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Il disegno di legge in esame di iniziativa governativa, propone un’ampia ri- forma del sistema penale, fatta di numerose modifiche alla normativa pena- listica sia sostanziale che processuale, nonché all’ordinamento penitenzia- rio. È stato presentato precisamente dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro dell’economia e delle finanze il 23 dicembre 2014, in seguito è stato assegnato alla Commissione giustizia della Camera il 13 gennaio 2015 (C.N. 2798). È stato approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 23 settembre 2015, e trasmesso alla Pre- sidenza del Senato il giorno successivo (S.N. 2067) per essere poi assegnato alla Commissione giustizia il 29 settembre 2015. Dal 3 agosto 2016 si trova in trattazione in Assemblea. Già la commissione giustizia alla Camera ha operato una serie di interventi di modifica al testo originario presentato nel 2014. Come si vedrà, questi interventi si concretano, per la gran parte, in ri- tocchi modificativi oppure soppressivi al testo originario del disegno di leg- ge, nell’intento di razionalizzarlo. Accanto ai ritocchi, tuttavia, si collocano anche nuovi inserimenti nelle disposizioni generali e nella normativa sul ri- corso per Cassazione, anch’essi ispirati alla medesima logica. Sono stati ap- portati, infine, mutamenti anche alle direttive di delega per la riforma dei

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giudizi di impugnazione. In questo caso i ritocchi sono tutti soppressivi: in due ipotesi, tra l’altro, la soppressione è collegata ai nuovi inserimenti ap- pena accennati.

In linea generale il provvedimento si propone numerosi obiettivi, in primis quello di migliorare il funzionamento del sistema giudiziario penale, garan- tire la ragionevole durata del processo (senza che ciò comprometta l’assetto delle garanzie e dei diritti individuali coinvolti nell’accertamento penale, in ossequio al principio costituzionalmente garantito del giusto processo), e l’effettiva finalità rieducativa della pena nonché un maggiore e più efficace contrasto alla corruzione e ai reati contro la pubblica amministrazione (in- terventi ispirati dalle ultime gravi vicende giudiziarie che hanno interessato, tra le altre, l’EXPO di Milano, il MOSE di Venezia e l’amministrazione del- la Capitale).

L’originale disegno di legge (C.N. 2798) risultava costituito da quattro Tito- li. Il titolo I introduce modifiche al codice penale. Il titolo II propone delle modifiche al codice di procedura penale ed è composto da tre capi. In parti- colare il capo III riguarda la disciplina dei mezzi di impugnazione. Anche il titolo III prevede delle modifiche al codice di procedura penale, oltre che la normativa di organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero. Il titolo IV infine contiene deleghe al governo per la riforma del processo e dell’ordinamento penitenziario. La struttura del d.d.l. non è mutata con l’approvazione alla Camera e il passaggio dello stesso al Senato.

Il disegno di legge in questione nella parte relativa alla riforma del processo penale è stato elaborato prendendo come riferimenti una serie di documenti e proposte elaborate nel corso degli anni. Come fatto presente nel corso del- la trattazione, una riforma di questo tipo era auspicata da tempo, dunque non sono molte le novità rispetto alle proposte che sono state elaborate in mate- ria a partire dall’entrata in vigore del “nuovo” codice di procedura penale del 1988. In particolare il provvedimento in questione ha tenuto conto dei risultati della Commissione ministeriale di studio per la riforma del codice di procedura penale, istituita con decreto del Ministro della giustizia del 26

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luglio 2006, e presieduta dal prof. Giuseppe Riccio, ordinario di procedura penale presso l’Università degli studi “Federico II” di Napoli. La commis- sione in questione è stata istituita poco dopo l’entrata in vigore della c.d. legge Pecorella (n. 46 del 2006) con la quale era stato significativamente ri- formato il sistema dei gravami con particolare riferimento sia ai casi di ri- corso per Cassazione, sia alle situazioni di legittimazione ad appellare. In relazione a quest’ultimo profilo, la riforma era stata “demolita” dall’intervento della Corte costituzionale (C. cost., n. 26 del 2007) che, cen- surando alcune modifiche apportate con la legge in questione, ha di fatto ri- proposto il vecchio modello strutturale. I lavori della commissione Riccio si pongono sulla stessa lunghezza d’onda, proponendosi di conservare larga parte delle scelte del codice del 1988 operando gli aggiustamenti ritenuti necessari60.

Tra le altre documentazioni prese in considerazione per la stesura del d.d.l. in esame è stato determinante il contributo della Carta di Napoli ma in modo particolare quello della Commissione di studio Canzio, il cui lavoro è in gran parte confluito nel testo della suddetta proposta di legge, a volte inte- gralmente, a volte con qualche leggera modifica.

In questa sede saranno esaminate nel dettaglio le proposte in tema di impu- gnazioni contenute nel titolo II di entrambi i d.d.l., le quali sono state ogget- to di numerose modifiche.

Lo strumento che si intende utilizzare per realizzare queste riforme è dupli- ce: da un lato sono state predisposte norme immediatamente operanti; dall’altro sono state elaborate direttive di delega, essendosi valutata la ne- cessità, per alcuni aspetti interessati dalla riforma, di un’approfondita analisi dei rapporti che essa ha con altre parti della disciplina processualpenalistica. Il provvedimento in questione si caratterizza per la grande varietà delle pro-

60 Relazione della Commissione Riccio - per la riforma del codice di procedura penale (27

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poste ivi contenute, tanto che è stato definito di natura “mista”61, nel senso che in esso convivono modifiche immediatamente operanti sul tessuto nor- mativo e direttive di delega a cui si deve invece dare attuazione.

Le modifiche proposte sono numerose, e saranno esaminate confrontandole anche con la disciplina attualmente in vigore. Al di là del parere sui singoli interventi presentati, va da subito apprezzata la scelta di fondo di tale propo- sta di legge, cioè quella di intervenire in modo globale sulla tematica delle impugnazioni, che si contrappone alle precedenti scelte effettuate. Finora infatti la materia è stata oggetto di interventi o di proposte settoriali sui sin- goli mezzi impugnativi, che hanno interessato più frequentemente l’appello o il ricorso per Cassazione, a seconda delle necessità che di volta in volta si manifestavano. Ciò ha contribuito alla presenza nel nostro ordinamento di una disciplina estremamente frammentata in materia, che i d.d.l. in questio- ne si propongono di razionalizzare e semplificare.

Le proposte in tema di impugnazioni contenute prima nel disegno di legge C.N. 2798 poi nel d.d.l. S.N 2067 vanno sicuramente collocate sotto un’insegna semplificatrice: lo conferma l’intitolazione del Capo III (artt. 17- 21) del Titolo II del d.d.l. 2798 (il titolo corrispondente nel d.d.l. 2067 è sempre il II, capo III, gli articoli però vanno dal 21 al 25) che suona appunto “Semplificazione delle impugnazioni”. Alcuni in realtà hanno affermato che con questa riforma anziché razionalizzare e semplificare la disciplina vigen- te che da tempo si è trasformata, come si legge nella relazione di accompa- gnamento al d.d.l. 2798, in una sorta di ‹‹percorso di ostacoli e preclusioni

che compromettono l’efficienza del sistema e assicurano impunità››, la si

rende ancora più complessa.

61 Afferma M. Bargis, Primi rilievi sulle proposte di modifica in materia di impugnazioni

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2: Modifiche alle disposizioni generali sulle impugnazioni: