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5. Fosfato/Citrato (Harris & Hopkinson,

4.2.1 Genesi dell’hotspot di diversità genetica

La storia evolutiva del tritone italico supporta il ruolo preponderante dell’introgressione tra linee divergenti nella formazione dell’hotspot osservato di diversità. Infatti non esistono evidenti segnali in nessuna area geografica abitata dal tritone di ampie popolazioni stabili nel tempo (vedi anche la demografia storica di Canestrelli 2011). Piuttosto è emerso uno scenario di eventi ripetuti di frammentazione in diverse porzioni dell’areale della specie e durante tutto il quaternario. Generalmente quando si parla di frammentazione si mettono in risalto i processi di deriva genetica che determinano una diminuzione della diversità all’interno delle popolazioni oppure in alcuni casi anche l’aumento di divergenza tra le popolazioni che ne può conseguire (confr. Young et al 1996 e Templeton et al 1990). Ma la frammentazione, se osservata in una prospettiva storica, può essere un meccanismo con cui le specie incrementano la loro diversità (vedi per esempio Canestrelli et al. 2010), e la storia evolutiva del tritone italico ne è un esempio.

Le zone dove linee divergenti si sono incontrate e hanno scambiato geni corrispondono alle aree di maggior diversità genetica. È piuttosto noto che le popolazioni delle aree di contatto per effetto della condivisione di alleli derivanti da linee divergenti presentino valori di variabilità intra-popolazionale maggiori rispetto alle popolazioni vicine e a quelle distribuite nelle altre parti dell’areale (vedi ad esempio Petit et al. 2003; Alexandrino et al, 2000; Sequeira et al 2005; Butlin e Hewitt, 1985; Hewitt, 1996). Ma l’aspetto sorprendente emerso dallo studio del tritone italico è che questo fenomeno è avvenuto più volte nel tempo e in varie zone geografiche differenti del ristretto areale della specie, determinando così un pattern diffuso di alti valori di variabilità genetica; pertanto non si tratta di un fenomeno marginale ma riguarda la quasi totalità dell’areale di distribuzione di questa specie. Un caso simile è quello del mammifero fossorio Talpa romana (Canestrelli et al, 2010), che ha un range di distribuzione analogo al tritone italiano: in questo caso solo le popolazioni Calabresi sono risultate quelle storicamente più frammentate e con livelli di diversità genetica nettamente superiori rispetto alle popolazioni distribuite a nord, le aree di discontinuità principali corrispondo a quelle osservate per il tritone; il popolamento dell’estremo sud (Aspromonte) però ha mostrato livelli relativamente alti di variabilità genetica a differenza di quelli osservati nel tritone, dove invece si sono riscontrati i valori più bassi. L’ipotesi degli autori della ricerca è che una popolazione sicula potrebbe aver scambiato geni con quella aspromontina durante le fasi di emersione dello stretto di

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Messina nei periodi glaciali, dal momento che la presenza della talpa nell’isola è stata registrata fino al 1800. Nel caso del tritone italico invece non vi sono evidenze attuali né fossili di una sua presenza in Sicilia e pertanto i popolamenti dell’Aspromonte hanno avuto la possibilità di scambiare geni solo con quelli distribuiti più a nord. Anche la correlazione ottenuta tra la distribuzione geografica dell’eterozigosi attesa e il grado di introgressione conferma la nostra ipotesi di relazione diretta fra il flusso genico tra forme differenziate e il pattern di diversità genetica nel tritone italiano.

Solo recentemente il ruolo dei processi di frammentazione e flusso genetico sono stati messi in relazione con la nascita di un hotspot di diversità genetica (per esempio Canestrelli et al, 2010), tuttavia esiste ampia documentazione di aree di rifugi multipli dove divergenze storiche e successivi scambi di geni si sono verificati anche in più occasioni tra il Pliocene e il tardo Pleistocene. Uno scenario di questo tipo sta emergendo specialmente in aree che sono state storicamente influenzate dalle trasgressioni marine che hanno portato alla formazione di paleo-isole (per esempio Italia, Egeo, Baja California, Filippine) (Santucci et al. 1996; Riddle et al., 2000; Papadopoulou et al., 2009; Canestrelli et al., 2010; Ravago-Gotanco & Juinio-Meñez, 2010) oppure in aree dove l’interazione tra il paleo-clima e la geomorfologia ha determinato cicliche frammentazioni degli habitat (per esempio Iberia, Australia, Nord America, Cina subtropicale) (Gómez & Lunt, 2007; Byrne et al., 2008; Wang et al., 2009; Shafer et al., 2010). La carenza di evidenze che supportano il ruolo di questi processi nella nascita degli hotspot di diversità possono essere riconducibili all’uso di marcatori genetici e/o a piani di campionamento non adeguati. Infatti inferenze sulla storia evolutiva di molte specie si basano su l’uso esclusivo di marcatori a eredità uniparentale (mtDNA e cpDNA), i più usati negli studi di filogeografia, i quali da soli spesso non sono in grado di far emergere le evidenze di ibridazione intraspecifica (Ballard & Whitlock 2004). Anche un campionamento poco rappresentativo, specialmente nelle aree di rifugio, spesso può mostrare solo una parte della variabilità di una specie. Il caso del tritone italiano è estremamente esemplificativo in questo senso. La variabilità genetica di questa specie è stata studiata già a partire dagli anni ’80 e vari lavori sono stati pubblicati (Ragghianti et al., 1980; Bucci-Innocenti et al., 1986; Ragghianti & Wake, 1986; Cataudo et al.,2000) ma un quadro esaustivo del pattern di variabilità genetica ci viene fornito solo da Canestrelli et al nel 2011, con uno screening ai marcatori mitocondriali su un campionamento ben distribuito lungo tutto l’areale della specie. Tuttavia solamente lo studio qui presentato, con un set di marcatori eterogeneo (mtDNA,

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nuDNA, e allozimi) su un campionamento a scala geografica fine, concentrato specialmente nel macro rifugio Calabrese, ha potuto risolvere la complessa storia evolutiva della specie e consentito di fare inferenze sui principali processi che hanno determinato la genesi dell’attuale hotspot di diversità. Tutto ciò ci lascia supporre che un pattern di questo tipo sia molto più diffuso di quanto precedentemente mostrato per molte specie e in diverse aree del pianeta. Infatti la frammentazione e l’ibridazione introgressiva possono aver giocato un ruolo preponderante in specie poco vagili e in contesti geografici tali da determinare periodi di isolamento e di contatti secondari, come per esempio paleoarcipelaghi, oppure attuali arcipelaghi un tempo continentalizzati, ma anche ambienti montani non a caso chiamati sky island dove, a seguito di cambiamenti climatici, l’habitat favorevole per alcune specie si contrae, si espande o si sposta lungo un gradiente altitudinale (Hewitt 1996, 2000, 2004a; Wiens 2004; Wiens & Graham 2005; Shepard e Burbrink 2008).

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