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Con “gestione di una popolazione di cervo si intende il complesso delle azioni e/o

misure che si mettono in atto nei suoi confronti per raggiungere determinati scopi.

La definizione degli scopi della gestione rappresenta necessariamente il primo

passo. Solo con una corretta individuazione degli obbiettivi che ci si prefiggono, è

possibile ipotizzare ed applicare interventi adeguati.

La gestione di una popolazione di cervo, come del resto quella di qualsiasi bene

naturale in grado di rinnovarsi (un bosco, ad esempio), è di solito finalizzata alla

conservazione delle capacità di rigenerazione naturale della specie, con lo scopo

di mantenerne nel tempo le caratteristiche qualitative e quantitative desiderate.

Esistono tuttavia casi, non infrequenti, in cui la gestione può essere anche

finalizzata alla forte riduzione di consistenza o addirittura all’eradicazione della

specie da una determinata area […] All’opposto si trova il caso in cui la gestione è

finalizzata alla conservazione assoluta della popolazione,sulla quale non si

vogliano effettuare interventi diretti.

Qualunque tipo di gestione, se frutto di scelte consapevoli e razionali, ha bisogno

di basarsi sulla conoscenza (iniziale e continua) delle caratteristiche della

popolazione e dei fattori che la possono condizionare” (Mattiello S., Mazzarone

V.,2010).

Una volta definiti gli scopi, però, per conoscere tutti gli aspetti quantitativi e

qualitativi, indispensabili per una buona gestione, i parametri da considerare sono

numerosi e spesso non indagabili con precisione assoluta. In relazione alle energie

disponibili, soprattutto economiche, e al grado di precisione desiderato, esistono

tuttavia varie procedure che consentono di giungere, con un buon grado di

attendibilità, alla definizione delle caratteristiche principali della popolazione.

Il primo elemento necessario per gestire una popolazione è la conoscenza

dell’area utilizzata da questa, cioè la sua distribuzione. Relativamente al cervo,

però, non è sufficiente sapere in modo generico l’area complessivamente occupata,

ma è anche indispensabile capire dove i cervi si trovano in alcuni periodi

particolari del loro ciclo biologico.

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Per iniziare un’indagine sulla distribuzione occorre raccogliere, su un’adeguata

base cartografica, tutte le informazioni sulla presenza o assenza della specie,

soprattutto entro i limiti amministrativi delle aree protette o soggette a gestione

faunistica-venatoria. Queste informazioni, che possono essere ricavate sia in

modo diretto che indiretto, corrispondono a:

 Osservazione diretta di individui

 Orme

 Pelo

 Fatte

 Ritrovamento di soggetti deceduti per varie cause

 Ritrovamento di palchi

 Danni alla vegetazione sicuramente attribuibili alla specie (scortecciamenti

alimentari, marcature territoriali, insogli e grattatoi,…)

 Ascolto delle manifestazioni vocali (bramiti)

Per ciascun dato raccolto è necessario indicare il periodo annuale al quale il

“segno di presenza” si riferisce; mentre in alcuni casi questo è immediatamente

ricavabile, come per le osservazioni dirette e per i bramiti, per gli altri si deve di

solito ricorrere a un tempo più ampio, che spesso corrisponde a una determinata

fase del ciclo biologico della specie.

L’elaborazione dei dati così raccolti consente inoltre di risalire a molteplici

informazioni sull’uso del territorio da parte del cervo e costruire, per esempio, una

carta delle aree di svernamento, dei “campi degli amori”…;ciò rende anche

possibile stabilire le relazioni tra la presenza della specie, l’altimetria e l’uso delle

diverse zone nel corso dell’anno, nonché valutare l’importanza delle aree protette

o i rischi per gli eventuali danneggiamenti delle aree agricole. I modelli statistici

che si possono ricavare permettono infine di prevedere le possibili direzioni di

espansione, o di evidenziare i fattori ambientali più limitanti per il benessere della

popolazione.

Di fondamentale importanza è anche la conoscenza della qualità della popolazione.

Essa è caratterizzata da molti elementi, i quali possono essere variamente

analizzati al fine di ricavare utili informazioni.

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Alcuni elementi interessanti possono essere i parametri biometrici e morfometrici

riguardanti le diverse componenti della popolazione, lo stato sanitario e

fisiologico, le caratteristiche genetiche…

Aspetti qualitativi di fondamentale importanza per la gestione sono però quelli

relativi alla struttura della popolazione. Con questa definizione si intende la

suddivisione, tra i due sessi e tra le diverse classi di età, degli individui che la

compongono in un determinato momento. Questa suddivisione è il risultato del

modo in cui alcuni fattori, quali il tasso di natalità, il rapporto fra i sessi, i fattori

differenziali di mortalità, il tasso di emigrazione o immigrazione, hanno operato

nei precedenti anni e operano attualmente.

L’insieme di questi fattori, oltre a essere la causa di una determinata struttura

demografica in un determinato anno, condiziona l’incremento annuale e la

dinamica della popolazione. Comparando serie successive di strutture di

popolazioni relative ad un’annualità è quindi possibile prevedere la sua

evoluzione futura e agire di conseguenza per la realizzazione degli scopi della

gestione. La principale condizione per operare scelte gestionali su base razionale è,

in ogni caso, che si abbia un’idea della consistenza della popolazione. Per quanto

riguarda il cervo, tuttavia, la determinazione del numero di individui non è

un’operazione semplice, specialmente a causa delle caratteristiche proprie di

questa specie, come l’elevata mobilità, l’alta elusività e la distanza di fuga; queste

caratteristiche possono essere accentuate da particolari condizioni ambientali

dell’area occupata, in special modo dal grado di copertura boschiva. È inoltre

importante sottolineare che i conteggi usualmente applicati sul cervo (così come

sugli altri ungulati) non riescono praticamente mai a determinare un valore esatto

di consistenza, ma da essi si può arrivare solamente a valutazioni gravate da un

errore più o meno elevato. Nel migliore dei casi, i conteggi forniscono

un’indicazione della Consistenza Minima Certa (CMC), anche se spesso portano a

determinare solamente la Consistenza Minima Stimata (CMS).

La scelta della tecnica più adatta per la valutazione della consistenza di una

popolazione di ungulati selvatici viene effettuata prendendo in considerazione

diversi fattori, quali la specie da censire, la morfologia e le caratteristiche

ambientali del territorio di riferimento, la disponibilità di personale esperto per la

realizzazione del censimento, le risorse finanziarie a disposizione. Essa deve

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anche tenere conto delle finalità applicative, individuando i “settori di impiego”

(quelli più comuni sono la ricerca, la gestione conservativa e la gestione

venatoria).

Nel caso specifico del cervo, le metodologie maggiormente utilizzate per ottenere

parametri demografici (consistenza e densità) sono sostanzialmente due: il

censimento a vista da punti vantaggiosi e il censimento al bramito. Altre tecniche

di conteggio a volte utilizzate per stimare gli ungulati sono: censimenti di battuta,

conteggi completi in notturna con l’ausilio di faro o camera termica, distance

sampling e transetti lineari, censimenti delle impronte, conteggi dei gruppi fecali

(pellet groups count) e cattura, marcamento e ricattura (Indice di Lincoln).

4.1 Conteggio per osservazione da punti di vantaggio

Chiamato comunemente “censimento a vista”, è la tecnica classica utilizzata nei

censimenti alpini e centro-europei; è infatti diffuso nelle regioni caratterizzate da

una buona presenza di aree aperte e da un coefficiente di boscosità inferiore al

50%. È utilizzato di norma come censimento completo, volto a determinare il

numero minimo di soggetti presenti nell’area al momento dell’operazione; esso

consente inoltre di raccogliere informazioni sulla struttura della popolazione. Il

metodo consta di una o più sessioni di osservazione, solitamente effettuate all’alba

e/o al tramonto; durante queste sessioni, da un adeguato numero di postazioni

fisse (il numero e la localizzazione dei punti di osservazione vengono scelti in

modo da ottenere la copertura visiva dell’area da censire), si osservano, si

riconoscono e si contano gli individui che escono sui prati e sui pascoli per

alimentarsi. La distanza delle osservazioni rispetto al punto di vantaggio è

compensata con l’utilizzo di strumentazione ottica. Per questo metodo è di

fondamentale importanza l’individuazione e la trasposizione, su un’adeguata

cartografia (preferibilmente a grande scala), dei punti di osservazione utilizzati e

degli eventuali spostamenti effettuati dai singoli individui o dai gruppi. In questo

modo, successivamente, risulterà più semplice individuare gli eventuali doppi

conteggi, ovvero i gruppi di individui censiti da più di un osservatore.

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Nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi viene utilizzata una tipologia di

conteggio simile a questa, anche se meno legata alla quantificazione; il conteggio,

che viene effettuato “sul primo verde” in marzo-aprile (momento durante il quale

gli animali alla ricerca del cibo sono attratti dalle aree aperte), viene infatti

principalmente utilizzato per la determinazione della struttura di popolazione da

applicare ai risultati del conteggio al bramito.

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