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I giudizi in via principale: la probatio delle Regioni diventa meno diabolica

3. Profili processuali di garanzia del principio di connessione: verso un alleggerimento del regime dell'onere probatorio nei giudizi dinanzi alla Corte costituzionale

3.1. I giudizi in via principale: la probatio delle Regioni diventa meno diabolica

Nell’ambito dei giudizi in via principale, occorre partire dalla pronuncia con la quale la Corte costituzionale ha, da ultimo, risolto una q.l.c. avente a riguardo la garanzia del principio di connessione, ossia la sent. n. 83/2019. In essa, la Corte ha ribadito che grava sul ricorrente l’onere di provare «l’irreparabile pregiudizio lamentato», ossia l’impossibilità oggettiva di svol-gere le funzioni attribuite a causa della riduzione unilaterale del fabbisogno e/o del finanzia-mento di determinate funzioni, ma lo stesso può dirsi anche nel caso di decurtazione delle entrate tributarie o di imposizione di un contributo al risanamento della finanza pubblica da parte dello Stato.

In prima battuta, dalla pronuncia si ricava, quindi, un divieto generale per le Regioni di venire contra factum proprium, nel senso che il ricorrente non può essersi espresso favorevol-mente o essere risultato acquiescente rispetto alla determinazione di criteri di riparto delle risorse, della cui illegittimità intende poi dolersi in un secondo momento in sede di giurisdizione costituzionale. Al contrario, la circostanza per cui una disposizione legislativa statale non de-termini effetti immediatamente peggiorativi nella sfera del ricorrente non è, invece, di per sé contraddittoria rispetto all’esperimento del ricorso dinanzi alla Corte e non può valutarsi come motivo di carenza di interesse ad agire, ben potendo tale disposizione integrare una lesione attuale e concreta del principio de quo, nella misura in cui lo stanziamento sia in quanto tale incoerente rispetto alla misura effettivamente spettante (sent. n. 6/2019). Ancora sotto il profilo dell’ammissibilità del ricorso, esso non può censurare apoditticamente disposizioni legislative aventi conseguenze finanziarie, ma deve essere sostenuto da una motivazione che chiarisca l’incidenza della misura introdotta sul bilancio (sent. n. 23/2014), facendo pertanto riferimento a dati analitici relativi alle entrate e alle uscite dell'ente territoriale (sentt. nn. 83/2019, 5/2018, 192/2017), rectius argomentando in ordine ai modi con i quali tale misura interferisce con il finanziamento delle funzioni amministrative ad esso attribuite (sentt. nn. 137/2018, 249 e 125/2015).

Se quindi sotto il profilo dell'ammissibilità del ricorso, l'onere probatorio non sembra essere particolarmente gravoso, nel merito, invece, il ricorso deve dare prova dell’impossibilità oggettiva di svolgere le funzioni assegnate a causa dell'applicazione della disposizione legi-slativa censurata. A questo proposito, la Corte ha chiarito come l’ente territoriale debba ope-rare un raffronto tra la situazione tributaria con cui far fronte agli impegni di spesa e il pregiu-dizio che deriverebbe a tale situazione e quindi, in ultima analisi, alle proprie attribuzioni se la disposizione recante l’onere posto a suo carico fosse mantenuta nell’ordinamento (sent. n.

135/2017; 239 e 89/2015; 26/2014), specificando anche il diverso importo necessario allo scopo di assicurare lo svolgimento delle funzioni assegnate e altresì gli eventuali enti pubblici, territoriali e non, che dovrebbero beneficiare di tale riassegnazione (sentt. nn. 84/2018;

192/2017; 205, 151, 127, 65 e 29/2016). In materia di contenimento dei costi sanitari, le Re-gioni sono, inoltre, state sollecitate a dimostrare l'interferenza con l'erogazione dei servizi, con-frontando entrate e spese sanitarie iscritte a bilancio con le risorse indicate negli atti di deter-minazione del fabbisogno standard, potendo esse in questo campo vagliarne l'adeguatezza in maniera assai più precisa (cfr. sentt. nn. 249 e 125/2015).

Nel complesso, la distinzione tra motivazione ai fini dell’ammissibilità del ricorso e argomentazione sui nessi di causa-effetto tra impegni di spesa/entrate tributarie e svolgimento delle funzioni ai fini della fondatezza della questione appare molto labile,84 a maggior ragione se si considera che la Corte, quando decide di entrare nel merito, non giudica poi sul quantum dello stanziamento, ma su disposizioni che abbiano omesso di stabilire meccanismi procedi-mentali di garanzia del principio di connessione. A questo proposito, a differenza del passato, la Corte costituzionale non insiste nel richiedere che l'ente territoriale dimostri sempre il fatto negativo che la riduzione di talune risorse non possa essere compensata dalla riallocazione di altre risorse tra i diversi capitoli di spesa. Questo è vero, in particolare, laddove l'obbligo di compensazione viene posto in capo all'ente che riduce le risorse e non all’ente che di esse è destinatario secondo clausole di neutralità finanziaria previste dalla legge. Così è avvenuto, ad esempio, nel caso di misure di consolidamento della finanza pubblica statale adottate con riferimento a una Regione a Statuto speciale le quali, anziché essere accompagnate da ade-guati meccanismi compensativi, determinavano per l'intero esercizio finanziario una quantifi-cazione incerta dell'ammontare delle compartecipazioni regionali ai tributi erariali (sent. n.

188/2016). Analogamente, l'onere della prova è più agevolmente sostenibile da parte delle Regioni laddove lo Stato stesso sia normativamente onerato di un obbligo di (ri)assegnazione di risorse che poi, puntualmente, disattende (sent. n. 137/2018) ovvero laddove siano violate o eluse specifiche regole di riparto delle risorse stabilite da disposizioni di legge, specie se contenute nella legge delega 5 maggio 2009, n. 42 e nei suoi decreti attuativi i quali, pur non avendo rango costituzionale, costituiscono attuazione dell'art. 119 Cost. (sentt. nn. 197 e 6/2019). La riaffermazione dell'onere delle Regioni di provare la lesività della riduzione di ri-sorse attraverso l’analisi globale delle componenti del proprio bilancio si è avuta, invece, an-cora di recente laddove clausole di neutralità finanziaria erano legislativamente assenti (sent.

n. 140/2017), anche se va precisato che il riconoscimento dell’utilizzabilità degli accertamenti compiuti dalla Corte dei conti in sede di controllo avvenuto proprio nella già menzionata sent.

n. 188/2016, così come, del resto, più in generale, il ricorso ai poteri istruttori, potrebbe costi-tuire un elemento di per sé idoneo a semplificare l’onere probatorio dei ricorrenti, nella misura in cui tali atti certativi siano idonei a mettere in luce “variabili ingovernabili dalle Regioni” dovute all'applicazione di certe norme di legge statale.

In conclusione, l’onere di precisare l’entità del trasferimento o, comunque, delle risorse sufficienti a esercitare le funzioni servendosi di appropriata documentazione finanziaria, even-tualmente di provenienza giuscontabile (sentt. nn. 205, 151 e 127/2016), costituisce ancora oggi una premessa indispensabile per censurare le modalità con le quali il legislatore statale

84 In generale, sulla promiscuità dei profili di ammissibilità e di fondatezza nei ricorsi in via principale ri-spetto al diverso requisito della ridondanza si veda il commento di C. PADULA, Le decisioni della Corte costituzionale del 2019 sul decreto sicurezza, in: Consulta Online, Fascicolo n. 2/2019.

ha stabilito una determinata riduzione di risorse sia con riguardo ai trasferimenti, sia con rife-rimento alle entrate tributarie. Tuttavia, proprio nel gravare anche il legislatore di spesa dell’onere di giustificare i propri stanziamenti seguendo il canone della ragionevolezza/propor-zionalità, non si può non leggere il tentativo della Corte costituzionale di addossare l'onere della prova, ove possibile, su entrambe le parti del giudizio, secondo una tesi già enucleata in dottrina85 in base alla quale, nella misura in cui nel giudizio in via principale si scrutinano le ripercussioni sul principio di buon andamento finanziario della p.a. (art. 97, co. 1 e 2 Cost.) della irragionevolezza o sproporzione di una data soluzione normativa, la decisione del Giu-dice costituzionale deve fondarsi nella valutazione dei dati e delle informazioni che emergono dalle prospettive tanto del ricorrente, quanto del resistente in giudizio. Pertanto, non sembra improprio sostenere che i criteri per dimostrare nel merito l’oggettiva impossibilità di esercizio delle funzioni appaiono in via di progressiva elasticizzazione, risolvendosi essi più che altro in un vincolo di carattere argomentativo sull'irragionevolezza di determinate assegnazioni finan-ziarie da parte del legislatore statale quale “figura sintomatica” dell’eccesso di potere legisla-tivo.

3.2. I giudizi in via incidentale: dalle ordinanze di rimessione dei T.A.R. al nuovo ruolo della Corte dei conti in sede di controllo

Nei giudizi instauratisi in via incidentale il tema dell’onere della prova si presenta sotto una veste parzialmente diversa, dal momento che di esso è gravato il giudice rimettente nel sollevare la questione di legittimità anche se, per poter costruire un’ordinanza che prospetti una questione rilevante e non manifestamente infondata, non sono affatto secondarie, specie in sede di giurisdizione amministrativa, le modalità con le quali l’ente territoriale ha lamentato la lesione delle proprie prerogative finanziarie, rectius quali atti abbia impugnato. In ogni caso, anche nel giudizio in via incidentale sembra potersi osservare una tendenza verso l’ammorbi-dimento dei criteri che definiscono l'onere probatorio, oltreché un allargamento delle vie attra-verso le quali contestare le violazioni del principio.

Se, infatti, allo stato, le principali questioni di legittimità costituzionale ai fini della ga-ranzia del principio di connessione sono state sollevate perlopiù dai giudici amministrativi di primo grado, la recente riconfigurazione in un’ottica complessivamente giurisdizionale e non soltanto amministrativo-collaborativa del sistema dei controlli svolti dalla Corte dei conti su bilanci e rendiconti degli enti territoriali e la conseguente apertura all'accesso al giudizio di costituzionalità delle Sezioni regionali di controllo non solo in sede di parificazione del rendi-conto generale dello Stato o delle Regioni (sentt. nn. 89/2017, 181/2015, 213/2008 e 244/1995), ma anche in sede di controllo sui bilanci degli enti locali (cfr. sent. n. 18/2019), potrebbe consentire anche al giudice contabile di censurare disposizioni di legge che impedi-scano agli enti territoriali di soddisfare i propri bisogni, rectius di esercitare adeguatamente le

85 F. GUELLA, L’onere della prova dell’insufficienza delle risorse regionali, in: Le Regioni n. 2/2018, 219 e sgg.

funzioni loro attribuite. I controlli della Corte dei conti, infatti, consentono di verificare in ma-niera sistematica non solo e non (più) tanto la performance, ossia se e in che misura sia ga-rantito un proficuo utilizzo delle risorse pubbliche (controlli sulla gestione), ma in quali termini la gestione contabile di un ente sia stata realizzata nel rispetto di parametri normativi finalizzati alla garanzia del principio di copertura e degli equilibri di bilancio (controlli di legittimità-rego-larità), in conformità a quanto previsto dall’art. 20 della legge 24 dicembre 2012, n. 243. Pe-raltro, oltre ai giudizi ad istanza di parte, sulla base dei quali potrebbe instaurarsi una contro-versia per conflitti tra enti in materia finanziaria, l’art. 172 c.g.c. (d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174) consente agli enti territoriali di promuovere azioni di accertamento delle proprie pretese patri-moniali avverso altri enti pubblici, le quali, ancorché in contesti legati più che altro a contesta-zioni tra agenti contabili, sono idonei ad assicurare una tutela del principio di connessione tra funzioni e risorse (cfr. sent. n. 1045/2018, Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Campania).

Talora, tuttavia, gli equilibri finanziari possono essere minacciati proprio dall’applica-zione nella fase decisoria di talune norme di legge statale o regionale con essi incompatibili.

È in questo contesto, allora, che il sindacato del giudice contabile subisce una “saldatura”

funzionale rispetto al controllo esercitato dal Giudice costituzionale, potendo la Corte dei conti sollevare q.l.c. inerenti a norme che producano gravi squilibri nell’allocazione delle risorse. In disparte per un attimo il problema della trasformazione del giudizio di legittimità costituzionale in un giudizio “sul fatto”, la Corte dei conti appare senz’altro come l'organo più qualificato a sollevare questioni di legittimità di questo tipo, visto che, anche grazie ai propri poteri istruttori, essa dispone di informazioni e dati per verificare se una riduzione di impegni di spesa legisla-tivamente fondata sia compatibile con l'erogazione di alcuni servizi pubblici86.

Senonché, fino ad oggi, sono gli organi di giustizia amministrativa e non quelli di giu-stizia contabile ad aver investito la Corte costituzionale di questioni di legittimità di grande rilievo per la garanzia del principio di connessione. Essi, infatti, sono stati destinatari di ricorsi di enti territoriali per l’accertamento del loro diritto di ottenere trasferimenti finanziari adeguati alle funzioni delegate, ma anche di ricorsi ai sensi dell’art. 133, lett. c) c.p.a. in ordine alla mancata erogazione dei mezzi finanziari per l'espletamento di un servizio pubblico, che è no-toriamente materia sulla quale ha giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo. Rispetto ai primi, il riferimento va, innanzitutto, alle ordinanze di rimessione del T.A.R. Piemonte (nn. 6, 141, 142/2015 e 71-72/2014, Sez. II, rel. Masaracchia) che hanno originato le anzidette pro-nunce n. 188/2015 e n. 10/2016. In tali ordinanze, il T.A.R. aveva accertato che l’ammontare stanziato in favore delle Province ricorrenti era manifestamente insufficiente a garantire anche

86 Sull’evoluzione del sistema dei controlli della Corte dei conti dopo il D.L. n. 174/2012 si vedano i diversi contributi contenuti nel volume di: F. CAPALBO (a cura di), Il controllo di legittimità-regolarità della Corte dei conti, Napoli, 2018, ma anche i lavori di: R. SCALIA, La funzione di controllo della Corte dei conti. La giustiziabilità delle decisioni assunte dalle Sezioni regionali nell’area della legittimità-regolarità della gestione finanziario-contabile, in:

www.federalismi.it, n. 13/2017; L. BUFFONI e A. CARDONE, I controlli della Corte dei conti e la politica economica della Repubblica: rules v. discretion, in: Le Regioni n. 4/2014, 841 e sgg.; A. CAROSI, La Corte dei conti nell’ordina-mento italiano, in: Diritto e Società, 2013, 517 e sgg. D. MORGANTE, I nuovi presidi della finanza regionale e il ruolo della Corte dei conti nel d.l. 174/2012, in: www.federalismi.it, n. 1/2013; M. MORVILLO, La Corte dei conti e i controlli sulla finanza locale: spunti per una lettura congiunta della sent. 60/2013 e del d.l. 174/2012, in: www.forumcostitu-zionale.it, 28 giugno 2013.

solo la copertura delle spese necessarie per il personale e che la Regione non avrebbe potuto giustificare la graduale soppressione dei trasferimenti sulla base dell'art. 19, co. 1 del d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68, dal momento che ad essa non aveva fatto seguito la loro fiscalizzazione, come ulteriormente previsto da tale disposizione. In proposito, la Corte costituzionale aveva accolto i dubbi del giudice rimettente, argomentando esclusivamente a partire dalla drasticità, rectius irragionevolezza del taglio di risorse operato a invarianza di funzioni, ma prescindendo dal verificare l'assolvimento dell'onere probatorio in ordine all'oggettiva impossibilità di eserci-tare le funzioni da parte delle Province a partire dal mancato rispetto dell’obbligo di fiscalizza-zione87. Compito dei ricorrenti è quindi chiarire i profili di illogicità e irragionevolezza delle di-sposizioni di legge impugnata e non denunciare la lesione della propria autonomia economico-finanziaria che di tale irragionevolezza costituisce soltanto il riflesso (cfr. ancora: T.A.R. Ve-neto, Sez. III, sent. 21 maggio 2015, n. 553, rel. Savoia). In questo modo, analogamente a quanto si diceva per i ricorsi in via principale, la Corte sembra persino aver traslato l'onere della prova sul resistente (la Regione) nella misura in cui esso conferisca o deleghi funzioni ad altri enti (le Province). In tal caso, l’ente delegante non può disinteressarsi del loro adeguato finanziamento, né tantomeno accettare il rischio che siano gli enti delegati con risorse proprie a coprire i costi delle funzioni. In continuità con tale indirizzo volto ad assicurare che i soggetti chiamati a sopportare le spese di servizi pubblici siano (anche) i soggetti che questi servizi hanno delegato, è la sent. n. 275/2016, originata da un'ordinanza di rimessione del T.A.R.

Abruzzo (Sez. I, ord. 19 marzo 2014, rel. Balloriani). In tal caso, l'onere probatorio era alleg-gerito ex se dalla circostanza per cui era la legge regionale a fare obbligo alla Regione di contribuire al finanziamento delle spese per il trasporto e l’assistenza degli studenti disabili versando alle Province un contributo pari al 50% della spesa necessaria, così come documen-tata dalle Province. Sicché, la Corte costituzionale non ha dovuto verificare se il giudice rimet-tente avesse o meno chiarito in che termini la Provincia ricorrente si fosse trovata nell'oggettiva impossibilità di svolgere le funzioni ad essa attribuite. Anche in questo caso, una dimostrazione di tale impossibilità non solo non è richiesta, ma apparirebbe anche illogica e contraddittoria rispetto alla fattispecie oggetto del giudizio: non spetta al ricorrente dimostrare di poter comun-que esercitare le funzioni attribuitegli se un tale svolgimento è il frutto di una decisione dell'ente il cui compito è assicurare la proficua utilizzazione delle risorse che mette a disposizione.88

Più difficile è, invece, accertare in quali casi e sulla base di quali argomentazioni i giudici amministrativi abbiano evitato di sollevare q.l.c. di disposizioni ritenute in contrasto con il principio di connessione, ossia se ciò sia avvenuto perché è stato per loro possibile risolvere con un’interpretazione adeguatrice le antinomie denunciate dai Comuni ricorrenti (come

87 Rileva questo aspetto anche: G. D'AURIA, Nuove province e Città metropolitane: funzioni amministrative e (in)adeguatezza delle risorse finanziarie, in: Foro.it n. 12/2016, 3723 e sgg.

88 Al proposito, si veda ancora di recente il parere della SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE, delibera n. 72/2019 (rel. Cirillo), nella parte in cui osserva che, ai fini del calcolo del tetto di spesa di personale stabilito dalla legge statale, impedire alle Province di considerare neutrali gli oneri sostenuti per i dipendenti impe-gnati nello svolgimento delle funzioni delegate significherebbe gravare queste ultime e non l’ente delegante, ossia la Regione, dell’onere di impiegare risorse proprie per lo svolgimento di funzioni delegate, così ledendo il principio di connessione tra funzioni e risorse. Analogamente: SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA,delibera n. 281/2018 (rel. Burti) e SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER L’UMBRIA,delibera n. 106/2018 (rel. Canu).

nuto, ad esempio, nel caso del T.A.R. Lazio, Sez. I, sentt. nn. 2554-2553-2552/2017, rel. Cic-chese, poi confermate dal Consiglio di Stato, Sez. IV, sentt. nn. 2203-2201-2200/2018, rel.

Taormina) o piuttosto perché le doglianze della Provincia ricorrente erano carenti nell’eviden-ziare le conseguenze costituzionalmente lesive di certe disposizioni legislative (come acca-duto, invece, nel caso del T.A.R. Lazio, Sez. II, sent. n. 2104/2018, rel. Tropiano; T.A.R. Lazio, Sez. I ter, sentt. nn. 1649-1650-1651/2019, rel. Petrucciani). A questo proposito, mentre nel caso corrispondente al primo gruppo di sentenze il giudice amministrativo ha annullato un d.P.C.M. di riparto delle risorse sulla base della sua adozione tardiva, come tale incompatibile con il principio costituzionale della certezza delle risorse disponibili (art. 119 Cost.) ricavato in via pretoria a partire dall’anzidetta giurisprudenza costituzionale (sent. n. 129/2016), con il secondo gruppo di sentenze, il T.A.R. Lazio ha, invece, ritenuto manifestamente infondate le censure, poiché rivolte contro un decreto attuativo di una norma di legge statale che, se cor-rettamente interpretata, non poteva ritenersi incostituzionale (sent. n. 205/2016) ovvero perché gli enti territoriali ricorrenti non avrebbero dimostrato che la norma oggetto di censura avesse determinato nei loro bilanci uno squilibrio finanziario smodato e irragionevole. Infine, con un ultimo gruppo di sentenze, sempre il T.A.R. Lazio (Sez. I, nn. 4581/2019 e 8368-8370-8374-8376/2017, rel. Cicchese) ha in parte accolto e in parte rigettato il ricorso di alcuni Comuni avverso taluni decreti ministeriali sulla determinazione dei contributi loro dovuti per le spese di giustizia. Da un lato, infatti, non sarebbe stata chiarita l’attualità e concretezza della lesione della loro autonomia economico-finanziaria derivante dalla disposizione di legge in ordine alla quale si chiedeva di sollevare la q.l.c., essendo l’esiguo importo dei contributi versati dallo Stato una mera eventualità estranea alla struttura della norma; dall’altro, invece, lo Stato avrebbe sottratto risorse ai Comuni con effetto retroattivo non previsto dalla disposizione di legge, retroattività che, come tale, avrebbe pertanto leso il richiamato principio di certezza delle risorse disponibili, così come desumibile dall’interpretazione dell’art. 119 Cost.

Anche nei giudizi in via incidentale può, quindi, ravvisarsi una progressiva evoluzione verso l’alleggerimento dell’onere della prova richiesto agli enti territoriali, rectius del requisito della rilevanza, benché in una forma ancora alquanto embrionale, alla quale, specie dinanzi al T.A.R. Lazio, si accompagna talora un’apodittica riaffermazione della mancata dimostrazione dell’impossibilità oggettiva di svolgimento delle funzioni da parte degli enti territoriali.

5. Conclusioni: un principio costituzionale finanziario del federalismo cooperativo che

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