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Grandezza e decadenza del romanzo giallo di Cesare Cases

L

a casa editrice Sellerio, che ha ap-profittato, finché visse, della profon-da competenza in materia di Leonardo Sciascia, all'origine di riscoperte di grandi gialli come Due rampe per

l'abis-so di Rex Stout o La fine è nota di

Geoffrey Holiday Hall, ha tenuto fede al suo insegnamento pubblicando spes-so romanzi gialli di maggiore o minor valore, riscoprendo figure dimenticate come Friedrich Glauser e aprendo la strada del successo ad Andrea Camille-ri. L'ultima infornata di gialli Sellerio è particolarmente adatta a delineare una breve storia del genere, che sembra avere trionfato su ogni altra forma nar-rativa, anche filmica o televisiva. In quanto esiste un plot, una trama narra-tiva, questa trama è ormai gialla anche se ciò non- è espressamente indicato. Basta aprire la tv per accorgersene. Sic-ché titoli come Nel segno del giallo han-no scarso senso, se han-non per antifrasi: in effetti la maggior parte dei film di que-sta rubrica televisiva non sono affatto gialli, bensì hanno come protagonista uno psicopatico che è l'opposto di quello del giallo, essendo incapace di intendere e di volere. Un esempio della confusione dei linguaggi oggi imperan-te: si chiama giallo ciò che giallo non è,

lucus a non lucendo. Enunciamo qui

brevemente i requisiti del giallo come l'intendiamo noi: 1. l'assassino deve es-sere capace di intendere e di volere; egli può essere coadiuvato da un'intera organizzazione, ma quando agisce agi-sce individualmente; 2. egli viene indi-viduato da vari indizi coordinati da un detective che non fa necessariamente parte della polizia, spesso ne ironizza i metodi e generalmente non è sposato; 3. questo detective si piazza all'interno della logica del delinquente, che finisce per intendere pienamente; in un ro-manzo di Edgar Wallace, Il quarto

fla-gello, il delinquente che si appresta a

sterminare tutti i londinesi e il detecti-ve che lo ferma sono addirittura fratel-li, secondo la dicotomia buono/scelle-rato, per cui la possibilità di capire l'av-versario è data a priori dalla consangui-neità; 4. la difficoltà nell'appurare la verità è dovuta al fatto che si vive in una società omogenea, in cui chiunque può essere l'assassino - anche il narra-tore, come nel caso di Agatha Christie,

Dalle nove alle dieci (Murder of Roger Ackroyd) - poiché alla fine della corsa

c'è sempre Lauri sacra fames, che in epoca capitalistica è propria di tutti. Questa che possiamo chiamare "demo-crazia del giallo" e che ha finito per im-perare dappertutto, poiché la morte è l'unica cosa che eguaglia equo pede /

pauperum tabernas / regumque turres e

l'unica che, cessate le differenze indivi-duali, caratterizza la finitezza dell'indi-viduo, si attua particolarmente bene in ambito ristretto, tra le zitelle che attor-niano la Miss Marple della Christie a St. Mary's Mead o nel villaggio di

Ca-bot Cob in cui si svolgono le intermi-nabili serie televisive della Signora in

giallo o negli ambienti teatrali e

cine-matografici prediletti un po' dapper-tutto nel giallo.

Cadaveri e orchidee

F

issate così le caratteristiche del ge-nere nella sua "epoca classica" (che può continuare fino ai nostri giorni, vi-sta la sua continuità e dilatazione), pas-siamo a esaminare le novità in ordine cronologico. Il primo volume che attira la nostra attenzione è La follia dei

Monkton di Wilkie Collins, che meglio

di altri libri dello stesso autore è atto a esemplificare il faticoso processo per cui il romanzo giallo si stacca dal filone del romanzo tout court. Apparente-mente si tratta di un'anticipazione del problema dello psicopatico oggi dila-gante, per di più dovuto a una tabe ere-ditaria, ma mentre oggi gli psicopatici sono all'ordine del giorno e non turba-no minimamente la democrazia del giallo, allora erano custoditi in robusti armadi vittoriani e non si esibivano vo-lentieri. Sicché si capisce che il sodale e datore di lavoro di Collins, Charles Dickens, si rifiutasse di pubblicarlo nella rivista da lui diretta. Collins era suo amico, ma ancor più amici erano i suoi lettori, che allora non avrebbero gradito un tema così delicato.

Il mistero delle tre orchidee di

Augu-sto De Angelis corrisponde invece ai dettami del giallo classico. De Angelis (1888-1944) è il primo giallista italiano importante, ciò che non significa, come afferma il risvolto, che abbia "inventato il giallo all'italiana", ma semplicemente che ha ambientato in Italia, e in parti-colare a Milano, motivi e personaggi propri della narrativa anglosassone, co-sì come Arnoldo Mondadori negli anni trenta riprese dall'editore londinese Victor Gollancz la copertina gialla nella sua fortunata collana dei libri gialli, de-stinata a soppiantare con questa defini-zione coloristica il termine "romanzo poliziesco". Nell'ambientazione mila-nese, De Angelis - che era, si noti bene, romano di origine - avrà un degno con-tinuatore in Giorgio Scerbanenco, di origine straniera e spesso ristampato da Garzanti. "All'italiana" sono tutt'al più le difficoltà che questi pionieri ebbero ad affrontare. Il regime fascista aveva scarsa simpatia per un genere fondato sull'assassinio che metteva in dubbio l'onnipotenza della polizia. Nel libro di De Angelis il detective è un commissa-rio di polizia e i delinquenti vengono d'oltreoceano e hanno la determinazio-ne di veri americani, mentre il commis-sario De Vincenzi è un intellettuale ita-liano amante della musica e delle belle arti. La scena è la casa di mode di Cri-stiana O'Brian, sita in corso del Littorio (oggi corso Matteotti) al n. 14. De

An-gelis aveva evidentemente previsto che Milano sarebbe diventata la capitale della moda e ne aveva piazzato il centro in quello che allora era il nuovo centro cittadino, di cui il fascismo menava vanto. Ora sul letto della O'Brian si tro-va il cadavere di Valerio, losco indivi-duo che fa da galoppino a madama O'-Brian, con accanto un'orchidea che get-ta la predetget-ta signora in un mare di di-sperazione. Ne apprenderemo le ragio-ni in seguito: la O'Brian è stata sposata a un farabutto internazionale di nome Moran che aveva l'abitudine di portarle un'orchidea ogni volta che ricompariva dopo aver perpetrato qualche misfatto. La donna era scappata a Milano perché non ne voleva più sapere del gangster, che evidentemente l'aveva scovata. E così è. Crediamo di essere in porto quando è il gangster che muore con la sua brava orchidea accanto. L'assassina sarà certo la ex moglie, colei che è col-legata sin dall'inizio con delitti, avendo trovato in camera sua il primo cadave-re e la prima orchidea. Così fa finta di credere il commissario De Vincenzi, ma così non è. Qui occorre inserire una parentesi sull'inverosimiglianza, un in-grediente del giallo che può esserci ma può anche non esserci, come in ogni opera di finzione, e che quindi non ab-biamo annoverato tra quelli indispen-sabili. Ma a guardar bene ogni giallo, appartenendo al genere del romanzo "autoriale", in cui l'autore fa e disfa a suo piacimento, contiene qualche inve-rosimiglianza, salvo qualche capolavo-ro della Christie. Ora è pcapolavo-roprio contcapolavo-ro la Christie e il suo famoso romanzo

As-sassinio sull'Orient Express, da cui è

stato tratto anche un film, che si ap-puntano gli strali di Raymond Chand-ler, uno di massimi rappresentanti del giallo americano hard boiled, in uno scritto teorico che è in qualche modo il manifesto della nuova scuola. Non sta-remo a difendere la verosimiglianza di questo romanzo perché non esiste. In un vagone del famoso treno si trovano riuniti un arcifarabutto, che è riuscito sempre a farla franca grazie all'ineffi-cienza della polizia, e le sue vittime o i parenti di esse, che evidentemente han-no prehan-notato e riempito il vagone in cui si è peraltro insinuato un temibile ometto di nome Hercule Poirot. Uno dopo l'altro le vittime e i loro parenti immergono il coltello nel corpo del fa-rabutto, che così risulta colpito da ben diciassette pugnalate (se ricordo bene). Anziché ammirare l'acume di Poirot, che riesce a dipanare la complicata ma-tassa, Chandler da un punto di vista piattamente naturalistico si meraviglia dell'inverosimiglianza di un cadavere ottenuto "a fette".

Nel romanzo di De Angelis l'invero-simiglianza è già nei presupposti, come

| N. 10

co

co

E

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nella maggior parte dei gialli. Chi, se non l'auto-re, può fare in modo che il gangster capiti a Mi-lano il giorno esatto in cui ha luogo una sfilata di mode presso la ex moglie e in cui avvengono omicidi in cui lui, eccezionalmente, non c'entra? Ma l'arte dell'autore consiste tra l'altro nel far dimenticare i presupposti autoriali, e qui l'auto-re ci riesce. Non riesce invece a nascondel'auto-re l'in-verosimiglianza più vistosa, e cioè che l'assassi-no, destinato a trascinare cadaveri come se nien-te fosse, viene anche lui dagli Stati Uniti, ma è il più piccolo, imbelle e lagnoso degli americani, tant'è vero che è soprannominato "Oremus". Si capisce che è anche lui un fior di farabutto che ha cambiato identità, ma questo non può cam-biare l'inferiorità fisica che, "con un'agilità e una forza di cui nessuno l'avrebbe ritenuto ca-pace", stupisce perfino il commissario, che se l'aspettava. Nonché l'autore, che se l'aspettava a maggior ragione e che è costretto a dichiarare le sue carte.

Il killer innamorato

C

on Un matrimonio d'amore di

Dashiell Hammet passiamo nel regno dello hard boiled, di cui Ham-met è considerato il fondatore. An-che qui troviamo qualcuno di un'a-gilità insospettata: "Correva con l'a-gilità di un orso, ingannevolmente pesante". Solo che qui chi corre non è il delinquente ma il detective. E corre stilisticamente certo meglio ("ingannevolmente pesante") del-l'assassino del nostro De Angelis. Basta cioè un'apposizione per defi-nire due caratteristiche essenziali del giallo hard boiled nei confronti di quello di tradizionale inglese: 1. è scritto assai meglio, tant'è vero che un mio collega, il germanista inglese S. S. Prawer, autore di uno studio su questo tipo di giallo, sospetta che il mio entusiasmo per la Christié e per il suo inglese quasi basico sia dovu-to alla mia scarsa conoscenza di que-sta lingua; 2. il peso del racconto si sposta dal binomio assassino/vitti-ma al detective e alla sua persona-lità. Nel racconto in questione il de-tective Rush è di una bruttezza sen-za pari, che ha bisogno di un'intera pagina per essere descritta. Tale bruttezza sarà antitetica alla bellezza dell'autore, il quale pare che fosse bellissimo e affascinante, certo più di Agatha Christie. Aveva lavorato presso l'agenzia Pinkerton e quindi conosceva bene i suoi colleghi, belli e brutti, e i delitti che perseguivano o che commettevano essi stessi. In-fatti gli anni passati da Pinkerton erano serviti a persuaderlo dell'ine-sistenza di un discrimine tra buoni e cattivi, su cui era fondato il giallo tradizionale. Pagatemi abbastanza, e

divento un killer, sicché sarà più facile trovare anime candide tra costoro che tra i benintenzio-nati. Il titolo italiano di questo racconto è ironi-co solo a metà. Henry Bangs è un farabutto in combutta con una donna di nome Madeline, en-trambi ordiscono la morte di tale Falsoner e fan-no in modo di attribuirla alla nipote Sara, unica erede di un mucchio di dollari, che Bangs aveva preventivamente sedotto e sposato. L'idea è che o Sara viene accusata di omicidio oppure il mal-loppo passa a lei, che prima o dopo sarà sop-pressa. Senonché Bangs ha imparato ad apprez-zare le virtù di Sara ed è Madeline a essere fatta fuori da lui.

Non c'è dubbio: questa storia è più "realistica" di qualsiasi romanzo della Christie, poiché non solo non esiste una netta divisione tra buoni e cattivi, sicché un killer può nutrire teneri senti-menti, ma il caso riprende il ruolo che aveva per-duto. Non che il giallo classico fosse privo di ele-menti accidentali, anzi ne pullulava, ma essi

ave-vano carattere "autoriale", erano un'invenzione dell'autore (esempio: la data d'arrivo del marito della padrona della casa di mode nel giallo delle tre orchidee), mentre qui hanno il ruolo che vie-ne loro attribuito vie-nella vita quotidiana, dove si può pensare di tutto salvo che il killer si inna-mori della vittima designata. Friedrich Durren-matt ha scritto un Requiem per il romanzo giallo intitolato La promessa in cui si afferma che il ro-manzo giallo non può essere realistico perché esclude il caso, e fornisce un esempio: un com-missario di polizia promette a una madre, la cui bambina è stata violentata e uccisa da un delin-quente sessuale, di vendicarla, e ci riuscirebbe, attirando il delinquente in una trappola, se que-sti non rimanesse a sua volta vittima di un inci-dente automobilistico. Ma questo è un requiem per il romanzo giallo classico, di cui infatti Dur-renmatt aveva offerto alcuni esempi, non per il romanzo giallo hard boiled, che ammette il caso. Gli annali dell'agenzia Pinkerton saranno stati pieni di storie analoghe a quella di Durrenmatt,

con la differenza dovuta alla continuità del lavo-ro di agenzia. Ma se si reintlavo-roduce il caso, si spo-sta l'accento sulla psicologia del detective e si in-siste sull'elemento patologico del delinquente (visibile soprattutto in Chandler), che cosa resta del giallo classico? Poco o nulla. Così la scuola

hard boiled diventa la via maestra del rientro del

giallo nell'alveo principale del romanzo. Sellerio non ha pubblicato alcun titolo di Raymond Chandler, ma ha ristampato un giallo, o sedicen-te tale, assai lodato da lui e già tradotto da Fel-trinelli "nei lontani anni '60" (così la postfazio-ne), Una barriera di vuoto (The blank Wall, 1947), di Elisabeth Sanxay Holding. E un ro-manzo interessante, ma non è un giallo, è un

su-spense, e la sua autrice è the top suspense ivriter of them ali, come afferma Chandler. Senonché il suspense è l'opposto del giallo, non

abbisognan-do del detective né, a rigore, del cadavere, e spe-culando sull'angoscia dell'uomo contemporaneo così come il giallo specula sui suoi residui

illumi-nistici. La protagonista della Holding, Lucia Holley, è una brava cittadina americana che scri-ve lettere deliberatamente insulse al marito mo-bilitato in Oceania. Ognuno farebbe il suo dove-re di cittadino esempladove-re se non intervenisse l'ir-razionale sotto forma di un giovane lestofante di cui s'innamora la figlia di Lucia, Beatrice, e che dura poco, essendo fatto fuori dal padre di Lu-cia. Ma si tratta di una morte accidentale e in-consapevole, che serve all'americana per mostra-re la sua pmostra-resenza di spirito. Infatti porta il cada-vere su un'isola, dove lo trova la polizia. Doman-da: riuscirà Lucia a rientrare nella cosiddetta normalità ed evitare che il Male colpisca la sua famiglia? Ci riuscirà, ma a condizione di un altro omicidio, questa volta volontario e commesso da un rappresentante del Male che, a furia di sim-patizzare per Lucia, diventa un rappresentante del Bene e si autodenuncia. Qui, come in Ham-met, lo spartiacque tra Bene e Male non è netto e ci si chiede se il farabutto pentito (che qui, a differenza che in, Hammet, non si carica di

ulte-riori misfatti) non sia per avventura moralmente migliore di Lucia, che vuole salvare a qualsiasi prezzo il proprio perbenismo di fronte alla società, e appena rassicurata torna a scrivere lettere insulse al marito. La realtà è che l'orologio della storia si è spostato di qualche grado insieme al fuso orario: al posto del giallo in-glese, in cui tutti sono brava gente salvo il delinquente, abbiamo quello americano in cui tutti sono delin-quenti salvo (forse) il detective e qualche anima pura che miracolosa-mente sopravvive allo sterminio. I grandi romanzi di Hammet sono co-struiti secondo questo schema, che però non dura a lungo, perché nes-suno ha voglia di sentirsi dire che vi-ve in una società delinquenziale e di identificarsi con l'unica eccezione. Deve essere questa la ragione per cui la scuola hard boiled si esaurisce in pochi nomi, mentre da una parte si torna al giallo classico e dall'altra si procede verso la deresponsabilizza-zione del delinquente, trasformato in psicopatico. E più facile vivere in un mondo di psicopatici che di de-linquenti, anche se il risultato è il medesimo, cioè la morte.

La lingua di Acheronte

A

l giallo classico si ritorna invece là dove non era ancora prospe-rato: nei paesi neolatini. Borges e Bioy Casares vogliono un discorso a parte, ma Camilleri, Vàzques Mon-talbàn e Alicia Giménez-Bartlett rientrano nel nostro. Dell'ultima scrittrice Sellerio pubblica

Messag-geri dell'oscurità, che già nel titolo

reclama l'eredità illuministica. Sul tavolo della commissaria di polizia Petra Delicado, che è giunta a noto-rietà apparendo in tv, si accumulano strani reperti: membri virili giunti per posta sen-za indicazione di mittente. Sono "messaggeri dell'oscurità": provengono da un mondo oscuro in cui ci si priva di un organo così essenziale (e caro alla commissaria, reduce da due matrimoni falliti) e al contempo vogliono essere avverti-menti, altrimenti non sarebbero inviati alla poli-zia. Per risolvere il mistero Petra deve andare fi-no in Russia, dove trova tfn affascinante collega che non si fa pregare per scoparla, e che la porta da una specie di santone specialista in eresie tra-montate che dai suoi racconti riconosce subito quella degli skopze, fondata nel 1731. Costoro usavano tagliarsi il membro per non cadere in tentazione e raggiungere la purezza. Qui ricadia-mo in piena inverosimiglianza storica, simile a quella per cui nel Quarto flagello di Edgar Wal-lace la ricetta per sterminare tutti i londinesi con la peste si trova addirittura in un medaglione di

L'INDICE

^ • • E I L I B R I D E L M E S E

Leonardo da Vinci, padre di ogni tecnica anche omicida. Inverosimile è non soltanto che questa setta si sia mantenuta fino ai nostri giorni, ma al-tresì che ne faccia parte un eminente farabutto della mafia russa e che costui riesca a indurre al-l'autoevirazione degli studenti barcellonesi di medicina, gli unici in grado di compierla con competenza specifica. Tre inverosimiglianze così patenti che sembrano uno schiaffo alla denuncia dell'inverosimiglianza pronunciata da Chandler. Peraltro la scrittrice spagnola riesce a combinare con il retaggio del giallo classico il bello stile di Hammet e di Chandler e i suoi gialli sono gialli di qualità, ciò che non può dirsi di certi giallisti americani che hanno raggiunto la celebrità attra-verso piccole innovazioni tecnologiche. Ciò si-gnifica che la decadenza del giallo sarà arrestata dalla dieta mediterranea? Questa dieta sarà forse una condizione necessaria, ma non sufficiente, perché né i gialli di Camilleri, né quelli di Và-squez Montalbàn raggiungono il

li-vello della Giménez-Bartlett. Né lo raggiunge il giallo argentino La

tra-duzione di Pablo De Santis, che

piuttosto si rifa alla tradizione au-toctona nell'asciuttezza stilistica e nel gusto per l'esoterico. Altrimenti il romanzo ricorda assai da vicino quelli di David Lodge, il noto satiri-co dei satiri-congressi accademici. Questo congresso ha luogo a Porto Sfinge, nome emblematico se mai ve ne fu, e i congressisti si occupano sì di tra-duzioni, ma da lingue assai dubbie, come la "lingua d'Acheronte", men-zionata da Marsilio Ficino, che se-mina la morte tra chi la coltiva. Da Marsilio Ficino a Leonardo il passo è breve, e infatti il romanzo ricorda nella sua inverosimiglianza storica II

quarto flagello di Edgar Wallace. Ma

l'inverosimiglianza è l'unico tratto in comune (ripetiamo: non indi-spensabile) con il giallo classico rap-presentato da ultimo dalla Gimenez-Bartlett. Sarebbe vano cercarne al-tri. A cominciare dalla sicumera del

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