2.5. Gli effetti dell’inquinamento atmosferico
2.5.3. Gli effetti sui materiali
Gli inquinanti atmosferici incrementano il deterioramento dei materiali degli edifici e delle costruzioni. Le concentrazioni di SO2 e la deposizione dei cloruri, insieme a fattori
climatici come l’umidità, accelerano i processi di corrosione. Queste sostanze, soprattutto l’ SO2 hanno un forte effetto sul deterioramento dei marmi e di altre pietre
calcaree usate negli edifici e nei monumenti (Stanners & Bourdeau, 1995). Questo deterioramento dipende dalla esposizione, dalla presenza o meno di acqua sulle
superfici e anche dalla qualità dei materiali. Su molti materiali gli inquinanti come l’ NOx
o l’O3 incrementano l’effetto dovuto all’attacco di SO2 inoltre, i composti azotati
incoraggiano la crescita di muschi, licheni e alghe sugli edifici. I costi relativi agli effetti degli inquinanti sui materiali da costruzione e agli edifici può essere stimato intorno ai 10 bilioni di € l’anno per la sola Europa (Kutera, Henriksen, Knotkkova, & Sjostrom, 1993).
Capitolo 3.
La Legislazione in materia di inquinamento Atmosferico
L’impatto dell’inquinamento atmosferico su scala globale è un argomento che è stato oggetto di numerose conferenze internazionali che spesso hanno dato origine a protocolli di intesa tra i Paesi partecipanti, tra cui:Il Protocollo di Kyoto sottoscritto l'11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il riscaldamento globale. Il trattato prevede l'obbligo per i paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra, precisamente metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni rispettivamente registrate nel 1990 (considerato come anno base), nel periodo 2008‐2012.
La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (adottata a New York il 9 maggio 1992) definisce un obiettivo di stabilizzazione delle concentrazioni di gas‐serra per la protezione del sistema climatico e promuove interventi a livello nazionale e internazionale per il raggiungimento di questo obiettivo, ma non prevede impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni di gas‐serra (successivamente adottati dal Protocollo di Kyoto), ma solo un impegno di massima per i Paesi industrializzati a riportare entro il 2000 le proprie emissioni di gas‐serra ai livelli del 1990.
Il Protocollo di Montreal, in attuazione della Convenzione di Vienna (1985) ha stabilito nel 1987 gli obiettivi e le misure per la riduzione delle produzioni e degli usi delle sostanze pericolose per la fascia di ozono stratosferico. Il Protocollo stabilisce i termini di scadenza entro cui le Parti firmatarie si impegnano a contenere i livelli di produzione e di consumo delle sostanze dannose e disciplina gli scambi commerciali, la comunicazione dei dati di
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monitoraggio, l'attività di ricerca, lo scambio di informazioni e l'assistenza tecnica. Rispetto ai termini di scadenza sul contenimento dei livelli di produzione e di consumo delle sostanze dannose, i paesi in via di sviluppo godono, rispetto ai Paesi industrializzati, di un allungamento dei tempi di dieci anni.
La Convenzione di Ginevra: il 13 novembre 1979 a Ginevra, in Svizzera, 29 Paesi Europei, gli Stati Uniti e il Canada hanno sottoscritto la Convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a lunga distanza. La Convenzione è il primo accordo internazionale che ha fissato dei valori limite per gli inquinanti atmosferici pericolosi per l’ambiente e, con la successiva integrazione di 8 protocolli, ha allargato il suo campo d’azione alle sostanze che minacciano in modo più diretto la salute umana e gli ecosistemi. Nell'ambito della Convenzione di Ginevra 8 protocolli sono poi stati siglati come integrazione della stessa: • Protocollo di Ginevra del 1984: finanziamento a lungo termine del programma di
sorveglianza continua e valutazione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero (ratificato dall'Italia con la L.488/88);
• Protocollo di Helsinki del 1985: riduzione delle emissioni di zolfo (ratificato con L.487/1988); • Protocollo di Sofia del 1988: riduzione delle emissioni di ossidi di azoto (L.39/1992);
• Protocollo di Ginevra del 1991: riduzione delle emissioni di composti organici volatili (L.146/1995);
• Protocollo di Oslo del 1994: ulteriori riduzioni delle emissioni di zolfo (L.207/1998);
• Protocollo di Aarhus del 1998: riduzione delle emissioni di metalli pesanti e di composti organici persistenti;
• Protocollo di Goteborg del 1999: abbattimento dei processi di acidificazione ed eutrofizzazione.
Come in ogni altro campo della legislazione ambientale, la normativa in tema di qualità dell’aria si distingue in normativa Comunitaria e normativa Nazionale e locale; la normativa
Comunitaria (Direttive) deve solitamente essere recepita dalla normativa nazionale entro una data fissata nella stessa legislazione. 3.1. La normativa Europea Dal 1980, l’Unione Europea ha approvato una serie di direttive in materia di qualità dell’aria, soprattutto per le emissioni da grandi impianti industriali, ponendo dei valori limite di emissione e di concentrazione in aria per alcuni agenti inquinanti. A seguito dell’approvazione del V Programma di Azione in materia ambientale del 1992, si è inaugurato un nuovo corso per le politiche comunitarie per la Qualità dell’Aria (QA).
Con la Direttiva 96/62/CE “Valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente”, definita Direttiva quadro, il legislatore comunitario persegue la finalità di proteggere la salute umana e l’ambiente secondo criteri e procedure armonizzate a livello europeo. Gli elementi innovativi introdotti riguardano: • la definizione degli obiettivi e degli inquinanti regolamentati, alcuni già normati (SO2, NO2, PTS, PM10, Pb, O3), altri nuovi (benzene, CO, IPA, Cd, As, Ni, Hg); • l’istituzione per ogni stato di un sistema di valutazione dell’aria ambiente e l’individuazione di zone dove la misurazione è obbligatoria; • la valutazione preliminare della QA per la zonizzazione del territorio; • l’obbligatorietà dell’adozione di piani di risanamento per le aree in cui gli standard non sono rispettati; • le norme generali per l’acquisizione, la trasmissione e la pubblicazione dei dati della qualità dell’aria; • l’istituzione di mezzi per l’informazione del pubblico. Sono definiti tre nuovi vincoli alle concentrazioni in aria di sostanze inquinanti:
I. il valore limite, ovvero un livello di concentrazione determinato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla
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salute umana e sull’ambiente nel suo complesso, da raggiungere entro la data del conseguimento e da non superare;
II. il valore obiettivo, ovvero il livello fissato al fine di evitare e lungo termine ulteriori effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente nel suo complesso, che dovrà essere raggiunto per quanto possibile nel corso di un dato periodo; III. la soglia di allarme, ovvero un livello oltre il quale vi è un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata e raggiunto il quale è necessario un intervento immediate. Gli inquinanti sono stati normati dalle direttive “figlie”, che sono la Direttiva 99/30/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo”, la Direttiva 2000/69/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio” e la Direttiva 2000/03/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per l’ozono”.
La Direttiva 99/30/CE stabilisce i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, riportati in Tabella 3.1, assieme ai termini entro i quali dovranno essere raggiunti e al numero massimo di superamenti consentiti in un anno.
La direttiva fissa, inoltre, le soglie d’allarme per il biossido di zolfo e il biossido di azoto, riportati in Tabella 3.2.
Tabella 3.2 Soglie di allarme previste dalla Direttiva 99/30/CE.
La Direttiva 2000/69/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per benzene ed il monossido di carbonio” stabilisce i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il benzene ed il monossido di carbonio. In tabella 3.3. sono elencati i valori limite, i termini entro i quali dovranno essere raggiunti e il numero massimo di superamenti permessi in un anno.
Tabella 1.3 Valori limite previsti dalla 00/69/CE.
La Direttiva 2002/03/CE “Valori limite di qualità dell’aria ambiente per l’ozono” stabilisce i valori obbiettivo, i valori bersaglio e le soglie di allarme e di informazione relative alle
concentrazioni di ozono
nell’aria (Tabella 3.4.).
Tabella 3.4 Valori limite per l’ozono previsti dalla Direttiva 2000/03/CE.
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Nell’aprile del 2002 è stata pubblicata dalla Commissione Europea la “Guida agli annessi della Decisione 97/101/EC sullo Scambio di Informazioni come aggiornata dalla Decisione 2001/752/EC”, che rappresenta un testo tecnico per i soggetti competenti nel monitoraggio dell’aria ambiente, in cui sono specificati:
• la lista degli inquinanti, i parametri statistici e l’unità di misura;
• le informazioni riguardanti le reti, le stazioni (classificazioni) e le tecniche di misurazione;
• la procedura di validazione dei dati e di verifica della qualità (QA/QC); • le minime coperture temporali per poter aggregare i dati;
• i formati per lo scambio dei dati.
Questo atto, fornendo delle indicazioni pratiche molto particolareggiate, è di notevole importanza per la standardizzazione delle reti di monitoraggio e per l’adozione di metodi di campionamento, analisi, validazione e valutazione uniformanti a livello europeo.