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I capolavori di Puccini più rappresentati

1.11 Giacomo Puccini (1858-1924)

1.11.1 I capolavori di Puccini più rappresentati

Molte delle opere di Puccini hanno come protagoniste le donne, le quali non a caso forniscono anche quasi tutti i titoli delle opere stesse: inoltre, ciò mette in luce l’attenzione del compositore lucchese nei confronti della psiche femminile, analizzata in quegli anni da Sigmund Freud, ponendosi in netto distacco non solo rispetto alle tradizionali opere ottocentesche, ma anche rispetto alla società dell’epoca, ancora fortemente radicata su valori maschilisti. Questo è anche uno dei motivi che rende Puccini uno dei musicisti più amati dal pubblico (Carresi, et

al., 1998:80), il quale è da sempre conquistato dalle eroine presenti in La Bohème, Tosca, Madama Butterfly e Turandot. Composta su libretto di Luigi Illica e

Giuseppe Giacosa su ispirazione del romanzo del francese Henry Murger intitolato Scènes de la vie de Bohème, La Bohème è stata messa in scena per la prima volta al Teatro Regio di Torino l’1 febbraio 1896 (Carresi, et al., 1998:87). La vicenda è ambientata nella Parigi di fine Ottocento e ruota attorno a quattro giovani amici anticonformisti, che vivono in una soffitta nel quartiere degli artisti della metropoli francese. Uno dei quattro amici, Rodolfo, fa la conoscenza di Mimì, la sua vicina di casa, instaurando una relazione amorosa complicata dalla

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malattia della ragazza e da numerosi litigi e gelosie: Mimì, infatti, soffre di tisi per cui è costretta a separarsi dall’amato, in quanto la vita nella gelida soffitta di Rodolfo potrebbe esserle fatale (Carresi, et al., 1998:87). Ciononostante, alla fine Mimì torna da Rodolfo, spegnendosi tra le braccia dell’amato. Con quest’opera, che rappresenta anche un’istanza di denuncia verista contro la povertà, Puccini introduce un’innovazione nel concetto di ‘aria’: infatti, le arie presenti in quest’opera non si presentano più come delle forme chiuse e a sé stanti (Carresi, et

al., 1998:87), ma assumono una forma discorsiva che viene percepita come un

logico prolungamento del discorso parlato presente nei recitativi precedenti. Altro capolavoro pucciniano su libretto di Illica e Giacosa è Tosca, tratta da un dramma omonimo dello scrittore Victorien Sardou e la cui prima rappresentazione risale al 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma (Carresi, et al., 1998:75). La storia, ambientata nella Roma dei Papi a inizio Ottocento, racconta degli abusi di potere dei potenti senza scrupoli: Tosca, infatti, è una cantante famosa, nonché amante di Mario Caravadossi, un pittore di simpatie giacobine. Mario viene arrestato con l’accusa di aver aiutato un prigioniero di stato evaso da Castel Sant’Angelo a nascondersi in una chiesa; Tosca, nel tentativo di salvare la vita dell’amante condannato a morte, accoglie le lusinghe del capo della polizia, il barone Scarpia, accettando di concedersi all’uomo, a patto che Mario non venga giustiziato. Tuttavia, nonostante la promessa fasulla del capo della polizia di una “fucilazione simulata” per Mario, Tosca non riesce a ceder alle pressioni di Scarpia, uccidendolo: Mario, tuttavia, viene fucilato e Tosca, in preda alla disperazione, si butta nel vuoto da Castel Sant’Angelo. L’opera, a causa delle forti tematiche che la caratterizzano, primo fra tutti il tema dello stupro perpetrato dal capo della polizia papale, ha suscitato un grosso scalpore all’epoca della prima messa in scena, affermandosi però poi come capolavoro indiscutibile all’interno del panorama melodrammatico italiano. Madama Butterfly, invece, è un’opera in tre atti, composta ancora una volta su libretto del duo Illica-Giacosa e rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano il 17 febbraio 1904, registrando un fiasco clamoroso (Balboni, c.d.s.). La storia si svolge a Nagasaki all’inizio del XX secolo e ha come protagonista l’adolescente Ciò Ciò San, che significa farfalla, in sposa ad un ufficiale americano di nome Pinkerton. L’americano, dopo un mese, abbandona la ragazzina, la quale nel frattempo era rimasta incinta, per far ritorno in America. Tutti cercano di far capire a Ciò Ciò San che Pinkerton non

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ritornerà mai più, sebbene lei confidi nel fatto che un giorno l’ufficiale si ripresenterà da lei. Dopo tre anni, Pinkerton viene messo a conoscenza del figlio avuto dalla ragazzina giapponese, quindi fa ritorno a Nagasaki con la moglie per riprendersi il bambino e farlo così crescere in America. Dopo un’iniziale rifiuto da parte di Butterfly di abbandonare il figlio, la ragazzina si convince che in realtà il bambino potrà avere una vita migliore in America: la vicenda si conclude con il suicidio da parte di Butterfly. Puccini ha tratto ispirazione dall’omonima tragedia in atto unico di David Belasco, rappresentata nel 1900 a Londra (Balboni, c.d.s.): inoltre, dopo il clamoroso insuccesso registrato alla prima rappresentazione, l’opera è stata soggetto di numerose revisioni da parte del compositore, fino alla messa in scena al Covent Garden di Londra nel 1907 (Balboni, c.d.s.). Turandot, infine, è un’opera in tre atti su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, che rimarrà tuttavia incompiuta da Puccini, salvo poi venir terminata da Franco Alfano ed essere messa in scena da Toscanini il 25 aprile 1926 al Teatro alla Scala di Milano (Balboni, c.d.s.). La vicenda si svolge a Pechino e ha come protagonista Turandot, la figlia dell’imperatore cinese, il quale la obbliga a sposarsi. La principessa accetta ma ad una condizione: sposerà solo colui che sarà in grado di risolvere tre enigmi da lei proposti, ma chi fallirà dovrà essere ucciso. Vari principi provenienti da tutto il mondo tentano di indovinare i tre enigmi ma a riuscirci è solo Calaf, il re di Persia. Turandot, che usa lo stratagemma degli indovinelli per vendicare una sua antenata violentata e assassinata, cade nella disperazione, nonostante il patto propostole da Calaf: potrà ucciderlo non appena ella scoprirà il suo nome. Dopo una serie di tentativi e vicissitudini, Turandot sposa il re di Persia.

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