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E, invece, qual è il contributo più fondamentale, se potesse indicarne uno solo, che Galileo ha lasciato ai posteri?

4.3 La gestazione della “griglia”

Forse a questo punto è d’uopo svelare il processo che ci ha portato a selezionare queste 36 parole. Un mese prima dell’inizio della ricerca sul campione, ho fermato un centinaio di persone, per lo più conoscenti, chiedendo loro all’istante di proferire la prima parola che veniva loro in mente al suono articolato dei vocaboli Galileo Galilei. Ovviamente i soggetti rispondevano in modi diversissimi e questa grande varietà mi ha permesso di selezionare alcune parole che non avrei inserito nella griglia (per esempio: Brecht, Vecchio, Stella Nova, Razionale). In modo altrettanto ovvio ho deciso anche di scartare quelle parole che riguardavano altri Galilei (per esempio: aeroporto, gps, topo, il mio liceo). Non perché fossero sbagliate – un personaggio universale come lui, infatti, ha ricevuto l’onore di vedere intitolato a sé l’aeroporto di Pisa nonché il sistema di navigazione satellitare europeo concorrente del gps oppure scuole e cartoni animati – ma perché lo scopo della nostra griglia era quello di far scegliere le parole più rappresentative del Galileo vero e non di trarre in inganno qualcuno. Insomma, anche a costo di ripetersi, la logica del quiz era completamente estranea alla nostra indagine.

Le parole presenti sulla griglia, però, non provenivano tutte da questa pre – inchiesta, ma anche dai concetti espressi da alcuni personaggi importanti del mondo della scienza di oggi come Margherita Hack e Giancarlo Ghirardi che tra il settembre e l’ottobre 2007 hanno tenuto a Trieste una serie di conferenze su Galileo per introdurre al meglio la rappresentazione teatrale della “Vita di Galileo” di Bertold Brecht presente in quei giorni al Teatro Rossetti della città giuliana. A queste occasioni, poi,

si sono aggiunte le letture dei quotidiani che nominano Galileo più spesso di quanto si possa credere e di storici della scienza come Paolo Rossi.

Essendo stato Galileo un grande scienziato teso a spingere i confini dell’avanguardia della conoscenza sempre un po’ più in là, nel mio piccolo mi vanto d’averlo imitato, utilizzando per la pre-inchiesta anche mezzi tecnologici e virtuali se non all’avanguardia, almeno assai di moda sul web come le chat di Facebook e Skype. Le risposte sono state soddisfacenti e pressoché immediate. Una volta creata, ho provato per qualche giorno a sottoporre la griglia alle persone più vicine e ho notato alcuni difetti. Nonostante le istruzioni impartite prima della prova, i soggetti tendevano a cerchiare le parole stampate sulla prima linea sia perché non avevano voglia di leggere quelle che erano oltre quaranta parole divise in dieci linee, sia perché sulla prima fila si trovavano alcune delle parole più importanti (per esempio: rivoluzione scientifica, chiesa…) che poi avrebbero raggiunto le prime posizioni in assoluto anche nei risultati finali.

Per un momento ho pensato di creare ben cinque griglie con disposizioni diverse delle parole, ma poi ha prevalso la necessità di trarre le conclusioni, inevitabilmente molto variabili, partendo da una griglia unica e condivisa per tutto il campione. Cinque griglie avrebbero costituito cinque variabili in più da moltiplicare con le cinque fasce d’età, i sessi e le origini territoriali. Avrei rischiato di trovarmi davanti una serie di dati degni della fisica quantistica applicata alla teoria delle stringhe. Lo stratagemma è stato quello di selezionare le parole più generalmente cerchiate nella fase di collaudo e di seminarle nelle file centrali o in quelle finali, relegandole nelle posizioni meno comode e visibili. Le parole relative a fatti più misconosciuti di Galileo, o perlomeno più ambigue (per esempio: relatività, artista, gravità), sono state messe in prima linea. A questo punto la griglia era comune a tutti e, nei limiti del possibile, costringeva i soggetti a leggere tutte le file prima di cerchiare quelle parole che durante il collaudo venivano indicate nel giro di qualche millesimo di secondo. Ovviamente ognuna delle 36 parole aveva un diverso grado di dettaglio rispetto al personaggio, mentre alcune fra queste potevano essere radunate in macrogruppi quali l’astronomia, la scienza in genere, le vicissitudini della sua vita, l’aspetto politico, gli episodi tecnico - scientifici dei suoi esperimenti, l’inserimento ex post del suo personaggio all’interno di un contesto storico e culturale più ampio.

Sopra alle 36 parole campeggiava la striscia tesa a indicare le connotazioni dell’intervistato che, al termine della “prova” doveva indicare se era toscano o meno, il proprio sesso e mettere una crocetta sulla fascia d’età in cui rientrava fra le cinque disponibili.

Durante la prova, invece, come dichiarato da una frase incisa sopra le 36 parole, l’intervistato era chiamato a scegliere con un cerchio le parole – al massimo tre – che associava maggiormente a Galileo Galilei. In altre parole, volevamo intravedere quale Galileo affiorava nelle menti delle persone se, a bruciapelo, erano costrette a pensare alla sua figura. La possibilità di cerchiare fino a tre parole su trentasei intendeva permettere al soggetto di abbracciare più aspetti significativi del personaggio, non costringendolo a sceglierne uno solo quando magari ne ritiene importanti anche altri. Se qualcuno si chiedesse perché tre sole scelte, risponderei che nessuno ci vietava di imporre al soggetto di indovinare quali fossero realmente relative a Galileo, ma in questo modo sarebbe diventato un quiz che avrebbe respinto le persone avvicinate per strada – soprattutto in questi tempi di ansia e diffidenza. Non solo, in questo modo sarebbe diventata una tecnica interamente quantitativa che, data la correlazione di tutte le parole con Galileo, mirava a misurare la percentuale di cerchiature sul complesso delle parole. In breve, chi le avesse cerchiate tutte avrebbe dimostrato una conoscenza totale del personaggio, mentre al crescere del numero di parole tralasciate avremmo potuto misurare una crescente ignoranza sull’argomento da parte del campione. Al di là del fatto che un’operazione del genere avrebbe richiesto ben più delle tre settimane già occorse per interpellare le trecento persone del campione perché meno libera e meno immediata rispetto alla nostra scelta, chi ci avrebbe assicurato che noi stessi eravamo riusciti a sintetizzare la complessità del personaggio in appena 36 parole?

Lungi da questo peccato di hybris, lasciavamo ai soggetti la possibilità di aggiungere anche parole e concetti che loro ritenevano più pregnanti di quelli stampati sul foglio leggero che si trovavano davanti agli occhi.