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Hegel ci ha chiarito come la coscienza «stoica», «scettica» e quella

Il dubbio dell’illusione Tra ragione e spirito

1. Hegel ci ha chiarito come la coscienza «stoica», «scettica» e quella

«infelice», erano forme inevitabilmente negative di una libertà ignara delle proprie ragioni, che trovavano il loro simmetrico opposto nelle forme di una ragione ignara della propria libertà. a sua volta, il buon esito dell’a- zione dipendeva dal successo o meno dei ripetuti tentativi che la coscienza naturale, di per sé scissa, faceva per liberarsi dalla sostanza. nel capitolo quinto Certezza e verità della ragione Hegel intende venire a capo dell’essen- za di questa modalità del pensiero che si rivela capace di attribuire ragioni a ciò che è oggetto di osservazione. la tematizzazione e interpretazione delle disposizioni relazionali della coscienza che vuole sollevarsi a un’e- sperienza della propria essenza come razionale1, conduce, grazie a questo

concetto normativo, alla scoperta di una vera e propria opera indipenden- te, oggettiva e alternativa alla vecchia sostanza formale: la «cosa stessa [die

Sache selbst]» (§ a. Il regno animale dello spirito e l’inganno, o la cosa stessa)2.

nella «cosa stessa», spiega Hegel, «in quanto compenetrazione fattasi oggettiva dell’individualità e dell’oggettività stessa, all’autocoscienza è di- venuto il suo vero concetto di sé, o essa è giunta alla consapevolezza della sua [seiner] sostanza»3. si noti il «sua» sostanza. l’aggettivo possessivo sei-

ner fa capire con quale determinazione Hegel abbia voluto porre in risalto

la differenza fra la vecchia sostanza compatta e la sua avvenuta sintesi in- terna da parte del soggetto4, come di un qualcosa mediato dalla differenza

del contenuto e dal negativo. Oltre la sostanza, la coscienza raziocinante si è esercitata sulle ragioni di una natura ad essa esterna e ad essa le ha attri-

1 R. Brandom, Reason in Philosophy, cit., p. 12.

2 J. Hyppolite, Genesi e struttura della Fenomenologia dello spirito di Hegel, cit., pp. 374-375. 3 FS, tomo i, p. 340.

buite, correndo il rischio di diventare a se stessa oscura e di non compren- dere fenomenologicamente in sé la propria possibilità.

sul finire del capitolo, Hegel accenna al modo in cui l’autocoscienza del- la ragione finalmente denaturalizzata (§ b. La ragione legislatrice), «né può né vuole oltrepassare [hinausgehen] questo oggetto [Gegenstand], perché ivi essa è presso se stessa: non può, perché l’oggetto è ogni essere e ogni poten- za [Macht] – non vuole, perché l’oggetto è il Sé o la volontà di questo Sé. es- so è l’oggetto reale in lui stesso come oggetto, perché ha in lui la differenza [Unterschied] della coscienza»5.

in questo passo Hegel ribadisce ulteriormente il passaggio di cui parla tra la fine del capitolo iii e il iV, ovvero da un tipo di intelligenza rappre- sentativa – perché corrispondente ad una dimensione naturale della co- scienza interessata alla rappresentazione di stati che tematizza come a sé estranei – ad un tipo di intelligenza che guarda a se stessa e di se stessa si prende cura, venendo a corrispondere alla nuova direzione temporale di una coscienza che non prescinde più da se stessa6. mentre al livello dell’e-

sperienza percettiva, la cosa dalle molte proprietà si presentava come un mondo separato in un universo di altri mondi separati, per cui la contrad- dizione obbligava la percezione a comprendere la propria possibilità oltre di sé in contraddizione con la tematizzazione del proprio oggetto, la «cosa stessa» rappresenta adesso la battuta d’arresto finale della vecchia sostan- za, grazie al colpo di mano inferto dalla coscienza raziocinante.

si comprende in questo modo perché «attraverso il diverso permearsi reciproco di sostanza e d’individualità soggettiva, la coscienza porta a ma- turazione la forma dell’innalzamento della sostanza a soggetto, forma che trova la sua espressione abbreviata nella distruzione e rigenerazione del giudizio nella forma della proposizione speculativa»7. ma la partita non si

chiude qui, giacché il soggetto non può ancora arrendersi al potere e alla forza attrattiva della sostanza; è il caso piuttosto che stipuli un patto di- plomatico con essa, pur restando dell’avviso che «dalla natura stessa della cosa resulta chiaro che ci si trova costretti a rinunziare a un assoluto conte- nuto universale; ché alla sostanza semplice, la cui essenza è proprio quella di essere semplice, è inadeguata ogni determinatezza che viene in lei posta»8.

certamente la «cosa stessa», come intreccio dell’operare di tutti e di cia- scuno perde il comportamento di un’inerte universalità astratta, passando allo stato di «sostanza permeata di individualità»9.

l’opera di scomposizione della sostanza iniziata da parte della coscien- za raziocinante, protrattasi fino a questo punto attraverso le forme del

5 Ivi, tomo i, p. 349.

6 R. Brandom, Reason in Philosophy, cit., p. 92.

7 F. Chiereghin, La “Fenomenologia dello spirito” di Hegel, cit., p. 116. 8 FS, tomo i, p. 353.

giudizio universale, particolare e singolare, pone in evidenza la dialetti- ca costruttiva di una nuova sostanzialità, intrecciata fino a qui all’interno della dialettica distruttiva della sostanza: «nell’essere dell’io, pertanto, si realizzano in trasparente chiarezza e in libero sviluppo tutte le determina- zioni, che nell’essere della realtà [come sostanzialità] si compiono ancora in modo oscuro e solo come accadere necessario»10. adesso la coscienza, che

oltre la propria singolarità ha cercato di realizzare se stessa come soggetto libero contro all’esistenza di per sé del predicato, rischia adesso di pagare il suo vecchio debito con la sostanza, alla cui ombra fino ad ora si è pur mossa.

la sostanza semplice ha mostrato di essere universalità formale o pura

coscienza che, libera dal contenuto, gli si contrappone, e che è un sapere di lui

come contenuto determinato. in tal modo questa universalità resta quello che era la Cosa stessa. ma nella coscienza essa è qualcosa di diverso: non è più l’inerte genere senza pensiero anzi, rapportata al particolare, vale per sua potenza ed effettualità11.

certamente Hegel pretende che la «cosa stessa» cessi di essere un predi- cato puramente formale, trovando il proprio riempimento nell’individua- lità che opera e si distingue in se stessa, soprattutto perché «le differenze di questa individualità costituiscono il contenuto di quell’universale»12. per

quanto sia giunto a un tale punto di maturata consapevolezza, Hegel fa un passo indietro. egli «vuole sgombrare il campo dalle leggi che la co- scienza pretende di darsi o di sottoporre al proprio giudizio indipenden- temente dalla sostanza e che quindi hanno solo la parvenza di un vincolo necessario»13; avendo compreso che l’essenza può essere ricavata solo da

un’ispezione condotta con cautela dall’autocoscienza dentro la sostanza, essa resta «la coscienza di sé come essenzialità assoluta; coscienza la qua- le, con ciò, non può spogliarsi né della differenza insita nell’essenzialità assoluta, né del sapere di questa differenza». la coscienza naturale deve trovare il modo di porre se stessa nella cabina di regia della sostanza, senza dover passare attraverso uno scontro diretto. Quanto alle differenze inter- ne alla sostanza, «se chiedo del loro nascimento [Entstehung] e le limito al punto della loro origine [Ursprung], io sono già oltre di loro; ché io sono or- mai l’universale, ma esse il condizionato e limitato. se debbono legittimarsi al mio sguardo, io ho già smosso [bewegt] il loro incrollabile esser-per-sé e le considero come qualcosa che per me forse è vero, forse non è vero. la

10  H. Marcuse, L’ontologia di Hegel e la fondazione di una teoria della storicità, trad. it. di e. ar-

naud, la nuova italia, Firenze 1969, p. 141.

11  FS, tomo i, p. 354. 12  Ivi, tomo i, p. 348.

disposizione etica consiste appunto nell’insistere fermamente su ciò che è il giusto e nell’astenersi dal muoverlo, dal sommuoverlo e dal derivarlo»14.

Hegel procede lungo questo vettore precisando che «variare il punto di vi- sta non è contraddizione, giacché non è in gioco il punto di vista come tale, ma l’oggetto, il contenuto, che non deve contraddirsi»15, per poi concludere

che il contenuto resta ancora proprietà esclusiva della sostanza. una volta assecondata questa condizione preliminare – ovvero il diritto di proprietà della sostanza rispetto al suo contenuto – si verifica un passaggio ulterio- re, diretta conseguenza del primo. con questo riconoscimento preliminare, nell’ultimo capitolo sullo spirito, il soggetto realizza una piena compren- sione di essere lui stesso, in virtù della propria attitudine normativa, ad aver l’ultima parola sulla sostanza: «allorché il diritto è a me in sé e per sé, io sono dentro la sostanza etica, ed essa è quindi l’essenza dell’autocoscienza; ma questa è l’effettualità e l’esistenza della sostanza etica, è il suo Sé e la sua

volontà»16.