A differenza degli altri testi, in cui i protagonisti erano personaggi
relegati in secondo piano dal mito classico, in questo racconto è proprio il
minotauro e le vicende legate a questa creatura mitica a essere al centro
dell’indagine di Herbert.
Grazie alla decifrazione dell’antica lineare A, ecco che si scopre la
vera storia del minotauro, con uno smascheramento fittizio, un intervento
che Herbert ama usare,
115inserendo il proprio racconto all’interno di una
cornice che contribuisce a dare verosimiglianza alla narrazione.
Secondo la versione tradizionale del mito, il minotauro, nato
dall’unione di Pasifae, moglie del re Minosse, con un toro, aveva un corpo
umanoide, mentre la testa taurina e la pelliccia lo rendevano una creatura
bestiale. Dopo la nascita era stato rinchiuso all’interno del labirinto
costruito da Dedalo, l’architetto di corte, sia per l’imbarazzo del re sia per
la sua stessa pericolosità.
114
Ibid., p. 85.
115
P. Czapczyk, Mitologia na nowo odczytana. Wokół prozy poetyckiej Zbigniewa
Herberta (Mitologia riletta. Sulla prosa poetica di Zbigniew Herbert), „Twórczość”,
65
Herbert invece propone una variante del tutto innovativa,
raffigurando il figlio di Minosse e Pasifae come un ragazzo dalla testa
enorme, di cui l'architetto Dedalo è il pedagogo. Il labirinto, un sistema
complesso di corridoi abbelliti dagli affreschi, non è una prigione, bensì un
gioco didattico a sostegno dell’educazione del minotauro. La conoscenza
di questi corridoi e dei loro affreschi dovranno esercitare il logos del
fanciullo.
116Tuttavia questo esperimento educativo non dà i frutti sperati, quindi
Minosse decide di liberarsi del figlio che si è rivelato non all’altezza del
ruolo. Invita perciò l’eroe Teseo a ucciderlo. Ed è così infatti che Teseo e
Minosse si configurano come personaggi estremamente negativi, il re in
quanto mandante dell’omicidio del figlio malato, mentre l’eroe mitico,
noto per il suo coraggio, diviene qui un qualunque sicario, ingaggiato a
compiere un atto di "eutanasia", non su una creatura spaventosa e
crudele, ma su qualcuno che oggi definiremmo handicappato, una vittima
innocente che suscita pietà. Nella scena finale del racconto vengono
raffigurati gli occhi del minotauro ormai morto, nei quali „(...) per la prima
volta iniziò a germogliare la saggezza, che l’esperienza è solita
concedere”.
117Il minotauro dunque era in grado di comprendere solo il mondo
della natura e degli istinti, non quello dell’esperienza. Essendogli invece
proposta un’educazione intellettuale dal carattere astratto e basata su
116
Z. Herbert, Król mrówek…, Op. cit., p. 90.
66
deduzione e induzione, non aveva alcuna possibilità di orientarsi, essere
all'altezza della prova o semplicemente difendersi.
118Herbert dunque propone una totale rilettura del mito, volta a
smascherare la realtà che si cela dietro a ogni leggenda.
118
P. Czapczyk, Op. cit., p. 161.
67
Capitolo V
La cultura classica nelle opere drammatiche Jaskinia filozofów (L’antro
dei filosofi) e Rekonstrukcja poety (La ricostruzione del poeta).
La produzione drammatica di Zbigniew Herbert è certamente meno
nota ai lettori, addirittura messa a margine, se non dimenticata,
nonostante che paradossalmente il suo primo testo pubblicato sia stato
proprio un dramma.
119Solo la pubblicazione postuma della sua corrispondenza ha
permesso di riscoprire e reinterpretare i suoi testi teatrali. Nelle sue
lettere infatti lo scrittore fornisce diverse chiavi interpretative,
analizzando il proprio modo di concepirli e revisionarli. In una lettera al
professor Elzenberg, datata 9 luglio 1952, scrive con una certa vergogna:
„Męczą mnie bardzo obsesje literackie. Zacząłem kiedyś pisać powieść, noszę od roku dwa opowiadania a nawet…ale tego nie powiem, bo to straszny wstyd porwać się na teatr. Bohaterowie przychodzą nocą z twarzami wisielców, oczy mają na wierzchu, ręce spętane, duszą się milczeniem. Muszę im od czasu do czasu spuszczać krew, bo umrą bez żadnego znaku i wspomnienia, a tak będzie można tą krwią napisać o nich, że byli.”120
[Mi sfiniscono molto le ossessioni letterarie. Avevo iniziato a scrivere un romanzo, da un anno mi porto dietro due racconti e perfino… e… ho difficoltà a dirlo, perché è una tremenda vergogna buttarsi sul teatro. I miei personaggi mi visitano di notte con le loro facce da pezzi da forca, gli occhi fuori dalle orbite, le braccia legate, soffocano nel silenzio.
119
B. Urbankowski, Op. cit., p. 427.
68
Di tanto in tanto sono costretto a fare loro qualche salasso, perché muoiono senza lasciare alcun segno o ricordo e solo con quel sangue si potrà scrivere di loro che sono esistiti.]
(Traduzione di Eleonora Battistini)
Da questo frammento si può concludere che Herbert abbia lavorato
ai suoi drammi già dagli inizi degli anni ’50: su Jaskinia filozofów (L’antro
dei filosofi) addirittura prima, esattamente nel 1947.
121E proprio un
frammento di questo dramma è stato il primo testo che Herbert ha
presentato in pubblico, durante un incontro con altri autori.
122Lo scrittore
vi ha lavorato per ben nove anni e solo nel 1956, in piena liberalizzazione
del Disgelo, il testo appare nella sua interezza sulla rivista „Twórczość”.
123Già un anno dopo viene trasmesso alla radio e nel 1961 messo in scena a
teatro.
124Difficile definire questi testi come drammi in modo univoco.
Certamente sono destinati alla rappresentazione teatrale, come indicano
la stessa struttura del testo, la divisione in parti e le didascalie, tuttavia in
121
Un’analisi accurata dei manoscritti e delle modifiche successive del testo si trova in M. Antoniuk, Otwieranie głosu: studium o wczesnej twórczości Zbigniewa Herberta (do
1957 roku) [Aprire la voce: uno studio delle prime opere di Zbigniew Herbert (fino al 1957)], Kraków, Wydawnictwo Platan, 2009, pp. 193-235.
122
L. Lenartowicz, Wspomnienie o przyjacielu (Ricordo di un amico), in Upór i trwanie.
Wspomnienia o Zbigniewie Herbercie (Tenacia e persistenza. Ricordi su Zbigniew Herbert), a cura di Szczypka Katarzyna, Wrocław, Wydawnictwo Dolnośląskie, 2000, p.
20.
123
„Twórczość”, 1956, n. 9.
69
essi si trovano passi molto più vicini alla lirica, monologhi che potrebbero
essere inseriti a buon titolo nelle raccolte poetiche del loro autore.
„Nie ma Herberta - eseisty, Herberta - poety, Herberta - dramaturga. To wciąż ten sam Herbert, swobodnie przenoszący do ostatniego tomu wiersze, które stanowiły część dramatu, kończący w szkicu myśl, rzuconą przez wiersz.”125
[Non esiste un Herbert-saggista, un Herbert-poeta, un Herbert- drammaturgo. Si tratta sempre dello stesso Herbert, che trasferisce liberamente nell’ultimo volume poesie che erano parte di un dramma, il quale a sua volta finiva all'interno di un saggio un pensiero simolato da una sua poesia.]
(Traduzione di Eleonora Battistini)
Lo scrittore stesso li definisce „sztuki na głosy” „pièces per voci” o
„słuchowiska” „radiodrammi”, suggerendo così un tipo specifico di
ricezione e interpretazione dell’opera.
126I suoi testi non sono destinati
solo dunque alla scena teatrale, ma soprattutto ben si adattano alle
trasmissioni radio, oltre che essere un’escamotage per aggirare la censura,
così pressante durante la Repubblica popolare.
I cinque drammi composti da Herbert sono stati pubblicati su varie
riviste, come „Twórczość”, „Dialog”, „Więź”, e solo successivamente
125 M. Piwińska, Zbigniew Herbert i jego dramaty (Zbigniew Herbert e i suoi drammi),
„Dialog”(Dialogo), 1963, n. 8, p. 84.
126
H. Filipowicz, Szklane oczy Hery. Reinterpretacja sztuk Zbigniewa Herberta (Gli occhi
vitrei di Era. Reinterpretazione dell’arte di Zbigniew Herbert), in „Testy Drugie: teoria
70