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Il gioco Decide

Nel documento Profilo A: autoritratto di un animatore (pagine 68-90)

Sviluppo della professione e formazione

Foto 6. Il gioco Decide

Queste attività, anche se limitate ad un piccolo gruppo di persone e difficili da strutturare poiché vere e proprie performance teatrali, sono utili ad acquisire informazioni sulla percezione della scienza da parte del pubblico e possono fornire un’idea del modo in cui il singolo individuo, con il suo bagaglio di esperienze, risponde a questioni scientifiche controverse.

La viva partecipazione degli animatori ha dimostrato la voglia di mettersi, sempre e costantemente, in gioco attraverso attività “innovative” e il desiderio di colmare il deficit nelle conoscenze sull’attuale tendenza verso cui si muove la comunicazione museale e sulle nuove pratiche di coinvolgimento del pubblico.

Alcuni nuovi formati di interazione sono stati trasmessi anche agli animatori del museo “Leonardo da Vinci”, attraverso i partecipanti al progetto appartenenti allo staff del museo. Gli animatori hanno espresso la propria opinione39 su queste pratiche partecipative indicandone i pregi e i difetti. I risultati sono estremamente eterogenei, a dimostrazione della complessità di questo tipo di attività. Per gli animatori milanesi il maggiore pregio dei formati di interazione consiste nello stimolare i visitatori a esprimere la propria opinione e nei modi di coinvolgere il pubblico.

Per gli animatori i pregi si fondano sul:

Coinvolgimento di tante persone che, in maniera divertente e senza paura, mettono in gioco le loro conoscenze.

Pasqua Di Meo, animatrice.

Utilizzo di linguaggi (teatro) e strumenti( giochi) semplici e comprensibili da tutti.

39

Adele Pistocchi, animatrice. e inoltre:

Stimolano la discussione come primo approccio a un tema/argomento e sono uno strumento"democratico" di conoscenza.

Valeria Chiodini, animatrice.

Possono dare informazioni scientifiche più accurate su temi di discussione controversi. Michela Maddalena, animatrice.

I difetti maggiori, invece, risiedono nella difficoltà di organizzazione e nell’accurata formazione necessaria in queste attività.

Per condurre questo tipo di attività è necessaria una formazione ad hoc sulla

metodologia e molta pratica nella conduzione di dibattiti e nella gestione di situazioni inaspettate.

Adele Pistocchi, animatrice. Sono di difficile realizzazione e organizzazione.

Sabrina Aguanno, animatrice.

Pochi musei e science centre europei hanno già avviato attività di dialogo, la strada per inserire nelle attività di base di tutti i musei le metodologie di confronto tra cittadini e il mondo della scienza necessita un allargamento nella visione del ruolo dei musei da parte degli stessi manager, della stessa istituzione, avviando un processo di maggiore partecipazione degli animatori alla vita e alle attività dei musei. Il cambiamento nella funzione dell’animatore è un processo lungo, che spesso non ha riscontri immediati nelle istituzioni: può essere dispendioso in termini economici e complesso a livello organizzativo. In prospettiva questi nuovi aspetti nella comunicazione della scienza ampliano il ruolo degli animatori rendendoli i veri protagonisti di attività partecipative e i promotori di dialogo tra i diversi attori sociali. La formazione e la trasmissione di muovi metodologie e di conoscenze approfondite sui rapporti tra scienza, media, politici e società diventa indispensabile nella costruzione del museo del futuro.

Conclusioni

Scopo di questo lavoro era quello di analizzare la figura degli animatori dei musei delle scienze e nei science centre, provvedere all’individuazione di saperi, comportamenti, abilità e ambizioni utili a definirne il loro profilo professionale, sociale e personale. A questo scopo sono stati essenziali i dati tecnici (provenienti dai questionari europei e milanesi) che hanno supportato le considerazioni fatte.

I quattro capitoli hanno affrontato aspetti diversi di questo lavoro: si sono specificati e, in seguito, analizzati i caratteri distintivi di coloro che accolgono con entusiasmo i visitatori e, più di chiunque altro, conoscono i modi con cui il pubblico si avvicina alla scienza in un museo, servendosi degli spazi e delle esposizioni.

L’analisi della figura dell’animatore ha preso il via dalla rassegna dei compiti che svolgono e dei nomi che vengono loro attribuiti nei diversi musei. Si è visto che non esiste una uniformità di termini per definire gli animatori: è evidente infatti che, sia per le istituzioni che per gli stessi operatori museali, il ruolo degli animatori non è universalmente definito, e l’assegnazione di differenti nomi è operata in base alla funzione assunta nei musei, al rapporto che si instaura con il pubblico, ma anche alla storia e alla filosofia del singolo museo.

Ampio spazio è stato dato all’analisi della status degli animatori, inteso come tipologia di contratti, background personale e aspettative professionali. I risultati dimostrano la grande flessibilità (in un museo spesso si cambia incarico) e la precarietà contrattuale, prodotte da una politica gestionale, diffusa nella maggior parte delle istituzioni museali europee, che dà poca rilevanza al lavoro degli animatori, sia per questioni economiche che per la mancanza di un riconoscimento della funzione dell’animazione scientifica nella trasmissione del sapere tecno-scientifico.

Gli animatori sono per la maggior parte studenti di facoltà scientifiche che “transitano” per i musei in vista di un’occupazione stabile. Un’altra piccola, ma rilevante, percentuale ha l’ambizione di rimanere nello staff museale, e applicare le conoscenze maturate in ambito universitario/scientifico e in quello comunicativo per sviluppare nuovi percorsi didattici o, semplicemente, per contribuire all’evoluzione del museo. Tutti sono accomunati da uno stipendio piuttosto basso, compensato dall’enorme passione per la comunicazione con il pubblico. Una delle motivazioni più forti di chi fa questo lavoro è, infatti, la voglia di trasmettere la propria passione per la scienza e il desiderio di confrontarsi con i visitatori acquisendo, allo stesso tempo, abilità oratorie, dimestichezza nel trattare con il pubblico e conoscenze scientifiche. Gli animatori sono quindi lavoratori che imparano giorno

dopo giorno dai comportamenti del pubblico, e sanno soddisfare i bisogni dei visitatori; sono poco considerati dalle istituzioni rispetto all’impegno profuso nel proprio lavoro, e acquisiscono tanta esperienza nella comunicazione scientifica, spesso non riconosciuta come un’effettiva abilità professionale. Sono coloro che trasmettono il fascino, la bellezza e le curiosità della scienza con la libertà di poterne parlare senza l’obbligo di seguire curricula ministeriali o schemi didattici provenienti dall’agenda formativa istituzionale. Ciò, allo stesso tempo, significa trattare la scienza e la tecnologia secondo una prospettiva diversa, attraverso una metodologia di trasmissione informale del sapere scientifico legata all’indagine e alla scoperta personale e creativa del mondo.

La mia tesi ha esaminato i rapporti che si instaurano tra animatori e pubblico nelle strutture museali e in quelle scolastiche in occasioni in cui gli stessi animatori trasmettono fisicamente il fascino del “fare” scienza, attraverso un approccio laboratoriale basato sulle tecniche di educazione informale e su quelle teatrali. Si moltiplicano le offerte che i musei fanno alle scuole per migliorare la didattica delle scienze attraverso un approccio manuale, più incline al coinvolgimento fisico e mentale degli alunni (hand-on e minds-on). Gli animatori in questi contesti si possono confrontare con le istituzioni scolastiche e capire come meglio interagire con i ragazzi e con i docenti in maniera continuativa, portando avanti progetti didattici tra scuola e museo.

È stato analizzato, inoltre, quali conoscenze le istituzioni museali richiedono agli animatori in termini di background e abilità comunicative, e quali siano le pratiche di formazione in entrata al museo. I risultati provenienti da dati europei e italiani (che esprimono le opinioni di animatori, direttori e staff museale in generale) confermano che l’abilità più richiesta per questo lavoro è la capacità di coinvolgere il pubblico e motivarlo alla scoperta del museo. Questo risultato proviene sia dalle richieste delle istituzioni agli animatori sia dalla percezione degli animatori stessi rispetto alla funzione che devono assolvere nei musei.

Anche se riconosciuta da chi opera nella comunicazione della scienza come una figura di primo piano che fa parlare il museo, la mancata considerazione in ambito istituzionale pone una serie di problemi per tutti coloro che impiegano le proprie energie in questo lavoro, spesso motivati dalla sola passione per la scienza. L’animazione scientifica può costituire un’esperienza formativa per un futuro lavoro nella comunicazione della scienza? Vengono forniti strumenti teorici e pratici per valorizzare, da un punto di vista professionale, le conoscenze apprese nel lavoro da animatore? Le risposte a queste domande sono quasi sempre negative, poiché la politica della maggior parte delle istituzioni museali, per motivi economici e pratici, non si rivolge con impegno alla formazione del corpo degli animatori. Quasi sempre, infatti, la formazione si limita a un periodo di apprendistato in

cui le future guide imparano da animatori esperti, imitandoli nell’approccio comunicativo e nei contenuti da trasmettere. Sono anche i rari i momenti di aggiornamenti, su aspetti teorici e pratici di questo lavoro.

Fornire conoscenze più specifiche (nozioni di educazione informale, metodi di coinvolgimento su temi d’attualità, ecc.) attraverso la formazione e il continuo aggiornamento significherebbe, invece, valorizzare la figura dell’animatore e, di conseguenza, l’attribuzione di una maggiore importanza, e potrebbe portare a un riconoscimento effettivo (in termini economici e professionali) di questa figura fondamentale nella comunicazione della scienza.

Oggi il ruolo dell’animatore sta acquistando ancor più importanza alla luce della missione dei musei non più solo come contenitori di saperi, concentrati nelle collezioni o nelle esposizioni, ma come contenitori delle esperienze, dei bisogni e delle richieste del pubblico, inteso come semplici cittadini ma anche come comunità scientifica, politici e stake-holders. I musei devono trasformarsi in istituzioni maggiormente radicate nel territorio, centri di informazione e formazione, luoghi in cui poter ascoltare e dialogare. Queste approccio alla scienza democratica richiede uno sviluppo delle capacità professionali degli animatori e in questo senso potrebbe fungere da volano a una loro crescita professionale. Anche gli animatori, d’altra parte, non sono ancora molto coscienti di questi sviluppi nella funzione museale. Secondo le testimonianze raccolte risulta che lo scopo più importante per un museo è, secondo gli animatori, coinvolgere i cittadini su tematiche di scienza e tecnologia, piuttosto che accrescere la partecipazione del pubblico su questioni scientifiche controverse. Ciò dimostra che gli animatori intendono ancora, tutto sommato, il museo come luogo adatto a trasmettere al pubblico temi scientifici (anche se attraverso l’animazione e il coinvolgimento laboratoriale) piuttosto che come arena di dibattito in cui far vivere esperienze di democrazia della scienza, supportando un ruolo attivo dei cittadini nelle decisioni che interessano la scienza e la tecnologia.

Se il ruolo di mediatore culturale e stimolatore di dibattito tra il pubblico, le istituzioni pubbliche e private e gli scienziati, è ancora in una fase embrionale, questa funzione non potrà però che ampliare, nel tempo, l’offerta professionale e il bagaglio di esperienza degli animatori, diventando una componente ancor più rilevante per le istituzioni museali e per chi fa comunicazione della scienza.

L’evoluzione professionale degli animatori potrebbe compiersi attraverso occasioni di condivisione delle esperienze, delle conoscenze e delle pratiche, quali masterclass (Dotik) e/o comunità d’apprendimento (THE group), che seppur oggi ancora limitate nello spazio e nel tempo, potrebbero

costituire il terreno fertile per lo sviluppo delle capacità comunicative richieste dalla nuova missione dei musei.

Per usare un paragone ecologico/evoluzionistico, relativo alla teoria degli equilibri punteggiati di Gould e Eldredge, l’evoluzione degli animatori potrebbe avvenire, come per popolazioni animali o vegetali, in realtà ristrette (masterclass o gruppi), in contesti e luoghi (musei) pronti a subire un cambiamento. Con il passare del tempo, queste realtà riuscirebbero ad adattarsi in maniera più competitiva rispetto alle richieste ambientali (confronto tra scienza e cittadinanza) fino a affermarsi come elemento essenziale nelle relazioni tra le diverse componenti dell’ambiente (nella comunicazione della scienza tra i diversi attori sociali).

Appendice 1

Intervista ad Hannah Lerch del Förderverein Science und Technologie – Teningen, in Germania, condotta durante la scuola estiva del progetto Dotik.

- First thing I will ask you is what type of work you do at your museum, no, in the festival?

- (Hannah): It’s a science festival and I’m very neutral to explain it. It’s six or seven years now, I’m not very sure and I took part in it the first time selling tickets and there was more a focus on organizations or tasks that’s really what our institution works at. Then I started to do workshops and science shows even though I didn’t experience a lot already in that case but I study cultural arts, applied arts and cultural pedagogues about communication arts and theatre which is in some cases a lot similar to what we’re dealing here. It’s about a year that I’m actually working there. I experienced a lot of science centres because my father is the organizer of the festival in Freiburg so we were always on travelling to these science centres, well I can say I know it though I’m not actually working there.

- Event though it’s a short time you are an explainer, how did you get to start?

- (Hannah): My fathers asked me to. We have a science festival for pupils and the public which is for three days and then we have also one that’s for two days for kindergarten children. It’s organized we have different institutions coming and taking part in the workshops. The one of my father also provided the workshops you could do and he asked me to do that.

- But did you like it before, did you want to?

- (Hannah): It was a surprise. I mean I was not addressing him to do it, I was more supporting him but my job was in communicating arts to the children but I’m interested in it also.

- Did you get any training from the start?

- (Hannah): Well we developed that workshop together, we decided what to do, we came up for the topic that was twisters, just about how they work and what they are to children. We developed it together but It was adaptive even for other situations, not only for science really.

- So you didn’t get any formal training? - (Hannah): No.

- In your organization do you have now a kind of training?

- (Hannah): No or not yet because next year we’re going to open one more science centre and that’s the reason I’m here…to learn and to pass that to the people who will start there. Our organization’s goal is to look for institutions to bring them together and organize a festival.

- So you’re the first explainer of your insititution?

- (Hannah): One could say. I’m a pioneer and so proud of it

- Is your organization involved in science and society programs like these you’ve seen these days?

- (Hannah): Not really, because in Germany this movement, as I see, is not as far as in the Uk. There are so many science centres who are not…public…I’m really afraid to say wrong words cos actually I’m not working but we’re not taking part we are more involved in developing them.

- Which kind of programs do you have?

- (Hannah): For example the group wrote a book about the experiments in the kindergarten. We have programs where we go to the kindergarten workers and pedagogues and we explain them what they can do in the means of science educations and how they can do it then we have workshops for them and even for teachers but it’s more an educational training fort them to spread it to them.

- So you have programs you give to the teachers not to students?

- (Hannah): We have also a program called the science café for girls that come after lunch, have their café and do experiments, talking about physics but it’s a travelling exhibition going for schools mostly in different occasions. It’s about physics and technique with hands on exhibits.

- What do you think you gained from Dotik?

- (Hannah): Since I don’t know how an explainer feels I learnt a ot about what’s behind communicating, also a different opinion on the way you look at science explainers. You do it for the sake of science, for the sake of children. So many different values behind that was so interesting for me but I really liked the advise on how many different matters you can use in explaining. Expecially when we were downstairs and we did that task and was for me the first time at the exhibit so I gained much from talks with the others, giving me good commons on what I did and how to do it different. On top has been really an inspiration about what people talk about, expecially people holding sessions, I got much impressed about lot of them. Really inspiring actually. It’s a bit of a problem to do the interview now in the middle, ti would have been better to do this at the end of two weeks.

- (Hannah): My main hot impressions is that it’s really hard doing workshops without having much time for it. In the end it was a bit frustrating to me ‘cos we didn’t get to a final point to add some more quality in the things we did. It’s really hard to keep it in mind while you’re doing it. I fyou don’t have it constantly on mind then you can’t really experience the tasks you’re doing

- Do you think it would have been better to have less topics and more time or longer school?

- (Hannah): Probably longer school. It would be good to have one or two days off in between. It’s very hard for me because I’m not having a very professional view on this so I cannot compare it to my experiences from working in the science centre. On the other hand I consider myself quite often really reflecting what I’m doing also when I work differently. But I cant’ say where we can’t leave things out to have more time.

- Going back to governance. Do you think that governance and partecipation are relevant to you current role? - (Hannah): Not in mine. I consider it very important but in the state where I’m now while doing the workshops

about twisters it doesn’t have that much importance. I’m working with small children so I don’t have it in mind at all.

- Are you thinking of applying dotik in your institution in the future?

- (Hannah): I hope so, but now I’m studying and living 400 km away from my institution and I’m not permanently there. But I would be like the others saying I’m really eager to try it out. Now I can’t but I will pass that on. I will write some reports to patch together the facts also when we’ll started out the science centre next year in february. They asked me to come here and train a bit to pass on to the explainers they’ll have there.

- Do you think you’re going to change your role in order to apply dotik?

- (Hannah): Probably yes. I would need to get that role. For example I was very much interested in other partecipations, i.d. the discussion told by Frank (Burnett, ndr) that’s something we don’t do at all up to now in the festival. We don’t have any programs parts where we get into discussions with the audience. Sometimes in workshops people have their talk but we don’t have specific points for it at all. I think it would be a big gain for the festival actually

- Do you think they would listen to you if you proposed it?

- (Hannah): Yes. We area really small institution and I’m not really considering myself as a part of it. The educational team is made up of five or six people and my father is at the top of it all so he can help me. He sent me here ‘cos he knew that I could take something out to communicate to him. He’ll be probably considering what I’m saying.

- Do you think you’ll have difficulties in applying dotik in the future?

- (Hannah): I cannot tell from my own experience but talking to others what we learnt here is quite an advance position already. You need a science centre working already. It could take sometimes but expecially the role of

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