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Gentili e la cultura inglese Il giurista ed il machiavellista.

Una relazione ambivalente: scambi culturali, esuli e circolazione delle opere nell’Inghilterra elisabettiana.

Nel corso dell'età Tudor l'interesse per la cultura italiana in Inghilterra conobbe una fase di sviluppo considerevole. Ad attrarre le attenzioni delle élite aristocratiche ed intellettuali furono in particolar modo la gloria del passato politico italiano, incarnato nella grandiosità immaginifica dell'Impero romano e l'alta, raffinatissima forma di cultura rinascimentale che dalla Penisola si propagava in tutta Europa1. La crescita dell'interesse inglese verso le altre culture europee, come ha messo in rilievo Hale, aveva ricevuto un'accelerazione decisiva per effetto dell'impegno della monarchia britannica nelle guerre europee, in maniera specifica nelle estenuanti e sanguinose guerre d'Italia, quando attraverso le alleanze in continuo mutamento si andò formando uno spettro di rappresentazioni reciproche delle monarchie europee che contribuì a focalizzare e razionalizzare in maniera più precisa le divisioni politiche del continente2. Accanto a questa contingenza della politica, si intravedeva il lavorio sotterraneo della diplomazia cinquecentesca che, alla ricerca di una propria identità attraverso la definizione di forme, regole, contenuti, concorse in maniera determinante, secondo una logica dinamica di inclusione ed esclusione, a interpretare le divisioni politiche e le corrispettive alleanze3. Nell'accresciuto interesse per la cultura italiana ebbe quindi un

1 M. VALENTE, Italia the Dreamland of the English fancy, scambi culturali anglo-italiani all'epoca dei

Tudor, in corso di pubblicazione.

2 J.HALE, England and the Italian Renaissance, the Growth of Interest in its History and Art, London, Faber&Faber, 1954, pp. 1-21.

3 T. HAMPTON, Fictions of Embassy. Literature and Diplomacy in Early Modern Europe, op.cit., p. 5: “Modern diplomacy took shape through and in the innovative rhetorical culture of Renaissance humanism. Beginning in the middle of the fifteenth century in Italy the traditional rituals of ad hoc communication and negoziation that had characterized medieval diplomacy began to undergo a set of transformations”. Cfr. anche G. MATTINGLY, Renaissance Diplomacy, op. cit., p. 47: “Diplomacy in the modern style, permanent diplomacy, was one of the creations of the Italian Renaissance. It began in the same period that saw the beginnings of the new Italian style of classical scolarship […] The new diplomacy was the functional expression of a new kind of State”.

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ruolo affatto trascurabile la trasformazione in atto nella sfera politica, grazie alle cui nuove necessità interpretative e relazionali si diffuse l'interesse per la storia delle nazioni che - attraverso la lingua italiana ed il modello del Machiavelli e del Guicciardini, come testimoniato dalla pubblicazione della Historie d'Italie di William Thomas nel 15494 - si proiettava sulle implicazioni politiche del suo studio e sul suo utilizzo come grammatica interpretativa del presente attraverso il passato. La maggiore sensibilità all'influenza di forme culturali e intellettuali elaborate dalla cultura umanista e rinascimentale si riscontrò nelle sfere più elevate dell'aristocrazia di corte ed i circoli culturali che facevano loro capo, permettendo così alla cultura umanistica di giocare un ruolo importante anche nel processo di ridefinizione dell'identità culturale inglese soprattutto negli ultimi decenni del XVI secolo5. Da un punto di vista culturale la trasformazione lavorava ancora più in profondità: Jonathan Woolfson ha messo in evidenza come l'umanesimo – e la sua ars retorica – avessero apportato una vera e propria rivoluzione all'intero milieu culturale e intellettuale europeo, a partire dalle stesse forme d'articolazione del pensiero e della comunicazione6. Questa genesi e la sua specifica dinamica di trasmissione e rielaborazione spiegano la caratteristica che acquistò l'umanesimo dell'età Tudor, in cui le tradizionali fonti classiche e rinascimentali vennero recepite e plasticamente riadattate – in senso ampiamente secolarizzato - alle esigenze e alle problematiche sociali, politiche, religiose7. Manfred Pfister ha osservato come, nello specifico rapporto tra Italia ed Inghilterra, il processo di trasmissione culturale fosse contraddistinto, nel XVI secolo, da una direttrice d'influenza “one-way”8: questa forma di trasmissione di cultura, aiutata da frontiere culturali estremamente permeabili al fascino di Dante, Petrarca, Machiavelli, Tasso – venne veicolata dal flusso di viaggiatori che dall'Italia affluivano oltremanica. Non di rado questi viaggiatori erano esuli, politici o religionis causa, che si stabilivano o

4 Ibidem, pp. 2-3; Cfr. anche D. B. WOODFIELD, Surreptitious Printing in England, 1550-1640, New York, Bibliographical Society of America, 1973, p.9.

5 M. WYATT, The Italian Encounter with Tudor England. A Cultural Politics of Translation, Cambridge, Cambridge University Press, 2005, p. 17: “Earlier Anglo-Italian scholarship delineated the impact that high Italian Renaissance culture had in the re-invention of England’s cultural life in the sixteenth century”; sul tema resta utile il riferimento a L. EINSTEIN, The Italian Renaissance in England, New York, The Columbia University Press, MacMillan Company agents, 1902.

6 J. WOOLFSON, Introduction in Reassessing Tudor Humanism, edited by ID., Basingstoke, Palgrave- McMillan, 2002, p. 2; Cfr. anche Q. SKINNER, Reason and Rhetoric in the Philosophy of Hobbes, Cambridge, Cambridge University Press, 1996, pp. 51-65.

7 Q. SKINNER, Reason and Rhetoric, pp. 72-74.

8 M. PFISTER, Performing National Identity. Anglo-Italian Cultural Transactions. Edited by M. PFISTER and R. HERTEL, Amsterdam- New York, Rodopi, 2008, p. 16.

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soggiornavano in Inghilterra in cerca di un rifugio dalla stretta alleanza tra Spagna e Chiesa e dalle repressioni autoritarie politiche ed inquisitoriali9. Woolfson, e converso, ritiene importante prendere in esame anche il contributo al processo di trasmissione della cultura rinascimentale da parte dei viaggiatori inglesi che si recarono in Italia: studiosi, esuli religiosi come John Cheke durante il regno di Maria I Tudor, ed assieme a loro, personaggi sfuggiti al racconto storico, che contribuirono in maniera notevole a forgiare il clima in cui “the later Tudor engagement with Italian culture, in all its richness and ambivalence, took place”10. È opportuno precisare, come segnala Wyatt, che la comunità degli esuli italiani residenti in Inghilterra non raggiunse mai una consistenza particolarmente numerosa, anzi, il numero di italiani presenti a Londra durante l’età elisabettiana superò di poco il centinaio di unità. Inoltre, va tenuto in considerazione il fatto che solo una ristretta minoranza, tra i membri di questa già sparuta comunità italiana, fosse coinvolta in attività intellettuali o culturali11. Un drappello di uomini di cultura, insegnanti, letterati, talora avventurieri, fu dunque in grado di dare vita ad una mirabile e fitta rete culturale di scambio con le punte più avanzate dell'aristocrazia e del milieu intellettuale inglese, all'interno del quale poté diffondersi e divenire popolare la cultura rinascimentale italiana e, grazie ad essa, presero a fiorire e diffondersi idee e progetti di riforma religiosa e politica12. La forza attrattiva di una simile rete culturale si basava anche su una speciale relazione empatica che si instaurava tra coloro i quali fossero entrati a contatto con la cultura italiana, o ne parlassero la lingua, ed una visione immaginifica dell'Italia: costoro finivano infatti per sentirsi in una singolare forma di compenetrazione emotiva ed intellettuale con una nazione che, se sotto l'aspetto culturale esercitava una influenza straordinaria, da un punto di vista politico, semplicemente, aveva cessato da tempo di esistere:

“Speakers or readers of Italian, indeed any appropriator of an element of Italian culture, entered into an imagined relationship with a‘‘nation’’ that, apart from its language and the culture that

9 Cfr. J. TEDESCHI, Italian Reformers and the Diffusion of Renaissance Culture in ‹‹The Sixteenth Century Journal››, vol.5, no. 2, 1974, pp. 79-94.

10 J. WOOLFSON, Thomas Hoby, William Thomas, and Mid-Tudor Travel to Italy, in The Oxford Handbook

of Tudor Literature, 1485-1603, edited by M.PINCOMBE, G.SHRANK, Oxford University Press, 2009, p.

405.

11 M. WYATT, The Italian Encounter with Tudor England, pp. 137-139, mette in luce come dal Returns of

Strangers del 1571 risultasse come la comunità italiana a Londra fosse costituita da 148 residenti. Una

percentuale dunque decisamente marginale rispetto ai 4755 stranieri – di cui circa 3000 olandesi - complessivamente residenti a Londra nello stesso anno.

12 M. A. OVERELL, Italian Reform and English Reformations, c.1535-c.1585, Ashgate, Aldershot, 2008, pp. 1-15.

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gave it a transmissible form, did not, in fact, exist”13.

Catherine Bolland ha messo in risalto come gli intellettuali e gli aristocratici inglesi, pur perfettamente consapevoli della mancanza di qualsiasi coesione politica tra gli Stati italiani, durante l’età elisabettiana non facessero mai riferimento ai vari stati della Penisola, ma sempre ad un'immagine unitaria dell'Italia e della sua cultura, raggruppando in un'unità identitaria politica e culturale ciò che nella pratica era profondamente diviso14. Tale popolarità non era però univoca, né scevra da contraddizioni ed ostilità: all'ammirazione ed all'interesse per la cultura e la lingua italiana si opponeva un antico pregiudizio anti-italiano, fondato sull'identificazione degli italiani con l'antico dominio pontificio, frequentemente assimilato all'Anticristo dalla polemica anglicana e puritana. La traumatica rottura con il papato durante il regno di Elisabetta, definitivamente certificata dalla scomunica comminata alla monarca da Pio V Ghislieri nel 1570, aveva acuito notevolmente la percezione negativa degli italiani, inducendo alla formazione di un alone di sospetto sugli stessi esuli italiani per motivazioni religiose, destinati ad essere perennemente inseguiti dal sospetto – beffardo quanto infamante - di essere in realtà degli agenti papisti in terra inglese15. Ad accentuare la connotazione negativa dell'immagine della cultura proveniente dall'Italia contribuì la crescente leggenda nera che circondava il nome di Niccolò Machiavelli: i vocaboli coniati nelle varie lingue che facevano riferimento al “machiavellismo” erano già utilizzati correntemente, con senso spregiativo16, adombrando così il pensiero del Segretario fiorentino della sinistra fama d'essere strumento atto ad istruire i sovrani alla tirannide ed agli arcana imperii, oltre che una fonte di propagazione dell'ateismo17. La vulgata anti-italiana si poté dunque nutrire di un duplice strumento propagandistico, trovando una celebre sintesi nell’espressione coniata da Roger Ascham nello

13 M. WYATT, The Italian Encounter with Tudor England, p. 139.

14 C.BOLLAND, Alla prudentissima et Virtuosissima Reina Elisabetta: op. cit., p. 41. 15 M. A. OVERELL, Italian Reform and English Reformations, p. 7.

16 S. ANGLO, Machiavelli – The First Century. op. cit., p. 328: “During the closing decades of the sixteenth century, Machiavelli’s name and such derivative forms as Machiavellism, Machiavellist, Machiavellian,

Machiavellique, and a very Machiavel, became synonymous with various evils and were increasingly used as a

term of abuse, especially in France and England”.

17 M. PRAZ, Machiavelli in Inghilterra ed altri saggi, op. cit., p. 136, a proposito dell'ateismo che circondava la fama del Segretario fiorentino, scrive: “Un diabolico ateismo è l'altra caratteristica del Machiavelli leggendario [...] I termini Machiavelli e Satana divennero a tal segno equivalenti, che, laddove in principio le astuzie attribuite a Machiavelli eran chiamate diaboliche, più tardi le astuzie del diavolo furono dette

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Scholemaster - pubblicato postumo nel 1570 – per cui “Inglese italianato è diavolo incarnato”18. La dialettica ambivalente tra fascino per la cultura italiana e stereotipi xenofobi non impedì che gli italiani rifugiatisi in Inghilterra trovassero sovente una sponda importante nei più stretti collaboratori del sovrano, come nel caso dell'arcivescovo di Canterbury Thomas Cranmer. Cranmer, durante il breve regno di Edoardo VI, incoraggiò personalmente Pietro Martire Vermigli19 e Bernardino Ochino a stabilirsi a Londra20. Si trattò di una abile mossa politica del Cranmer, nata nel tentativo di mettere in campo una sorta di Concilio protestante che facesse da contraltare a quello cattolico in svolgimento a Trento nello stesso periodo21. Sebbene questo ambizioso progetto fosse destinato a non vedere la luce, la riflessione dei riformatori italiani, schiacciati in patria e costretti alla fuga, poté lasciare un'impronta durevole nella cultura inglese22. E fu durante lo stesso regno di Edoardo VI che venne pubblicato a Londra il primo volume in lingua italiana23 - una traduzione ad opera di Michelangelo Florio del testo di John Ponet, Cathechismo, cioe forma breve per amaestrare i fanciulli. L'improvvisa morte del giovane sovrano, l'ascesa al trono di Maria Tudor24 e la restaurazione cattolica voluta dalla nuova sovrana, la cui attuazione venne affidata al

18 Cfr. M. WYATT, The Italian Encounter with Tudor England, pp. 159-163. Sulla reiterata riproposizione del proverbio nella cultura inglese ed europea si vedano le osservazioni di S. WARNEKE, Images of the Educational Traveller in Early Modern England, Brill, Leiden, 1995, p. 107.

19 Sulla figura e l'importanza del pensiero del Vermigli in Inghilterra e più in generale sugli ambienti riformati, si vedano: A Companion to Peter Martyr Vermigli, edited by T. KIRBY, E. CAMPI, F. A. JAMES, Brill, Leiden 2009; Peter Martyr Vermigli and the European Reformations: Semper Reformanda, edited by F.

A. JAMES, Brill, Leiden, 2004 M. DI GANGI, Peter Martyr Vermigli, 1499–1562: Renaissance Man,

Reformation Master. Lanham: University Press of America, 1993.

20 M. A. OVERELL, Italian Reform and English Reformations, p. 82: “It was not a matter of individual foreigners, like Ochino or Vermigli, coming and ‘influencing’. They were sustained, employed, sometimes controlled, but always part of a wider context which included some less well-known Italians and many Englishmen who were fascinated by Italian culture”. Sulla figura di Thomas Cranmer si veda anche il lavoro di P. COLLINSON, From Cranmer to Sancroft, Bloomsbury Academic, 2006.

21 M. WYATT, The Italian Encounter with Tudor England, p.87. 22 M. A. OVERELL, Italian Reform and English Reformations, p. 14. 23 M. WYATT, The Italian Encounter with Tudor England, p. 88.

24 Durante l'età mariana, lo stretto legame culturale e linguistico della corte inglese con l'Italia non conosce ad ogni modo soluzione di continuità. Dalle Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Raccolte, annotate ed edite da E. ALBIERI a spese della sua società, Firenze, Tipografia e calcografia all' insegna di Glio, 1840, p. 323, si legge come l'ambasciatore Giovanni Michieli nel 1557 riferisca che la stessa Maria Tudor, tra le altre, conosca la lingua italiana “ma in questa non ardisce parlare benché l'intenda”. Nello stesso volume a p.352, si legge come il cardinale Pole “Nelle cose sue intime, massime nei maneggi pubblici per conto della legazione e del governo, quando occorre di scrivere o di dar conto di cosa alcuna, sì come spesso occorre, o al re quando è assente, o al Papa o ad altri principi, non si serve che d'Italiani, e in tutto quello che occorre non si fa, non che dai quattro ministri, cosa che non sia conferita con monsignor Priuli, col quale non altrimenti che con l'anima sua il cardinale apre il suo pensiero [...]”. Sulla controversa figura del cardinale Pole si vedano: T. MAYER,

Reginald Pole, Prince and Prophet. Cambridge, Cambridge University Press, 2000; P. SIMONCELLI, Il caso Reginald Pole. Eresia e santità nelle polemiche del Cinquecento, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1977.

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cardinale Reginald Pole, modificarono però il clima di favorevole accoglienza riservato ai dissidenti religiosi in fuga dalle repressioni del Sant'Uffizio, tanto che alcuni di loro, come il Vermigli stesso, temendo un approdo anche oltremanica dell'Inquisizione preferirono abbandonare l'Inghilterra25. Alla morte di Maria I, nel 1558, la cultura e la lingua italiana poterono acquisire una diffusione ancora maggiore grazie all’impulso imposto da Elisabetta I Tudor: la nuova sovrana aveva iniziato a studiare la lingua italiana fin dalla tenera età, probabilmente su influenza di Katherine Parr26 - ultima moglie di suo padre Enrico VIII. Dai rapporti degli ambasciatori veneti in Inghilterra, sappiamo che prima ancora della sua accessione al trono – e fino agli ultimi giorni della sua vita - Elisabetta si rivolgesse correttamente in lingua italiana ai suoi interlocutori provenienti dalla Penisola27. La passione di Elisabetta per la lingua italiana ne incentivò la diffusione a corte e nei circoli culturali: due tra i più importanti esponenti dell'aristocrazia dell'età elisabettiana, quali Leicester e Sidney, coltivarono un forte interesse soprattutto per la poesia e la letteratura politica proveniente dall'Italia28. Figura cruciale per ricostruire gli snodi e le molteplici relazioni che s'intrecciarono tra gli esponenti più in vista della corte elisabettiana e gli esuli italiani è senza dubbio quella di Giovan Battista Castiglione, la cui presenza in Inghilterra è databile con certezza a partire dal 1544, quando combatté tra le truppe di Enrico VIII in Francia, sia a Calais che a Boulogne29. Divenuto insegnante personale d'italiano della giovane Elisabetta, Castiglione - a tutti gli effetti suddito della monarchia inglese30- ne conquistò la fiducia al punto da assolvere alla preziosa funzione di messaggero durante la reclusione che

25 Sulle migrazioni religiose durante la restaurazione cattolica durante il regno di Maria Tudor, resta valido il riferimento a C. HALLOWELL GARRETT, The Marian Exiles, A Study in the Origins of Elizabethan

Puritanism, Cambridge University Press, 1938.

26 C. BOLLAND, Alla prudentissima et Virtuosissima Reina Elisabetta, p. 40. Cfr. anche J. MUELLER,

Katherine Parr and Her Circle, in The Oxford Handbook of Tudor Literature, 1485-1603, op.cit., pp. 222-237. 27 Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, op.cit., pp. 329-330: “Supera la regina nella cognizione delle

lingue, perché oltra che con la latina abbia congiunta non mediocre cognizione della greca, parla, di più che non fa la regina, l'italiana, nella quale si compiace tanto, che con gl’Italiani, per ambizione, non vuol parlare altrimenti”. Cfr. anche Le relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti nel secolo

decimosettimo, Edite, raccolte ed annotate da N. BAROZZI, G. BERCHET, Venezia, dalla Prem.Tip.di Pietro

Naratovich editore, 1863, p. 15, da cui risulta che il 9 febbraio1603, poche settimane prima della sua morte, la regina si rivolgesse così in italiano a Giovanni Carlo Scaramelli, segretario veneziano in Inghilterra : “[...] ma non so se avrò ben parlato in questa lingua italiana, pur perché io la imparai da fanciulla, credo che sì di non avermela scordata”.

28 Sull'influenza del pensiero politico machiavelliano in Philip Sidney si veda F. RAIMONDI, Machiavelli in

Arcadia, in Anglo-american faces of Machiavelli. Machiavelli e machiavellismi nella cultura anglo-americana (secoli XVI-XX), a cura di A. ARIENZO, G. BORRELLI, Monza, Polimetrica, 2009, pp. 75-94.

29 M. FIRPO, Castiglione, Giovanni Battista, in Dizionario biografico degli italiani, disponibile online all'indirizzo: http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-battista-castiglione_(Dizionario-Biografico)/ 30 M. WYATT, The Italian Encounter with Tudor England, p. 125.

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subì Elisabetta in seguito ai sospetti addensatisi su di lei durante la ribellione di Thomas Wyatt del 155431. Castiglione, grazie alle sue capacità ed a tale provata lealtà nei confronti di Elisabetta, - dalla quale venne descritto in una missiva come uno dei suoi più fedeli servitori32 - venne cooptato nella Camera privata, strinse stretti rapporti con gli esponenti più importanti della corte quali Philip Sidney e Robert Dudley, diede un apporto rilevante allo sviluppo della “Italianate Elizabethan fashion”33 che doveva avere un ruolo centrale nella definizione di nuovi modelli culturali e politici alla corte inglese. Castiglione agì da prezioso tramite tra la corte e gli esuli italiani, sfruttando la propria posizione privilegiata in modo da favorire le attività dei compatrioti giunti in Inghilterra durante l'età elisabettiana34, inoltre, ebbe un ruolo diretto anche nella circolazione delle opere italiane in Inghilterra: nel 1574 Castiglione consegnò a Thomas Blundeville il manoscritto di Giacomo Aconcio Delle osservationi et avvertimenti che haver si

debbono nel legger le historie, tradotto e pubblicato dall'umanista inglese con il titolo The true order and Methode of writing and reading Hystories35. Aconcio, scomparso tra il 1566 ed il 1567, aveva lasciato disposizione che dopo la sua morte i propri scritti venissero affidati al Castiglione, con il quale era stato legato in vita da un saldo rapporto di amicizia e di condivisione di vedute e d'interessi36. Castiglione, attingendo dal lascito

31 A. FLETCHER, D. MACCULLOCH, Tudor Rebellions, Fifth Edition Revisited, Pearson Longman, 2008, pp. 92-101. Per questo suo ruolo Castiglione venne imprigionato in tre circostanze differenti, senza mai rivelare il contenuto dei messaggi di Elisabetta.

32 C. BOLLAND, Alla prudentissima et Virtuosissima Reina Elisabetta, p. 41: “Castiglione, who was described in a letter to the Emperor Ferdinand in 1559 as “one of her favorite and private chamberlains”. Cfr. anche la testimonianza di P. BIZZARRI, Historia della guerra d'Ungheria dall'invictissimo Imperatore de

Christiani contra quello de Turchi con la narratione di tutte quelle cose che sono avvenute in Europa dall'anno 1564 insino all'anno 1568, in Lione, appresso Gugliel. Rovillio, 1568, pp. 205-206: “Di questa

sapientissima Reina potrei raccontar molte virtù et lodi […] Ma in particolare possede ella ottimamente la nostra più tersa et più elegante favella di cui suo principal precettore è stato il Sig. Gio. Battista Castiglioni, hora gentil’huomo della Camera privata di Lei, il quale è ornato di così generose maniere, et di così nobili et

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