2. La responsabilità degli ISP post direttiva eCommerce
2.2 Hosting attivo e hosting passivo: la giurisprudenza italiana
2.2.1 La creazione giurisprudenziale dell’hosting attivo
La creazione giurisprudenziale del prestatore di servizi di hosting attivo tiene conto dell’evoluzione che ha interessato alcuni host provider dall’emanazione della direttiva sul commercio elettronico. L’attuale sistema nasce, infatti, da un contesto in cui gli ISP si limitavano a fornire i mezzi tecnici per trasmettere o memorizzare le informazioni in modo passivo. Ad oggi, però, alcuni servizi offerti dagli host provider sembrano essersi discostati dalla neutralità tecnica che stava a fondamento del sistema di esonero di responsabilità delineato nella direttiva. Tale mutamento dei servizi offerti è ravvisabile, soprattuto, nelle nuove forme di aggregazione dei contenuti (a titolo esemplificativo Facebook, Google, YouTube), ossia quelle piattaforme digitali alimentate da un incessante immissione di materiali da parte degli users, qualificate come UGC (user generated content). I sistemi di aggregazione di enormi quantità di informazioni necessitano della predisposizione di sistemi di indicizzazione, organizzazione, categorizzazione, etc., dei contenuti, per poter essere agevolmente utilizzati dagli users. Ebbene, la giurisprudenza italiana ha riconosciuto in questi ultimi elementi una forma di ingerenza da parte dell’host provider in relazione alle informazioni memorizzate, disapplicando, in questi casi, la normativa comunitaria ed applicando le comuni regole sulla responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. 113
Il riferimento normativo alla base della distinzione tra attività di hosting attivo e passivo è il considerando n. 42 della stessa direttiva eCommerce, il quale afferma che le deroghe alla responsabilità ivi stabilite “riguardano esclusivamente il caso in cui l’attività di prestatore di servizi della società dell’informazione si limiti al processo tecnico di attivare e fornire accesso ad una rete di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione. Siffatta attività è di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, il che implica che il prestatore di servizi
BUGIOLACCHI L., Evoluzione dei servizi di hosting provider, conseguenze sul regime di
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responsabilità e limiti dell’attuale approccio - case by case, in Resp. civ. prev., 2013, fasc. 6, p. 1997 ss.
della società dell’informazione non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate”. Alla lettera del considerando n. 42 il provider dovrebbe, per poter beneficiare dalle esenzioni di responsabilità della direttiva, limitarsi a porre in essere un’attività “di ordine meramente tecnico, automatico e passivo”, senza conoscere né controllare le informazioni memorizzate. Nel caso contrario non sarebbe più applicabile la disciplina comunitaria, ma le comuni regole di responsabilità extracontrattuale, in concreto applicabili, delle singole legislazioni nazionali. Il Tribunale di Milano nel caso RTI (Reti Televisive Italiane) c. IOL (Italia Online) ben 114 riassume le motivazioni che portano alla configurabilità di host provider attivo, ritenendo che: “le modalità di prestazione di tale servizio, ormai del tutto comuni ai soggetti che svolgono attività analoghe, si sono distaccate dalla figura individuata nella normativa comunitaria, mentre i servizi offerti si estendono ben al di là della predisposizione del solo processo tecnico che consente di attivare e fornire
“accesso” ad una rete di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione”, finendo nell'individuare (se non un vero e proprio content provider, soggetto cioè che immette contenuti propri o di terzi nella rete e che dunque risponde di essi secondo le regole comuni di responsabilità), una diversa figura di prestatore di servizi non completamente passivo e neutro rispetto all'organizzazione della gestione dei contenuti immessi dagli utenti (c.d.
hosting attivo), organizzazione da cui trae anche sostegno finanziario in ragione dello sfruttamento pubblicitario connesso alla presentazione (organizzata) di tali contenuti”. 115
Trib. Milano, Sez. Spec. Propr. Ind. e Intellettuale, 7 giugno 2011, (sent.), pubblicata in
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Appendice al volume BASSAN/TOSI (a cura di), Diritto degli Audiovisivi, Giuffrè, Milano, 2012.
TOSI E., Contrasti giurisprudenziali in materia di responsabilità civile degli hosting
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provider - passivi e attivi - tra tipizzazione normativa e interpretazione evolutiva applicata alle nuove figure soggettive dei motori di ricerca, social network e aggregatori di contenuti, in Riv. dir. ind., 2017, fasc. 1, p. 56 ss.
2.2.2 La qualifica di hosting attivo e le conseguenze
Sulla scorta di una sempre più conforme giurisprudenza italiana , autorevole 116 dottrina (TOSI) ha elaborato una sorta di elenco di indici oggettivi, secondo i quali sarebbe configurabile l’attività di hosting attivo. Tale qualifica, in quanto frutto di una creazione giurisprudenziale e non di una tipizzazione normativa, deve essere fatta caso per caso, esaminando le attività poste in essere in concreto dal provider:
-
“indicizzazione dei contenuti in base a specifici criteri di gestione imprenditoriale;-
selezione e organizzazione dei contenuti per categorie tematiche;-
filtraggio dei contenuti;-
sfruttamento commerciale mediante raccolta pubblicitaria.-
(…) organizzazione di un team editoriale preposto alla selezione dei contenuti;-
sistema di valutazione comportamentale degli utenti per aumentare la fidelizzazione al portale;-
regolamento di servizio disciplinante, in particolare, il potere di rimozione dei contenuti caricati e la facoltà di segnalazione degli illeciti da parte dell’utente” . 117 Gli effetti della qualifica di hosting attivo di un provider sono l’obbligo del provider di ricercare e di rimuovere tutti i contenuti illeciti, non appena dovesse ricevere una diffida da parte del soggetto che lamenta la lesione del proprio diritto. Non è più necessario, come nelle fattispecie di hosting passivo, che il soggetto danneggiato alleghi puntualmente l’indirizzo URL (Uniform Resource Locator) di ogni contenuto illecito e non sussiste più la possibilità per l’host provider attivo di attendere un ordinev. i casi PFA Films c. Yahoo! (Trib. Roma, Sez. Spec. Prop. Ind. e Int., 20 marzo 2011,
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ord. contra reclamo Trib. Roma, Sez. Spec. Prop. Ind. e Int., 11 luglio 2011, ord. in Riv. dir.
ind., con nota di Tosi, E.); RTI Mediaset c. IO (Trib. Milano, Sez. Spec. Prop. Ind. e Int., 7 giugno 2011, in Dir. inf., 2011, p. 660); RTI C. Yahoo! (Trib. Milano, Sez. Spec. Prop. Ind. e Int., 9 settembre 2011, in Riv. dir. ind., 2012, p. 364 ss., con nota di Saraceno, A.
In senso contrario il noto caso Yahoo! c. RTI (Corte Appello Milano, Sez. Impresa, 7 gennaio 2015, in Riv. dir. ind., 2016, p. 166 e ss., con nota di Iaselli, M., Caso Yahoo! Video: la Corte di Appello di Milano non vede responsabilità nell'operato dell'Internet Provider).
TOSI E., Contrasti giurisprudenziali in materia di responsabilità civile degli hosting
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provider - passivi e attivi - tra tipizzazione normativa e interpretazione evolutiva applicata alle nuove figure soggettive dei motori di ricerca, social network e aggregatori di contenuti, cit., p. 89.
di rimozione da parte dell’autorità competente, prima di rimuovere i contenuti illeciti. 118
La conseguenza delle considerazioni appena svolte è lo svuotamento, in riferimento agli host provider attivi, dell’art. 17 D.lgs. 70/03, disciplinante l’assenza dell’obbligo di sorveglianza. Più correttamente si può notare, come osservato da un’attenta dottrina (TOSI), uno spostamento dell’obbligo di ricerca attiva degli illeciti al momento in cui il provider viene a conoscenza dei contenuti illegali. Mentre tale conoscenza 119 consiste, per i provider passivi, nel momento in cui ricevono un ordine di rimozione da parte delle autorità competenti e, per gli host provider passivi, nel momento in cui sono al corrente di elementi che rendano evidente l’illiceità, per gli host provider attivi la conoscenza è da individuare nel momento in cui ricevono una diffida da parte del soggetto leso, anche se gli stessi contenuti non sono circostanziati da una illiceità evidente. In tale momento scatta per l’host provider attivo l’obbligo di rimuovere immediatamente i contenuti illeciti segnalati. Una interessante pronuncia del Tribunale di Torino aggiunge un ulteriore obbligo al provider che sia al corrente di 120 ospitare contenuti illegali: l’obbligo di munirsi di un sistema di filtraggio che rintracci contenuti simili o uguali ai contenuti oggetto di diffida. In altre parole, dal momento della diffida extragiudiziale scatterebbe un obbligo di filtraggio ex post per quei provider che si siano discostati dalla figura del provider passivo. Questa 121 conclusione è anche, parzialmente, suffragata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea122 che, pur ritenendo inammissibili obblighi di filtraggio
NAPOLI G., Responsabilità nell’internet. Parametri inscindibili: poster attivo e
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bilanciamento dei diritti, in Dir. fam., 2015, fasc. 3, p. 989 ss.
TOSI E., Contrasti giurisprudenziali in materia di responsabilità civile degli hosting
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provider - passivi e attivi - tra tipizzazione normativa e interpretazione evolutiva applicata alle nuove figure soggettive dei motori di ricerca, social network e aggregatori di contenuti, cit., p. 74.
Trib. Torino, Sez. Spec. Impresa, 19 ottobre 2015, in Riv. dir. ind., 2017, p. 56 ss., con
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nota di TOSI E.
TOSI E., Contrasti giurisprudenziali in materia di responsabilità civile degli hosting
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provider - passivi e attivi - tra tipizzazione normativa e interpretazione evolutiva applicata alle nuove figure soggettive dei motori di ricerca, social network e aggregatori di contenuti, cit., p. 56 e ss.
v. Corte di Giustizia UE, 27 marzo 2014, caso UPC c. Telekabel.
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generalizzati e preventivi, ammette obblighi di filtraggio specifici e successivi alla conoscenza del provider tramite diffida. 123
Fino a qui, uno degli elementi, sotto molti aspetti, meno limpidi e più discussi in giurisprudenza e in dottrina sembra essere quello della “conoscenza” dei contenuti illeciti da parte del provider; una conoscenza che porta con sé la responsabilità degli operatori telematici. Il DMCA degli Stati Uniti sembra offrire un modello allettante, chiaro, secondo il quale il provider è o non è a conoscenza dell’informazione illecita, è o non è responsabile: il sistema della notification and take down.