gjergji I., “Sulla governance delle migrazioni. Sociologia dell’underworld del comando globale”, FrancoAngeli, Milano, 2018.
6. Anagnostopoulos K., “Psicologia per migranti: accoglienza e sostegno per rifugiati, profughi e richiedenti asilo, dall’emergenza all’integrazione”, Sovera, Roma, 2017. 7. Bales K., “I nuovi schiavi. La merce umana nell’economia globale”, Feltrinelli Editore,
Milano, 2006.
8. Guazzone L., “Storia contemporanea del mondo arabo”, Mondadori Università, Milano, 2019.
9. Isabel Fanlo Cortés e Daniele Ferrari, “I soggetti vulnerabili nei processi migratori: la protezione internazionale tra teoria e prassi”, Giappichelli Editore, Torino, 2020 10. Dell’Oro E., “Il mare davanti. Storia di Tsegehans Weldeslassie”, Edizioni Piemme,
Milano, 2017
11. Montanaro S. “Col cuore coperto di neve dell’amore e altre storie”, pubblicazione indipendente, 2016
12. Braeckman C., “Denis Mukwege. L’uomo che ripara le donne”, Fadango Libri, Roma, 2014
13. Bartolo P., “Le stelle di Lampedusa”, Mondadori, Milano, 2018
14. Pietro Bartolo P. e Tilotta L., “Lacrime di sale”, Mondadori, Milano, 2019
15. Passerini V. e Romagnoni G., “La solitudini di Omran. Profughi e migranti, cronache di una rivoluzione”, Il Margine, Trento, 2018.
16. Appadurai A., “Modernità in polvere. Dimensioni culturali della globalizzazione”, Raffaello Cortina Editore, 2018.
17. Fontana D. “Stress Counseling: come gestire gli stati personali di tensione”, Sovera, Roma, 1996.