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h PER UNA PEDAGOGIA DELL'IMMAGINARIO g

E se qualche governante o qualche domestico avesse loro suggerito qualche cosa? E se Louisa o Thomas avessero letto qualcosa? Se, nonostante tutte le precauzioni, qualche sciocco libro di racconti fosse stato introdotto in casa? Perché, in

menti che sono state praticamente formate da riga e compasso, fin dalla culla, questo è strano, è incomprensibile!

Charles Dickens, Tempi Difficili

L'arte è la menzogna che ci permette di conoscere la verità

Pablo Picasso

d Premessa

Nella lingua anglosassone, il termine fiction è utilizzato per racchiudere tutte quelle opere che raccontano storie inventate, immaginate. Si oppone alla fiction, ad esempio, la cronaca, il racconto di avvenimenti realmente accaduti (anche se tale affermazione si potrebbe obbiettare, in quanto la cronaca rientra comunque in una forma di “finzione” narrativa).

Nella presente capitolo si prenderà in causa principalmente un tipo di fiction, la letteratura, precisando che tale scelta non vuole escludere le altre forme di narrazioni, anch'esse comparabili con le teorie pedagogiche degli autori che si proporranno. Nelle produzioni artistiche contemporanee si assiste infatti ad un fenomeno di rimandi dei percorsi narrativi attraverso i vari media: dalla radio alla televisione, dal cinema al web. Uno studio pedagogico sull'immaginario contemporaneo non può permettersi di escludere l'esistenza dei diversi tipi di narrazioni, specialmente se si desidera studiare i giovani quotidianamente immersi in una realtà dove il libro non è più il solo fruitore di fiction.

d Pedagogia e narrazioni

La letteratura è nutrimento, elemento primario ed integrante dell'immaginario. Oltre ad essere apprezzata come lettura di fiction, essa è utilizzata in diversi campi di ricerca scientifica per

sostenere le proprie tesi. Remo Ceserani dimostra come anche discipline più improbabili sentano sempre più la necessità di attingere alle fonti dell'immaginario per raccontare, spiegare, discutere:

La situazione mi sembra contraddittoria e quasi paradossale: da una parte si deve constatare che la letteratura tende a perdere la tradizionale posizione di prestigio goduta a lungo nelle nostre società (e nei nostri programmi scolastici); che la teoria letteraria sembra aver sostituito a concezioni rigide ed assolute concezioni più sfumate e relativistiche; che la critica letteraria ha perso molte delle sue certezze mettendo in discussione i quadri di valore (e i canoni tradizionali); che lo stesso concetto di letteratura si va trasformando in altri meno rigidamente delimitati: l'immaginario, i mezzi di comunicazione, i vari strumenti espressivi, le molteplici forme di cultura. Per contro, si assiste a un notevole, a volte azzardoso, interesse per i testi e le modalità della letteratura da parte di studiosi di parecchie altre discipline: gli storici non esitano a studiare i testi letterari come documenti per la ricostruzione delle società del passato e prestano una nuova attenzione all'impianto retorico e narrativo dei loro racconti; i filosofi, preferendo le forme saggistiche o aforistiche ai grandi trattati sistematici, si avvicinano sempre più alle scritture tipiche della letteratura e si impegnano in esercizi ermeneutici non molto diversi da quella della critica letteraria; gli scienziati non disdegnano di ricorrere a metafore e immagini per rappresentare metodi e risultati dei loro esperimenti e delle loro ricerche; gli studiosi del diritto ricorrono agli strumenti dell'indagine retorica e narratologica per ricostruire avvenimenti, analizzare testimonianze, o agli strumenti di psicologia per comprendere motivazioni e azioni dei personaggi sotto giudizio e valutare colpe e punizioni. (Ceserani, 2010: 1)

Come si sa da tempo, medici, psicologi e psichiatri attribuiscono ad alcune patologie e sindromi nomenclature derivanti da personaggi dell'immaginario (e.g. Peter Pan, Edipo, Narciso, Alice, Otello, Diogene). Persino gli informatici utilizzano termini metaforici per illustrare concetti informatici: basti pensare ad alcuni termini come web (ragnatela), bug (insetto), virus. Nella sua ultima pubblicazione intitolata Convergenze (2010), Ceserani apre le porte a queste inimmaginabilità attraverso esempi concreti ed illuminanti, esplicitando la presenza di modalità discorsive come strumenti da parte di coloro che operano all’interno di discipline non necessariamente letterarie.

Una ulteriore ricerca, che sostiene vigorosamente la letteratura come un prezioso strumento di conoscenza, appartiene alla sociologa Gabriella Turnaturi. Nel libro Immaginazione

sociologia e letteratura permette l'incontro tra due diversità culturali che “si rispettano e dialogano in quanto differenti, scambiandosi prospettive, sguardi, argomentazioni”. La sociologa dimostra quanto sia fondamentale la conoscenza della letteratura, costante forma nella quale l'immaginario si immerge, per offrire diversi punti di vista utili ad osservare ed interpretare il mondo che ci circonda...

Attraverso la finzione narrativa entriamo e usciamo continuamente dalla realtà, nel senso che oltrepassiamo la dimensione dell'ovvio, ma nello stesso tempo quella finzione è per noi verosimile in quanto ascrivibile nel nostro orizzonte di senso comune. Ciò è possibile perché i contorni del verosimile sono gli stessi dell'immaginario sociale. Secondo Ricouer il verosimile s'iscrive nel “credibile disponibile”. Ora questo “credibile disponibile” varia naturalmente a seconda delle società, dell'immaginario. Ma c'è di più. Riusciamo a credere in quanto anche la storia più fantastica […] ha come sfondo ciò che è possibile nel mondo reale. (Turnaturi, 2003: 17)

Da qui il sostegno che ne deriva, quello di un impegno verso la conoscenza dell'immaginario, utile per avviare percorsi pedagogici dalle ricche suggestioni. La letteratura racconta l'esistere non “così com'è, ma com'è e come potrebbe essere, come sarebbe se lo vedessimo nella sua complessità, dando voce allo scarto, al singolare, al dissimile, e proprio per questo produce verità, se per verità intendiamo il tener insieme differenze e singolarità, universale e particolare” (ibidem: 21). Turnaturi inoltre discute su “categorie analitiche” che scaturiscono consapevolmente o non consapevolmente da descrizioni e/o rappresentazioni letterarie:

Si tratta di un processo circolare in cui realtà, letteratura, immaginario collettivo, senso comune e categorie sociologiche si producono e riproducono l'una con l'altra […] in quanto generalizzazioni che si basano su tipizzazioni già esistenti nella vita quotidiana. (ibidem: 26)

Non stupisce il ritrovare nella meticolosa ed appassionata ricerca della sociologa riferimenti ad autori presenti anche negli studi di Letteratura per l'infanzia, e Pedagogia della narrazione. Tra i tanti ricordiamo Paul Auster, il quale sostiene che le storie succedono solo a chi le sa raccontare, volendo significare con ciò che è solo attraverso la narrazione che la realtà prende forma e si rende riconoscibile: la narrazione dà voce a tutto ciò che altrimenti scomparirebbe nel silenzio (ibidem: 43). Come scrive Peter Brooks:

La narrativa è una delle grandi categorie o sistemi di comprensione a cui ricorriamo nei nostri negoziati con il reale, e in particolare con i problemi della temporalità: i condizionamenti che l'uomo subisce da parte del tempo, la sua coscienza di esistere solo entro i limiti precisi fissati dalla morte. E le trame sono le principali forze ordinatrici di quei significati che cerchiamo, attraverso una vera e propria battaglia, di strappare al tempo. (Brooks, 2005: VII)

Grazie alla narrazione si può decifrazione la complessità del mondo, della società, dell'uomo. Si rinnova quindi il vitale sostegno sulla conoscenza delle fonti dalle quali l'immaginario scaturisce, seppure nella consapevolezza di una sfida che saremo costretti a perdere. Nel difficile compito di poter studiare l'immaginario, le varie forme di narrazione riescono a descrivere la complessità della società, nient'altro che il riflesso della complessità dell'uomo:

Chi è ciascuno di noi se non una combinatoria di esperienze, di informazioni, di letture, di immaginazioni? Ogni vita è un'enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionamento di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili. (Calvino, 1988: 120)

La letteratura dunque come metafore del flusso generale della vita e della storia, come comunicazione significativa, simbolica, una delle forme dell'immaginario e dipendente da concezioni e atteggiamenti mutevoli nel tempo e nelle diverse situazioni sociali e culturali (Ceserani, 1999). Ceserani offre un passo efficace riguardo alla potenzialità dell'immaginario nei confronti della società contemporanea:

I temi e i linguaggi della letteratura e delle arti dell'immaginario sono componenti essenziali della comunicazione sociale, che hanno avuto peso e spessore diverso nelle varie epoche storiche, quasi sempre però un peso notevole, e certamente uno enorme nella società in cui viviamo. Essi rispondono a bisogni profondi dell'uomo, al quale offrono strumenti diretti – e diversi da altri che hanno altra funzione ed efficacia – di conoscenza in profondo, rappresentazione e «racconto» della realtà interiore ed esteriore, della vita e delle idee, dei sentimenti e dei linguaggi, dei bisogni elementari e complessi, dei sogni, delle angosce apocalittiche e delle proiezioni utopiche. (ibidem: XXXI)

Le narrazioni sono dunque generatrici di mondi possibili, di alterità, di esercizio all'inattuale, capace di trasgressioni utili ad offrire interpretazioni originali al mondo del Qui. La letteratura infatti...

può penetrare, per virtù retorica e di linguaggio, eppure con indubbia forza conoscitiva, nelle zone dove la logica si sdoppia o si rovescia, la sequenzialità del tempo si sfilaccia, l'integrità individuale si dissolve, la contingenza sfida ogni volontà di riduzione superiore. I temi e i linguaggi della letteratura dell'immaginario sono strettamente collegati con la nostra vita materiale, con i processi sublimanti della nostra vita psichica e mentale, con quelli discriminanti della riflessione ironica e del rovesciamento comico. (ibidem: XXXII)

Conoscenza dell'immaginario come allenamento alla complessità, con il susseguirsi inevitabile dello smantellamento dei dogmi verso la comprensione delle contraddizioni spesso incolmabili presenti in ogni esperienza di vita. La letteratura come un Virgilio, che guidi l'incontro di emozioni, passioni, paure, fino a tragedie di vita, conflitti sociali, lotte generazionali. Ci preme ricordare la scuola critica decostruzionista che riconosce nella natura dell'esperienza letteraria e del linguaggio una duplicità caratteristica di ogni scrittura, a un tempo conoscitiva e mistificante (ibidem). Riconoscendo nella letteratura la capacità di “mentire”,24 Geoffrey Hartman, in Saving the Text (1981), sostiene quanto la letteratura possieda una “sfasatura intrinseca” (brisure) tra realtà e linguaggio, dove il potere della parola può essere veleno o medicina, maledizione o benedizione.25 Ceserani traduce un passo di Hartman meritevole di nota:

Oh, come la condizione umana è interamente una condizione verbale! La funzione medicinale della letteratura è di rendere in parole una ferita che le parole hanno fatto. Ma se abbiamo imparato qualcosa sui limiti del poeta come uomo della medicina, abbiamo anche imparato qualcosa sui limiti di tutte le espressioni verbali. L'oggettività nella lingua ha sempre la forma del coro nelle Eumenidi di Eschilo: «O voi grandi buone Furie»: la neutralizzazione o musicalizzazione del vituperio. La produzione stessa del discorso può dipendere dalla volontà

24Si fa qui riferimento allo studio di Giorgio Manganelli Cfr. Manganelli G., (1985), La letteratura come

menzogna, Milano: Adelphi

25La critica di Ceserani è molto efficace riguardo Hartman. «Nella versione di Hartman la spaccatura è vista come

una ferita, provocata nella carne della creatura biologica, cosciente e parlante, l'uomo, sotto forma di piaga incurabile, simile a quella incurabile del re Amfortas nel Parsifal. La parola, la scrittura, la poesia: sono strumenti per approfondire la verità (la parola ferisce?) o sono balsami che la curano, o veleni perniciosi che attutiscono soltanto il dolore e infettano la scienza?» Cfr. Ceserani R., (2003), Guida breve allo studio della letteratura, Bari: Laterza

di districare benedizione e maledizione, di superare in astuzia quell'eterno complesso. Tutto ciò che diciamo deve cercare di legare le Furie con le catenedella benevolenza. I fiori del discorso, come Baudelaire ha reso esplicito (preparando il terreno per Genet), sono anche i fiori del male. Questi fiori, o figure equivoche, caratterizzano l'uso letterario del linguaggio. [...] Le parole sono giochi: esse tradiscono la loro natura composta o componibile; non sono tali dall'eternità ma piuttosto create e adulterate, di generazione equivoca, bellissime nella corruzione. (Harman, in Ceserani, 2003: 15)

La Pedagogia della Narrazione ha un ruolo di primo piano nel considerare la letteratura come “accompagnatrice”, e con essa si carica della responsabilità di trovare ogni strada possibile verso uno sviluppo educativo efficace, tenendo conto della complessità dell'uomo rispetto alla società e all'ambiente. L'immaginario diventa così un luogo privilegiato per la conoscenza e lo studio della complessità:

Uno sviluppo ampio, creativo e libero dell’immaginario è una delle condizioni essenziali perché le componenti più vive e creative delle società umane possano di volta in volta prendere una distanza ironica e critica da conformisimi, banalità di comportamenti, idee ricevute e strutture di potere e proiettare sul piano dell’invenzione fantastica, anche quella apertamente utopica, storie, pensieri, immagini. E’ proprio dall’esistenza di una capacità di intervento critico o di proiezione utopica nella mente umana e nel suo patrimonio culturale e testuale che molti di noi traggono il coraggio sufficiente per analizzare e conoscere gli orrori e le storture, accanto ai trionfi, dalla realtà storico-sociale in cui siamo stati chiamati a vivere. […] È nell’ambito di questa vasta produzione e riproduzione di testi che si misura e si giudica il funzionamento di un sistema culturale, la sua capacità di conoscere e rappresentare aree della realtà naturale e sociale, di accumulare, conservare, rinfrescare, modificare, aggiornare conoscenze, di socializzare attraverso i canali più appropriate – quelli dell’educazione, dell’informazione, della comunicazione. (Ceserani. 1999: 44-45)

Ceserani dimostra in questo modo il suo interesse a promuovere l'immaginario come luogo di conoscenza di caratteristiche anche squisitamente educative. In un ulteriore passo, l'autore descrive alcuni meccanismi nei quali l'immaginario è protagonista:

Gli studiosi che hanno analizzato le società contemporanee sanno molto bene quanto i nostri gesti e le nostre parole siano, a volte inconsapevolmente, modellati su quelli dei testi dell'immaginario, sui loro codici e modi espressivi. Noi (e in modo particolarmente evidente

nel periodo dell'adolescenza) siamo profondamente influenzati da questi testi, nei nostri comportamenti, nei nostri modi di sentire e di pensare. Siamo circondati e attraversati da messaggi di ogni tipo che spesso riducono, trascrivono, semplificano, spesso irrigidiscono e deformano, ma poi d'improvviso rivitalizzano, reinterpretano creativamente il grande patrimonio collettivo dell'immaginario in tute le sue forme. (ibidem: XXXIII)

A sostenere l'idea della Narrazione come sorgente e mezzo in cui l'immaginario pervade è Martha C. Nussbaum, che ne Il giudizio del poeta tratta il potere della letteratura, in particolare dei romanzi, e di quanto essa presenti forme di bisogno e desiderio universali, in situazioni specifiche.26 L'apporto dell'autrice è fondamentale, in quanto essa dimostra quanto le scienze considerate “tecniche” sentano la necessità di un apporto umanistico. L'autrice precisa che l'apporto umanistico non può sostituire totalmente ambiti disciplinari già sviluppati, ma l'immaginazione letteraria è ritenuta una componente essenziale che invita a preoccuparci di persone le cui vite sono lontane dalla nostra. In tal modo la Nussbaum non solo ha donato un prezioso contributo alla ricerca pedagogica ma, inserendosi in un campo accademico più “tecnico” (Nussbaum scrive questa ricerca durante il suo insegnamento nella facoltà di legge di Chicago) propone a studenti anche un allenamento all'ascolto della diversità, delle distinte emozioni, delle complesse situazioni in cui uomini e donne possono trovarsi a vivere.

Un'etica del rispetto imparziale per la dignità umana non riuscirebbe a coinvolgere gli esseri umani reali se non mettendoli in grado di entrare con l'immaginazione nelle vite di persone lontane e di provare emozioni connesse con tale partecipazione. (Nussbaum, 1995: 16)

Attingere al luogo dell'immaginario permette la descrizione di personaggi e situazioni complesse, rintracciando elementi altrimenti nascosti o taciuti. Uno sguardo dunque che mette a fuoco quei dettagli, apparentemente invisibili eppur significativi, per ottenere un quadro il più illuminato possibile da arrivare a conoscere fin nelle sue sfumature. La letteratura, mezzo attraverso il quale l'immaginario scorre, nel suo raccontare può rivelare le proprie verità che possono risultare ribelli, indipendenti, scomode. Letteratura quindi come forza, energia sovversiva.27

26Nussbaum insiste sulla promozione del romanzo come “forma viva” e “la forma narrativa più importante della

nostra cultura per la sua capacità di esprimere una posizione morale e al tempo stesso far presa sulla gente comune”. L'autrice considera però anche la cinematografia possa “offrire contributi analoghi”, Cfr. Nussbaum M., (1995), Il giudizio del poeta. Immaginazione letteraria e vita civile, Milano: Feltrinelli

27Il personaggio Gradgrind di Tempi difficili di Dickens, citato ad inizio capitolo, inizia a notare nei suoi figli “una

E' Importante ricordare che l'apporto narrativo, nelle sue svariate forme, non rivela magicamente, ed in ogni occasione, soluzioni. Inoltre sappiamo che esiste una vasta letteratura che combatte profondi pregiudizi, costruzioni sociali, istituzioni, ma non sempre la sua voce viene ascoltata, o comunque non viene accolta:

La nostra società è costellata di rifiuti a immaginarci l'uno con l'altro con sentimenti di partecipazione e compassione, rifiuti da cui nessuno di noi è immune. Molte delle storie che noi ci raccontiamo a vicenda incoraggiano il rifiuto della compassione, per cui neppure l'immaginazione letteraria è immune alla colpa. Anche se trovassimo una buona storia da raccontare, non potremmo sperare di cancellare anni di odio e discriminazione istituzionalizzati facendo appello soltanto alla “fantasia”, perché la fantasia, anche quando sia fatta apparire reale in modo adeguato, è una forza limitata in un mondo pieno di ogni sorta di asprezze. (ibidem: 17)

Il limite dunque è che la forza immaginativa, la “fantasia”, viene esercitata in modo “parziale e ingeneroso”. A tal limite Nussbaum contrappone una riflessione funzionale per riconosce l'immaginario come strumento pedagogico:

Credo che il rimedio contro questo difetto non sia ripudiare la fantasia, ma coltivarla con più assiduità e umanità, non sia sostituire all'immaginazione strutture istituzionali impersonali, ma costruire istituzioni e attori istituzionali che diano forma più concreta, e offrano la protezione della stabilità istituzionale alle intuizioni dell'immaginazione compassionevole. La fantasia dei singoli non è tutto ciò di cui abbiamo bisogno, né dovremmo darci soltanto a essa. Le stesse istituzioni dovrebbero trarre delle indicazioni dalle intuizioni della "fantasia". (ibidem)

L'immaginario dunque ancora una volta viene definito come ambiente del possibile, nel quale vengono riconosciute le diversità ed ascoltati i silenzi. Un tesoro che le scienze pedagogiche non possono ignorare, che anzi devono custodire con resistenza (Contini, 2009). Un tipo di immaginario:

[che] anche quando non convinca tutti [...] continui a testimoniare il valore dell'umanità come fine in sé. Se non coltiviamo l'immaginazione in questo modo, perdiamo, credo, un

educatore, personaggio pubblico, ritiene la letteratura come nemico dell'economia politica, quindi “la letteratura esprime, mediante le sue strutture e il suo linguaggio, un senso della vita che è incompatibile con l'immagine del mondo offerta dai testi di economia politica; e coltivarla forma l'immaginazione e i desideri in una maniera che

collegamento essenziale con la giustizia sociale. Se rinunciamo alla "fantasia", rinunciamo a noi stessi. (Nussbaum, 1995: 18)

Tra i numerosi studi di narratologia (e.g. Ricoeur, 1983; Sarbin, 1986; Paulson, 1994; White, 1981, 2010), si desidera ricordare Jerome Bruner, il quale supera il concetto di Narrazione come mero strumento scientifico, riproponendola come parte integrante della scienza stessa. Per Bruner la scienza non può essere spiegata se non attraverso il racconto:

La “realtà” viene rappresentata nell'atto di conoscenza, con proposizioni, con reti lessicali, o perfino con strumenti espressivi più distesi nel tempo come le frasi del discorso. (Bruner, 1991: 5)

Ceserani raccoglie alcune riflessioni di Bruner che si ritengono efficaci nel sostenere quanto il raccontare storie su noi stessi e sugli altri sia “la maniera più naturale e più precoce con cui gli uomini organizzano la nostra esperienza e le nostre conoscenze” e che “gli esseri umani danno significato al mondo raccontando storie su di esso”...

è consuetudine della maggior parte delle scuole trattare le arti narrative — la canzone, il dramma, il romanzo, il teatro e via dicendo — come qualcosa più “decorativo” che necessario, qualcosa con cui ingentilire le ore di svago, a volte come qualcosa di moralmente esemplare. Ciò non toglie che noi costruiamo in forma narrativa l'analisi delle nostre origini culturali e delle credenze che ci sono più care, e non è solo il "contenuto" di quei racconti ad affascinarci, ma anche l'abilità con cui vengono narrati. Anche la nostra esperienza immediata, quello che ci è successo ieri o l'altro ieri, la esprimiamo sotto forma di racconto. Cosa ancora più significativa, rappresentiamo la nostra vita (a noi stessi e agli altri) in forma di narrazione. Non è sorprendente che gli psicoanalisti oggi riconoscano che la personalità individuale implica una narrazione, la "nevrosi" essendo un riflesso o di una storia personale insufficiente e incompleta o di una narrazione inadeguata. Forse ricordate che quando Peter Pan chiede a Wendy di

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