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Società Ligure di Storia Patria - biblioteca digitale - 2016 i
STORIA DELLA CASA PROFESSA DELLA COM PAG NIA DI GESÙ ISTITUITA A GENOVA NELLA CHIESA DI SAN T’AMBROGIO
CON IL SANTISSIM O NOME DI GESÙ D A LL’ANNO 1603 AL 1773
<Premessa - Anni 1580-1602>
1. L’in g resso in C om pagnia d e l p a d re M arcello
M arcello P allavicin o 1, figlio di Agostino e nipote di Francesco patrizio genovese, dopo la morte del padre, all’età di vent’anni, il 10 gennaio 1580, fu ammesso nella Compagnia di Gesù per ordine del sommo pontefice G regorio XIII. Infatti lo zio A ndrea Spinola2, che godeva allora di grande prestigio e autorità, cercava con vari espedienti di ritardare l ’entrata in Compagnia del giovane: non prevedeva allora che pochi anni dopo anch’egli in età m atura avrebbe seguito l ’esempio del figlio di sua sorella, m entre allora cercava di distoglierlo da una vita m igliore, e che, dopo aver emesso la professione di quattro voti e dopo aver molto beneficato la Com pagnia, lo avrebbe p recedu
to nella morte.
2. L’in g resso d e l p a d re A ndrea Spinola e i su o i b e n e fici v er so la C om pagnia Lo ricordano infatti elogiandolo il padre Gerolamo P ia tti3 nel 2° libro su I b e n i d ello sta to religioso , al capitolo 26 verso la fine, e il padre G iulio Ne- grone4 nel commento alla 6" delle regole com uni5. Egli donò alla Compagnia una villa nei dintorni di Roma, dove poi si scoprì il cimitero detto di Priscilla, in cui si conservano molti corpi di santi. Provvide pure che per vent’anni si
elargisse al noviziato di Sant’Andrea in Roma una pensione di 600 scudi d ’oro con i proventi di un beneficio ecclesiastico a lu i offerti da Bonifacio Negro, figlio di sua sorella. Donò inoltre al Collegio Romano una biblioteca, e a quello di M ilano una rendita perpetua di 3000 scudi. Infine per il collegio di Genova acquistò per 1000 scudi d ’oro una villa presso la chiesa di San Bernardino, che viene usata tuttora, e ne accrebbe le rendite con oltre 1500 scudi d ’oro all’anno.
3. I l p a d re M a rcello p en sa d i d estin a re il su o p a trim on io alla C om pagnia M a, per tornare a M arcello, fin d all’inizio della vita religiosa pensò di destinare il suo patrim onio a favore della Com pagnia, come si apprese dal te
stamento, in cui stabiliva che i suoi beni fossero distribuiti alla Com pagnia se
condo il giudizio del padre generale.
4. B en e fici d e l p a d re M arcello alla C om pagnia in R om a
Perciò <il padre Marcello>, m entre a Roma attendeva agli studi ordinari della formazione religiosa, con le rendite del suo patrim onio lasciò segni della sua carità nella provincia Romana. Da novizio donò 3000 scudi per costruire la casa di noviziato in Roma; dopo il noviziato destinò 4000 scudi d ’oro per costruire una nostra casa a Frascati, e ne offrì altri 1000 per restaurare il re
fettorio del Collegio Romano, che poi fu usato dai nostri per molti anni. Si deve pure alla sua generosità un lam padario d ’argento, valutato 2000 scudi, che si trova nella chiesa farnesiana <del Gesù> della casa romana dei profes
si, risplendente di dieci lam pade e m irabile per le molte decorazioni. Questo, per non parlare dei benefici minori.
5. I l p a d re M a rcello p en sa d i fo n d a r e un noviziato
Term inati gli studi teologici e ordinato sacerdote, <il padre M a r c e llo , per ordine dei superiori, venne a Genova per ristabilire la salute malferm a.
Q ui pensò seriam ente di fondare una casa della Compagnia, perché rim anes
se un perenne ricordo della sua beneficenza verso la città natale e verso l ’Or- dine. Vedeva però che un collegio era stato già istituito e fondato nel 1559 da Paolo Doria, figlio di Giovanni Battista patrizio genovese; e sebbene questi fosse già morto, non sarebbe stato giusto togliergli il titolo e i diritti di fonda
to re6. Lo attirava allora l ’idea di istituire una casa di noviziato nella villa p a
tem a toccata a lu i in eredità nella località di Fassolo alla periferia della città.
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-P er realizzare questo progetto, il 7 aprile 1587, con un atto del notaio Ovidio Erasmo, fece una donazione di 1000 scudi all’anno per istituire una casa di noviziato in Genova, somma allora sufficiente per la fondazione. Il nostro p a
dre Claudio A cquaviva7 accettò la donazione e con lettera patente del 1°
maggio dello stesso anno lo dichiarò fondatore della casa di noviziato.
6. I l sig n o r B ernardo Onza o ttie n e d i fo n d a r e il noviziato d i G enova e il p a d re M arcello d e cid e d i fo n d a r e una casa p ro fessa p e r esorta z ion e d e l p a d re L orenzo M a ggi v isita to re e con il co n siglio d i p a d ri g ra v i
C ’era però un altro patrizio genovese, Bernardo Onza figlio di France
sco, che da tempo aspirava a fondare una casa di noviziato: il padre Giovanni Francesco V ipera romano, benem erito della città di Genova, desiderava che fosse concessa a lui la fondazione della casa di noviziato e l ’ottenne8. A llora il padre M arcello, sollecitato da am ici e soprattutto esortato dal padre Lorenzo M aggi bresciano, che era allora visitatore di questa provincia, fu costretto a destinare i suoi beni per una casa di professi, la sola che allora m ancava a Genova. Ho detto costretto: infatti, per la varietà di opinioni tra i gesuiti sull’istituzione di una casa dei professi e per la difficoltà di acquistare il ter
reno, temeva che sorgessero intralci a ostacolare il progetto fin d all’inizio.
M a l’autorità del padre Lorenzo <Maggi> lo indusse a fondare la casa per i professi nella sua città natale e a costruirla presso la chiesa e la casa di Sant’A m brogio9.
Il padre Lorenzo <Maggi> aveva consultato sulle due questioni i padri più autorevoli residenti a Genova: Giuseppe B io n d i10 siciliano superiore p ro
vinciale, Gian Paolo Oliva aquilano, superiore provinciale designato, Simone Arpe genovese rettore del collegio, Giovanni Battista V elati piemontese, Emanuele Sa portoghese, noto per aver pubblicato commenti sulla Sacra Scrittura e norme pratiche per i confessori11, Giovanni Francesco V ipera ri
cordato prim a, Giuseppe Alem anni m ilanese, Antonio Sam busita bergam a
sco, Alberto Ariosto ferrarese. Su entram be le questioni il parere favorevole di tutti era stato concorde.
7. D ecreto p e r la fo n d a z io n e della casa p ro fessa n e ll’area d e l co lleg io
Perciò nel mese di novembre del 1588, con il consenso del padre genera
le Claudio <Acquaviva>, m entre era provinciale lo stesso padre G iuseppe Biondi e rettore del collegio Simone Arpe, il visitatore padre Lorenzo <Mag- gi> ricordato prim a stabili che dal padre M arcello <Pallavicino> fosse co
struita una splendida chiesa insiem e con la casa dei professi sul terreno e n ell’area del collegio, che allora aveva la sede presso la chiesa di Sant’A m bro
gio: questa era stata concessa dal papa G regorio XIII, con l ’annessa piccola casa del parroco, dopo che la cura delle anime era stata trasferita alle parroc
chie lim itro fel2.
8. I l p a d re M a rcello fo n d a la ch iesa e la casa n e ll’area o fferta dalla C om pagnia Si era convenuto tra il padre visitatore e il padre M arcello che la Com pa
gnia offrisse al fondatore il terreno e che questi vi costruisse la chiesa e la ca
sa, dotandole di tutto l’arredam ento sacro e profano. Infatti il patrim onio del padre M arcello non era così ricco da consentire, prim a della costruzione, di acquistare l ’area cioè il terreno necessario per la casa e per la chiesa, dato l ’al
to prezzo del suolo in questa città tanto ristretta. Era dunque necessario m an
tenere intatto il capitale, altrim enti sarebbe stato molto difficile sostenere con le sole rendite tutte le grandi spese per la costruzione.
9. L’es °mpio d e l cardin a le F arn ese a R om a
C ’era a Roma l ’esempio della chiesa dei professi, costruita dal m agnifi
centissimo cardinale Alessandro Farnese nell’area offerta dalla Compagnia;
più tardi lo imitò il nipote di suo fratello, il cardinale Odoardo Farnese, che seguì la stessa procedura, chiedendo alla Compagnia l ’area per costruirvi la casa professa.
10. D ifficoltà p e r trova re il ter re n o su cu i ed ifica re
D ’altra parte non era conveniente attendere di acquistare il terreno con le sole rendite, sia perché il prezzo del suolo era così alto che lo spazio suffi
ciente per la chiesa e per la casa non si sarebbe potuto acquistare con le sole rendite prim a di vent’anni, sia perché si dovevano superare incredibili diffi
coltà: alcune di queste provenivano dagli statuti della città, che vietavano il passaggio in proprietà dei religiosi di beni immobili senza il consenso del se
nato e del collegio dei procuratori; altre provenivano d all’ostinazione dei vici
ni, che non volevano rinunciare ai possedim enti aviti, o che almeno fingevano di non volerlo, per venderli a un prezzo più alto; altre ancora dipendevano dalle strade pubbliche che attraversavano i terreni, per le quali bisognava trattare con il magistrato addetto ai lavori pubblici.
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-11. I l p a d re L orenzo <Maggi> destin a alla casa p rofessa le ele m o s in e e le don azioni
Inoltre, per facilitare il compimento dell’opera, lo stesso padre Lorenzo
<Maggi> stabilì che le elemosine offerte da quel momento fossero destinate a ll’acquisto del terreno e alla costruzione, e che tutte le donazioni fatte alla chiesa si intendessero assegnate alla casa professa. In seguito, con lettera in viata da Roma il I o ottobre, ne diede comunicazione al padre provinciale Gian Paolo Oliva, aggiungendo pure di aver trattato personalm ente la que
stione con il nostro padre Claudio <Acquaviva>, ottenendo la ratifica e l ’ap provazione della sua decisione. Questa lettera si conserva nelParchivio13. Lo stesso nostro padre Claudio dieci anni dopo, cioè il 2 settem bre 1600, scri
vendo al padre provinciale Giacomo Dominici palerm itano, precisò che si in tendeva assegnato alla casa professa tutto quello che non fosse donato espres
samente per il collegio.
12. V iene p osta la prim a p ietra della ch iesa
Perciò il 1° agosto 1589 fu posta solennemente la prim a pietra per le fondamenta della chiesa da Niccolò T ucci vicario del cardinale Antonio Sauli arcivescovo di Genova, alla presenza dei canonici della cattedrale e di altri prim ari cittadini.
13. I l p a d re G iu seppe V aleriano a rch itetto della n u ova ch iesa
Disegnò il progetto della chiesa l ’insigne pittore e architetto G iuseppe Valeriano aquilano, sacerdote della nostra C om pagnia14. Questi aveva già progettato m olti edifici, specialm ente in Portogallo prim a di entrare in Com pagnia e in Italia dopo esservi entrato, in particolare il Collegio Romano e la chiesa della casa napoletana dei professi.
Questa nostra chiesa era stata da lui progettata di m aggiori dimensioni;
ma i sovrintendenti ai lavori, in assenza del padre M arcello, poiché non si era ancora acquistato tutto il terreno necessario per la chiesa, costretti dalle cir
costanze, preferirono dim inuire le dim ensioni della chiesa piuttosto che rin
viare più a lungo la costruzione. P er questo il lato destro della chiesa non ar
riva sino alla strada pubblica, com’era nel progetto primitivo e nel desiderio di tutti. I posteri, ignorando il motivo, si domanderanno con m eraviglia, per non dire con biasim o, perché la chiesa non sia stata prolungata fin là.
14. Una p red iz io n e d e l d em o n io su l fu tu r o della casa q u i costru ita
A questo punto sembra che non si debba tralasciare un particolare riferi
to dal senatore Giovanni Battista Sisto, uomo di provata onestà e buona fede, che citava la testimonianza della sorella Clara, donna esem plare e piissima.
Questi raccontò spesso con grande serietà ai padri della Com pagnia che nella sua casa, che da alcuni anni era venuta in possesso del collegio e nella cui area si era cominciato a costruire la nostra casa e la chiesa, aveva prim a abitato un tale che si diceva avesse un demonio rinchiuso in un’am polla: l ’uomo gli ri
volgeva molte domande attraverso una giovane fanciulla, e il cattivo demonio dal?am polla era solito rispondere. Una volta, nel 1554, domandò al cattivo spirito che cosa ne sarebbe stato della casa dove allora abitava, e affermava che lo spirito rispose che abitava in un luogo dove un giorno sarebbe sorta una chiesa di sacerdoti insigni per dottrina e buona fama. Non si deve certo dare un gran peso a una predizione attribuita a un cattivo demonio, però quanto è avvenuto dopo ha dimostrato che quello spirito, anche se empio, per divina ispirazione aveva predetto il vero.
15. La s o le n n e b en ed iz io n e d i una p a rte della n u ova ch iesa
Nei tre anni seguenti si lavorò intensam ente alla costruzione della chiesa;
così il 15 agosto 1592 la parte dei due bracci era com piuta e in quel giorno l ’arcivescovo di Genova Alessandro Centurione, succeduto al cardinale A nto
nio Sauli, la benedisse solennemente e vi celebrò la prim a messa. Erano p re
senti Giovanni Agostino G iustiniani allora doge della repubblica, l ’am bascia
tore del re Cattolico di Spagna, Alberico Cibo M alaspina principe di M assa e dell’im pero, e tutto il senato. Il Sommo Pontefice aveva concesso l ’indulgen
za plenaria per un ’intera settim ana a coloro che visitavano la nuova chiesa;
perciò vi fu per tutti quei giorni una grande affluenza di fedeli.
M a subito dopo il padre M arcello fu costretto a sospendere i lavori per altri tre anni, perché non era sufficiente l ’area cioè il terreno su cui costruire e bisognava trattare con le autorità per una strada pubblica, molto stretta ma che purtroppo passava in mezzo ad alcune case a noi necessarie. Il padre M arcello, ansioso di concludere l ’opera, superate molte gravi difficoltà, riuscì finalm ente ad ottenerla.
16. S orgon o d u b b i co n tro la fo n d a z io n e d i una casa p rofessa
Intanto alcuni uomini autorevoli fra i nostri cominciarono a chiedersi se fosse conveniente per la Com pagnia istituire a Genova una casa dei professi
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-separata dal collegio. Si adducevano molte ragioni per dubitare e si facevano molte consultazioni in proposito. Il padre M arcello, perché i nostri in seguito non fossero più incerti, incaricò il padre provinciale Bernardino Rosignolo di O rm ea15, che partiva per Roma per la Congregazione generale 5" (e che in se
guito scrisse lodevolmente sulle regole della perfezione cristiana e sugli atti di virtù) di trattare di nuovo la questione personalm ente e seriam ente con il p a dre generale Claudio <Acquaviva>, e di chiedergli con insistenza che stabilis
se una volta per tutte se voleva che a Genova ci fosse soltanto un collegio, nel quale si esercitassero anche i m inisteri propri di una casa professa, o che ci fosse pure una casa professa separata dal collegio.
Se il padre generale decideva per la prim a soluzione, alla quale il padre Marcello era più favorevole, egli prometteva di aggiungere alle entrate del collegio 1000 scudi d ’oro all’anno, con la condizione che all’antico fondatore ne fosse aggiunto un altro da lu i stesso designato. G arantiva questo aumento dalle entrate anche se in seguito il collegio fosse stato trasferito altrove, la
sciando a Sant’Ambrogio solo la casa dei professi. Se invece <il padre genera
l o preferiva che si costruisse la casa lì dove si era com inciata e che il collegio si cercasse u n ’altra sede, gli chiedeva di ordinare che in seguito questa sua de
cisione non fosse più rimessa in discussione.
17. I l p a d re C laudio s c io g lie q u esto du bbio
Il padre Claudio rispose con queste parole, che il padre Bernardino
<Rosignolo> trascrisse di suo pugno: «Resti valida la precedente decisione circa la casa professa a Sant’Ambrogio, e per il collegio si trovi una sede al
trove. Intanto si esercitino a Sant’Ambrogio i compiti propri del collegio e della casa professa; si accetti la donazione di 1000 scudi d ’oro, se il fondatore consente di avere un associato». Con questa decisione la controversia fu com
posta e tutto fu rimesso in ordine; però la donazione di 1000 scudi non fu accettata, non so perché.
18. V engono p o s te le fo n d a m en ta della casa
Così il 21 agosto 1595, con la posa della prim a pietra per le fondam enta, si diede inizio alla costruzione della casa. M entre questa a poco a poco cre
sceva, il padre M arcello, ansioso di concludere la fondazione, il 27 settem bre 1596, con un atto del notaio Niccolò Bellerone, revocò la donazione fatta a
tal fine l ’8 marzo 1594, perché il nostro padre generale Claudio non aveva voluto approvarla; revocò pure la fondazione del noviziato già offerta e ac
cettata, m a che era stata invece concessa a Bernardo Onza, come abbiamo detto prima.
19. D onazione d e l p a d re M a rcello p e r la costru z ion e e la fo n d a z io n e della casa p ro fessa - G li a ltri fo n d a to r i della casa in s ie m e al p a d re M arcello
Con lo stesso atto il padre M arcello, con decisione irrevocabile, offrì 8000 lire all’anno della moneta genovese, equivalente a 2000 scudi d ’oro, de
stinandole alla costruzione, all’arredam ento e all’avviamento della chiesa e della casa fino al loro compimento, chiedendo che fossero adem piute alcune condizioni aggiuntive, fra cui le seguenti:
«L a Com pagnia non im pieghi quel denaro per altro uso. Non alieni la parte principale delle rendite, se non per una evidente utilità. Si considerino fondatori la m adre M addalena Spinola (che era la sorella di Andrea Spinola nominato all’inizio) e inoltre Francesco, G iulio, M arcello, Cesare e Niccolò Pallavicino, fratelli germ ani, figli di Agostino».
Il padre M arcello fece questo con l ’intenzione di rendere i suoi fratelli benevoli verso la Compagnia, più favorevoli e meglio disposti a corrisponde
re la somma assegnata, che era congiunta con i loro beni e i loro interessi.
20. S eg n i d i d istin z ion e e d iritto d i sep oltu ra p e r la fa m iglia P a llavicino Altre condizioni erano queste:
«S i concedano alla fam iglia Pallavicino segni di distinzione in punti ade
guati sia della chiesa sia della casa. La cappella principale della chiesa sia con
siderata proprietà dei fondatori, e vi abbia in perpetuo diritto di sepoltura soltanto il prim ogenito dei loro discendenti. Infine la chiesa sia dedicata al Santissimo Nome di Gesù, e la festa della dedicazione si celebri l ’ultimo giorno di luglio, nel quale si ritiene che il beato padre Ignazio di Loyola sia salito in cielo».
Nello stesso documento di donazione, che si conserva n ell’archivio, sono inserite anche indicazioni sul modo di costruire e di decorare i due edifici, e sono elencati gli arredi sacri e profani dei quali i fondatori dovevano dotare la chiesa e la casa.
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-21. La co n ferm a della don a z ion e - I l p a d re M a rcello d esign a su o q u in to e r e d e il co lle g io d i G enova
Due anni dopo, cioè il 19 aprile 1598, trovandosi a Roma, il padre M ar
cello, insofferente del ritardo e ansioso di portare a compimento l ’opera il più presto possibile, confermò la donazione già fatta e la accrebbe ancor più, estendendola a tutti i proventi e le rendite dei suoi beni, e m antenendo inte
gralmente le stesse condizioni. Di questa donazione esiste un atto pubblico presso il notaio Diomede Ricci sabino. D alle rendite donate alla Compagnia escluse soltanto i legati lasciati ad alcune persone con il testamentio che fu steso a Roma il giorno dopo, 10 aprile 1598, per mano di Montano M ontani.
In questo testamento fece inserire anche due clausole in favore della Compagnia. La prim a è che, essendo ormai costituita la fondazione, insiem e ai quattro fratelli che lasciava suoi eredi ne designò un quinto, che avrebbe indicato prim a o dopo la sua professione. Lo indicò infatti il giorno dopo, cioè l ’ i l aprile 1598, prim a di pronunciare i voti solenni nella Compagnia di Gesù, davanti allo stesso notaio Montano M ontani, dichiarando che il quinto erede era il collegio della nostra Compagnia già costituito in Genova. Chiese
In questo testamento fece inserire anche due clausole in favore della Compagnia. La prim a è che, essendo ormai costituita la fondazione, insiem e ai quattro fratelli che lasciava suoi eredi ne designò un quinto, che avrebbe indicato prim a o dopo la sua professione. Lo indicò infatti il giorno dopo, cioè l ’ i l aprile 1598, prim a di pronunciare i voti solenni nella Compagnia di Gesù, davanti allo stesso notaio Montano M ontani, dichiarando che il quinto erede era il collegio della nostra Compagnia già costituito in Genova. Chiese