L'UOMO E IL MOSTRO
2. Gli individui mostruosi nei miti della Grecia antica.
Chimera non è l'unico animale fantastico che popola i miti greci. Essa è il frutto dell'amore incestuoso tra due mostri, anch'essi dalle fattezze chimeriche: figli di Gea ed Urano, Tifone, il padre, aveva cento teste che sputavano fuoco, Echidna, la madre, era una donna bellissima che al
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posto delle gambe aveva la coda di un serpente. I suoi fratelli erano Cerbero, il cane a tre teste guardiano dell'Ade, l'Idra di Lerna, gigantesco serpente a nove teste, la Sfinge, corpo di leone e stesa di donna.
La mitologia greca è ricca di esseri chimerici risultato della mescolanza tra uomo e animale: le sirene (creature acquatiche con la testa ed il torso di donna e la coda di un pesce), il Minotauro (testa di uomo e corpo di toro), il Centauro (corpo di un cavallo e testa e torso di uomo). Tali esseri sono accomunati dal fatto che il loro corpo porta chiari segni della natura mista: solitamente vi è una perfetta divisione tra la parte umana e quella animale.
Dai poemi dell'età arcaica alla metafisica classica, il pensiero greco è stato dominato del principio del καλός καί άγαθός, ossia dall'ideale del ―bello e buono‖.
Secondo tale pensiero, alla perfezione estetica corrisponde quella dello spirito. Colui che ha un corpo sano e privo di anomalie è conseguentemente buono e giusto.
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inscindibili, coesistono perché non potrebbe essere differentemente, l'uno rispecchia l'altro. Ciò che è bello è necessariamente buono e vero e ciò che è buono e vero non può essere che bello e buono.
Secondo Platone, solo chi è in grado di guardare alla verità ideale e fare costante riferimento ad essa può cogliere l'equivalenza tra bello, buono e vero e può applicare le norme per il raggiungimento del bene, in quanto conosce.
Solo chi sia ―per natura dotato di memoria, incline all'apprendimento, generoso, elegante, amico e parente della verità, della giustizia, del coraggio, della temperanza‖38
incarna l'ideale del ―bello e buono‖, può agire per il bene della polis.
Pertanto, solo chi è ―nato bene‖ può comandare.
L'‖eugenia‖, il nobile sangue, diviene la causa dell'ordine gerarchico della società. Una buona nascita svela l'essere dell'individuo ed è la fondazione della sua autorità.
In questo mondo il mostro non ha cittadinanza.
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Esso è confinato all'ambito del fantastico, fa parte dell'incubo, è un individuo solo nella mitologia. Per il bello e buono il mostro è un destino catastrofico, di origine divina e punizione, la cui uccisione ha un effetto catartico.
La metafisica prevede il mostro solo come anomalia del processo del divenire naturalistico e corruzione dell'etica. Esso non può essere compreso come l'altro, il diverso compartecipe con il bello e il buono dell'essere. Platone non riesce ad immaginare ontologicamente il mostro: la materia che non sa seguire l'ordine causalmente orientato del divenire, etico e naturalistico, non è.
Che ne è, pertanto, dei mostri umani? Ossia quei soggetti deformi, nati con gravi malformazioni fenotipiche e per questo ―brutti‖?
Oggi sappiamo che si tratta di teromorfismo umano, come nel caso dei feti acefali, feti sirenoidi o ciclopici, o ancora feti di gemelli siamesi.
Mostri venivano considerati anche gli individui focomelici o con il labbro leporino o gobbi. Il loro aspetto è
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la punizione degli dei per la hybris dei padri; sono ―nati male‖ e il loro animo è corrotto come il loro corpo.
Così Omero descrive Tersite: brutto, gobbo, zoppo, dal cranio deforme39. E' il decimo anno di guerra ed i Greci, ormai stremati, si riuniscono per decidere il da farsi. Tersite prende la parola e accusa i capi della spedizione di curare solo i propri interessi, in particolare Ulisse; propone, pertanto, di abbandonarlo e di tornare sul suolo patrio. Il brutto Tersite viene rimbrottato, schernito e colpito con lo scettro regale dallo stesso Ulisse. Non comprende le ragioni che spingono i condottieri a resistere sotto le mura di Troia: egli è un codardo, dall'animo basso e così come non riesce a stare ben eretto per via delle sue deformità, allo stesso modo non riesce a raggiungere le vette di eroismo di uomini perfetti, di nobile stirpe e, pertanto, degni di ogni onore.
Il mostro non è una persona, non ha nessuna
39 ―il sol Tersite di gracchiar non si resta, e fa tumulto/ parlator petulante. Avea costui/ di scurrili indigeste dicerie/ pieno il cerebro, e fuor di tempo, e senza/ o ritegno o pudor le vomitava/ contro i re tutti; e quando a destar riso/ infra gli Achivi gli venia sul labbro,/ tanto il protervo beffator dicea,/ Non venne a Troia di costui più brutto/ ceffo; era guercio e zoppo, e di
contratta/ gran gobba al petto; aguzzo il capo, e sparso/ di raro pelo. Capital nemico/ del Pelide e d'Ulisse, ei li solea/ morder rabbioso: e schiamazzando allora/ colla stridula voce lacerava/ anche il duce supremo Agamennone‖: Iliade, II, 211 e ss., trad. V. Monti.
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legittimazione a stare nella società greca. Esso è una deviazione della natura e della morale, non fa parte dell'essere uomo, né naturalisticamente né eticamente. Ha lo statuto di individuo solo all'interno del mito, ma resta la sua valenza negativa e per questo deve essere annientato dall'eroe. Ha un senso solo in quanto permette all'eroe di riscattarsi e di far trionfare le proprie virtù.
Il mostro è fuori dall'ordine razionale.
3. L'umano e il mostro: lotta tra il bene e il male nel