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PERFORMANCE IN PROGRESS

4.5 I calcestruzzi autopulenti e antinquinant

Nell’interazione con le nanoparticelle attive di biossido di titanio, il calcestruzzo guadagna l’accesso al dominio dei materiali intelligenti.

La chiesa di Roma, progettata da R. Meier nel 1996 e realizzata nel 2003, si è posta come applicazione emblematica di un nuovo calcestruzzo, in cui quantità infinitesime di nanoparticelle di biossido di titanio presenti nel cemento innescano meccanismi fotoattivi, conferendogli l’effetto autopulente e antinquinante (Figg. 139 e 140). In quest’opera, la scelta del bianco da semplice scelta linguistica diviene una richiesta all’innovazione tecnologica di rigenerare il progetto del calcestruzzo alla scala nanometrica. In tal modo, il calcestruzzo accede, nel contempo, sia tra i materiali intelligenti che tra quelli sostenibili.

Infatti, innovativi sono soprattutto gli effetti autopulente e antinquinante, ottenuti con l’azione di nanoparticelle di biossido di titanio presenti nel cemento. Quantità infinitesime di questo semiconduttore, per effetto dell’assorbimento di energia luminosa, innescano reazioni fotochimiche, partendo da cristalli nanometrici che si comportano come particelle fotoattive dell’ordine del micron, cioè amplificate di mille volte. Di dimensioni variabili dai 5 ai 30 nanometri, si aggiunge nel cemento con percentuali del 5-10%.

Fig. 138 Pannello del padiglione italiano all’Expo di Shanghai Panel of the Italian Pavilion

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La paternità si deve al chimico giapponese Akuira Fujishima dell’Università di Tokyo, che, nel 1967, scopre le proprietà autopulenti del biossido di titanio. Ma soltanto dopo almeno venti anni di studi sulla fotocatalisi, le sperimentazioni si concentrano sull’impiego del pigmento nanometrico nella polvere di cemento. Ne consegue che i calcestruzzi e tutti i rivestimenti cementizi, pitture e intonaci contenenti queste nanoparticelle, pur conservando un aspetto stabile nel tempo, assumono un comportamento attivo in termini prestazionali, guadagnando l’attributo “intelligente”. Seguono applicazioni per rendere autopulenti e antinquinanti anche prodotti industriali, quali pannelli di facciata prefabbricati e pavimentazioni a base cementizia per esterni e per interni. E l’essere intelligente non allude al prodigio, quanto alla proprietà di offrire prestazioni diverse nel tempo.

Per quanto attiene alla capacità di essere autopulente della superficie irradiata dalla luce, l’azione fotochimica indotta dal fotocatalizzatore si traduce nella modificazione alla scala nanometrica della “rugosità” della superficie stessa. La formazione di un sottile film di biossido di titanio è responsabile di una trasformazione con cui la superficie raggiunge condizioni di super-idrofilicità, che hanno inizio dopo trenta minuti di esposizione alla luce e terminano dopo circa due ore. Con la cessazione dell’irraggiamento si ripristinano gradualmente le condizioni di super-idrofobicità. In effetti, questa pellicola è come un reticolo a scacchiera di 60-80 nanometri di lato, formato da quadrati alternativamente idrofili e idrofobi. Ancora una volta, si imita la natura recependo a pieno la logica di Leonardo, secondo il quale “inventare non significa infatti altro che saper riprodurre”. Infatti la capacità di "autopulizia" viene denominata "effetto loto", in relazione al comportamento

Figg. 139 e 140 La chiesa di R. Meier a Roma / The Church by R. Meier in Rome, 2003

naturale delle foglie di questa pianta che, immerse in acque fangose, si presentano sempre lucide e pulite (Fig. 141). Il meccanismo fotoindotto spontaneamente dalla luce solare si basa sulla presenza di nanoparticelle naturali sporgenti, che definiscono la superficie della foglia e impediscono alle gocce d’acqua di distendersi. La goccia rimane a rilievo e poggia soltanto sulle minutissime setole (Figg. 142 e 143), poi scorre sulla foglia trascinando con sé polveri e insetti, che in tal modo vengono naturalmente rimossi. La superficie delle foglie di loto, che è superidrofoba, funge da vari anni da modello per sperimentare il comportamento del biossido di titanio.

Numerosi sono state le realizzazioni in Francia, a cominciare dalla Cité de la Musique et des Beaux Arts a Chambéry nel 2001 (Fig. 144).

A questo effetto si somma un altro processo fotochimico che non si limita a rimuovere lo smog, ma riesce a ridurlo, evitandone l’accumulo e la proliferazione. In effetti, il biossido di titanio induce una reazione fotochimica che si estrinseca in un forte processo ossidativo. Si favorisce una più rapida decomposizione di sostanze organiche e inorganiche nocive in composti assolutamente innocui, in quanto il biossido di titanio si comporta come un acceleratore dei processi di ossidazione che esistono in natura. Monossidi e biossidi di azoto e composti organici volatili reagiscono con il pigmento fotoattivo e si trasformano in acido nitrico che la pioggia allontana. Quest’ultimo raggiunge il sottosuolo in cui agisce da fertilizzante oppure continua a reagire per formare sostanze stabili ed innocue, quali sali e calcari. Questi prodotti fotoindotti, di ridottissime dimensioni e misurabili in poche parti per milione, non soltanto non sono nocivi, ma sono già presenti in natura anche nelle acque minerali. Il vento e il movimento dell’aria influiscono favorevolmente sulla fotocatalisi, nella misura in cui le sostanze inquinanti sono

Figg. 142 e 143 Gocce d’acqua sulla foglia di loto e ingrandimento delle setole / Water drops

on lotus leaf and bristles enlargement

Fig. 141 Piante e fiori di loto Lotus plants and

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sospinte sulla superficie fotoattiva per essere decomposte. Entrambi i comportamenti sono la trasposizione di processi naturali che anche la luce artificiale, mediante sorgenti luminose a radiazione UV può attivare fino a decomporre agenti inquinanti, batteri, funghi, muffe, microrganismi e gas tossici.

Enormi sono le potenzialità offerte da questi calcestruzzi nelle città e nei piccoli centri, con elevate possibilità di combattere problemi legati all’inquinamento ambientale e al degrado di edifici, opere infrastrutturali e monumenti, coinvolgendo tutte le superfici intercettate dalla luce, pavimentazioni comprese, in un meccanismo di partecipazione smart. E dopo tante opere internazionali, di cui molte francesi, il padiglione Italia dell’Expo 2015 (Figg. 145, 146, 147 e 148) si pone come un’altra pietra miliare, con i suoi 750 pannelli tra piani e curvi, tutti diversi l'uno dall'altro, realizzati impiegando circa l’80% di aggregati riciclati, in parte provenienti dagli sfridi di lavorazione delle cave di marmo bianco di Carrara, con una miscela tre volte più fluida, che aggiunge l’attributo dinamico alla componente bio del calcestruzzo con cemento fotoattivo.

Il futuro riserva, a breve, un altro eccezionale traguardo, consistente nell’interazione con un biossido di titanio, modificato al plasma, attivabile con luce naturale, all’insegna di reazioni fotocataliche ancor più spinte.