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Gli strumenti dell’ordinamento comunitario

a) Potestà normativa tributaria e potestà amministrativa tributaria a confronto

Una questione rilevante da considerare quando si concretizzano fattispecie impositive aventi connotati di transnazionalità concerne l'esercizio della potestà amministrativa da parte dello Stato.

Il presente elaborato ha finora analizzato la disciplina a cui è sottoposto l'esercizio della potestà impositiva, un concetto che, sebbene strettamente collegato, si differenzia net- tamente dalla potestà amministrativa.

Si è già detto che lo Stato può tassare i propri residenti per i redditi ottenuti in altre na- zioni in virtù del principio world wide taxation, il quale ammette imposizione per mano dello Stato di residenza per la ricchezza ovunque prodotta nel mondo da parte dei propri residenti. Di conseguenza si comprende come la potestà impositiva di uno Stato possa andare a colpire anche soggetti che non sono localizzati all'interno del proprio territorio. La normativa a cui si deve attenere l'amministrazione finanziaria nell'applicazione dei tributi viene disciplinata dalla legislazione fiscale nazionale attraverso la definizione, per ogni tipologie di imposta, dei suoi aspetti sostanziali1. Viene descritto il presuppo- sto, quale circostanza che fa scattare l'obbligazione tributaria, il soggetto passivo, ossia colui a cui spetta adempiere all’obbligazione tributaria, inoltre il soggetto attivo, che so- litamente corrisponde allo stato se si parla di tributi erariali, ma può identificarsi anche con altri enti pubblici quali regioni e comuni, ed in questo caso l'imposta è detta tributo locale. Nella stessa sede sono poi definiti i criteri con cui calcolare la base imponibile, ed infine l'aliquota, ossia la percentuale del reddito ammesso a tassazione che il contri- buente dovrà pagare quale imposta derivante dalla manifestazione della propria capacità contributiva.

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Una volta che l'amministrazione finanziaria abbia attribuito e calcolato l'entità corri- spondente all'imposta dovuta, è necessario attuare i mezzi che permettano allo stato, o all’ente pubblico, di realizzare tali entrate monetarie. Entra allora in gioco la potestà amministrativa tributaria, che si descrive quindi come il “potere di dare effettiva attua- zione alla norma tributaria nel territorio di uno Stato”2.

A differenza della potestà impositiva, quest'ultima non può oltrepassare i confini geo- grafici propri dello stato; di conseguenza, con riferimento alle fattispecie impositive a- venti connotati di transnazionalità, ossia in considerazione dei redditi prodotti all'estero di soggetti residenti, l'amministrazione finanziaria non ha il potere di prelevare perso- nalmente le relative imposte dovute. Ad esempio, un residente italiano che produce red- diti in Germania sarà tassabile dall’Italia secondo la normativa disciplinante la sua pote- stà impositiva, ma l'agenzia delle entrate italiana non avrà il potere di aggredire tale reddito localizzato in Germania, bensì dovrà richiedere la collaborazione dell'ammini- strazione finanziaria tedesca al fine di potervi prelevare la relativa imposta.

Gli stati di conseguenza si sono attivati nell'elaborare degli istituti idonei alla disciplina delle forme di cooperazione tra le nazioni, al fine di poter esercitare la potestà ammini- strativa statale anche nei confronti di redditi esteri di soggetti residenti. La stessa, che si sostanzia nell'attività di accertamento e in quella riscossione, ha portato all'elaborazione di strumenti idonei a regolare la collaborazione tra le amministrazioni finanziarie di di- versi paesi.

Le misure adottate dagli Stati si sostanziano in convenzioni bilaterali o multilaterali, af- ferenti alle fonti internazionali, e in direttive e regolamenti per quanto concerne gli Stati appartenenti all’Unione Europea. Si comprende quindi come la potestà amministrativa sia una funzione essenziale, la cui importanza è colta sia a livello comunitario, così co- me dalla organizzazioni internazionali, in quanto, oltre a garantire il reale pagamento dei tributi da parte dei contribuenti, è una funzione che permette allo Stato di contrastare l'evasione fiscale e, non ultimo, tutelare i contribuenti.

b) I meccanismi di cooperazione amministrativa

Le fattispecie impositive aventi connotati di transnazionalità si presentano sempre più numerose in una realtà, come quella odierna, caratterizzata da processi di globalizzazio-

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ne in continua evoluzione. Come affermato nel precedente paragrafo, la ricchezza otte- nuta dai soggetti residenti in paesi stranieri non è aggredibile in via diretta dallo Stato di residenza del contribuente, di conseguenza esso non può esercitare la propria potestà amministrativa su tali redditi nello stesso modo in cui applica la tassazione alla ricchez- za dei propri residenti. Nasce allora l'esigenza di elaborare dei meccanismi che permet- tano alle amministrazioni finanziarie statali di recuperare i tributi oltre i confini naziona- li, consentendo così agli strati di realizzare quella collaborazione internazionale che sta alla base dell'esercizio della potestà amministrativa oltre i confini nazionali3.

Queste forme di cooperazione internazionale, sebbene con alcune differenze, sono state introdotte sia dalle fonti internazionali che attraverso l'ordinamento comunitario.

1. Gli istituti introdotti dal diritto internazionale

Le fonti del diritto internazionale trattano in modo esplicito la sfera della cooperazione amministrativa, disciplinando i meccanismi posti alla base di tale collaborazione.

L’OCSE ha dedicato una specifica clausola all’interno del modello di convenzione con- tro le doppie imposizioni, il quale all’art. 26 prevede la possibilità per gli stati contraenti di adottare uno strumento che permetta loro di esercitare la potestà amministrativa nei confronti di redditi esteri di soggetti residenti, si tratta del cosiddetto “scambio di in- formazioni”. Tale meccanismo è la forma più semplice di cooperazione, disciplinata all'interno delle convenzioni contro la duplice tassazione concernenti le imposte sui red- diti e sul patrimonio, è stata introdotta in quanto ritenuta necessaria sia per applicare le norme della convenzione che per consentire l’applicazione delle leggi nazionali volte a contrastare l'evasione nazionale. Qualora il trattato non disciplini diversamente, tale isti- tuto viene adottato anche per la tipologia di imposte che non sono menzionate all'interno della convenzione stessa.

Lo scambio di informazioni può assumere diverse tipologie. Si parla anzitutto di scam- bio su richiesta, qualora sia attivato da parte dell'amministrazione finanziaria di una na- zione con riferimento a specifiche notizie che sono in possesso solamente dell'altro Sta- to; è previsto inoltre lo scambio automatico, nei casi in cui le comunicazioni di dati non siano promosse da una richiesta ad hoc, ma vengano effettuate sulla base di un'intesa e- laborata precedentemente dai due Stati. La validità delle comunicazioni automatiche va

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di pari passo, però, con le difficoltà di applicare una tale forma di scambio, la quale in- fatti implica procedure amministrative istituite appositamente. L'OCSE è intervenuto at- traverso alcune Raccomandazioni per promuovere l'adozione di questo istituto, in quan- to giudicato positivamente in un'ottica di contrasto all'evasione fiscale. Come ultima ti- pologia di scambio di informazioni si menziona lo scambio spontaneo, che consiste in una comunicazione che non prevede alcun tipo di accordo specifico tra i due Stati, ma che si caratterizza semplicemente per la volontà dell'amministrazione finanziaria di uno Stato di inviare all'altra informazioni considerate utili.

Lo stesso Modello OCSE individua però dei limiti all’adozione di tale strumento, di- sponendo che lo stesso non debba configurarsi come un dovere per lo Stato di elaborare precetti normativi contrari al proprio ordinamento o a quello dell'altra nazione, inoltre non può consistere in dati la cui disposizione contraria alla normativa interna degli stati coinvolti, né deve concretizzarsi nello svelamento di segreti commerciali o industriali, oppure che contrastino l'ordine pubblico.

A differenza della versione del Modello OCSE precedente all’aggiornamento del 2010, quella in vigore prevede la possibilità per gli stati di scambiarsi informazioni che siano anche protette da segreto bancario, incentivando così la pratica di una maggiore traspa- renza tra le amministrazioni finanziarie degli Stati. È comunque garantita un’ampia so- glia di riservatezza ai dati ottenuti a seguito delle comunicazioni, i quali verranno portati a conoscenza dalle autorità competenti solamente a coloro che sono interessati da tali informazioni, ed ai loro rappresentanti, operando così anche un'ampia tutela dei contri- buenti.

Un limite insito nella disciplina dello scambio di informazioni consiste nell'assenza di criteri secondo cui i dati possano essere comunicati, ma gli stati hanno sopperito a tale mancanza adottando specifici patti in materia amministrativa.

La semplicità insita nello scambio delle informazioni è il motivo della loro presenza in gran parte delle convenzioni contro la duplice tassazione. Ad oggi, l'Italia ha elaborato con i paesi di ogni parte del globo circa un centinaio di trattati contro le imposizioni, in- cludendo forme di collaborazione per l'esercizio della potestà amministrativa oltre i suoi confini nazionali.

L’art. 26 è stato recentemente aggiornato, in quanto nel corso dell’anno 2012 si sono apportate delle modifiche sia al testo di tale norma che al Commentario OCSE, al fine

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di promuovere lo strumento dello scambio di informazioni nella lotta all’evasione fisca- le4. Con il nuovo disposto è concesso allo stato contraente di chiedere assistenza ammi- nistrativa non solo per gli scopi elencati nella domanda di collaborazione, bensì anche in riferimento ad altre indagini in corso o future, al fine di dare maggiore rilevanza allo strumento dello scambio di informazioni nell’ambito del contrasto agli illeciti fiscali. E’ stata inserita a seguito dell’aggiornamento anche la possibilità di effettuare richieste in riferimento a gruppi di contribuenti, quindi non solo per singoli soggetti, e senza do- verli menzionare singolarmente, sebbene in questo caso sia previsto che lo stato debba comunicare i criteri attraverso cui identificare le persone selezionate.

Le modifica apportate nel 2012 si configurano quindi come un’evoluzione dello stru- mento dello scambio di informazioni, nell’ottica di garanzia della trasparenza e del con- trasto ai crimini fiscali.

Il meccanismo di scambio di informazioni non si trova però solamente nelle convenzio- ni contro le doppie imposizioni, bensì è regolato anche dalla Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1988, ratificata in Italia con la legge del 10 febbraio 2005 n. 19. Si tratta della Convenzione sulla Mutua Assistenza Amministrativa, ossia una convenzione mul- tilaterale che stabilisce accordi di cooperazione volti a sostenere l'esercizio della potestà amministrativa degli Stati in essa compresi5. La particolarità concerne la sua multilate- ralità ed inoltre la previsione che accorda agli stati contraenti di poter limitare la validità delle previsioni in essa contenute, solamente a una parte delle imposte su cui verte la Convenzione. L’adesione per le imposte di cui lo stato accetta la disciplina comporta un impegno di assistenza da parte dello stesso, nei confronti delle richiesta di assistenza che gli pervengono dagli altri stati del trattato, ma si sostanzia anche nella possibilità di richiedere a sua volta la medesima assistenza agli altri paesi contraenti.

In questa convenzione lo scambio di informazioni viene regolato dall’art. 4, il quale di- spone che gli Stati contraenti si comunicheranno dati rilevanti al fine dell'attività di ac- certamento, di quella di discussione e delle relative misure esecutive, o, ancora, per in- tentare procedimenti penali o dinanzi all'autorità amministrative. Emerge quindi alla ba- se dell'istituto l’obbligo del rispetto del requisito di rilevanza circa le informazioni da inviare, perché in caso contrario non sarà possibile giustificare la comunicazione delle

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Si veda in materia SACCHETTO, Esterovestizione societaria, 2013, p. 256 e ss.

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stesse in virtù della Convenzione di Strasburgo. Inoltre, i dati ottenuti potranno essere utilizzati in procedimenti penali solamente previa autorizzazione da parte dello Stato che li ha inviati, sebbene la convenzione posso prevedere una deroga a tale disposizio- ne.

Le tipologie di scambio di informazioni previste dalla Convenzione di Strasburgo coin- cidono con quelle definite dal Modello OCSE, quindi sono possibili scambi a richiesta, automatici o spontanei6. La medesima convenzione concede inoltre agli Stati di effettua- re controlli simultanei, ossia verifiche che entrambe le nazioni svolgono, ognuna all’interno del proprio spazio territoriale, prendendo ad oggetto soggetti che presentino un interesse comune o complementare, quindi collegati tra di loro.

Ancora, è data possibilità agli Stati di partecipare ad indagini effettuate all'estero, con- cedendo all'autorità di un paese di assistere ai controlli svolti in un altro Stato, previo permesso precedentemente accordato. Si deve specificare che tali controlli possono es- sere condotti solamente dalle autorità dello stato all'interno dei quale essi si svolgono, ma la passività di tale assistenza non ha connotati del tutto negativi, in quanto “è co- munque un elemento che può rivelarsi importante (…) tenuto conto che la presenza sul posto di agenti dello Stato richiedente può tradursi in una selezione preventiva dei dati e delle informazioni interessanti ai fini dell'accertamento, in una sollecitazione a rivolgere i controlli su determinati aspetti dell'attività del soggetto straniero sottoposto a verifica, in una più approfondita conoscenza di questo soggetto e dei suoi rapporti con la contro- parte nazionale o con attività compiuta in Italia”7.

L'Italia ha previsto all'interno della propria normativa tributaria, in materia di coopera- zione amministrativa, i medesimi istituti convenzionali. Nello specifico l’art. 31bis del DPR 600/73 dispone che le autorità dello Stato italiano possano effettuare “controlli si- multanei con le amministrazioni finanziarie degli Stati membri, ciascuno nel proprio ter- ritorio”, in riferimento ad imposte dirette ed indirette. Inoltre, lo Stato italiano ha stipu- lato numerosi patti bilaterali che ammettono tali controlli simultanei.

Per quanto concerne invece la presenza di autorità in partecipazione ad indagini effet- tuate all'estero, non esiste una norma di legge che preveda che l'Italia possa intervenire in indagini effettuate in altri Stati, ma partecipando alla Convenzione di Strasburgo tale

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Si veda SAPONARO, Op. cit., p. 106 e ss.

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possibilità viene contemplata dalla stessa in riferimento ai paesi contraenti. Inoltre, seb- bene si tratti solo nel campo di applicazione Iva, l'Italia acconsente che autorità di altri Stati membri possano partecipare ad indagini all'interno del proprio territorio.

La particolarità della Convenzione di Strasburgo circa la sua multilateralità emerge nel disciplinare l'eventuale caso di contrasto tra informazioni ottenute da più paesi ma che riguardano uno stesso soggetto: in questa situazione lo Stato che riceve i dati e si accor- ge della diversità dovrà avvisare le amministrazioni finanziarie dei relativi atti.

Con riferimento all'istituto dello scambio di informazioni, si comprende quindi come la convenzione appena trattata abbia una disciplina più specifica e preveda inoltre dei meccanismi aggiuntivi rispetto a quelli fissati nell’art. 26 del Modello OCSE, come ad esempio i controlli simultanei e la partecipazione ad indagini effettuate all'estero8. Il meccanismo dello scambio di informazioni, sebbene preveda una normativa all'inter- no di ognuno dei diversi accordi bilaterali (se parliamo di convenzione contro le doppie imposizioni), è soggetto però a regole generali, le quali dispongono che lo stesso non debba configurarsi come un dovere per lo Stato di introdurre provvedimenti contrari al proprio ordinamento o a quello dell'altra nazione, inoltre non può consistere in dati la cui disposizione sia contraria alla normativa interna degli stati coinvolti, né deve con- cretizzarsi nello svelamento di segreti commerciali o industriali, oppure che contrastino l'ordine pubblico.

Rimanendo nell'ambito delle fonti internazionali, le stesse hanno disposto un’ulteriore forma di cooperazione tra Stati, che si identifica con l'assistenza alla riscossione dei tri- buti. È un istituto previsto anzitutto dall’art. 27 del Modello OCSE, quindi tra le possi- bili clausole contenute nelle convenzioni contro le doppie imposizioni, il quale può es- sere adottato limitatamente ad alcune tipologie di imposte.

Sia lo scambio di informazioni che l'istituto dell'assistenza alla riscossione non prendo- no riferimento solo l'ambito delle persone e delle imposte per le quali vige la conven- zione, bensì queste forme di cooperazione amministrativa possono essere adottate per ogni tipologia di tributo, se gli Stati non hanno diversamente accordato.

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In merito si esprime anche SACCHETTO, Principi di diritto tributario europeo e internazionale, 2011, p. 215, nell'affermare che “in effetti la versione della Convenzione di Strasburgo conseguente all'adozione del Protocollo del 2011 non si limita a riproporre la regolamentazione, piuttosto generica, già contenuta nell'art. 26, ma si sofferma in modo analitico su forme più avanzate ed intense di scambio di informazio- ni, quali appunto le verifiche simultanee e la partecipazione di funzionari dell'amministrazione fiscale dello Stato richiedente allo svolgimento delle verifiche nel territorio dello Stato richiesto”.

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L’art. 27 del Modello OCSE dispone in particolare che il meccanismo dell'assistenza al- la riscossione dei tributi si svolga in base a un titolo che debba essere rigorosamente e- secutivo e non contestabile (da parte dello stato richiedente, qualora il soggetto debitore sia un contribuente non residente nello stato a cui è pervenuta la richiesta assistenza), secondo la normativa nel paese richiedente e che, inoltre, si riferisca ad un soggetto che non possa eccepire la riscossione. Se l’ordinamento interno dello Stato che ha ricevuto la domanda di assistenza non permette la riscossione del credito tributario, non sarà ob- bligata a collaborare in questo senso. Tale previsione rispetta il principio di non discri- minazione nei confronti dei contribuenti, in quanto lo Stato a cui è stata chiesta assi- stenza deve, in virtù di tale principio, trattare fiscalmente alla stessa maniera i propri contribuenti e quelli dello Stato richiedente.

Come per l'istituto dello scambio di informazioni, anche in questo caso esistono delle deroghe connesse alla collaborazione amministrativa, in quanto è necessario che la stes- sa debba, come appena visto, esplicarsi allo stesso modo di quanto avviene all'interno del proprio territorio, inoltre non deve entrare in conflitto con l'ordine pubblico, ed infi- ne è previsto che non possa essere concessa qualora lo Stato richiedente non abbia ese- guito quanto in suo potere per riscuotere il credito in questione.

La Convenzione di Strasburgo del 1988 prevede l'istituto dell'assistenza alla riscossione dei tributi all’art. 11 e successivi, i quali dispongono che, come previsto dal Modello OCSE, questa forma di cooperazione amministrativa possa essere esercitata solo nel ca- so in cui il credito sia esecutivo e non contestabile da parte dello stato richiedente, qua- lora il soggetto debitore sia un contribuente non residente nello stato a cui è pervenuta la richiesta assistenza. All’art. 12 è però previsto che “su richiesta dello stato richiedente, lo Stato richiesto prende provvedimenti conservatori in vista del recupero di un ammon- tare di imposta, anche se il credito è contestato o se il titolo esecutivo non è ancora stato emanato”, derogando quindi alla caratteristica di definitività del credito.

L'assistenza in merito può essere avviata solamente se la domanda di collaborazione è corredata della specifica documentazione prevista dal testo della convenzione.

La suddetta convenzione prevede inoltre che tutti gli Stati contraenti debbano fare quan- to in loro potere affinché venga realizzata l'obbligazione tributaria sottostante l'esistenza del credito per cui è stata richiesta l'assistenza, sebbene non esista un obbligo di prestare tale collaborazione quando la normativa del paese a cui è stata richiesta non lo permetta.

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Lo Stato, infine, non è tenuto a dare ai crediti assistiti “alcuno dei privilegi inerenti ai crediti fiscali”9 propri, sebbene l’iter di recupero degli stessi sia il medesimo. Ed infatti, sebbene aventi connotati molto diversi, le convenzioni appena elencate si accomunano dal fatto che “i crediti dello Stato richiedente sono considerati alla stregua di crediti del- lo Stato richiesto (…), il quale, ai fini della loro riscossione, deve impiegare gli stessi strumenti apprestati per il recupero dei crediti domestici”10. Esistono però dei casi in cui

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